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31 agosto 2024

LA GAVETTA

Socrate

Ormai la mattina quando ci si alza una delle cose che si fa è quella di controllare il cellulare e vedere se qualcuno ci ha scritto oppure farsi immediatamente una passeggiata sui social e leggere sulle pagine di questo o di quello cosa hanno postato. Così questa mattina non avendo null’altro da espletare ho fatto un giro e mi sono imbattuto nella pagina di Andrea Cipressa, sulla quale è riportata una riflessione sulla tuttologia. Trascrivo integralmente, la sua breve analisi sul tema:

”La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere”

Socrate

… quindi il nostro è un mondo di “stolti” visto che oggigiorno tutti sanno tutto, sanno di cultura, di arte, di scienze, senza averne le competenze che soltanto attraverso lunghi studi si possono ottenere. Un medico oggi si sente in diritto di parlare di arte, un avvocato di ingegneria, la gente comune addirittura si sostituisce nelle diagnosi e prognosi ai medici stessi soltanto perché ha guardato Grey’s Anatomy.

Tutti ci sentiamo in diritto di poter parlare di tutto e, di conseguenza, l’esperto vero sembra perdere il suo ruolo e la conoscenza diventa banale e superficiale.

Viviamo in una società che spesso premia i cialtroni, la superficialità, “l’infarinatura”.

Ci imbattiamo frequentemente nell’improvvisazione. Al lavoro, a scuola, in politica. Ci ritroviamo ad assistere all’ approssimazione quando invece non basta fare, bisogna saper fare. E soprattutto non basta aver voglia di fare ma avere le competenze per fare.

Molte volte accade che le persone particolarmente incompetenti siano le meno consapevoli della propria ignoranza ma talmente pregne di supponenza e arroganza da volersi “vendere” come la scelta migliore. Capita pure facciano leva su un nome altisonante. Nomen Omen.

Io un mobile dell’Ikea riesco a montarlo (smadonnando e sudando) ma non mi propongo come ingegnere per costruire il Ponte sullo Stretto!

E prima di “sedervi” in un “consiglio“ (di amministrazione , sportivo o altro) o aspirarvi, fate gavetta, fate esperienza, studiate e non improvvisatevi altrimenti accettate il “consiglio”: “Lassate perde’”

Ps: una cosa la vorrei capire: dileggiare, attaccare o diffamare non fanno parte di un confronto sano e produttivo, oggi.

Tre anni fa invece si?

Caro Andrea condivido totalmente il tuo scritto in particolare sulla “gavetta” e sul Ps. Non che il resto non meriti un pari interesse ma questi due passaggi hanno attirato la mia attenzione.

Per il primo (la gavetta) posso senz’alto affermare che un medico non potrà mai operare se prima non abbia fatto un serio tirocinio, così come un architetto o ingegnere non potrà mai cominciare a progettare se prima non abbia fatto una adeguata esperienza in uno studio tecnico, idem per una gestione amministrativa ed organizzativa. Un laureato in giurisprudenza prima di diventare avvocato deve fare un periodo di tirocinio in uno studio legale e poi deve sostenere gli esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione. In buona sostanza in qualsiasi campo è necessario possedere i requisiti teorico/pratici affiche ci si possa esprimere al meglio: è come un matrimonio dove due individui si completano a vicenda.

Per la seconda considerazione (il Ps) devo dirti che comprendo e condivido quanto da te esposto soprattutto perchè ci sono passato. Il dileggio, la diffamazione e quanto possa danneggiare la dignità di ogni singolo individuo in un confronto politico non dovrebbero mai esistere, purtroppo quando tocca a noi ci amareggiamo e soffriamo moltissimo ma quando tocca agli altri spesso e volentieri ci dimentichiamo della sofferenza altrui. E’ un modus operandi generico che ho sempre combattuto, non per questo talvolta non abbia peccato anch’io.

In conclusione mi permetto affermare che prima di dichiararsi competenti e capaci in ogni campo, è necessario verificare il possesso di indispensabili requisiti.

Sia ben chiaro, non intendo dare lezioni di gestione aziendale a nessuno, ma nel condividere le considerazioni di Cipressa ho espresso, come sempre ed in modo chiaro, il mio personalissimo pensiero.

Ezio RINALDI

 

27 agosto 2024

UNA VISIONE: realistica?

Ho letto e riletto molte volte il programma di Generazione scherma e a ogni lettura emergeva sempre lo stesso tema, il cambiamento. La descrizione del loro cambiamento mi ha lasciato perplesso per un semplice motivo, in quanto pur evocandolo con frasi efficaci, non entrava mai nel merito, magari con esempi concreti.

Quindi mi chiedo ancora se la scherma debba evolversi, e in che modo. Quali sono le innovazioni necessarie? Promozione di una visione al passo con i tempi e bilanciamento fra tradizione e modernità? Ma in cosa consiste la “visione” ed il “bilanciamento” di cui si parla nel programma di Generazione scherma? Cosa si intende per “nuove opportunità di crescita per società, atleti, tecnici e appassionati”? Quale sarebbe il “futuro migliore per la scherma e come costruirlo”? Cosa si intende per “cambiamento”? Trovo queste definizioni molto accattivanti, ma prive di sostanza e mi ricordano molto certe definizioni sul “sol dell’avvenire”, che “vendevano” un mondo sociale che non c'era prima e di certo sarebbe stato meglio di quello presente. Poi cadde l'utopia e tornammo alla vita reale di tutti i giorni.

Temi che appassionano, ma perché ciò avvenga sarebbe necessario avere cognizione profonda del sistema scherma attuale e in essere. Viceversa resterebbero solo chiacchiere da bar.

Sono convintissimo che la proposta di tali tematiche sia fatta con grande sincerità e convinzione, però non posso non chiedermi cosa si intenda per “nuove opportunità di crescita” ed in cosa consistono. Per esempio: un semplice appassionato in cosa dovrebbe crescere? E se il numero di atleti in ogni palestra aumentasse, come risolveremmo il problema della qualità pro capite?

Certamente un futuro migliore se lo augurano tutti, ma la concretizzazione solo di una parte degli intendimenti enunciati richiede una accurata conoscenza del bilancio federale, oltre che di un consistente numero di dinamiche che da fuori sono sconosciute.

Pertanto esporre in maniera chiara in quale settore intervenire per reperire le risorse necessarie per la loro realizzazione sarebbe cosa buona e giusta. Ricordiamoci però che la coperta è sempre la stessa, e anche corta, ed oso credere che dallo Stato non arriveranno stanziamenti tali da consentire una concretizzazione di disegni impegnativi quali quelli enunciati.

Se invece per risorse si intende la ricerca di sostanze esterne alla Federazione, allora potrebbe, anzi lo è, una valida strada da percorrere. Infatti l’attuale dirigenza lo ha fatto e conseguentemente ritengo di poter supporre che il lavoro da svolgere sia in continuità con quello già realizzato dal Consiglio Direttivo in carica, quindi la domanda è: a che pro cambiare? Oppure: sarebbe davvero un cambiamento se salisse Generazione scherma a Viale Tiziano?

Dico questo in relazione al fatto che il Presidente Azzi è al primo mandato che in rapporto ai precedenti è stato più corto, perché completerà a febbraio i suoi primi 3 anni di gestione. Quelli fatti da vice presidente hanno un valore infinitamente inferiore all’attuale, perché mentre oggi è il legale rappresentante della Federazione, quindi il primo responsabile, negli anni passati lo era in solido con il presidente.

Perciò pur essendo un sostenitore di Azzi ciò non mi esente da un’attenta valutazione di tutto quanto accada nella scherma e in questo senso esorto l’attuale dirigenza e il gruppo di “Generazione Scherma” nell’essere più chiari nell’esposizione dei loro intendimenti e programmi. Ciò favorirebbe un maggior coinvolgimento dell’elettore, il quale avrebbe sempre meno dubbi sulla scelta da fare.

Ezio RINALDI

26 agosto 2024

I PROGETTI REALIZZATI DAL PRESIDENTE AZZI

Riprendo dalla pagina Facebook del Presidente Azzi il seguente comunicato:

"In una recente lettera ricevuta dal Presidente Mezzaroma, Sport e Salute ha rivolto alla Federazione l’apprezzamento per “l’eccellente crescita del movimento anche attraverso le iniziative che ci vedono impegnati insieme”.

Infatti, a seguito all’adesione a diversi bandi di Sport e Salute spa, la FIS ha potuto realizzare tre importanti progetti:
Progetto "La mia Scuola Promuove la Scherma" (Bando "Quota 30"): finanziamento di € 388.600. Ha coinvolto 24 società affiliate, con 3.614 partecipanti e 26.986 presenze dal 1° marzo 2023 al 17 maggio 2024.
Progetti "Nastro Rosa", "Attività Over65" e "Promozione della Scherma in Carrozzina nelle Unità Spinali" (Bando "Quota 28"): contributo di € 256.000. Ha visto 234 partecipanti e 5.200 presenze nello stesso periodo.
Progetto "SchermaFutura" (Bando "Quota 35"): finanziamento di € 533.500, con 768 partecipanti tra tecnici e giovani atleti.
È la scherma vista in un’ottica nuova nella quale all’agonismo e alle medaglie si aggiunge la risposta alle esigenze di una società civile in evoluzione.
Questo è ciò che abbiamo fatto e questo è ciò che io e la mia squadra continueremo a fare, nel nuovo quadriennio, con l’aiuto di società e tecnici, attraverso la vostra fiducia, implementando ulteriormente questo lavoro di diffusione capillare e concreta del nostro sport."
Mi congratulo con il Presidente per i progetti realizzati.
Ezio RINALDI

