LA GIUSTIZIA E’ IL CUORE PULSANTE DELL’UMANITA’ (cit. J. Wasserman)
Il 25 febbraio u.s. sul sito federale è stata pubblicata la seguente notizia: GIUSTIZIA FEDERALE - LA CORTE FEDERALE D'APPELLO DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO SULL' ILLEGITTIMITA' DELL'ELEZIONE DI GIORGIO SCARSO A PRESIDENTE DELLA FEDERAZIONE ITALIANA SCHERMA.
Cari lettori, il problema della giustizia sportiva, e soprattutto quello dell’autonomia ed indipendenza dei giudici, è quanto mai attuale e su di esso si imperniano ancora incessanti dibattiti.
Per ciò che riguarda la Federscherma muoverò le mie prime considerazioni da un dato di fatto. Ho avuto modo di rilevare come, sulla pagina Facebook della FIS, la pubblicazione di questa notizia ha raccolto fino ad oggi soltanto 18 “like” tra cui quello, abbastanza prevedibile, di Sergio Brusca presidente uscente del Club Scherma Roma.
Ricordo a voi lettori che, nel settembre 2016, in piena campagna elettorale, proprio il Club Scherma Roma si schierò pubblicamente dalla parte di Giorgio Scarso e del suo consiglio federale: “Il Club Scherma Roma, che rappresento, ha votato nell'ottica della riconferma del Maestro Giorgio Scarso ed ha eletto tutti i suoi rappresentanti per le prossime tornate elettorali. La nostra scelta di riconfermare il presidente uscente è scaturita dopo attenta analisi dell'ultimo quadriennio e dalla consapevolezza che non si vota contro ma si vota per”.
Fin qui nulla questio.
La vera questione, se non di stretto diritto ma di evidente opportunità, è invece quella relativa all’esercizio della funzione giudiziaria, vertente sulla questione della ineleggibilità del Presidente Scarso, da parte di soggetti che hanno vantato, o forse vantano ancora, compartecipazioni con il Club Scherma Roma per il fatto stesso di aver rivestito, nel recentissimo passato pre-elettorale, e di apprestarsi a rivestire, in un imminente futuro, cariche sociali all’interno della predetta società.
Senza nulla voler insinuare rispetto alla indiscussa professionalità ed indipendenza di tutti gli organi di giustizia sia federali che del Coni, nessuno escluso, porto ad esempio la posizione di due dei componenti della Corte federale che si è appena pronunciata nel senso di cui sopra.
Mi domando, allora, se non sarebbe stato quantomeno opportuno per Emilio Sterpetti e Francesco Gallavotti, rispettivamente presidente e componente della Corte federale, astenersi dal giudizio sull’ineleggibilità di Giorgio Scarso il primo per avere appunto rivestito il ruolo di consigliere nel predetto Club, il secondo, invece, poiché a breve assumerà la carica di presidente, raccogliendo il testimone nel segno della continuità.
Ulteriore notizia sta poi nel fatto che fra i candidati dell’eleggendo Consiglio direttivo del Club sembra annoverarsi anche Massimo Zaccheo, già presidente della sezione del Collegio di Garanzia CONI che, il 9 novembre 2016, dichiarò l’inammissibilità del ricorso proposto da Lucio Nugnes e Cristiano Magnani contro la Federazione Italiana Scherma (FIS) rigettando, ogni altro motivo di annullamento proposto dai reclamanti nei confronti della decisione 4969/2016 già assunta, in materia elettorale, dal Tribunale federale in favore della FIS.
Partendo da questi dati di fatto, comunque conformi al vigente sistema del diritto sportivo, cercherò di spiegare i motivi per cui ritengo che la giustizia federale necessiti ancora di una più incisiva riforma che ne assicuri, anche in termini astratti, la totale autonomia ed indipendenza dagli organi di governo.
Più in generale, a mio modesto parere, il vero problema della giustizia sportiva non riguarda soltanto la necessità di dovere sempre assicurare la competenza e la professionalità dei soggetti chiamati ad esercitarne le relative funzioni ma anche e soprattutto la loro assoluta terzietà e indipendenza, anche in astratto considerata.
Non si può certo affermare che l’attuale sistema selettivo degli organi giudicanti risponda pienamente a tale imprescindibile necessità. Basti pensare al fatto che tali giudici, che continuano ad essere nominati dai governi federali, sono poi chiamati a pronunciarsi sulla legittimità dei provvedimenti assunti da quegli stessi soggetti che li hanno nominati.
Né si può dire che siffatto sistema sia stemperato dalla previsione di una Commissione di Garanzia a cui è riservato il mero compito di fornire un parere sui requisiti soggettivi dei futuri giudici rispetto ad una nomina poi rimessa, sempre e comunque, all’esclusiva discrezionalità del Consiglio.
Non può quindi revocarsi in dubbio che il carattere di terzietà funzionale è astrattamente compromesso abbia origine se è vero come è vero che nel caso dell’impugnazione delle decisioni e degli atti federali l’organo competente a dirimere la controversia derivi la sua legittimazione proprio da una delle parti in causa, ovvero la Federazione nell’espressione organizzativa di vertice.
