Non era ancora accaduto di associare la sostenibilità alla
scherma e forse il tempo è arrivato, quindi parliamone.
Cominciò tutto con Giorgio Armani, quando disse che non
avrebbe fatto le sfilate perché poco sostenibili, in quanto spostare migliaia
di persone per mostrare a pochi eletti una collezione di quaranta abiti, non
doveva essere una cosa molto cheap, e soprattutto muoverle da ogni capo del
mondo. Aerei, alberghi, trasporti metropolitani, e una quantità di CO2 per
nulla insignificante.
Lo seguirono molti altri suoi colleghi dicendo che anche gli
shooting fotografici in magnifici set esotici dovevano essere alquanto poco
ecologici. Le riviste di moda tremarono di paura, mentre gli ambientalisti
ebbero un orgasmo di piacere.
Nessuno però ha mai espresso opinioni per i grandi eventi
sportivi, partite di calcio in primis. Se pensiamo alla capienza di San Siro, o
del San Paolo/Maradona o dell’Olimpico possiamo dire che dal punto di vista
ecologico la sostenibilità è piuttosto compromessa. Che dire del celebre
Jovabeach party che fu sospeso per salvaguardare la flora mediterranea della
costa dove si svolgeva l’evento? Concerto cancellato per sempre.
Arriviamo ora alla scherma. Quanti atleti si muovono per le
gare? Quanta CO2 immette in atmosfera la macchina della scherma ogni anno?
Sarebbe bello un calcolo, che però, per adesso, vi risparmio, e arrivo a un
interessante video in cui Garozzo racconta con la stessa scioltezza con la
quale faceva i suoi attacchi di fioretto, che vorrebbe riciclare le lame
maraging rotte ed elargire i profitti agli… atleti.
L’idea come ho già detto è interessante, ma come si può
evincere dall’introduzione, la sostenibilità nella scherma dovrebbe partire non
dalle lame, ma dal calendario. Ma restiamo sulle lame e facciamo un paio di
conti.
Il maraging è un tipo di acciaio che costa all’incirca
50€/kg, e mi riferisco a quello più costoso, mentre quello usato per le lame ha
un prezzo leggermente più basso.
Se prendiamo il dato della FIS, che ci fa sapere che in
Italia ci sono 10.490 schermitori attivi, e se ognuno di loro rompe una lama
all’anno del peso di circa 180gr, possiamo dire che il peso delle lame rotte
potrebbe aggirarsi all’incirca sulle 1,88 tonnellate. Se non fosse da
ri-lavorare, direi che è un patrimonio di circa 94.410€, ma dovendolo
manipolare non poco, credo che il costo si potrebbe aggirare sui 50€/Quintale,
il che mi fa supporre che 1,9 Ton possano valere circa 9.500€. Non mi sembra
una gran cifra o comunque non mi pare interessante impiegarci del tempo e delle
risorse. Ma magari mi sbaglio. Non si sbagliava forse un algido interlocutore
che sulla pagina di Generazione scherma ha postato quello che potremmo chiamare
un semplice “conto della serva” su costi/benefici dell’operazione proposta, e
che il gestore della pagina ha prontamente censurato, eliminandolo. Un fatto,
cioè la censura, che se non fossimo in una democrazia occidentale, quella dove
c’è libertà di parola, e pensiero, sarebbe scontato. Un fatto, e sto parlando
sempre della censura, che mi fa pensare che un tempo nella FIS era una cosa
normale… mentre ora non più. Ora che c’è Paolo Azzi.
A questo punto però concentriamoci su un altro aspetto della
sostenibilità, oltre la CO2 relativa agli spostamenti e il calendario, ovvero
la raccolta di indumenti schermistici che la FIE organizza da molti anni, al
fine di inviarla a soggetti e paesi che la scherma non se la possono permettere.
Una raccolta lodevole che in Italia è stata fatta in maniera minima.
Non si tratta di una sorta di “misericordia per poveri
schermitori del terzo mondo”, ma di un valido aiuto che meriterebbe di essere
esaminato e sviluppato, se non fosse che i costi delle attrezzature procapite
in Italia sono così alti che il mercato dell’usato ha un valore piuttosto
consistente e soprattutto è raro e di solito viene reimmesso in palestra in
maniera rapida. Lasciatemelo dire, che questa sì che è sostenibilità! Costi
elevati, nessuno spreco, niente surplus, ma soprattutto il peggiore degli effetti
collaterali: pochi schermitori.
Quindi se solo si potessero livellare gli standard delle
attrezzature degli schermitori italiani a quelli del resto del mondo, credo
che avremmo i seguenti effetti a catena più o meno immediati:
aumento
degli schermitori,
a. schermitori
più longevi
b. aumento
dei maestri per sala
c. aumento
degli impianti dedicati solo alla scherma
d. più
gare locali
e. meno
gare nazionali
f. meno
CO2
g. più
sostenibilità globale e locale
h. società
più ricche
i. una
federazione più ricca
e un P.S. molto interessante,
ovvero le lame non sarebbero un rifiuto speciale come lo è adesso, ma un
metallo 100% riciclabile nel cassonetto dei metalli dietro casa.
Mi chiedo quindi come mai Generazione scherma abbia fatto
questa proposta. È marketing politico? Doveva proporre “unaqualunque” per
controbattere il fatto che l’attuale governance federale di Paolo Azzi, è
riuscita a innalzare il contributo minimo alle società?
Una improvvisa e millimetrica puntualità, per pubblicare un
video che, ammetto, suscita interesse, ma sia ben chiaro, è molto distante
dall’essere una proposta ecologica.
Fabrizio ORSINI
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