23 agosto 2024

IL PROGETTO DI Gigi MAZZONE E LA SUA (presunta) SQUADRA PER IL QUADRIENNIO 2025-2028

È on line il sito di Generazione scherma, dove Luigi “Gigi” Mazzone presenta il programma e la sua squadra per la gestione federale relativa al quadriennio 2025-2028. Il simbolo della squadra sembra essere la pluricampionessa paralimpica Bebe Vio. La schermitrice mainstream, campionessa d’avanguardia, unica atleta che ha presenziato alla kermesse parigina, sfilando con un abito raggiante di fili d’argento assieme ai figuranti en-travesti in salsa LGBTQ+ durante l’apertura dei giochi olimpici, ora sarà la rappresentante in quota atleti per la squadra di Gigi Mazzone.
Gli altri candidati componenti il team del dottore catanese non sono ancora noti ufficialmente, probabilmente spunteranno con cadenza periodica, tal che velo dopo velo, appariranno le sembianze del drappello e, probabilmente, potremo esprimere la nostra meraviglia. Se questo dovesse essere l’intento troverei l’idea un po’ noiosetta, anche perché i nomi circolano da un pezzo e secondo le indiscrezioni che giornalmente mi giungono i nomi in circolazione sono superiori alla composizione dell’intera squadra. Essi sono:
Presidente: Gigi, Luigi Mazzone
Quota atleti: Bebe Vio, Federico Vismara
Quota Tecnici: Guido Marzari
Consiglieri: Paolo Menis, Elisabetta “Sissi” Albini, Daniele Garozzo, Daria Marchetti, Alice Cometti, Sandro Cuomo, Andrea Sirena, Francesco Montini, Marcello Scisciolo.
A mio avviso e seguendo il mio istinto, delle precitate persone Alice Cometti e Sandro Cuomo per vari motivi non concorreranno alla carica di consigliere. Le restanti sono comunque personalità di tutto rispetto, cui segue un programma denso di iniziative, composto di ben sedici progetti che qui, in sintesi vi elenco:
Progetto 1. Rapporti con la base e tesserati (il più descritto e dettagliato)
Progetto 2. Creazione del Fencing project management, ufficio dedicato per finanziamenti e progetti. (sta parlando di finanziamento di progetti, che all’interno di una società sportiva necessitano di esperti di contabilità e gestione)
Progetto 3. Attività agonistica internazionale (si tratta di atleti di alto livello)
Progetto 4. Settore tecnico. Nuovi criteri di riconoscimento e formazione per una scherma equa e meritocratica. (credo stia parlando di atleti e maestri, o forse solo di maestri)
Progetto 5. Politiche a supporto del settore paralimpico. Don’t worry There’s fencing. Inclusiveness and social wealth. (Tranquilli non è un corso di inglese! È il titolo del project, come se gli atleti paralimpici fossero tutti anglofoni)
Progetto 6. L’alto livello e le sue dinamiche. (si parla ancora di atleti di alto livello)
Progetto 7. Politiche a supporto del settore Master. Progetto Professione scherma facendo collaborare ordini professionali, schermitori e Federazione. (In questo caso il termine Project è stato cambiato in Progetto, forse a causa della scarsa inglesizzazione dei boomer cui è riferito, a differenza dei paralimpici)
Progetto 8. Scherma storica. Un nuovo format per valorizzare la tradizione e innovare la comunicazione. (tenuto conto che gli “storici” come vengono chiamati gli schermitori di questo settore sono più ferrati sul marketing che sulle capacità di insegnamento, credo che questo Project sia stato formulato senza conoscere l’ambiente).
Progetto 9. Settore arbitrale. Piano di riforma e ruoli chiave del GSA nella gestione arbitrale della FIS. (se riesce a riformarlo lo proporrò all’Accademia di Svezia, per il Nobel)
Progetto 10. Comitati regionali. Cinque linee programmatiche per rafforzare i comitati regionali. (in questo caso “linee programmatiche” si potevano tradurre in “programmatic lines”? Chiedo per un amico)
Progetto 11. Performance élite: sinergia tra scienza e scherma. Destinati agli atleti delle nazionali maggiori e giovani. Massimizzare le prestazioni degli atleti italiani. (Performance è un termine inglese, mentre élites è francese, linguisticamente è un passo avanti. Si tratta comunque di atleti di alto livello)
Progetto 12. Benessere in pedane crescere campioni sani. (credo si potesse impostare come wellness in piste o wellness in fencing, meno comprensibile mapiufigo. Come se in palestra venissero centinaia di persone con problemi di salute. Lo sport come terapia di certo non passa per l l’agonismo, ma procede lungo percorsi ben diversi. Si intravvede però una blandissima forma di medicalizzazione delle ASD. Siamo pronti?).
Progetto 13. Scherma scuola e corsi di laurea in scienze motorie. Sinergia tra scuole e università per promuovere la scherma su tutto il territorio. (questo è un progetto interessantissimo, ma dalle numerose voci che ho raccolto, mi sento di poter dire che non ha alcun valore a livello promozionale. La presenza della scherma in università aiuterebbe di certo lo schermitore-schermitrice che studia Scienze motorie, dandogli una preparazione di alto livello, ma sappiamo bene che il gran lavoro va fatto in palestra).
Progetto 14. Comunicazione, marketing, eventi e cerimoniale: Italian fencing masters. Un nuovo volto per la federazione italiana con il progetto IFM. (in questo caso master non sta per gli atleti over 25 ecc… ma è un’altra cosa. Si tratta ancora di scherma di alto livello, ma in questo caso riguarda l’organizzazione degli eventi, tipo le gare internazionali per Cadetti e giovani, che in Italia sono poche.).
Progetto 15. Semestre bianco. Impegno a motivare e rendere pubblici tutti i nuovi contratti stipulati durante il quadriennio. (A parte il semestre bianco o blank semester, mi permetto di segnalare e rammentare che, per la legge sulla trasparenza, i contratti stipulati da una Federazione sono completamente visionabili e lo strumento giuridico si chiama accesso agli atti, come per qualsiasi amministrazione nella quale confluiscono soldi pubblici.
Progetto 16. Rapporti con le istituzioni. Strategia di cooperazione: per rafforzare la presenza della scherma italiana nel panorama internazionale. (non si tratta di scherma di alto livello, ma di amministrazione federale di alto livello, un qualcosa che era già partita con le City partners, ma che poi si è perso completamente. In pratica una miglioria di qualcosa che c’era già).
Da quanto emerge sembra che l’alto livello o la nazionale maggiore sia il cuore del programma (guarda caso, proprio come ai tempi di Scarso). La scherma di alto livello appare infatti in varia forma, in ben tre Progetti. Un po’ meno attenzione verso la base, cioè aumento degli iscritti; delle società e dei maestri. Poca attenzione anche per gli impianti operativi dedicati solo alla scherma.
Il nulla assoluto per quanto riguarda l’Accademia Nazionale di Scherma di Napoli (!?) (anche qui come l’illustre suo predecessore).
Questi 16 Progetti, è giusto dirlo, sono solo un miglioramento del sistema già in essere, e se devo dirla tutta, a me sembra che manchi di una vera vision, per usare un termine italiano tradotto in inglese perché fa più figo, che presenti una Federazione in grado di reggere davvero l’impatto della riforma sportiva, quella cosa che negli effetti ha generato parecchi bruciori gastroesofagei a tutto il mondo dello sport, specie in noi che non siamo tantissimi.
Se in passato si fosse lavorato più in tal senso, oggi avremmo ben altri numeri, ma è un argomento che proposi già nel 2012 insieme a chi mi accompagnò in quell’avventura, e che nessuno ebbe il coraggio di raccogliere, perché ero “il male della scherma”. Già il male. Il lato oscuro, quello che per anni ha cercato di sensibilizzare la base su una gestione personalizzata - e non personalistica/individualistica - del mondo scherma, senza riuscirci.
Ezio RINALDI


21 agosto 2024

LA STORIA SI RIPETE. MAESTRI DI SCHERMA ITALIANI NEL MONDO

La scherma siamo noi, se solo potessimo parafrasare una canzone di Vasco Rossi nel nostro mondo. L’abbiamo insegnata in tutta Europa e stiamo allargando il raggio, nonostante la scherma in Italia si pratichi poco.

Salvator Fabris, o come veniva chiamato Fabrice, veniva additato da Henri de Saint Didier nel suo trattato sulla scherma nella metà del 1500. Fabris poi ebbe un discreto successo, non solo come maestro, ma anche come trattatista e ancor oggi la sua Opera nova è una pietra miliare della scherma. Che dire invece di un certo sconosciutissimo Patinotrie bolognese che insegnava in Francia e venne citato da uno dei primi trattatisti transalpini come suo allievo? Vogliamo poi parlare di Daniel l’Ange, un trattatista “tedesco” il cui trattato scritto in caratteri gotici, presenta tutta la terminologia schermistica in caratteri italici, tipo bodoni, di chiara importazione francese, ma che a sua volta hanno evidente derivazione italiana. Anche il nome dell’autore Daniel l’Ange, non mi pare molto francese e siamo già all’inizio del XVII secolo.

Di Angelo Tremamondo Malevolti però non possiamo dire che fosse schermisticamente italiano, ma lui era italianissimo, anzi livornese. La sua scherma era di chiarissima scuola francese, infatti non ci sono trattatisti italiani evidenti alla fine del Settecento che possano competere con lo strapotere culturale francese, che però sia nella scherma, che nell’equitazione, che nella danza e nel nuoto, hanno fatto la spesa in Italia e anche in maniera abbondante, francesizzando come era giusto fare. Ci misero circa un secolo, ma ci riuscirono. E gli italiani? Nessun problema, come al solito. Scrivevano poco o quasi, conservando la propria scienza, evitando di divulgarla troppo. Quando un sistema funziona e viene copiato, la sua evoluzione va tenuta ben nascosta e venduta a caro prezzo. Maestri di scherma italiani si conoscono in varie corti europee perché è risaputo che i francesi sì, sanno cosa sia l’eleganza e l’ultima moda, ma non possono competere con l’efficacia dei sistemi italiani, che senza avere un re, imperversano in ogni campo in maniera particellare, microscopica, aprendo campi del sapere un po’ ovunque, dall’Inghilterra a San Pietroburgo, nella musica come nell’architettura e si portano dietro anche la scherma, anche se le tracce a volte si sbiadiscono dietro la logorante celebrità di poeti, scienziati, cantanti, e finanche lessicologi come Giovanni Florio.

