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28 luglio 2024

CERIMONIA D'APERTURA A PARIGI 2024: occasione o provocazione?

Mi sia concesso di fare una riflessione sulla cerimonia di apertura delle Olimpiadi 2024 a Parigi, dopo averci dormito un po’ su e aver raccolto qualche testimonianza, che mi ha lasciato molto indeciso se scrivere un pezzo pro o contro.

Da qualche tempo la Francia mostra segni di vero decadimento culturale. Non è né la Francia di Chirac, tantomeno quella di Mitterand, cioè una, indivisibile e grande. Si tratta di una scialbissima e mediocre imitazione che vale quanto il carisma del suo attuale presidente che molti chiamano Micron per sbeffeggiarlo, senza peraltro che lui si scomponga di un millimetro.

Quando ho cominciato a seguire il grande programma di rinnovamento architettonico che aveva investito Parigi per l’olimpade, ho gioito dentro di me, in quanto lo sforzo si è concentrato nello sfruttare appieno edifici già esistenti, ristrutturandoli a dovere per poter ottenere (si fa per dire) con il minimo sforzo, il massimo del risultato. Quando l’occhio è poi caduto sul Grand palais, rinnovato e messo a festa, ho pensato che la Francia e Parigi, avesse fatto davvero centro. Per non parlare dell’aver sfruttato Versailles per le gare di Dressage e del Completo. E che dire delle gare di ciclismo che si svolgono con la scenografia de Les Invalides, con la cupola d’oro? Mi batteva forte il cuore per tanta bellezza, chi non avrebbe voluto andare lì solo per guardare questi quadri in tanta meravigliosa cornice?

La cerimonia di apertura poi si presentava come la più provocatoria di sempre, in un teatro che non aveva eguali, la Senna, che però era senza palcoscenico… La cosa mi ha fatto cortocircuitare la mente pensando a cosa avrebbero mai prodotto i francesi in un luogo del genere. Avrebbero fatto arrivare Macron a bordo di una Due cavalli? Un esercito di ballerini e ballerine del Moulin Rouge avrebbero sfoggiato le sottane merlettate con il tricolore francese? Avrebbero proiettato su muri di acqua nebulizzata immagini di Manet, Seraut, facendo poi rivivere certi quadri celebri su grandi chiatte progettate appositamente sulle quali danzatori de l’Opera Garnier avrebbero espresso le loro migliori figurazioni? E che dire della celebre baguette e del croissant e dello champagne, e del camembert e del bordeaux? Avrebbero emulato la grande epopea del padre delle olimpiadi il Pierre mondiale, il barone de Cubertin, che con i suoi modestissimi baffetti sovvertì profeticamente le nazioni del mondo unendole in uno spirito di unità mai visto prima? Cioè quello sportivo? E che dire dei celebri chansonnier francesi, del passato e del presente, lo stile che tanto li ha distinti nella storia, tanto da spingere i Beatles nel mettere l’inizio della Marseillaise all’inizio della celebre “All you need is love”? E gli attori, i registi, i poeti, gli scrittori, i filosofi, cioè un universo che bastava solo scalfire per poter incendiare il mondo con una sola scintilla?  Ebbene nulla.

La cerimonia è stata una regata mediocre di barche, barchine e barchette, piene di festanti e improvvisati pseudo migranti ben vestiti, alcuni felici, altri meno, che venivano riversati al Trocadero, dove li attendeva l’orchestra e l’intruppato Comitato d’onore, contingentato su scomode sediacce, sulle quali si poteva vedere Monsieur le presidente, Thomas Bach, Mattarella, il re di Spagna, e moltissime altre persone, tutte come caramelle, con incarto trasparente in quanto pioveva peggio che a marzo. Gli organizzatori infatti davano per scontato un bel tempo che invece è stato impietoso dal primo all’ultimo minuto e oltre.

E lo spettacolo? Mediocre. Non un francese sembrava presente. Una colonna sonora disco in stile USA anni Settanta, cucita da un montaggio video che i presenti non hanno visto nemmeno sul telefonino. Isole di danzatori sparpagliati in vari punti del Lungo Senna con dubbie scenografie, come se fossero parvenu improvvisati, poco motivati e anche malvestiti. Il top è poi arrivato quando su di un ponte è stata agghindata la festa della moda, che ha sprigionato il meglio del travestitismo senza qualità, tanto che Le Figaro ha pensato bene di sottolineare come “l’episcopat français déplore, scene di derisione e burla del cristianesimo”, mentre nessuno dei giornalisti ha voluto prendere posizione contro la manifestazione, tanto che Le Monde ha celebrato la serata di ieri come “La migliore della storia, celebrata anche dalla migliore stampa del mondo” e fra queste compaiono La Repubblica e La Stampa, che ovviamente vi hanno letto tutte le componenti genetiche della politica sociale e culturale che promuovono da molto tempo: inclusione, abbattimento delle differenze gender, cultura di ogni singolo paese da cancellare e riformulare secondo nuovi schemi, la cui Francia è la paladina indiscutibile, perché se lo ha fatto lei, lo può ( o forse lo deve) fare chiunque.

