Sì
sì cari amici, il visual journalism, il giornalismo visivo, in FIS non è ancora
pervenuto! Di cosa si tratta? Ora ve lo spiegherò in maniera succinta, di modo
che possiate capire in che situazione ci troviamo e vi anticipo che non è
bella.
Per
spiegarvi il concetto partirò da un esempio molto semplice. Quando sui social
vediamo la foto di un campione che esulta o con la medaglia al collo, pensiamo
subito che ci sia stata una gara e che lui l’abbia vinta. Pensiamo che l’evento
sia accaduto poche ore prima e che il personaggio che la posta ci abbia voluto
informare. Se nella foto appare il messaggio che completa l’immagine,
l’informazione è completa, ma se al contrario manca, dobbiamo andare a cercare
la notizia in una didascalia o in un luogo che mi dia l’informazione. Se
mancano entrambe le notizie, allora la foto è incompleta, o fine a sé stessa.
Ma attenzione cari amici, se l’immagine è veicolata da un soggetto che ha come
interesse principale quello di informare, allora l’immagine non è fine a sé
stessa, ma gravemente lacunosa e per certi versi è anche frustrante. Lascia il
destinatario privo dell’unica fondamentale notizia giornalistica: Chi, Dove,
Come, Quando e Perché. Anche il più analfabeta dei giornalisti conosce queste
cinque paroline chiave per fare il suo adorabile mestiere. La foto del campione
che ho citato racchiude per lo meno un paio di quelle cinque parole/domande.
Solo per delineare meglio lo scenario se il campione ha addosso una medaglia
olimpica, o il distintivo dell’olimpiade in corso, capisco che ha vinto e
quindi non c’è molto da dire: si trova a Tokyo, nel 2020, ha vinto l’oro o il
bronzo in quella giornata. Questo per le olimpiadi, ma chiariamoci le idee, se
l’osservatore è un conoscitore o cultore della materia, fa presto a capire, ma
tutti gli altri no. I meno preparati, specie i giovanissimi, confondono la VEZZALI
con Bebe VIO, anzi, oramai la VEZZALI è quasi dimenticata. Non mi dilungo,
perché voglio passare ad altre faccende più importanti.
Ieri
si è svolta la giornata mondiale della scherma. Un po’ in tutto il mondo si è
celebrato l’avvenimento con varie iniziative. La Federscherma italiana, ha
postato sulla sua pagina Instagram svariate immagini di questo evento, raccolte
in numerose parti d’Italia e in una certa quantità di luoghi del mondo.
Guardandole
confesso che non ho provato entusiasmo, e nemmeno compassione. No, manco per
nulla. Anzi ho provato un certo imbarazzo. Decine di fotografie carpite dai
loro autori con la genuinità di chi ama davvero questo sport, in cui erano
ritratti schermitori in varie pose negli splendidi scenari del nostro magnifico
paese. Il più delle volte però apparivano una manciata di coraggiosissimi
atleti che facevano i figuranti a zonzo, senza una vera idea. Mi preme dir
loro: BRAVI! A loro va tutto il mio plauso, perché uscire di casa con la divisa
e la maschera in testa e l’arma in mano, con il caldo dei giorni passati, e
soprattutto sotto lo sguardo sospetto dei propri concittadini lo trovo davvero
coraggioso. Identica cosa l’ho vista in svariati paesi esteri, dei quali quello
finlandese di Pyhän Olavin Miekkailijat, in Savonlinna mi ha colpito
moltissimo.
Un
manipolo di sei schermitori uscivano da un ascensore e si trovavano su un ponte
autostradale per combattere accanto a delle auto in corsa, il tutto ripreso
(molto bene) con un drone, il cui effetto finale era, lasciatemelo dire, molto
desolante. Ho provato personalmente svariate sensazioni.
Intanto
la buona volontà e l’impegno, che difendo altamente e plaudo con energia l’ho
apprezzata enormemente. Però il risultato evidenziava in Finlandia come in
Italia, ma vale lo stesso per le Filippine, o la Grecia, uno scenario povero,
non solo di numeri, ma anche di qualità, cosa che mi preme osservare dicendo
che la scherma è uno sport di enorme qualità: tecnica, umana, sportiva e
valoriale. Da queste immagini che un po’ ovunque vengono celebrate come il
flashmob della scherma, appare un mondo molto poco invitante, anzi, che suscita
tenerezza e ad alcuni provocherà anche ilarità, facendo pensare che siamo
“poveri schermitori, quattro gatti che non sanno come venirne fuori”.