La lista è lunga perciò mi fermo, ma non interromperei quella schermistica, che nell’Ottocento prende una piega diversa, in quanto gli italiani che si trovano in Francia sotto la Revolution soccombono o migrano, come Malevolti che va a Londra, dove gli inglesi non avranno sdegno di imparare la scherma francese, credendo che sia italiana. Un successo anche letterario senza pari per ben due generazioni. Curiosamente però né in Francia né in Inghilterra, come nemmeno in Germania sono apparse scuole schermistiche degne di nota. Verrebbe da dire: après les italiens, le déluge.

Per una nuova ondata di migrazione, come se quella di due secoli di cui abbiamo rapidamente tracciato non bastasse, dobbiamo aspettare la nascita della Scuola magistrale militare di scherma di Roma alla quale Masaniello Parise mise mano, per concorso e via dicendo, ampiamente e in molti dettagli descritto nella biografia che io stesso ho scritto. Non solo vennero formati da zero Luigi Barbasetti, Italo Santelli, Luigi Della Santa, Giovanni Franceschinis e Arturo Gazzerra e un’altra dozzina di maestri eccellenti che migrarono allegramente in tutta Europa, ottenendo ingaggi da favola, compreso Eugenio Pini, che non era figlio di quella scuola, ma andando nel più ricco club scherma del mondo fu fautore di una scuola italo argentina di scherma che per un ventennio fu di riferimento per il continente panamericano.

Fu la grande scuola del mondo di scherma con il solito ritornello: maestri tanti, soldi pochi; o se vogliamo: talento tanto, domanda elevata. L’Italia è in brand in sé e fuori dal mondo questo è risaputo, un tesoro che facciamo fatica a metabolizzare e a sfruttare, tranne pochi ma ottimi casi.

Barbasetti costruì la scuola schermistica austriaca, Italo Santelli quella ungherese. Accanto a loro lavorarono per l’appunto Della Santa e Franceschinis in maniera non meno proficua e collaterale. Interessantissimi i nomi che compaiono da Philadelfia (USA), fino a San Pietroburgo, dove un maestro di scherma italiano non solo insegnava il maneggio delle armi, ma anche quello del cavallo nella scuola ufficiali dello Zar. Poi la Grande guerra sciupò come al solito tutto quanto non solo la scherma.

Per ritrovare maestri migratori dobbiamo aspettare gli anni Sessanta del Novecento, alcuni in gamba, altri meno. Uno di questi fu Giorgio Pessina, già importante schermitore, che migrò in Uruguay a Montevideo assieme alla moglie, Germana Schwaiger, che lì morì, dopo essersi separata dal marito che tornò in Italia con una nuova moglie sudamericana. Ben altri ve ne furono, ma non riuscirono a lanciare la scherma del posto. Lo strapotere di francesi e italiani a livello internazionale era troppo elevato e allo stesso tempo la scherma nel resto del mondo era poco interessante, ma non per gli slavi, o se vogliamo il blocco sovietico.

Durante la Cortina di ferro le eccellenze locali, Ungheria in primis, vennero prese dal potere e trasformate in scuole affamate di medaglie. I numeri di partecipanti allo sport aumentò in modo esponenziale scherma compresa, così da avere un numero elevato di persone sulle quali lavorare. Nacque la scherma sovietica che andava dalla DDR a Vladivostok. Lì gli italiani non penetrarono, anche se vennero studiati con il microscopio, forse con mezzi che in Italia non erano nemmeno possibili, dati i costi. Infatti, caduto il muro o poco prima, furono quei maestri ipersviluppati e supervincitori, che migrarono da noi. Dovemmo riapprendere la nostra stessa scherma che nel frattempo era stata anabolizzata dal socialismo reale. Fu una scuola nella scuola e fece bene all’Italia, che contemporaneamente aveva sviluppato i suoi formidabili geni, Livio Di Rosa in primis, proprio quando Giuseppe Mangiarotti, cessava la sua striscia vincente inaugurata nel 1936 e terminata a Roma nel 1960 o poco più in là.

La parabola di risalita è a questo punto tesa e lunga, rispetto all’ascissa del tempo. I nuovi migranti eccellenti si chiamano Angelo Mazzoni, supervincitore nella spada con Tagliariol in Svizzera prima e in Russia poi, assieme a Stefano Cerioni, Giovanni Bortolaso, dove hanno portato il sacro verbo della scherma italiana con notevole successo. Poi gli Stati Uniti, toccando la Germania dove Bortolaso oramai risiede da qualche anno.

Ma non è finita, perché quando vediamo un successo non italiano, specie nel fioretto, siamo più che consapevoli che dietro ci debba essere o un francese o un italiano. Per esempio Andrea Magro è stato parecchi anni in Giappone. I risultati non sono stati pochi, e alla lunga si vede quello che ha seminato in più di un decennio. Restava da capire Cheung di Hong Kong, a tratti inspiegabile.

Il luogo dove vive e si allena Cheung è grande solo la metà della Liguria e ha il doppio degli abitanti della Toscana. Se non erro si allena al Jokey club di HKG, forse il più prestigioso club scherma cittadino, (sempre che una città grande come la Liguria possa definirsi tale), assieme a Maurizio Zomparelli e a Giorgio Fanizza, che allo stesso tempo è preparatore fisico del HKG Team di scherma. Di nuovo gli italiani insomma. E non solo, perché se proprio proprio dobbiamo dirla tutta, anche gli Americani annoverano molti contatti con Cerioni, quando sulla panchina dell’Italia c’era Andrea Cipressa.

Cosa dire? Che senza gli italiani in campo, questo sport non merita di essere praticato. Mancherebbe l’élan, lo slancio competitivo, che ci contraddistingue. HKG però ha fatto per bene in compiti, in quanto sulla panchina della nazionale siede Gregor Koenig, un francese intelligente e capace che ha saputo dividere il merito con gli italiani e non solo, una formula che sta facendo scuola, ovviamente con budget di alto calibro, tutte cose che gli italiani fanno con due cipolle e tre carote, pensate se avessimo a disposizione ben altra spesa dietro!

Fabrizio ORSINI

17 agosto 2024

OLIMPIADE FRANCESE? NON SAPREI.

Si è conclusa la più grande manifestazione sportiva del mondo. Sulla carta le aspettative erano parecchie, ammettiamolo, ma nella realtà in molti casi i francesi hanno fatto flop.
È vero, l’olimpiade perfetta non esiste, ma Parigi aveva tutte le carte in regola per farcela, mentre abbiamo assistito a due appuntamenti costruiti in mondo davvero provinciale e un Thomas Bach a fine mandato, e che non si ricandiderà alla presidenza del CIO, in evidente difficoltà.
Il primo appuntamento, se così possiamo chiamarlo è stata la cerimonia inaugurale dell’olimpiade. Baciata eufemisticamente dalla pioggia e andata del tutto a gambe all’aria, compreso, indiscrezioni post quem, la mancata messa in onda di altri video oltre a quelli che lo spettatore ha visto in TV e che avrebbero fatto capire meglio la narrazione che era stata concepita. Una ridda di commenti e capi di stato e religiosi che si sono sentiti offesi dalla celebre messa in scena del baccanale e dalla sfilata LGBTQ della quale non vorrei più parlare per il resto della mia vita.
Tutto questo serviva a introdurre evidentemente gli atleti cosiddetti trans o intersessuali, la cui esistenza abbiamo scoperto a Parigi 2024, con tanto di conferenza stampa di Bach che diceva senza molti imbarazzi: “Come si fa a distinguere la sessualità di una persona? Non c’è un modo chiaro e indiscutibile.” La comunità scientifica dovrà chiarire una volta per tutte questo aspetto e forse questa ammissione di incapacità da parte del massimo esponente sportivo del mondo, servirà per fare regole chiare e condivise da e per tutti a tutela di un sesso come dell’altro, nel nome dell’uguaglianza, sia ben chiaro.
Le chiacchiere sulla Senna hanno poi tenuto banco per tutta la manifestazione. Tre anni fa a Tokyo non potevamo avvicinarci l’uno all’altro ed era obbligatoria una distanza di un metro e mezzo. A Parigi invece abbiamo visto che nuotare nemmeno tanto allegramente nella Senna, era più che possibile. Gli effetti collaterali su molti atleti (altro che medaglia d’oro! Bisognerebbe dargli un indennizzo monetario ben maggiore!) li abbiamo visti. Impietosi molti video di francesi stessi.
Meraviglioso però, e in questo Parigi è inarrivabile credo da quasi il 100% delle città del mondo, la cornice dei suoi monumenti. Il dressage e il pentathlon a Versailles, les Invalides per ciclismo e maratona, il Grand Palais per scherma e Tae kwon doo, splendide le piscine, rinnovate e create dal nuovo compresi i palasport sui quali le regìe televisive hanno indugiato abbastanza. Se lo avessero fatto avrebbero mostrato una classe di architetti che il mondo può benissimo invidiare e senza fare peccato. Una strana modestia, in rapporto alla cerimonia di apertura!