Ossessiva la regia che non solo mostrava le sfilate di moda dei giovani stilisti, ma anche le loro bonarie e oramai solite, se non trite e ritrite provocazioni. E gli acrobati? Una kermesse instancabile di circensi da strada, funamboli che solcano l’aria appesi a un filo e altalenanti inchiodati a dei pali che oscillavano su uno dei tanti ponti ma senza un vero progetto narrativo. Che dire di un enigmatico personaggio mascherato, ispirato ad Assassin’s creed (forse è prevista l’uscita di un nuovo videogioco a tema), che attraversava i tetti di Parigi con la fiaccola in mano e si intrufolava ora in un edificio, ora in un altro, mostrando i suoi abitanti interni, uniche, misere, fiacche note francesi che non hanno saputo accontentare lo spettatore né quello pagante, che infatti non li ha visti, né quelli a casa, che hanno pensato fossero degli amouse bouche, cioè degli antipasti, cui però non è seguito il pranzo? Se una volta introdotto nel Louvre si vedevano i personaggi animarsi (una trovata originalissima e gustosa!) arrivati alla sala della Gioconda lo spettatore si accorgeva che era stata rubata, ma stavolta non da un povero imbianchino un po’ mentecatto italiano, ma dai Minions…

A concludere il grande melange, un cavallo meccanico montato su un catamarano a motore attraversava i 6 kilometri della Senna per scomparire vicino al Trocadero e trasformarsi in un cavallo vero, sul quale l’ennesimo figurante vestito come uno dei Rockets, portava la bandiera del CIO che è poi stata issata davanti alla platea di atleti che al suono dell’eroica orchestra (chissà gli strumenti!) ha ascoltato la miseranda confusione musicale, cui è seguita l’ennesima canzone disco. Forse, nella mente dell’organizzatore, tutto quello avrebbe dovuto scatenare la danza della balda gioventù presente, che però è rimasta a prendersi la pioggia al ritmo di musica, sperando che su instagram le cose potessero andare meglio. Numerosissimi gli atleti che hanno aperto lives temporanee per mostrare la loro esperienza.

Insomma una continua e incessante provocazione a cominciare dal fatto che le 163 imbarcazioni hanno sfilato dalla prima alla terza ora, dando a tutto lo spettacolo l’idea che fosse già tutto finito prima ancora di iniziare. Igor Cassina ha detto che è stato come sentire i picchi glicemici di un dolce, ora saliva ora scendeva. Noia ed entusiasmo intervallate da commenti e disorientamenti scenici senza alcuna via di scampo.

Cose belle però ce ne sono state? Ebbene sì! Lady Gaga, nel cantare “Mon truc en plume” cavallo di battaglia di Zizi Jeanmarie è stata brava a la folie! Pessima però scenografia, tempi e regia. Céline Dion è stata superlativa, in quattro minuti ha fatto dimenticare Edith Piaf al mondo intero, ma piazzata sul terrazzo della Tour Eiffel se la sono goduta solo quelli a casa. L’abito poi in georgette bianco era a dir poco fenomenale, e la firma di Dior e Maria Grazia Chiuri non è stata cosa da poco. Meno interessante la celebre Formidable di Charles Aznavour reniterpretata da Aya Nakamura, che sembrava la versione meno costosa e anche meno brava di Beyoncé, che si esibiva con la banda della Guardia repubblicana, evitando come la morte di fare spettacolo, tutta impalata com’era nel suo defilé verso la telecamera. Eppure usciva dall’Institut de France, la massima istituzione culturale del paese, che ospita le più grandi menti dell’Esagono.

Incomprensibile il tripode dove hanno acceso il fuoco olimpico, in quanto era una mongolfiera posta davanti al Louvre con un piatto alla base, sul quale è stato acceso il fuoco da un duo di celebri atleti francesi, dopo che almeno una decina di altri si sono passati la fiamma, non prima di averla trasportata di nuovo lungo la Senna dal Trocadero, da un poker di formidabili campioni stranieri quali Nadal, Carl Lewis, Nadia Comanechi, e Serena Williams. Un gesto così provinciale, che stupisce sia stato fatto dai francesi. Non avevano compatrioti di ugual valore da coinvolgere?

Il messaggio alla fine è molto chiaro. Siamo di fronte a un mondo che non ama la differenza fra popoli, anzi, proprio questa differenza viene vista come un disvalore, e pertanto deve essere livellata, piallata su basi scelte da altri. E questo è stato chiaro, anzi chiarissimo quando due giovani musicisti abbandonati su una zattera a motore, andavano alla deriva, ma in modo ben pilotato a distanza, cantavano in modo malinconico una versione poco originale e frusta dell’inno oramai assodato di una élite che spinge da dietro e vuol prendere il controllo della cultura, ovvero Imagine di John Lennon. Come se i Bohemien e gli esistenzialisti, e Sartre, e Bergson, e Piaget, non fossero stati a loro tempo dei fari del pensiero e della cultura, tanto da essere scalzati da una canzonetta orecchiabile.

Molti gli insoddisfatti, ma nessuno ha avuto il vero coraggio di cantare fuori dal coro, dicendo: “bocciati!”

una serata provocatoria che voleva tracciare una linea comportamentale che nulla ha a che fare con lo sport e l’olimpiade, che invece la distinzione fra uomo e donna la mette e molto bene, che impedisce in tutti i modi il travaso ideologico fra i sessi e separa con argomentazioni biologiche e chiare che uomo e donna sono molto diversi l’uno dall’altro. Per fortuna.

Fabrizio Orsini

1 commento:

  1. In effetti l'etimo di bordello è "au bord de l'eau", coniato per le prostitute che passeggiavano lungo il marciapiede della Senna, e stavano infatti al bordo dell'acqua, sinonimo di confusione e disordine...
    F. Orsini

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