E’ quindi più che mai attuale l’esigenza di appellarsi ai principi del “giusto processo” non solo per rivendicare il pieno diritto di contraddittorio e il diritto di difendersi con parità delle armi ma anche e soprattutto per far si che “ l’assalto” si svolga su una pedana sempre neutrale ed innanzi a giudici imparziali della cui terzietà non sia lecito dubitare neppure in astratto.
Orbene, l’Ordinamento Sportivo ormai da molti anni sovrabbonda di richiami normativi in tal senso.
L’articolo 7 della L. 242/1991, ad esempio, include tra i principi del procedimento di giustizia sportiva quello relativo alla terzietà ed imparzialità degli organi giudicanti; fra i principi fondamentali degli Statuti federali è posto invece quello di separazione del potere di gestione sportiva da quello di gestione della giustizia federale e fra i principi di giustizia sportiva vi è quello contenente un generale richiamo degli organi di giustizia al rispetto dei principi di piena autonomia ed indipendenza.
Insomma, ce n’è in abbondanza, eppure non può certo dirsi che queste petizioni di principio garantiscono pienamente l’esigenza di indipendenza ed autonomia della giustizia sportiva.
Ritengo, ad esempio, che è per nulla sufficiente promulgare corollari che sanciscono l’incompatibilità della funzione giudicante con qualsiasi altra carica federale o sociale.
Prendiamo, ad esempio, il caso sopra esposto. Potrebbero mai ritenersi sufficienti le dimissioni di Emilio Sterpetti dalla carica di consigliere del Club Scherma Roma per allontanare dalla mente degli associati ogni latente o manifesto dubbio sul fatto che tale circostanza valga a garantire l’autonomia ed indipendenza del suo giudizio anche quando l’oggetto del giudizio investe, appunto, la posizione del presidente Scarso per la cui rielezione il Club Scherma Roma ha energicamente esternato la propria dichirazione d’intento?
E‘ sufficiente la circostanza delle dimissioni per sgombrare il campo da ogni dubbio che sorge a causa della assodata “predilezione” di quel Club nei confronti del Presidente Scarso?
Con ciò non intendo certamente sostenere che la decisione di Sterpetti e Gallavotti sul ricorso riguardante l’ineleggibilità di Scarso possa essere stata compromessa da qualche forma di diretta o indiretta, pregressa, attuale o prossima, aderenza agli interessi di quel Club, o alla particolare affezione che il Club ha manifestato nei confronti del presidente FIS durante la campagna elettorale, ma soltanto che il sistema della giustizia federale, a mio avviso, debba essere ancora perfezionato con l’introduzione di ulteriori accorgimenti che possano offrire massima tutela all’autonomia ed indipendenza del giudizio.
Ritengo che la capacità degli organi di giustizia di porsi al di sopra di situazioni contingenti, di condizionamenti ideologici o propensioni affettive non debba fondarsi su mere presunzioni.
Una tale presunzione sarebbe, infatti, tangibilmente schiacciata dalla persistenza di qualunque forma di appartenenza associativa o di partecipazione federale, (a cui si è ritenuto di porre riparo introducendo il sistema delle incompatibilità), e potrebbe essere facilmente superata anche dalla semplice considerazione che il mero dato formale della rinuncia ad incarichi incompatibili appare insufficiente per garantire appieno quelle astratte condizioni di imparzialità, indipendenza e neutralità che dovrebbero essere rafforzate fino al punto da inibire a chiunque il sospetto di una possibile influenza sulla capacità di giudizio.
Altra perplessità, come sopra accennato, riguarda proprio la persistenza di quel cordone ombelicale che lega i giudici sportivi agli organi di governo per il fatto di essere comunque espressione, per diritto di nomina, del Consiglio Federale.
E’ evidente, infatti, che il ruolo rimesso alla Commissione federale di garanzia non può soddisfare da sola l’esigenza di tutelare al meglio l’autonomia e l’indipendenza della giustizia sportiva.
Non vedo come la mera funzione valutativa delle candidature dei giudici sportivi, da parte di una Commissione di Garanzia, (del cui operato, peraltro, non si ha contezza dato che né le candidature né i giudizi sono resi pubblici), possa recidere il “cordone ombelicale” che lega il governo federale agli organi di giustizia. Ma vi è di più.
In FIS anche i componenti della Commissione di Garanzia sono scelti dal Consiglio Federale con la conseguenza che il predetto cordone ombelicale non solo non è rescindibile ma addirittura risulta, sia pur in via indiretta, raddoppiato.
E’ quindi indubbio che una riforma della giustizia sportiva che avesse voluto essere seriamente incisiva avrebbe dovuto sottrarre al governo federale ogni potere di designazione diretta ed indiretta degli organi di giustizia endofederali.
E il giorno in cui questo accadrà, se mai accadrà, potrà essere celebrato come un giorno davvero felice per tutto lo sport Italiano.
Infine una nota a proposito del giudizio sulla elezione del Presidente Scarso.
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per ragioni processuali quindi resta saldo il dubbio sulla sua eleggibilità in quanto questione ancora irrisolta.
La Corte federale non si è neppure pronunciata sulla validità dello Statuto sulla cui questione pende ancora il giudizio della Prefettura di Roma ed eventualmente anche del Tar Lazio.
E sono queste le probabili forche caudine sotto cui dovrà passare, fra non molto, l’obiettiva capacità gestionale del Presidente e del suo Consiglio Federale.
A. Fileccia