La medaglia poi è il fiore all’occhiello di questa olimpiade. Un oggetto che dire bello è del tutto restrittivo e forse anche ingiusto. Quella medaglia è di una bellezza inaspettata e ha fatto vedere che la Francia, quella tecnica, quella dei suoi designer e architetti, dei suoi urbanisti, dei suoi gioiellieri e famosissimi profumieri e couturier e artisti e musicisti è una Francia inimitabile, che è rimasta a lato, forse per mostrare al mondo che si sta muovendo in altre direzioni, pur conservando e difendendo il suo meraviglioso essere, quella classicità che la contraddistingue oltre ogni misura, che è un brand in sé, come lo Champagne, lo Chanel n°5, le Dior, la DS, e via dicendo in una lista che non avrebbe fine, ma che ci è venuta la voglia di conoscere e apprezzare di più di prima.
Il secondo appuntamento è il gala di fine olimpiade che ci aspettavamo scoppiettante, se non micidiale, come se fosse una revanche, rispetto al primo.
Ritmo basso, se non sciallo, con scenografia decostruttivista, non proprio francese, che sembrava uscita dalla matita di Daniel Libeskind, che non è proprio francese. Estenuante la sfilata degli atleti, per un’ora circa di déjà vu, che ha dato inizio alla meno probabile attività che si poteva proporre per un gala del genere, il karaoke, il tutto dopo che alle Tuilleries veniva raccolta la fiamma olimpica dal grande e giovanissimo Marchand mentre un coretto bello ed elegante cantava a cappella e in completa solitudine Sous le ciel de Paris, un classico di Edith Piaf che avrebbe meritato di più.
Una volta seduti lungo l’anello olimpico tutti gli atleti si sono goduti una modestissima coreografia di decine di ballerini e acrobati vestiti di grigio, i quali sul palco dello stesso colore ton sur ton, generava i cinque cerchi olimpici che venivano issati nel cielo dello stadio sotto gli occhi di un mimo che sembrava il figlio bello e dorato di Predator.
Dalle tribune intanto migliaia di luci bianche comandate a distanza disegnavano meravigliose silouettes, francesissima evoluzione di quelle che a Montmartre per pochi euro un qualsiasi artista di strada può farti. Peccato che sia durata poco, o forse collocata in modo maldestro.
A quel punto è cominciata la festa, i Phoenix hanno eseguito i loro migliori brani, coadiuvati da Angèle, che spezzava in francese la monotonia dell’imperversante stile inglese che dilaga ovunque. potentissimo il suo inimitabile fascino sensuale. Quando l’ho vista però mi sono chiesto perché non fosse vestita da Yves Saint Laurent o da John Galliano, ma era in una tutina nera che faceva molto esistenzialista e Audrey Hepburn in Funny face, non del tutto a caso.
Senza saper né leggere né scrivere avrei puntato più su Bob Sinclar e David Guetta, che sono solo i più celebri e pagati DJ del mondo, senza dimenticare Jean Michel Jarre, saltato a piè pari, ma che avrebbe introdotto al meglio Tom-Ethan Cruise-Hunt, che dal bordo della copertura dello Stade de France disegnato da Jean Nouvel, si lanciava sullo stadio con una fune, per agguantare la bandiera del CIO, salutare i presenti, su una motocicletta, mentre una splendida H.E.R si esibiva in un assolo con una Fender stratocaster bianca e volare a bordo di un C130.
Da quel punto è stato solo cinema. Abbiamo capito finalmente perché per venti giorni Snoop Dog ha imperversato nei campi gara battendo il Bigadier per terra a inizio competizione e ha fatto il simpatico clown con decine di sportivi americani, compreso un inaspettato selfie con il grande Albano. Doveva apparire nel concertino che, chissà quando, a Los Angeles era stato preparato in perfetto stile California beach party, assieme a Billie Eillish e i Red hot chili pepper. Una cool gang modesta per stile e per impatto, sullo sfondo dell’oceano che per una volta era piatto come a Riccione mare. Se penso a come si presentarono i giapponesi a Rio 2016, ho ancora i brividi, specie quando Shinzo Abe apparve dopo che un mega pulsantone nel centro dello stadio veniva premuto al ritmo del suono del videogame del baffuto Supermario.
Nazioni diverse, creativi diversi, tempi diversi, risultati diversi.
Resta però un po’ di amaro in bocca, per molte cose. Altro che amuse bouche e dessert. In questa olimpiade non si è vista molto la Francia, purtroppo, e molti si sono lamentati del cibo, poco proteico, e un po’ scialbo, anche nelle brasserie della città, che servivano hot-dog e waffle, alla faccia del Croque monsieur e della baguette jambon beurre, che forse gusteremo a Los Angeles.
A bientôt… o forse sarebbe meglio dire seeyou bye!
 Fabrizio Orsini

13 agosto 2024

OLIMPIADI 2024: che cosa ci sfugge?

Due dati, Italia 60milioni di abitanti 40 medaglie (12 oro, 13 argento, 15 bronzo), mentre l’Australia, 25 milioni di abitanti, 53 medaglie (18 oro, 19 argento, 16 bronzo), e mi chiedo il perché di tanta distanza fra questi due popoli. Qualcosa ovviamente mi sfugge.

Chi mi legge sa che sono polemico, ma non lo faccio apposta, mi viene naturale, e credo che questa volta io possa definire la polemica, più che scontata.

Sono andato a vedere in quali sport avevano raggiunto tale risultato gli australiani, e mi sono trovato davanti a una parata un po’ noiosetta di nuotatori. Qualche canoista, affiancato da campioni dell’atletica leggera, un cavaliere che ha vinto nel Completo… nulla di sconvolgente, ma come si può evincere, gli vale il terzo posto nel medagliere dopo Cina e USA.

Poi ho guardato il medagliere degli italiani e ho trovato un po’ di tutto. La scherma, il nuoto, la ginnastica, la canoa, la vela, il trap, e poi una sconvolgente quantità di quarti posti, detti anche medaglie di legno, addirittura 25, che fa dell’Italia la campionessa dei podi mancati per un soffio. Il che non vuol dire che siamo delle schiappe, ma che forse, sì mancava qualcosa.

Inutile dire che il solito Aldo Cazzullo, esperto di olimpiadi e di campionati di calcio, (così recita il suo

Aldo CAZZULLO (giornalista)

curriculum sportivo… da giornalista) ha messo l’accento su di un aspetto socio-generazionale, ha detto in prima che agli italiani, specie quelli della scherma, mancava la cattiveria, e poi, più recentemente, ha anche dato la soluzione ai nostri problemi di mancate vittorie, cito testualmente dal profilo Insta del Corriere della sera: “se sapremo lavorare sul fisico, sulla tecnica e pure sulla psiche”, riusciremo a trasformare il legno in metalli.

Ora, caro Cazzullo, non per sapere quale sport hai praticato da giovane, e a quale livello, mi verrebbe da dire: “grazie al c...o, questo c’òo sapevamo pure noi” e permettimi di rammentare un piccolo evento che forse, da guru dello sport quale sei, ti è sfuggito, tutto preso qual eri dal trovare la madre delle soluzioni ai problemi dello sport agonistico italiano, ovvero che in Italia facciamo sport nei sottoscala, nei garage, nelle palestre di 50 o 60 anni fa, senza che nel frattempo siano state ammodernate, nelle piscine, quelle sì modernissime, che si fa prima a rifarle che a ristrutturarle, perché in 50 anni, il cloro le ha letteralmente demolite da dentro.

Inoltre, e anche questo forse ti è passato davanti agli occhi mentre pensavi alla psiche degli atleti che erano in gara, c’è stata una riforma che il ministro Giorgetti e predecessori, e di certo anche successori, hanno messo in atto in modo come al solito poco comprensibile, aziendalizzando una attività (lo sport italiano ndr) che era il cuore del welfare (parolaccia di cui nessun giornalista forse si è preso la briga di prendere come elemento da cavalcare, perché dimenticato sia dai governi precedenti, che da quello attuale). E dopo aver aziendalizzato le ASD (che vuol dire Associazioni sportive dilettantistiche caro Cazzullo) per trasformare gli allenatori (ecco dov’è la faccenda di cui tu vuoi occuparti assieme al ministro), in professionisti, con stipendio, partita iva, inps, pensione, ferie pagate, tredicesima e quattordicesima, dimenticando, mio caro, che le ASD (hai già dimenticato cosa vuol dire oppure devo ripeterlo) non sono delle aziende. Non hanno un CEO, un consiglio di amministrazione, non un consiglio degli azionisti, né tantomeno dei consumatori, né un prodotto o un servizio da vendere anche se, nella mente di chi ha visto nelle ASD una Azienda sportiva dilettantistica, il parallelo è fulmineo.

I corsi sportivi non servono a dare un servizio come lo intende il legislatore, né per avere un profitto, benché all’interno di una ASD i soldi ci siano e qualcuno i soldi li percepisca quali meritatissima mercede, che un tempo era la favolosa cifra di 1 milione di £ire al mese, più la tredicesima, e quattordicesima ed erano esentasse, che poi con l’euro, (quello che secondo Prodi era la manna regalata dal cielo azzurro stellato dell’Europa che ci avrebbe fatto lavorare un giorno in meno e guadagnare come se avessimo lavorato un giorno in più… mai marketing fu così genialmente somministrato agli italiani e allo stesso tempo maldestramente metabolizzato) ebbene con l’euro, i 14 milioni annui, divennero 7500€, ovvero una cifretta cui nemmeno il reddito di cittadinanza dei 5 stelle poteva fare competizione, in quanto i fortunati nullafacenti del rdc si beccavano 6000€ all’anno, ma si poteva arrivare fino anche a 9000€ in casi particolari e senza fare un beneamato tubo.

Si diceva la riforma, giusto? che ci ha stritolati in una morsa amministrativa, che viene aggiornata di giorno in giorno, un po’ come viene, al punto che gestire una Associazione sportiva disperatissima, è diventata un concorso che potrebbe avere il titolo: “Indovina come gestire la tua ASD”.

Ecco quindi, caro Aldo, che mi viene da dire che non c’è bisogno di darci delle dritte su come allenare i nostri ragazzi, che già ci fanno emozionare, anche se solo riescono a fare un decimo di quello che gli istruttori insegnano, e non è un problema di psiche, ma ben più generale, è un problema che forse sia tu che i tuoi colleghi di altri giornali, non volete vedere, ovvero che lo sport italiano è una specie di miracolo e se abbiamo tante medaglie di legno e forse altrettante di argilla, è perché siamo già fenomeni. Quindi invece di dire che dobbiamo lavorare sul fisico o sulla tecnica, o sulla psiche, perché non dici che a valle dell’aziendalizzazione delle ASD, il governo dovrebbe OBBLIGARE ogni comune a spendere obbligatoriamente in un quinquennio una quota parte del suo bilancio per impianti e ASD? Le formule? Se non sei troppo preso dalle tue indagini sportive su tecnica e psiche, te ne potrei elencare qualche centinaio, come farebbe qualsiasi altro operatore che come me, e non come te, vive nello sport.