Se
si volevano allontanare i giovani ci sono riusciti bene. Non mi riferisco agli
adolescenti che già lo fanno questo sport e che lo amano, no, no, mi riferisco
agli altri, quelli che vanno bighellonando per la città senza sapere come
tirare a campare nel tempo libero, piangendo il fatto che non possono o non
vogliono fare più il loro vecchio sport, o peggio ancora che lo sport non lo
hanno mai preso in considerazione. Guardando la pagina Istagram di Federscherma
troveranno qualcosa di ridicolo se non puerile, che quelli che si occupano
seriamente di visual journalism (Giornalismo visivo), non dovrebbero nemmeno
postare.
Eh
cari amici, non è che l’avere una macchina fotografica nel telefonino mi rende
Mario Testino. E il fatto che io possa postare e mostrare le mie immagini non
mi trasforma in un giornalista d’avanguardia, anche se arrivo a migliaia di
visualizzazioni della mia
storia. Instagram infatti è capace di darmi molti
dati che hanno ognuno un significato ben preciso e poiché dà statistiche e
geolocalizzazioni perfette, per primo dovrei sfruttare questo strumento in
maniera sensata.
Mi
rincresce dire che la problematica non investa solo l’Italia, ma anche il resto
del mondo, tenendo conto che gli Stati Uniti queste cose non le fanno. Come
mai? Siamo avanti noi o indietro loro?
Passiamo
a qualcos’altro ovvero: come la farei io la pubblicità della festa della
scherma, così magari mi attiro qualche tifoso come la volta scorsa.
È
solo un esempio che mi sono fatto suggerire da due esperti, un visual
journalist e un autore televisivo.
Partiamo
da un presupposto: che il totale delle società di scherma in Italia è 333 (per
la verità sono meno, sempre in virtù delle notizie date da Paolo Cuccu,
sull’accorpamento delle società sportive in Italia), ma prendiamolo per buono.
Considerati
i numerosi campioni della scherma italiana ne assegnerei uno per ogni società
sportiva e farei un brevissimo video di non più di 30/40 secondi.
Ecco
la sceneggiatura:
Primo
piano di una mano sulla spalla di una persona (un bambino o una bambina).
La
camera si sposta indietro allargando il campo visuale e man mano si compone
l’immagine di quel campione (con le medaglie al collo) e di un o una giovane
atleta.
Sotto
l’immagine scorrono alcuni dati sportivi della scherma italiana (numero di
medaglie olimpiche, records, ecc…) e il nome del campione o della campionessa
che compare nel video, come testimonial.
Dissolvenza
e i seguenti titoli di coda:
Vieni
a fare scherma anche tu, lo sport che ti accompagnerà sempre;
Giornata mondiale della scherma;
Club scherma fiorettopoli asd;
info: telefono mail sitoweb Insta FB ecc.;
Federscherma - CONI.
In
questo modo ci sarebbero 333 video in circolazione in tutta Italia, con uno
sforzo relativamente basso e soprattutto mostrerebbe all’Italia e agli italiani
cosa questo sport sia stato in grado di realizzare nei suoi 110 anni di storia.
Ma
evidentemente la federmedaglie è tutta affaccendata a postare storie poco
descrittive e poiché ogni storia su Instagram/Facebook resta solo 24 ore, se
uno perde la notizia, non sa più come rintracciarla. L’ideale sarebbe che
comparisse un riassunto sotto le foto nel wall, a fine giornata, ma ahimé no,
le foto sono piene di hashtag, ma non quelli che servono per la notizia. Spesso
invece si deve andare sulla pagina della Fédératione Française d’Escrime FFE o
della FIE, per avere l’immagine del podio e sapere chi ha vinto, con tanto di
classifica fino a 16° o 32°. Curioso quindi che una cosa così banale e
semplice, non si riesca a fare in Italia.
Gli strumenti social che avrebbero dovuto essere d’aiuto,
sono diventati uno strumento inutile nelle mani di chi lo fa funzionare, perché
è vero che anche un bambino è in grado di postare foto e storie, ma una
federazione deve fare le cose con professionalità. E si che l’attuale Consiglio
per promuovere la nostra Federazione ha contrattualizzato un professionista ad
80mila euro annui a cui si debbono aggiungere altri 152 mila € qualora si debba
fronteggiare la richiesta avanzata da parte della INPGI (Istituto Nazionale
Previdenza Giornalisti) che ritiene inadempiente la FIS per mancati contributi
versati al suddetto professionista.
Vostro
giornalistico
Ugo
Scassamazzo