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26 luglio 2022

Elisa Di Francisca: la famiglia, la scherma, la TV

Elisa Di Francisca ha appeso il fioretto al chiodo per dedicarsi interamente alla sua splendida famiglia (un marito e due figli). Ha scritto il libro “Confessioni di una campionessa imperfetta” con il quale si è messa a nudo, parlando della sua vita schermistica e privata. Non credo sia stato facile affrontare la propria esistenza, fatta non solo di momenti di gloria con le tante vittorie, olimpiadi, campionati del mondo, europei, coppa del mondo etc., ma anche di momenti bui, dai quali ha saputo uscirne poiché oltre che nella scherma è stata ed è una fuoriclasse anche nella vita.

Ha imparato a volersi bene e ciò le ha permesso di raggiungere una profondità interiore con la quale si è potuta raccontare a 360°. Con il suo libro ha dato un notevole contributo alla lotta contro le violenze sulle donne ma, credo, più in generale, anche contro l’omofobia e certamente contro ogni tipo di abuso.

Oggi è una apprezzata opinionista televisiva e segue la scherma con grande intensità, sostenendo il CT Cerioni.

Noi della “PIAZZA” le abbiamo sottoposto una serie di domande, con le quali abbiamo voluto capire quanto sia forte il suo legame con la famiglia, la scherma, la TV ed il suo impegno sociale.

La chiacchierata è stata particolarmente piacevole ed ha interessato anche i recenti risultati ai campionati del mondo del Cairo, da cui gli azzurri hanno portato a casa ben 8 medaglie: 2 ori, 4 argenti e 2 bronzi, ma di questo diremo in un altro articolo.

D.  Nel tuo libro hai sponsorizzato Cerioni alla guida tecnica della nazionale di fioretto e nel contempo hai mosso apprezzamenti non certo lusinghieri verso l’ex CT Cipressa. Ora Cerioni è al timone del Fioretto italiano ma Cipressa ha un nuovo e rilevante ruolo del quale non si sa molto: cosa ne pensi?

R. Nel libro parlo del mio rapporto con Stefano Cerioni e con Giovanna Trillini, della mia esperienza e del malcontento che ha generato in me, e anche in altri atleti, l’allora commissario tecnico Andrea CIPRESSA. Andrea è un grande oratore, come diplomatico sarebbe eccellente e sicuramente potrebbe essere un grande presidente della federazione, però come commissario tecnico non riusciva a gestire il gruppo perché è una persona molto buona, voleva accontentare tutti, diceva sempre sì. Anche nella propria famiglia ai tuoi figli non puoi dire sempre sì. A ragion veduta, qualche no lo devi dire, devi dare delle regole e devi far sentire che sei il leader, che hai polso per gestire le situazioni. Purtroppo fu sfiduciato anche dagli atleti è ciò ha provocato la sua sostituzione. In seguito il Presidente Azzi gli ha conferito il ruolo di coordinatore dei commissari tecnici. In tutta sincerità, per il futuro gli auguro il meglio.

D. Una campionessa di razza come te che ricordi ha dei suoi inizi e come ti sei appassionata a questo sport e a questa specialità?

Elisa Di Francisca
R. Ho iniziato con la danza classica ed ho frequentato una scuola per due anni circa. Mia madre era felicissima che facessi danza, ma ad un certo punto mi sono stancata. Avevo voglia di uscire, di combattimenti, di movimento e la danza non rispondeva alle mie esigenze. Mio padre un giorno, me lo ricordo come fosse ieri, tornando a casa mi chiese se volessi provare a fare scherma. Non sapevo nulla di questo sport, anche se a Jesi c’erano già campioni del calibro di Stefano Cerioni, Giovanna Trillini, Valentina Vezzali, tutti allenati dal maestro Triccoli. Entrai in palestra ed iniziai a fare amicizia, scampagnate, perché la scherma, pur essendo una disciplina con precise regole, viene presa un po' alla larga. Non è che ti mettono subito in mano il fioretto e ti mandano a gareggiare. C’è stato un approccio, ho fatto amicizia, ho socializzato. Poi, dopo qualche tempo, mi misero in mano questo fioretto, perché a Jesi era l’arma principe e lo è ancora, ed iniziai con le prime gare, allenata dal grande maestro Ezio Triccoli, il quale prima di morire disse a mia madre: “Tua figlia ha l’oro nelle mani, l’importante è che ci stia con la testa.”

D. Come ti sentivi quando eri in pedana? Consiglieresti la scherma, ed a chi in particolare?

R. Ah, io la consiglierei a tutti perché, al di là della competizione agonistica e quindi di riuscire a diventare un campione, vincere le medaglie, la scherma ti dà la possibilità di conoscere te stesso. All’interno della maschera tu sei di fronte alle tue paure ed ai tuoi limiti, limiti che tu ti poni, ti dà gli strumenti per superarli. Ti insegna a dominare te stesso le ciò ti permette di concentrarti ed essere attento per tutta la giornata della gara. Ti educa a stare in gruppo, ma allo stesso tempo ti insegna l’individualità all’interno di un’équipe. Per me è stata un’ancora importante, posso dire che mi ha salvata aiutandomi ad affrontare la vita con un approccio più positivo, anche durante il periodo più intenso dal punto di vista pandemico.