Tutto questo però non accadrà, perché i professori di greco, pur insegnando che gli antichi greci inventarono le olimpiadi, e pur descrivendo in maniera orgasmica l’estetica dello strigilatore di Lisippo, se un loro allievo fa sport, viene messo nel mirino non meno di come farebbe il turco Yusuf Dikec con la sua pistola e la mano in tasca.

E il miracolo australiano, credimi, dal mio punto di vista, è figlio del benessere di quel continente. Sono socialmente ricchi e se una persona vuole fare sport come mestiere, la gente è felice di pagare una cifra consistente per poterlo imparare, perché il Paese dei canguri vede nello sport molti valori sociali non solo personali che qui in Italia sono visti con molto sospetto. E non è un caso che nel 2032 organizzeranno a Brisbane la loro terza olimpiade estiva. E qui, qualcosa ancora mi sfugge, ma ne riparleremo, anche se ancora qualcosa mi sfugge.

Fabrizio Orsini

 (p.s. nella scherma in Australia sono molti gli istruttori non australiani, molti dei quali sono cinesi, sarà per questo che non sono così forti? Lì sì è un problema di tecnica mi sa.).

 

10 agosto 2024

NON UN TRIONFO MA UNA BUONISSIMA OLIMPIADE

Si sono appena concluse le Olimpiadi per la Scherma e tanti sono stati i commenti, tantissimi positivi ed alcuni negativi. Forse ci aspettavamo molto? Soprattutto in relazione ai risultati ottenuti ai mondiali di Milano e dopo gli Europei di Basilea? Forse si, però è necessario prendere atto della enorme crescita di paesi la cui tradizione schermistica era anni luce lontano dalla nostra e poi la consacrazione di altre che fino a 20 anni fa erano considerate delle cenerentole. La scherma si è globalizzata, conseguentemente i competitor ad altissimo livello sono aumentati e l'Italia pur restando una nazione all'avanguardia non è più il faro illuminante per l'universo schermistico. La colpa o il merito è tutto nostro poichè molti qualificatissimi tecnici sono emigrati ed hanno fatto crescere nazioni che di scherma erano all'abc mentre oggi sono avversari di pari livello. Intanto va rimarcato il merito di aver portato al massimo evento sportivo del pianeta tutte e sei la squadre, quindi un en plein che a mia memoria non ho mai visto. Comunque, non tutto è andato per il verso giusto e ciò non è addebitabile alla globalizzazione della scherma, sarebbe un errore nascondersi dietro una simile giustificazione. Non voglio entrare nel merito delle vittorie e delle sconfitte però è inevitabile non mettere in evidenza che nell'ambito tecnico alcuni settori siano stati completamente nulli e a poco servirebbe evidenziarli, addossando le responsabilità a quello o a questo. C'è da intervenire e bisogna farlo con onestà ed umiltà.

E' necessario che i nostri tecnici si aggiornino e questo lo si potrà fare con una federazione attenta e consapevole che l'evoluzione è costante e le altre nazioni stanno correndo.

Personalmente ritengo che sia stato portato a casa un adeguato numero di medaglie e quelle d'argento ci fanno capire che siamo sempre tra i primi e, forse, come afferma il CT della pallavolo femminile, è ora di smetterla di pensare solo alla medaglia d'oro. Quando si arriva in finale si ha di fronte un avversario pari se non superiore al nostro valore per cui esserci arrivati è già una vittoria. E' su queste basi che bisogna cominciare a ragionare per far si che i nostri atleti arrivati a quel punto siano liberi da pressioni che solo chi non pratica lo sport agonistico non può capire.

Un grandissimo ringraziamento a tutti i nostri/e atleti/e per ciò che hanno fatto e per l'impegno che hanno profuso.

Riporto alcuni passi delle dichiarazioni che il Presidente Azzi ha rilasciato al termine della competizione olimpica: "Le cinque medaglie vinte, il 50° oro dell’Italia della scherma nella storia olimpica, la bellissima immagine trasmessa dai nostri atleti per la forza valoriale e persino pedagogica dei messaggi lanciati, ci rendono felici e fieri di questa spedizione ed è bello condividere con tutti voi tale soddisfazione. L’effetto di un’Olimpiade è da sempre l’apice di un’incessante attività di promozione che quotidianamente portiamo avanti insieme: a Parigi la scherma ha vinto per tre volte la prima serata della tv italiana, facendo appassionare milioni di telespettatori. Un patrimonio da cui ripartiremo per diffondere sempre di più la bellezza e i valori del nostro sport alla riapertura delle sale, nella certezza che avrete sempre – e con ancora maggior impulso in questo momento cruciale – la Federazione al vostro fianco, nel supporto, con azioni mirate e concrete, alle attività di ogni singola società. ", riprese dal sito della Federazione Italiana Scherma.

Condivido il suo pensiero ma lo esorto ad una analisi profonda per capire come e dove intervenire.

Nella tabella sottostante potrete farvi una idea di come ci si sia evoluti ed involuti dal 1972 ad oggi.
Ezio RINALDI


07 agosto 2024

FLUCTUAT NEC MERGITUR

di Gil Pezza

Il mio primo ricordo delle Olimpiadi risale ai Giochi di Tokyo del 1964, la cui Cerimonia di Apertura coincideva con il mio compleanno. Guardandola in TV in Italia, la vidi in bianco e nero. Tuttavia, la mancanza di colore non diminuì la magia e l'incanto di quella esperienza.

Le Cerimonie di Apertura di Tokyo, Città del Messico, Monaco, Montreal e Mosca seguirono un modello simile: una sfilata delle nazioni, discorsi cerimoniali, l'ingresso della bandiera e dell'inno olimpico, e l'arrivo del portabandiera, culminando nell'accensione del braciere e nel rilascio della colomba. La solennità di quel momento collegava il mondo antico a quello moderno, trasmettendo un messaggio di pace (per inciso , il volo della colomba ). È interessante notare che questo messaggio era spesso seguito da spettacoli tecnologici radicati in armi da guerra, come un saluto di cannoni o il volo di jet militari sopra lo stadio, ma il contesto e l'intento dietro questi spettacoli militari erano compresi ed apprezzati.

La Cerimonia di Apertura divenne un evento molto atteso, creando entusiasmo per le competizioni nei giorni a seguire. In un'epoca più semplice, il rilascio di migliaia di palloncini, come a Tokyo '64, mi sembrava incredibile. Da giovane schermitore, mi sedevo vicino al piccolo schermo della televisione (nonostante la proibizione dei miei genitori per l’effetto sulla vista) per cercare di intravedere gli schermidori italiani durante la sfilata delle nazioni. Questi ricordi sono ancora nitidi, testimonianza dell'entusiasmo che le Olimpiadi hanno scatenato in me durante l'infanzia, un entusiasmo che si è trasformato in una passione duratura che mi ha guidato e ispirato sia da adolescente che da adulto.
Le Olimpiadi di Los Angeles del 1984 segnarono un punto di svolta nella storia dei Giochi, rivoluzionando le Olimpiadi e la loro Cerimonia di Apertura per sempre. Per la prima volta, le Olimpiadi furono organizzate con l'obiettivo di realizzare un profitto, e la Cerimonia di Apertura fu trasformata per includere uno spettacolo artistico grandioso. Questo nuovo paradigma estese la cerimonia a un minimo di quattro ore, stabilendo uno standard nuovo per tutti i Giochi futuri. Ricordo distintamente l'ingresso della delegazione statunitense nello stadio, un mare di rosso, blu e bianco che fluiva in un movimento ondulato, allontanandosi dalla formazione ordinata tradizionale. Ma, per me, il pezzo forte fu l'arrivo di un uomo che volava nello stadio con un jetpack, evocando la scena iconica di James Bond in Thunderball - un momento che lasciò un'impronta indelebile sulla mia memoria. Proprio come l'accensione del Braciere Olimpico di Parigi 2024 - un perfetto connubio di artisticità e innovazione, rimarrà scolpito nella mia memoria per sempre.
Le Olimpiadi del 1984 stabilirono uno standard molto alto per le successive Cerimonie di Apertura, che divennero sempre più spettacolari e sensazionali. Lo spettacolo artistico aveva uno scopo duplice: catturare l'attenzione del pubblico televisivo globale e superare lo spettacolo della precedente Olimpiade, rimanendo fedeli al tema e allo spirito olimpico. L'obiettivo era raggiungere un equilibrio delicato, creando un'esperienza indimenticabile che non solo avrebbe lasciato un'impressione duratura sugli spettatori globali, ma li avrebbe anche uniti nello spirito delle Olimpiadi. In sostanza, "arte" che agisce in supporto del Tema Olimpico e non arte come fine a se stessa. Un esempio notevole è la cerimonia di apertura dei Giochi di Londra 2012, dove la tradizionale liberazione di colombe vive è stata sostituita da ballerini vestiti con costumi ispirati alle colombe, trasmettendo così il messaggio di pace in modo creativo e impattante. Questo approccio sottile ma potente ha garantito che l'espressione artistica rimanesse fedele ai valori olimpici, evitando potenziali controversie o distrazioni.
Le immagini alle Olimpiadi, sia nella cerimonia che nello spettacolo artistico, svolgono un ruolo vitale nel promuovere gli ideali e i valori olimpici, spesso operando a livello subliminale. La storia dei portabandiera che hanno acceso il Braciere Olimpico serve come testimonianza del progresso dell'umanità. Esempi notevoli includono:

- Tokyo 1964: Yoshinori Sakai, soprannominato il "Bambino di Hiroshima" a causa della sua nascita il giorno dei bombardamenti atomici

- Città del Messico 1968: Enriqueta Basilio, la prima donna a accendere il braciere

- Los Angeles 1984: Rafer Johnson, un atleta afro-americano e la prima persona di discendenza africana ad accendere il braciere

