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06 dicembre 2013

L'APPORTO DEL SETTORE MEDICO

La medicina dello sport  si occupa delle patologie derivanti dall’attività sportiva, anche a livello preventivo. Essa ha ormai assunto un ruolo indispensabile nella preparazione degli atleti professionisti che hanno spesso uno staff medico sofisticatissimo, composto oltre che dal medico dello sport, anche dietologi, psicologi, fisioterapisti ed ortopedici. In tale contesto è da rimarcare come nei momenti di esaltazione delle vittorie il settore è quasi sempre visto ai margini dei vari trionfi.
Dalla prevenzione alla preparazione atletica passando per la lotta al doping, l’apporto del settore medico della F.I.S. è stato sicuramente significativo ed indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi finali: le vittorie. L’articolo sottostante, ripreso dal periodico  LA SCHERMA organo ufficiale della F.I.S. – n.1 anno 2003 - a firma del Dr. FIORE, ne è la testimonianza e sono particolarmente felice di riproporlo poiché è a tutt’oggi attuale e potrebbe rappresentare uno strumento indicativo per gli operatori societari (dirigenti, tecnici, atleti).
LO SCHERMIDORE E LA CILINDRATA
La scherma è una disciplina molto complessa, sotto tutti i punti di vista. Abbiamo già detto in varie occasioni come le qualità fisiche, mentali, tecniche e tattiche si intreccino in ogni atleta in modo talora misterioso: da questo cocktail, la cui ricetta siamo ben lungi dall’aver compreso appieno, emerge lo schermidore di alto livello.
Il discorso sulla necessità di disporre di schermidori sempre più preparati, mi dà modo di affrontare proprio l’argomento della preparazione fisica nella scherma, ce di fatto rappresenta l’aspetto di gran lunga meglio inquadrabile scientificamente, forse l’unico al quale si può dare una valenza di oggettività.
Ho già accennato in svariate occasioni a quelli che rappresentano a mio avviso i principali problemi della scherma, in riferimento al discorso della preparazione fisica, o atletica che dir si voglia: la mancanza di studi sperimentali veramente definitivi, relativi al profilo funzionale dello schermidore.
E’ diffuso nel mondo della scherma un numero molto vasto di metodologie di allenamento estremamente diverse tra loro, utilizzate tuttavia da atleti comunque vincenti.
Un errore di fondo, che tuttora qualcuno commette nel definire la Scherma sotto il profilo funzionale, consiste nel prendere in considerazione solo i gesti tecnici più rilevanti, la maggioranza dei quali è caratterizzata  da movimenti il più rapidi ed esplosivi possibile.
Un esempio lampante in tal senso: l’affondo, gesto tecnico nel quale lo schermidore deve obbligatoriamente esprimere la sua massima esplosività muscolare.
Si tratta peraltro di un movimento che, sotto il profilo metabolico, è definibile come un’attività anaerobica alattacida, poiché il “carburante” utilizzato per la sua effettuazione è rappresentato dalla fosfocreatina muscolare, sostanza immagazzinata nei muscoli, la ci utilizzazione non determina la produzione del famoso e tossico acido lattico.
Ciò non significa tuttavia che la scherma in senso lato sia una disciplina anaerobica alattacida.
Un assalto di scherma e una gara nel suo complesso, sono infatti caratterizzati da numerosissime fasi nelle quali l’intensità dell’impegno metabolico muscolare è medio-bassa, o addirittura, come nelle pause, nulla: nel corso di queste fasi il meccanismo energetico predominante è dunque in prevalenza aerobico, quello cioè basato essenzialmente sulle qualità cardio-respiratorie dell’atleta.
Ciò condiziona il rendimento di uno schermidore, poiché l’efficienza del suo recupero, dopo azioni estremamente esplosive, è condizionata proprio dalle sue qualità aerobiche: in sostanza la sua “cilindrata”.
Questo discorso è tuttavia valido in modo variabile a seconda dell’arma che prendiamo in considerazione, perché la graduale ma costante evoluzione delle tre armi le sta differenziando sempre più sotto il profilo metabolico, complicando le cose non poco.
Spada, sciabola e fioretto sono per molti versi ancora discipline non perfettamente conosciute dal punto di vista fisiologico, poiché manca, ad esempio, uno studio aggiornato sui tempi di gara, che rappresenta il presupposto di partenza indispensabile per il corretto inquadramento funzionale di una attività sportiva.
Quel poco che c’è nella letteratura scientifica sull’argomento, evidenzia tuttavia come gli atleti delle tre armi si stiano progressivamente differenziando dal punto di vista funzionale e antropometrico.
Si va peraltro determinando, di fatto, anche un’evoluzione nelle metodologie di preparazione atletica, che stanno diventando sempre più specifiche per le tre armi.
La spada ad esempio, si configura come una specialità caratterizzata da tempi di azione più lunghi rispetto al fioretto e alla sciabola. Nel corso degli assalti, tuttavia, l’impegno muscolare è mediamente meno elevato e dunque sostenuto da meccanismi energetici più orientati in chiave aerobica.
E’ superfluo peraltro sottolineare come anche nella spada si presentino delle fasi assolutamente esplosive, in cui è determinante il ruolo svolto dai metabolismi energetici anaerobici, che a loro volta vanno allenati con cura.
Tuttavia, preparare la “cilindrata” dello spadista anche mediante sistemi di allenamento aerobici non rappresenta più, come in passato, un motivo di scandalo, sulla base dell’affermazione che tali lavori potessero in qualche modo “rallentare” uno schermidore.
Ciò non significa ovviamente che uno spadista debba impostare la propria preparazione come un maratoneta, ma nemmeno che debba boccheggiare dopo una mezz’oretta d corsa lenta.
Diverso è il discorso della sciabola, nella quale sono determinanti soprattutto l’esplosività muscolare e la capacità di ripetere più volte tali gesti esplosivi, ovvero la resistenza speciale.
Il prototipo di allenamento dello sciabolatore si avvicina sempre più a quello dello sprinter, così come peraltro l’insieme delle sue caratteristiche antropometriche. Lo sciabolatore deve lavorare anche sulla forza, dunque, per migliorare le sue qualità fisiche e le sue performances.
Il fioretto si colloca in questo discorso come una via di mezzo tra le due specialità: il fiorettista deve possedere in grado medio un po’ tutte le qualità sopra accennate, inserendo nei suoi programmi di preparazione sia lavori aerobici che lavori di forza, finalizzati al miglioramento delle sue prestazioni esplosive. Tutto ciò non deve ovviamente andare a scapito dell’agilità e della scioltezza dei movimenti, attributi indispensabili per un fiorettista.”
 
Ezio RINALDI

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