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Prof. Paolo MARIZZA |
Qualche giorno addietro, ho avuto la fortuna ed il
piacere di leggere un interessantissimo articolo, dal titolo: "Io so
che tu sai che io non so", del prof. Paolo MARIZZA, docente Deams UniTS e
Cofounder Innoventually, pubblicato sulla rivista telematica
https://www.pmi.it, che è - a parer mio - perfettamente adattabile al
nostro mondo ed altresì attualissimo. Mi permetto di proporvelo e, magari, poi
aprire una discussione, sempre nell'obiettivo di cercare di migliorare la
"cosa comune".
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Di questi tempi, i due ricercatori della Cornell
University troverebbero ulteriori conferme di quanto da loro studiato già nel
1999, l’effetto
Dunning-Kruger: le persone che sanno molto poco di
qualcosa, hanno più probabilità di sentirsi come se ne sapessero molto perché
la loro mancanza di conoscenza su un argomento li rende incapaci di riconoscere
quanto non capiscono.
Dunning e Kruger studiarono, dunque, il fenomeno per
il quale chi è poco informato su un argomento ha la tendenza a credere che la
sua comprensione sia “al di sopra della media”.
I due ricercatori avevano peraltro individuato
illustri precedenti a sostegno del fenomeno secondo il quale l’ignoranza genera maggior
fiducia della conoscenza. Per Charles Darwin e Bertrand
Russell, chi afferma di sapere è stupido, mentre quelli con immaginazione e
comprensione sono pieni di dubbi e di indecisioni. Anche Shakespeare sosteneva
che il saggio sa di essere stupido e lo stupido crede di esser saggio. Socrate,
ancora, affermava che il sapere sta nella consapevolezza di non sapere. In
tempi più remoti, Confucio affermava che la vera conoscenza consiste nella
consapevolezza dell’estensione della propria ignoranza.
Partendo da questi presupposti, i
due ricercatori condussero empiricamente molte sperimentazioni per sostenere e
validare quanto affermavano. I risultati sono stati replicati in almeno una
dozzina di diversi
campi di applicazione: abilità matematiche, degustazione di
vini, scacchi, conoscenze mediche tra i chirurghi, sicurezza e utilizzo delle
armi da fuoco tra i cacciatori, conoscenze informatiche tra i programmatori,
ecc.
Di volta in volta, a prescindere dai soggetti e dagli
ambiti, i risultati dei test evidenziavano che le persone meno performanti
classificavano la propria competenza come molto più alta di quella
effettiva. In media, i candidati che totalizzavano punteggi inferiore al 10°
percentile si auto classificavano intorno al 70° percentile: quelli che meno
sapevano di cosa stava parlando credevano di saperne quanto gli esperti.
Ad esempio, la scarsa conoscenza scientifica consente
di assolutizzare la certezza che il cambiamento climatico ed
il riscaldamento globale siano una bufala. Stesso discorso per quanto
concerne l’uso di antibiotici o il viaggio sulla luna.
Il gap tra ignoranza e consapevolezza è così ampio da non
indurre al dubbio: non sapendone abbastanza, non si è in grado di riconoscere i
pezzi mancanti del paradigma. Sfortunatamente, la scarsa competenza è più
potente della conoscenza media del pubblico più consapevole.
L’effetto Dunning-Kruger è quindi una distorsione cognitiva
che determina: la falsa convinzione di competenza in coloro che non
sanno, una scarsa fiducia nelle proprie conoscenze nei più saggi.
Da Confucio in poi è un fenomeno che ha segnato la
storia dell’uomo, ma che mai come ora – in particolare a causa dei social media e
della possibilità di accesso alle fonti di informazione più disparate e non
validate – ha avuto una così vasta diffusione. I tuttologi
dilagano nel Web: caduti ingenuamente in una bufala o privi di informazioni
affidabili,ci si getta a capofitto nei social ostentando certezze su assurdità
di ogni genere. E purtroppo, per via dell’ignoranza estesa, molte di esse
assumono credibilità.