- Sydney 2000: Catherine Freeman, un'atleta aborigena-australiana di fama mondiale.
Le nazioni ospitanti hanno sfruttato il simbolismo in modo positivo e redentivo, promuovendo l'unità e l'inclusività. La scelta di Rafer Johnson, ad esempio, fu una dichiarazione simbolica  potente allineata con lo spirito olimpico, celebrando il progresso e la diversità negli Stati Uniti dal dopoguerra in poi. Al contrario, una rappresentazione di proprietari di schiavi che frustano o impiccano schiavi africani nello spettacolo artistico sarebbe stata storicamente accurata ma fuori luogo nonchè di cattivo gusto nel contesto di una Cerimonia di Apertura.
Onestamente, tutto ciò non è complicato come sembra - è più come Pianificazione Strategica 101. Identifichi il problema, lo riformuli come un'affermazione positiva e quella diventa la soluzione. Lo stesso principio si applica al Marketing Olimpico 101: il messaggio deve essere positivo, rilevante e allineato con il Tema Olimpico. Il più grande errore è promuovere un messaggio con una connotazione negativa non allineata. Ad esempio, presentare una rappresentazione artistica dell'assassinio di JFK nello Spettacolo Artistico di Los Angeles 2028 sarebbe un errore madornale, poiché introdurrebbe un elemento negativo e non correlato alla celebrazione. Il fatto che l'assassinio di JFK faccia parte della storia degli Stati Uniti non significa che debba essere necessariamente incluso nella Cerimonia di Apertura. Un marketing olimpico efficace richiede un approccio pianificato attentamente ed allineato con i valori e i temi dei Giochi.
Qui bisogna aprire una parentesi sul tableau vivant, una forma d’arte (che mi affascina) che combina l'essenza del teatro, dell'arte visiva e dell'espressione umana. Si tratta di un gruppo di persone che si posizionano (un tempo dovevano restare di rigore immobili) spesso in costumi elaborati e scenografie, per ricreare in maniera precisa un famoso dipinto, scena o momento nel tempo. Da notare che quando ci si rivolge a un pubblico televisivo globale è fondamentale considerare l'impatto subliminale delle immagini iconiche.
Per esempio, se proponessi un tableau vivant di un uomo crocifisso in un contesto irriverente, sarebbe inutile spiegare successivamente che esso rappresentava Dysmas, il ladro crocifisso alla destra di Cristo, poiché la maggioranza associerebbe immediatamente quell'immagine a Cristo stesso. Questo perché le immagini iconiche possono sovrastare le intenzioni, evocando connessioni culturali profondamente radicate; tenendo anche conto che il tableau vivant si sono evoluti ricreando a volte parodie di dipinti, immagini e momenti famosi che non si attengono scrupolosamente alla fedeltà di ciò che ricreano come era, invece, di prassi nel XIX Secolo. Infatti, un tableau vivant dell’ Ultima Cena “alla LGBQT” non è affatto una novità, come ammesso dagli stessi individui apparsi in quello di Parigi. Infatti, il tableau vivant è anche stato usato come strumento di protesta ed attivismo politico. Allo stesso modo, se rappresentassi una riunione del Gabinetto della Casa Bianca con il Presidente seduto al centro, affiancato dai consiglieri su un lato del tavolo con cibo, un giornalista potrebbe sensazionalizzare l'immagine, intitolandola "Il Presidente e i suoi Discepoli" tracciando un parallelo con l'ultima Cena di Leonardo da Vinci. Sarebbe poi ingiusto asserire che questa analogia è frutto della mia ignoranza dato che il numero di persone sedute al tavolo sono 17 anziché 12. (NB: Il Consiglio dei Ministri del Presidente Americano è composto dal Vicepresidente e dai 15 Responsabili dei Dipartimenti Esecutivi. Quindi, la vera mancanza sta nel non conoscere nulla del tableau vivant (e della sua evoluzione) né della storia delle Olimpiadi; una lacuna, questa, che impedisce di comprendere il contesto del tableau vivant proposto a Parigi e il suo impatto nel contesto di un'Olimpiade.
Questo evidenzia l'importanza di considerare gli effetti potenziali subconsci delle immagini iconiche sul pubblico; e il Direttore Artistico di una Cerimonia di Apertura - in questo caso un artista teatrale di nome Thomas Jolly - deve essere consapevole delle possibili conseguenze non intenzionali dell'uso di immagini iconiche fuori contesto, altrimenti potrebbero evocare associazioni indesiderate, interpretazioni errate o risposte emotive che distraggono dal messaggio o dalla visione artistica intenzionale. Thomas Jolly ha strutturato dodici tableaux vivant durante lo Spettacolo Artistico; ma ne è bastato uno solo per generare un'enorme controversia.
Le reazioni dei musulmani, tramite il Muslim Council of Elders, e del Vescovado Francese sono state immediate.  Muslim Council of Elders: Sporting Events Should Be Platforms to Celebrate Cultural Diversity and Mutual Respect and Not Insult Religious Symbols and Beliefs (muslim-elders.com).  Il governo iraniano ha ufficialmente convocato l'ambasciatore francese a Tehran poichè I musulmani considerano Gesù come un profeta di Dio, la rappresentazione irreverente di Gesù Cristo a Parigi  ieri è stata del tutto inaccettabile e ha oltrepassato ogni limite di rispetto. https://alphanews.am/en/iran-summons-french-ambassador-for-insulting-representation-of-jesus-christ-during-olympic-opening-ceremony/. Papa Francesco, invece, ha espresso la sua posizione una settimana dopo, presumibilmente a seguito di pressioni da parte del presidente turco Erdogan. La cancelleria turca ha riferito che Erdogan ha detto al Papa che la cerimonia di apertura delle Olimpiadi era stata immorale e ha fatto una parodia dei valori sacri, chiedendo di prendere una posizione comune contro di essa, secondo quanto riportato da Reuters. https://www.usccb.org/news/2024/vatican-says-it-was-saddened-olympics-opening-ceremony
A seguito della controversia, Thomas Jolly, il Direttore Artistico ha fornito una spiegazione sostenendo di aver voluto ricreare una festività pagana incentrata su Dionisio, il Dio Greco del vino e dell'estasi (noto anche come Bacco per i Romani). È importante notare che il riferimento al quadro "Il festino degli dei" di un artista olandese meno conosciuto (di Leonardo) è stato fatto da altri, e non dal Direttore Artistico stesso. Tuttavia, entrambe le versioni non sembrano concordare con il resoconto fornito da Piche, un attore del tableau e Drag Queen e Rapper, che ha affermato che il tableau rappresentava l'Ultima Cena di Leonardo. JO 2024: la drag-queen Piche répond aux critiques après sa performance à la cérémonie d'ouverture (bfmtv.com). È importante sottolineare che gli organizzatori stessi di Parigi 2024, all'inizio, aveva dichiarato che il tableau contestato era una reinterpretazione dell'Ultima Cena di Leonardo da Vinci.  Paris Olympics Say The Last Supper Inspired Opening Ceremony (thewrap.com)
Raggiungere un equilibrio delicato nella pianificazione di una Cerimonia di Apertura Olimpica è una sfida ardua. Richiede di navigare una rete complessa di pressioni da parte di vari stakeholder, tra cui interessi artistici, commerciali, finanziari, politici, tecnologici e mediatici. Per avere successo, è necessario un approccio multidisciplinare, che combini competenze core con un sistema di controlli e bilanciamenti per garantire che lo spettacolo artistico rimanga fedele al suo tema. Un modello esemplare è Marco Balich, Chief Creative Officer di Balich Wonder Studio, che ha dimostrato eccezionale abilità nel raggiungere questo equilibrio in tantissime manifestazioni sportive di grosso prestigio, incluso le Olimpiadi. È importante sottolineare che Chief Creative Officer e Direttore Artistico sono due ruoli diversi. Il primo impiega la creatività per conseguire obiettivi di business e di marketing, mentre il secondo si concentra sull'attuare la propria visione artistica personale.
Saltando avanti a Parigi 2024, la Francia ha sfidato la saggezza convenzionale rimmaginando la tradizionale Cerimonia di Apertura basata sullo stadio. Gli organizzatori hanno deciso di liberarsi dall'impostazione tradizionale dello stadio e hanno utilizzato la città di Parigi stessa come tela per lo Spettacolo Artistico. La Senna è stata il filo conduttore che ha unito le varie parti della città in una celebrazione che ha incarnato il motto latino di Parigi, Fluctuat nec mergitur ("Galleggia, ma non affonda"). Liberandosi dalle costrizioni di un unico luogo, gli organizzatori francesi hanno cercato di creare un'esperienza veramente unica e memorabile che avrebbe fissato un nuovo standard per tutti i Giochi futuri. Anche se i risultati sono stati inferiori alle aspettative bisogna ammirare sia la creatività di questo cambiamento radicale sia l'impegno di tutti i professionisti coinvolti.
La Cerimonia di Apertura è iniziata alle 13:30 ora est degli Stati Uniti e, alle 14:25, il mio telefono ha iniziato a vibrare con messaggi da amici e familiari: "Stai guardando questo?" Ho risposto a alcuni e ho iniziato a inviare alcuni messaggi anch'io. Ma un testo in particolare mi ha colpito. Proveniva da un amico che stava dirigendo un campo estivo di scherma al suo club per 30 bambini di età compresa tra 9 e 11 anni. Diceva che i ragazzini non erano minimamente interessati alla Cerimonia di Apertura.
Il resto è storia.
Le Mie Osservazioni
La mia opinione è che l'idea di decentralizzare la Cerimonia di Apertura delle Olimpiadi attraverso un'estesa sezione di Parigi lungo la Senna sebbene interessante in teoria, in pratica non ha funzionato perché non c'era un legame sufficiente con lo spirito olimpico. Se fosse stato un festival dedicato alla città di Parigi, lo avrei apprezzato di più. La cerimonia ha mostrato un'incredibile arte ed ingegno, e poi Parigi è sempre bella da vedere. Tuttavia, come Cerimonia di Apertura delle Olimpiadi, per me è stata la meno riuscita. Detto questo, non vedo l'ora di vedere la Cerimonia di Chiusura, che si terrà allo Stade de France.
L'uso di una fantasmagoria à la Fellini ha reso ancora più difficile cogliere il tema olimpico sottostante nello Spettacolo Artistico. In effetti, l'effetto fantasmagorico amplifica la fusione tra realtà e immaginazione, che consente poi alle persone di percepire le cose in modo soggettivo (da qui la controversia). Ad esempio, la sfilata di moda ha perso una grande opportunità di collegarsi con il tema olimpico. Invece di sfilare personaggi che sembravano usciti dal Satyricon di Fellini, avrebbe potuto evidenziare l'impatto della moda sulle uniformi ufficiali olimpiche indossate dagli atleti dalle Olimpiadi del 1896 ad oggi.
La Cerimonia in sé (nota bene: la Cerimonia di Apertura ha due componenti: lo Spettacolo Artistico e le Cerimonia) è stata spettacolare per innovazione e scenografia ai Jardins du Trocadéro. Anche se alcune delle sue componenti hanno perso slancio e impatto. Ad esempio (e questa è la mia opinione), se fossi un portabandiera per il mio paese, preferirei portare la bandiera camminando in uno stadio con migliaia di persone che applaudono piuttosto che farlo stando fermo su una barca.
Personalmente, non sono stato offeso dal tableau anche se ho riconosciuto immediatamente che molti lo avrebbero trovato offensivo. Non mi sono offeso perché capisco che l'arte non può sempre essere al servizio del potere e delle istituzioni. L'arte deve anche sfidare lo status quo e, a volte, offendere. Ma non quando deve agire in supporto di un tema specifico - le Olimpiadi in questo caso; anche se ciò è stato fatto involontariamente o per ricreare l'accuratezza storica. Per inciso, nell'esempio che ho usato nel paragrafo precedente, sarei contrario a includere atleti nudi nella sfilata di moda per mostrare l'evoluzione dei Giochi dalle origini antiche al mondo moderno. Personalmente, non lo trovo offensivo, ma sono consapevole che molti lo troverebbero inaccettabile. Ciò che conta è rispettare le opinioni altrui e non ridicolizzare chi potrebbe essere offeso per le proprie convinzioni.
In ogni caso, il pubblico globale è cambiato parecchio negli ultimi due cicli olimpici. Adesso, la maggior parte degli spettatori è super polarizzata e pronta a offendersi per un nonnulla. Il fatto che adesso si parli tanto di "micro-aggressioni" dimostra quanto siamo diventati sensibili. E poi, il fatto che non ci sia più contesto nei discorsi pubblici porta a discussioni assurde e divisive su cosa sia offensivo e cosa no. E per finire, ogni fazione politica si ritiene più morale dell'altra e prende in giro gli avversari per le loro presunte sensibilità. Questo clima tossico rende la vita difficile ai direttori artistici che devono cercare di unire un pubblico globale super frammentato.
Le Mie  Raccomandazioni
La commissione organizzatrice dovrebbe assumere un Direttore Creativo (CCO) e non un artista come Direttore Artistico. In alternativa, assumere entrambi (CCO e artista) ma dare loro il potere di veto reciproco.È ovvio che l'approvazione finale deve sempre spettare alla commissione organizzatrice.
La commissione organizzatrice dovrebbe avere un mix di competenze chiave per evitare controversie fin dall'inizio, tra cui marketing, media, relazioni pubbliche, teologia, arte, culture comparative e uno storico olimpico.
L'arte nello Spettacolo Artistico non dovrebbe essere autocelebrativa, ma utilizzata per supportare il Tema Olimpico.
Evitare di essere coinvolti in dibattiti post-controversia (era intenzionale o no) perché sono discussioni inutili. Il fatto che la Commissione Organizzatrice abbia dovuto tenere conferenze stampa per scusarsi o spiegare le motivazione del tableau è già di per sé un fallimento, perché ha creato divisione e non unità.
Bisogna distinguere lo Spettacolo Artistico dalla sezione Cerimoniale e non permettere che un fattore controverso in una di queste sezioni invalidi tutto lo sforzo. E non giudicare le Olimpiadi solo dalle cerimonie di apertura e chiusura. A Parigi, da quello che ho visto, hanno fatto un ottimo lavoro per quanto riguarda le sedi e l'organizzazione di ogni evento. Alla fine, è questo che conta.
Se si utilizzano fantasmagorie e/o tableau vivant, utilizzare un narratore per spiegarli e fornire contesto durante lo spettacolo artistico. Infatti, in questo caso una semplice spiegazione in tempo reale del tableau vivant in questione avrebbe evitato tutta la controversia.
A chi si è offeso, dico: accettate le scuse degli organizzatori per quello che valgono e passate oltre, magari concentrandovi sugli eventi sportivi. A chi accusa gli altri di ignoranza, consiglio di seguire questa regola: non ridere mai dell'ignoranza altrui, perché quando pensiamo alla nostra propia ignoranza, dovremmo piangere.
Infine, ciò che mi ha colpito di più è stata la totale mancanza di interesse per la Cerimonia di Apertura mostrata dai 30 ragazzi del campo estivo di scherma del mio amico. Questo disinteresse è stato particolarmente sorprendente per me, perché ricordo di essere stato entusiasta degli stessi eventi a loro età. Pertanto, consiglio vivamente agli organizzatori di Los Angeles 2028 di considerare i giovani under 20 come loro principale target, in modo che l'evento possa galvanizzare la prossima generazione.