D. Come valuti l’attuale momento storico della scherma italiana ed internazionale?

R. Beh sicuramente c’è un ricambio generazionale, ci sono tanti giovani, il livello è cambiato rispetto a quando avevo smesso io, quindi prima della pandemia. La Russia non c’è, non sta partecipando alle olimpiadi e quindi fondamentalmente già manca una delle nazioni più evolute sotto l’aspetto schermistico, però ci sono tanti giovani e giovanissimi che stanno emergendo e questo fa ben sperare per un roseo futuro. L’unica grande e sostanziale differenza rispetto alla scherma di qualche anno fa, la vedo in una accentuata preparazione atletica ed una inadeguata preparazione tecnica.

D. Come valuti il “sistema scherma italiano” e quali accorgimenti adotteresti per migliorarlo?

R. Come dicevo prima, dedicherei molto più tempo alla tecnica. Ho frequentato a Chianciano il corso di preparazione per il conseguimento del titolo di tecnico ed ho avuto modo di trovarmi di fronte al magico trattato scritto nel 1970, il trattato di scherma che riguarda tutte e tre le armi. Secondo me oggi un maestro vecchio stampo, penso a Di Rosa, a Triccoli, non insegnerebbero solo a livello pratico ma la spiegherebbero con termini, se vogliamo, arcaici, ma chiari. Il bambino deve sapere cosa sta facendo, cosa non è riuscito a fare contro un avversario, e soprattutto nel momento in cui protesta con l’arbitro deve conoscere la terminologia per poter protestare, e quindi la tecnica. Ecco allora che la competenza, il lavoro, la disciplina, non solo la preparazione atletica, completerebbe la preparazione dell’atleta. In sintesi, punterei molto di più sulla disciplina e la tecnica schermistica e un po’ meno sulla preparazione atletica, che comunque rimane importante.

D. Sei un grande personaggio sportivo ma anche televisivo e mediatico: come concili tutto questo con la tua vita privata e familiare?

R. Sicuramente la famiglia l’ho voluta, stravoluta e scelta. Anche questo secondo figlio, che non è un secondo figlio qualsiasi. Brando è stata la scelta, l’ho preferito ad una olimpiade in bilico nel periodo pandemico durante il quale non si sapeva cosa fare ed io ho scelto la famiglia. Sono una mamma amorevole, di contatto, di presenza, ma allo stesso tempo di vocazione. Cerco una educazione, una linea, un limite da dare ai miei figli e nel contempo, sicuramente, come tutti i genitori, come tutte le mamme, ho bisogno anche di appagare il lato professionale. A livello sportivo inizierò ad insegnare ai bambini della sezione giovanile delle Fiamme Oro ed a livello televisivo inizierò una esperienza a “Dribbling”, la domenica su Rai2, dove sicuramente proverò quella adrenalina che ho sempre avuto durante l’attività agonistica e questo mi darà modo di restare nel contenitore dello sport. 

D. Il tuo libro è stata una vera bomba ed è uno spaccato di una parte della tua vita e dell’intero mondo schermistico: che effetti ha avuto sul piano personale e poi sportivo?

R. Il libro è stato faticoso da scrivere non perché l’abbia scritto io, anzi l’ha redatto la grandissima giornalista Gaia Piccardi. La nostra è stata una chiacchierata durante il lockdown che si è poi ritrovata sulle pagine di un libro e quando Gaia mi ha mandato la bozza del testo mi sono proprio commossa ed ho anche pianto perché il libro non parla solo dei successi schermistici ma, altresì, di tante mie esperienze personali, anche brutte. Però ha messo a nudo il mio lato umano prima ancora di quello sportivo. Io sono prima di tutto una persona, sono Elisa, e poi sono quella che sono diventata, cioè la campionessa Elisa Di Francisca. Tutto ciò grazie al cambiamento fatto, all’amor proprio, all’autostima ed a tutte le cose conquistate. Il libro è una bomba nel senso che trasmette un forte messaggio finalizzato ad aiutare le generazioni di ragazzi, ragazzine, che magari si sentono sconfitte, perse, fallite, per far capire loro che non bisogna abbattersi ma combattere, sacrificarsi, per raggiungere i propri obiettivi: perché anche nei momenti bui si possono trovare motivazioni per risalire.

D. Qual è il tuo rapporto con i social e i fans?

R. I social oggi vanno molto, servono, sono indispensabili. Ho un rapporto con loro un po’ conflittuale, nel senso che uso la tecnologia e non mi faccio usare.

D. Con quale collega sei andata più d’accordo?

R. Ti stupirò, tra tutte le persone con cui sono stata a contatto quella con la quale sono andata più d’accordo è stata Valentina VEZZALI. Ti spiego perché: Valentina, tralasciando la parte umana, a livello schermistico era una che sputava sangue, era un esempio da seguire. In allenamento non ti regalava niente. È stata di grande insegnamento ed era una che le cose te le diceva in faccia, quindi grande rispetto per la persona e la campionessa.

D.  Quale sarà il tuo futuro? Ti vedi proiettata più verso il mondo sportivo, quello dello spettacolo televisivo o giornalistico?

R. Per entrambe le cose ci vuole molta preparazione, ora sono proiettata più sul lavoro, imparare, studiare, sia dalla parte televisiva sia da quella sportiva. Sto cercando di conseguire il titolo di istruttore di II livello di scherma. Ma il mio obiettivo più grande è poter dare, perché ho preso tanto dallo sport e dalla scherma in particolare, quindi desidero ricambiare, trasmettendo ai ragazzini valori e gioia.

D. Cosa consiglieresti a chi si affaccia oggi sulle pedane?

R. Far tesoro delle sconfitte, perché insegnano tantissimo, ti impegnano a riprendere la scalata verso la vittoria, con sacrificio e determinazione: la vittoria ti dà gioia ma la sconfitta ti matura.

Ezio RINALDI

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