L’effetto è particolarmente preoccupante
quando qualcuno, con influenza o mezzi per comunicare, non trova contraltari
che possano mettere in discussione con onestà intellettuale i diversi punti di
vista. Figuriamoci argomentare per far riconoscere i propri errori. Ad esempio, i
ricercatori hanno registrato diversi incidenti aerei che avrebbero potuto
essere evitati se nell’equipaggio non ci fosse stato un pilota troppo sicuro di
sé.
Cosa succede quando non si è disposti ad ammettere di
esserne in difetto o di avere visioni parziali di un fenomeno? Si rifiuta l’idea di apertura
all’ascolto. Non a caso, gli studi mostrano che i più poveri di
conoscenze sono anche i meno inclini ad accettare critiche e i meno interessati
al miglioramento personale.
E non è un fenomeno “classista”: riguarda tutte le
categorie sociali, in quanto gli sviluppi esponenziali del sapere – sia negli
ambiti delle scienze esatte che delle scienze umane – rendono velocemente
obsolete le conoscenze apprese solo un anno prima.
È interessante notare che queste ricerche abbiano suscitato poca
discussione sulle implicazioni sociali e
politiche nelle
democrazie, almeno in quelle rappresentative.
I cittadini, inevitabilmente “disinformati” sulla
maggior parte delle questioni di governo, se non riconoscono di essere poco
informati diventano facili prede di manipolazioni. E se decisioni e votazioni,
referendarie o elettive, sono più simili al ragionamento logico che ai
dibattiti sul calcio, non si può sperare in un processo decisionale razionale
da parte dei cittadini, tanto meno in decisioni razionali non informate.
Diventa davvero difficile prendere decisioni
consapevoli se si è inconsapevoli della propria disinformazione.
Prevale invece la rassicurante certezza che il proprio giudizio sia basato su
fatti e ragionamenti quando in realtà si basa su passa parola e superficialità
amplificate dalle nuove tecnologie dell’informazione.
Pregiudizi subconsci, stereotipi, consuetudini e reiterazioni di
messaggi rassicuranti per la loro immediata fruibilità e banalità orientano la
formazione di propri “gruppi di affinità”, molto spesso autoreferenziali. Non
piace sentirsi dire cose che non si vogliono sentire. Anche lo status sociale
esercita un ruolo: c’è il bisogno di sentirsi in qualche modo superiori agli
altri per mantenere il proprio senso di autostima.
Di conseguenza:
· chi è più informato e dice cose complicate (che implicano
fattualità scomode sebbene accurate) non piacerà a nessuno.
· chi
è meno sapiente non sfida per lo status sociale percepito ed è ben accetto
quando afferma cose semplici che supportano pregiudizi diffusi e negano realtà
scomode.
L’ effetto Dunning-Kruger nella nostra epoca rischia
di avere magnitudo e impatti incomparabili rispetto alle epoche passate, in cui
era già stato preconizzato. Con un presagio infausto per le future generazioni.
La politica, in particolare la democrazia,
richiede che le persone siano coinvolte fornendo gli strumenti per la crescita personale
e professionale, un sistema educativo che formi ad imparare e a reimparare per
favorire l’autonomia di giudizio e l’onestà intellettuale del confronto. Perché, come
diceva Karl Popper, il filosofo e politologo della Società aperta, se all’uomo
razionale interessa imparare, all’uomo irrazionale interessa solamente avere
ragione.
Quali gli antidoti a cui possiamo ricorrere? Certamente una
buona dose di umiltà,
l’impegno ad approfondire attraverso la lettura e lo studio, l’ascolto di più
fonti. E soprattutto seguendo un percorso di apprendimento continuo, supportato
da buoni maestri e mentori.
Come ha affermato Richard Buckmeister Fuller, uno dei
più importanti innovatori del secolo scorso, "se guidassi una scuola, darei un voto mediocre a coloro che mi
forniscono le risposte esatte, per essere dei buoni pappagalli; darei,
invece, un voto alto a coloro che fanno un sacco di errori e me ne parlano
e poi mi dicono che cosa hanno appreso da essi."
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Che ne pensate? E' o non è attuale? Rispecchia o non rispecchia
la situazione? Si attaglia o non si attaglia alla nostra realtà?
Se le Vostre risposte a queste semplici domande sono
affermative, non posso che lasciarVi col solito: Meditate, gente, meditate.
Gaspare Fardella