FLUCTUAT NEC MERGITUR

By Gil Pezza

My first Olympic memory is of the 1964 Tokyo Games, whose Opening Ceremony coincided with my birthday. Watching it on TV in Italy, I saw it in black and white. Yet, the lack of color didn't diminish the magic and inspiration of the experience.

The Opening Ceremonies of Tokyo, Mexico City, Munich, Montreal, and Moscow followed a similar pattern: a Parade of Nations, ceremonial speeches, the entrance of the Olympic flag and anthem, and the torchbearer's arrival, culminating in the lighting of the cauldron and release of doves. This moment of solemnity bridged the ancient past with the modern world, conveying a message of peace (i.e., the flight of the doves). Interestingly, this message was often followed by technological displays rooted in weapons of war, such as a salute of cannons or the flight of military jets over the Stadium’s sky but the context and intent behind these militaristic displays were understood and appreciated.
The Opening Ceremony made us yearn for the large excitement that the coming days would yield (paraphrasing Tennyson), and, hence, was part and parcel of the Games. In a simpler time, the release of thousands of balloons, like in Tokyo '64, to me was both breathtaking and mesmerizing. As a young fencer, I would sit close to the small TV screen (despite warnings about eye strain from my parents) trying to catch a glimpse of the Italian fencers during the Parade of Nations. These memories remain vivid, symbolizing the excitement that the Olympics generated in me as a child, which then evolved into a lifelong passion that continued to inspire me as I grew into adolescence and adulthood.
The 1984 Los Angeles Olympics marked a turning point in the history of the Games, revolutionizing the Olympics and its Opening Ceremony forever. For the first time, the Olympics were organized with a profit in mind, and the Opening Ceremony was transformed to include a grand artistic show. This new paradigm extended the ceremony to a minimum of four hours, setting a new standard for all the Games to come. I recall distinctly the entrance of the US delegation into the Los Angeles Memorial Coliseum; a sea of red, blue, and white that flowed in a wave-like motion, breaking away from the traditional, orderly marching formation. But, to me, the highlight was the arrival of a man flying into the stadium via jetpack, evoking the iconic James Bond scene from Thunderball (an earlier childhood memory) - a moment that left an indelible mark on my memory. Just as the Paris 2024 Olympic Cauldron lighting -a masterful blend of artistry and innovation, will be forever etched in my memory too.


The 1984 Olympics set an exceedingly high standard for subsequent Opening Ceremonies to become increasingly sensational and spectacular. Henceforth, the artistic show had a dual purpose: to captivate global TV audiences and surpass the showmanship of the previous Olympics, all while staying true to the Games' theme and providing the host nation a platform to showcase its history and culture in a way that resonates with the Olympic spirit and mission. The goal, even now, is to strike a delicate balance, crafting an unforgettable experience that would not only leave a lasting impression on global viewers but also unite them in the spirit of the Olympics. In essence, “art” acting in support of the Olympic Theme and not art as an end unto itself. A notable example is the opening ceremony of the 2012 London Games, where the traditional release of live doves was replaced by dancers dressed in dove-inspired costumes, conveying the message of peace in a creative and impactful way. This subtle yet powerful approach ensured that the artistic expression remained true to the Olympic values while avoiding potential controversy or distraction.

It goes without saying that Imagery at the Olympics, both in the ceremony and artistic show, plays a vital role in promoting Olympic ideals and values, often operating on a subliminal level. The history of torchbearers who lit the Olympic Cauldron serves as a testament to humanity's progress. Eminent examples include:

- Tokyo 1964: Yoshinori Sakai, dubbed the "Hiroshima Baby" due to his birth on the day of the atomic bombings
- Mexico City 1968: Enriqueta Basilio, the first woman to light the cauldron

- Los Angeles 1984: Rafer Johnson, an African-American athlete and the first person of African descent to light the cauldron - Sydney 2000: Catherine Freeman, a renowned Aboriginal-Australian athlete.
Host nations have leveraged symbolism in a positive, redemptive manner, promoting unity and inclusivity. The selection of Rafer Johnson as the torchbearer in LA 84, for instance, was a powerful statement aligned with the Olympic spirit, celebrating progress and diversity in post-World War Two America. In contrast, a depiction of slave owners whipping or hanging African slaves in the artistic show would have been historically accurate but jarringly out of place in the context of an Opening Ceremony.
Honestly, this is not rocket science - it is more like Strategic Planning 101. You identify the problem, reframe it as a positive affirmation, and that becomes the solution. The same principle applies to Olympic Marketing 101: messaging must be positive, relevant, and aligned with the Olympic Theme. Indeed, the biggest mistake would be to promote a message with a misaligned negative connotation. For instance, featuring an artistic depiction of JFK's assassination in the Los Angeles 2028 Artistic Show would be a huge misstep, as it would introduce a negative and unrelated element into the celebration. The fact that JFK’s assassination is part of our history does not qualify it per se to be part of an Artistic Show. Effective Olympic marketing demands a thoughtful, uplifting approach that is aligned with the Games' values and themes.

