Ho sempre
sostenuto che non esistono segreti, in nessun campo: puoi restare chiuso in una
stanza, ci sei solo tu, non ti sente nessuno, eppure quando esci ti accorgi che
quello che hai detto a te stesso è già di domino pubblico. Quindi è legittimo
affermare che nel mondo in genere “ciò che non dici non si sa e ciò che non viene
fatto non è a conoscenza di alcuno”. Fatta questa premessa vi racconto una
storiella, ed ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale.
Il titolare di
un laboratorio di falegnameria, tale Geppetto,
si accorge che i clienti non sono più soddisfatti dei prodotti della bottega e
pensa di sostituire il capo operaio, il quale evidentemente non risponde più
alle necessità di una clientela sempre più esigente, nel senso che i suoi procedimenti
lavorativi non consentono di ottenere un prodotto al passo con i tempi.
Probabilmente era già da diverso tempo che la situazione richiedeva una seria riflessione,
pertanto egli decide di guardarsi attorno e cerca, od almeno dà ad intendere di
voler cercare, una alternativa. Così uno dei suoi personali consiglieri
contatta telefonicamente un artigiano,
tale Abete, che aveva già lavorato
per tale laboratorio, elevando la bottega ad un livello qualitativo di prim’ordine.
Il collaboratore di Geppetto dopo aver fissato un appuntamento tra i due chiude
la telefonata, ma aveva dimenticato di sensibilizzare Abete sulla riservatezza del colloquio, così gli invia una comunicazione
con l’invito ad essere molto discreto sul contatto, in quanto egli stava
operando a titolo personale. Nell’inviargli l’avvertenza non si accorge che
tale comunicazione veniva trasmessa, per errore, ad un omonimo dell’artigiano e
quindi il colloquio non era più un segreto.
Geppetto incontra Abete una prima volta ed il
discorso verte sulla possibilità che quest’ultimo possa collaborare con l’attuale
capo operaio, in una posizione di subordinazione.
L’artigiano comunica a Geppetto la propria disponibilità a
lasciare l’attuale incarico per servire il laboratorio, ma non intende
collaborare con le vecchie maestranze, che conosce benissimo, in quanto non le
ritiene all’altezza del compito. Geppetto
propone una differenziazione dei ruoli, cioè l’attuale capo operaio si occuperà
degli apprendisti mentre Abete
coordinerà i professionisti. La soluzione non riscuote il gradimento dell’artigiano.
Nonostante queste evidenti difficoltà si parla anche di corrispettivi e Geppetto chiede ad Abete quale sia il suo compenso, quest’ultimo propone che gli venga
fatta un’offerta, precisando che nel precedente periodo di
collaborazione con il laboratorio, dopo i primi tre anni di compenso
straordinario, aveva proposto, in caso di riconferma in qualsiasi ruolo,
l'adeguamento dei suoi emolumenti, al pari di quelli percepiti dai capi
operaio che operavano negli altri settori.
Insomma alla fine si arriva a capire di quali cifre
bisogna parlare. Geppetto propone un
contratto basato sulle giornate lavorative, ossia ritenendo che le proprie
maestranze percepiscano al lordo delle tasse 13 euro al giorno intende
moltiplicare queste per 365 giorni (un anno) per raggiungere un compenso annuo
di circa 4.745 euro lorde. Abete riferisce
che la sua attuale retribuzione si aggira intorno ai 10.000 euro l’anno, al netto delle tasse. Si accende una
discussione e l’artigiano, un po’ contrariato, afferma che non è nel suo
costume protrarre la trattativa con tira e molla che non porterebbe da nessuna
parte. I contraenti si lasciano con l’intendo di rivedersi presto e con idee più
chiare sulla parte economica.
Nell’incontro
seguente Geppetto è accompagnato da due suoi collaboratori, uno
dei quale dovrebbe diventare il superiore diretto dell’artigiano, soluzione
peraltro a lui gradita. Ciò eviterebbe la vicinanza con i vecchi operai, uno in
particolare. Per quanto riguarda la retribuzione l’artigiano riferisce che sarebbe
disposto a decurtarsi gli emolumenti del 25% e di rinunciare a tutti i benefit
di cui egli fruisce attualmente. Pone sul piatto della bilancia che sarebbe
disponibile a visitare le altre botteghe
al fine di avere uniformità lavorativa, e tutto ciò senza ulteriori gravami in
termini di rimborso spese (viaggio-vitto- indennità di trasferta ed eventuali
premi di produzione).
Le parti si
lasciano con l’intendo di sentirsi presto e comunque subito dopo il Consiglio
di famiglia, il quale dovrà condividere i termini dell’accordo.
Da allora
l’artigiano non ha ricevuto nessuna comunicazione, ma ha avuto notizia che Geppetto ha optato per la conferma, nel ruolo di responsabile unico del proprio settore, del vecchio capo operaio e che il laboratorio andrà avanti con la vecchia struttura. Poco importa se l’azienda
non si eleverà e la produzione sarà sempre scadente.
La morale di
questa storiella? E’ semplice: si mettono foglie verdi sul fuoco quando si
vuole creare fumo, ovvero non sempre quando si cerca qualcosa la si vuole
realmente.