Here, it is necessary to open a parenthesis on tableau vivant, a form of art (that fascinates me) that combines the essence of theater, visual art, and human expression. It involves a group of people positioning themselves (formerly required to remain strictly still) often in elaborate costumes and scenery, to precisely recreate a famous painting, scene, or moment in time. Note that when addressing a global television audience, it is crucial to consider the subconscious impact of iconic images. For example, if I proposed a tableau vivant of a crucified man in an irreverent context, it would be pointless to later explain that it represented Dysmas (according to the apocryphal book, The Book of Nicodemus), the thief crucified to the right of Christ, since most people would immediately associate that image with Christ himself. This is because iconic images can overpower intentions, evoking deeply ingrained cultural connections. Moreover, the tableau vivant has evolved to sometimes recreate parodies of famous paintings, images, and moments that do not strictly adhere to the original's fidelity, unlike the 19th-century practice. In fact, a LGBTQ-themed Last Supper tableau vivant is not novel at all, as admitted by the individuals who appeared in the one in Paris 2024. Historically, the tableau vivant has also been used as a tool for protest and political activism.
Similarly, if I depicted a White House Cabinet meeting with the President seated centrally, flanked by advisors on one side of the table with food, a journalist might sensationalize the image, entitling it "The President and his Disciples drawing a parallel to Da Vinci's iconic Last Supper.” This holds true even if the headcount at the table would be seventeen rather than twelve. (NB: the President’s Cabinet includes the Vice President and 15 Executive Department Heads). The real issue is that most people are unfamiliar with the tableau vivant (and how it has evolved) and the history of the Olympics. This lack of knowledge makes it difficult to understand the context and impact of the controversial tableau vivant presented in Paris within the Olympic framework.

This highlights the importance of considering the potential subconscious effects of iconic imagery on audiences; and the Artistic Director of an Opening Ceremony -in this case a theatrical artist named Thomas Jolly, must be aware of the potential unintended consequences of using iconic images out of context, lest they evoke unwanted associations, misinterpretations, or emotional responses that detract from the intended message or artistic vision. Thomas Jolly structured twelve tableaux vivant during the Artistic Show; yet it took only one to generate a huge controversy.

The reactions from Muslim representatives, through the Muslim Council of Elders, and the French Bishop's Council were immediate. Muslim Council of Elders: Sporting Events Should Be Platforms to Celebrate Cultural Diversity and Mutual Respect and Not Insult Religious Symbols and Beliefs (muslim-elders.com). Furthermore, Iran's government has called in the French ambassador to Tehran for an official meeting because Muslims revere Jesus as a prophet of God. The insulting representation of Jesus Christ in Paris yesterday was completely offensive and crossed all red lines. https://alphanews.am/en/iran-summons-french-ambassador-for-insulting-representation-of-jesus-christ-during-olympic-opening-ceremony/. Pope Francis weighed in a week later, after Turkish President Erdogan put on some pressure. According to Erdogan's office, he told the Pope that the Olympic opening ceremony was immoral and made a mockery of sacred values, and asked for a joint condemnation, as reported by Reuters. https://www.usccb.org/news/2024/vatican-says-it-was-saddened-olympics-opening-ceremony
Following the controversy, Thomas Jolly provided an explanation claiming that he had intended to recreate a pagan festival centered around Dionysus, the Greek God of wine and ecstasy (also known as Bacchus to the Romans). It is worth noting that the reference to the painting "The Feast of the Gods" by a lesser-known Dutch painter was made by others, not the Artistic Director himself. However, neither version seems to match the account given by Piche, an actor in the tableau and a Drag Queen and Rapper, who stated that the tableau depicted Leonardo's Last Supper. JO 2024: la drag-queen Piche répond aux critiques après sa performance à la cérémonie d'ouverture (bfmtv.com). It should also be underscored that the producer of Paris 2924 initially stated too that the controversial tableau recreated Leonardo’s Last Supper. Paris Olympics Say The Last Supper Inspired Opening Ceremony (thewrap.com)

Achieving a delicate balance in planning an Olympic Opening Ceremony is a daunting task. It requires navigating a complex web of pressures from various stakeholders, including artistic, commercial, financial, political, technological, and media interests. To succeed, a multidisciplinary approach is necessary, combining core competencies with a system of checks and balances to ensure the artistic show remains true to its theme. One exemplary model is Marco Balich, Chief Creative Officer of Balich Wonder Studio, who has demonstrated exceptional skill in striking this balance in organizing many prestigious sporting events, including the Olympics. Note that there is a significant difference between a Chief Creative Officer and an Artistic Director. The former uses a creative vision to accomplish business and marketing objectives while the latter is focused on bringing his or her specific artistic vision to life.

Fast forwarding ahead to Paris 2024, France challenged conventional wisdom by reimagining the traditional stadium-based Opening Ceremony. In a bold move, the organizer decided to break free from the traditional stadium setting and utilized the city of Paris itself as the canvas for the Artistic Show. The Seine River functioned as the unifying thread, weaving together the various parts of the city in a celebration that embodied Paris' Latin motto, Fluctuat nec mergitur ("It floats, but does not sink"). By breaking free from the constraints of a single venue, the French organizers attempted to create a truly unique and memorable experience that would set a new standard for all future Games.
Truly, one must appreciate both the ingenuity of this radical change as well as the effort of all professionals who collaborated on it.

The Opening Ceremony kicked off at 13:30 EST US, and by 14:25, my phone began buzzing with texts from friends and family: "Are you watching this?" I replied to a few and started sending some messages of my own. But one text struck a chord with me. It came from a friend who was running a summer fencing camp at his club. for thirty kids aged 9-11. It stated that the campers were not at all interested in the Opening Ceremony.

The rest is history.

My Observations

Decentralizing the Opening Ceremony through an extended section of Paris was brilliant in the abstract but it required then a stronger tie-in with the Olympics, which instead became incidental in the Artistic Show portion of the ceremony . In fact (and this is what I texted to my friend) had it been a festival of Paris I would have l liked it. There was incredible artistry and ingenuity involved; besides Paris is just always beautiful to see. As for the Opening Ceremony of the Olympics, it is the one liked the least. That said, I am really looking forward to the Closing Ceremony, which will take place at the Stade de France.

The use of Fellini-like phantasmagoria made it even more difficult to capture the underlying Olympic theme in the Artistic Show. Indeed, the phantasmagoric effect enhances the merger of reality and imagination, which intentionally allows people to perceive things subjectively (hence the controversy). For example, the fashion show missed a wonderful opportunity to tie into with the Olympic theme. Rather than parading characters that seemed out of Fellini’s Satyricon, it could have highlighted the impact of fashion on the official Olympic uniforms worn by athletes at the Olympics from 1896 to the Present.

The Olympic Ceremony itself (NB: the Opening Ceremony has two components: The Artistic Show and the Ceremonies) was spectacular in its innovation and setting at the Jardins du Trocadéro. Even if some of its components lost momentum and power. Case in point (and this is my opinion), if I were a flag bearer for my country, I would rather carry the flag walking in a stadium with thousands cheering than do it by standing on a boat.

Personally, I was not offended by the tableau even if I recognized immediately that many would find it offensive. This is because I understand that art cannot always be in service of power and institutions. Art must also challenge the status quo, and even offend at times. But not when it must act in support of a specific theme - the Olympics in this case; even if this was done unintentionally or to recreate historical accuracy.

Case in point, in the example used in the preceding paragraph, I would advise against featuring nude athletes in the fashion show to illustrate the evolution of the Games from ancient times to the modern world. Personally, I do not find it offensive, but I am aware that many people would find it unacceptable. What matters is respecting others' opinions and not ridiculing those who might be offended due to their beliefs.

Regardless, the global audience has undergone a significant shift over the last two Olympic cycles. A substantial portion of viewers are now deeply polarized along political lines, making them increasingly prone to taking offense. The rise of the term "micro-aggression" reflects this growing sensitivity. Moreover, the erosion of context in public discourse often leads to irrational and divisive debates about what constitutes offensiveness. Compounding the issue, each political faction claims moral superiority, ridiculing the opposing side for their perceived sensitivities. This toxic environment poses a daunting challenge for the organizers of the Olympic Games, who must navigate treacherous waters to create a unified and uplifting experience for a fragmented global audience.
My Recommendations

The organizing committee should hire a Chief Creative Officer (CCO) and not an artist as Artistic Director. In the alternative, hire both (CCO and an artist) but give them veto power over each other. Needless to say, the final approval must always rest with the organizing committee.
The organizing committee should have a mix of core competencies aimed at avoiding controversies in the first place, including but not limited to marketing, media, public relations, theology, art comparative cultures, as well as an Olympic historian.

Art in the Artistic Show should NOT be self-serving. Rather, art within this context must be used in support of the Olympic Theme.

Avoid getting embroiled in the post-controversy debate (it was intentional or not) It is a futile discussion because the fact that the Organizing Committee had to hold press conferences to apologize or explain what the intent behind the tableau vivant, is a failure in it by itself. This because it created division rather than unity.

Distinguish the Artistic Show from the Ceremonial section and do not let one controversial factor in either one of those sections invalidate the whole effort. In other words, do not throw out the baby with the bathwater. And do not judge the Olympic Games only by their opening and/or closing ceremonies. In Paris from what I have seen, they did a super job with respect to the venues and organization of each event. That is what really matters.

If using phantasmagoria and/or a tableau vivant, use a narrator to explain it and provide context during the artistic show. In fact, an explanation in real time of the tableau vivant in this case would have avoided the whole controversy.

To those who were offended, just accept the organizer’s apology, and move on. Consider focusing on the sports events instead. And to those who like to call others ignorant, try this: instead of laughing at what others don't know, think about what you don't know, and be humble.
Lastly, what I found most concerning was the lack of interest in the Opening Ceremony shown by the 30 kids at my friend's fencing summer camp. This was particularly striking to me because I remember being their age and feeling incredibly excited about the Olympics. With this in mind, I would strongly recommend that the organizers of LA 2028 prioritize the under-twenty age group as their primary target audience, ensuring that the event resonates with the next generation.