Elisa Di Francisca ha appeso il fioretto
al chiodo per dedicarsi interamente alla sua splendida famiglia (un marito e
due figli). Ha scritto il libro “Confessioni di una campionessa imperfetta” con
il quale si è messa a nudo, parlando della sua vita schermistica e privata. Non
credo sia stato facile affrontare la propria esistenza, fatta non solo di
momenti di gloria con le tante vittorie, olimpiadi, campionati del mondo,
europei, coppa del mondo etc., ma anche di momenti bui, dai quali ha saputo
uscirne poiché oltre che nella scherma è stata ed è una fuoriclasse anche nella
vita.
Ha imparato a volersi bene e ciò le ha
permesso di raggiungere una profondità interiore con la quale si è potuta
raccontare a 360°. Con il suo libro ha dato un notevole contributo alla lotta
contro le violenze sulle donne ma, credo, più in generale, anche contro
l’omofobia e certamente contro ogni tipo di abuso.
Oggi è una apprezzata opinionista
televisiva e segue la scherma con grande intensità, sostenendo il CT Cerioni.
Noi della “PIAZZA” le abbiamo sottoposto
una serie di domande, con le quali abbiamo voluto capire quanto sia forte il
suo legame con la famiglia, la scherma, la TV ed il suo impegno sociale.
La chiacchierata è stata particolarmente
piacevole ed ha interessato anche i recenti risultati ai campionati del mondo del
Cairo, da cui gli azzurri hanno portato a casa ben 8 medaglie: 2 ori, 4 argenti
e 2 bronzi, ma di questo diremo in un altro articolo.
D. Nel tuo libro hai sponsorizzato Cerioni alla
guida tecnica della nazionale di fioretto e nel contempo hai mosso
apprezzamenti non certo lusinghieri verso l’ex CT Cipressa. Ora Cerioni è al timone
del Fioretto italiano ma Cipressa ha un nuovo e rilevante ruolo del quale non
si sa molto: cosa ne pensi?
R. Nel libro parlo del mio rapporto con Stefano Cerioni e con Giovanna
Trillini, della mia esperienza e del malcontento che ha generato in me,
e anche in altri atleti, l’allora commissario tecnico Andrea CIPRESSA. Andrea è un grande oratore, come diplomatico sarebbe
eccellente e sicuramente potrebbe essere un grande presidente della federazione,
però come commissario tecnico non riusciva a gestire il gruppo perché è una
persona molto buona, voleva accontentare tutti, diceva sempre sì. Anche nella propria
famiglia ai tuoi figli non puoi dire sempre sì. A ragion veduta, qualche no lo devi
dire, devi dare delle regole e devi far sentire che sei il leader, che hai
polso per gestire le situazioni. Purtroppo fu sfiduciato anche dagli atleti è
ciò ha provocato la sua sostituzione. In seguito il Presidente Azzi gli ha
conferito il ruolo di coordinatore dei commissari tecnici. In tutta sincerità,
per il futuro gli auguro il meglio.
D. Una campionessa di razza come
te che ricordi ha dei suoi inizi e come ti sei appassionata a questo sport e a
questa specialità?
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Elisa Di Francisca |
R. Ho iniziato con la danza
classica ed ho frequentato una scuola per due anni circa. Mia madre era
felicissima che facessi danza, ma ad un certo punto mi sono stancata. Avevo
voglia di uscire, di combattimenti, di movimento e la danza non rispondeva alle
mie esigenze. Mio padre un giorno, me lo ricordo come fosse ieri, tornando a
casa mi chiese se volessi provare a fare scherma. Non sapevo nulla di questo sport,
anche se a Jesi c’erano già campioni del calibro di Stefano Cerioni, Giovanna
Trillini, Valentina Vezzali, tutti allenati dal maestro Triccoli. Entrai in
palestra ed iniziai a fare amicizia, scampagnate, perché la scherma, pur
essendo una disciplina con precise regole, viene presa un po' alla larga. Non
è che ti mettono subito in mano il fioretto e ti mandano a gareggiare. C’è
stato un approccio, ho fatto amicizia, ho socializzato. Poi, dopo qualche tempo,
mi misero in mano questo fioretto, perché a Jesi era l’arma principe e lo è
ancora, ed iniziai con le prime gare, allenata dal grande maestro Ezio
Triccoli, il quale prima di morire disse a mia madre: “Tua figlia ha l’oro
nelle mani, l’importante è che ci stia con la testa.”D. Come ti sentivi quando
eri in pedana? Consiglieresti la scherma, ed a chi in particolare?
R. Ah, io la consiglierei a
tutti perché, al di là della competizione agonistica e quindi di riuscire a
diventare un campione, vincere le medaglie, la scherma ti dà la possibilità di
conoscere te stesso. All’interno della maschera tu sei di fronte alle tue paure
ed ai tuoi limiti, limiti che tu ti poni, ti dà gli strumenti per superarli. Ti
insegna a dominare te stesso le ciò ti permette di concentrarti ed essere
attento per tutta la giornata della gara. Ti educa a stare in gruppo, ma allo
stesso tempo ti insegna l’individualità all’interno di un’équipe. Per me è
stata un’ancora importante, posso dire che mi ha salvata aiutandomi ad
affrontare la vita con un approccio più positivo, anche durante il periodo più
intenso dal punto di vista pandemico.
D. Come valuti l’attuale
momento storico della scherma italiana ed internazionale?
R. Beh sicuramente c’è un
ricambio generazionale, ci sono tanti giovani, il livello è cambiato rispetto a
quando avevo smesso io, quindi prima della pandemia. La Russia non c’è, non sta
partecipando alle olimpiadi e quindi fondamentalmente già manca una delle
nazioni più evolute sotto l’aspetto schermistico, però ci sono tanti giovani e
giovanissimi che stanno emergendo e questo fa ben sperare per un roseo futuro.
L’unica grande e sostanziale differenza rispetto alla scherma di qualche anno
fa, la vedo in una accentuata preparazione atletica ed una inadeguata preparazione
tecnica.
D. Come valuti il “sistema
scherma italiano” e quali accorgimenti adotteresti per migliorarlo?
R. Come dicevo prima, dedicherei
molto più tempo alla tecnica. Ho frequentato a Chianciano il corso di
preparazione per il conseguimento del titolo di tecnico ed ho avuto modo di
trovarmi di fronte al magico trattato scritto nel 1970, il trattato di scherma
che riguarda tutte e tre le armi. Secondo me oggi un maestro vecchio stampo,
penso a Di Rosa, a Triccoli, non insegnerebbero solo a livello pratico ma la spiegherebbero
con termini, se vogliamo, arcaici, ma chiari. Il bambino deve sapere cosa sta
facendo, cosa non è riuscito a fare contro un avversario, e soprattutto nel
momento in cui protesta con l’arbitro deve conoscere la terminologia per poter
protestare, e quindi la tecnica. Ecco allora che la competenza, il lavoro, la
disciplina, non solo la preparazione atletica, completerebbe la preparazione
dell’atleta. In sintesi, punterei molto di più sulla disciplina e la tecnica
schermistica e un po’ meno sulla preparazione atletica, che comunque rimane
importante.
D. Sei un grande personaggio
sportivo ma anche televisivo e mediatico: come concili tutto questo con la tua
vita privata e familiare?
R. Sicuramente la famiglia
l’ho voluta, stravoluta e scelta. Anche questo secondo figlio, che non è un
secondo figlio qualsiasi. Brando è stata la scelta, l’ho preferito ad una
olimpiade in bilico nel periodo pandemico durante il quale non si sapeva cosa
fare ed io ho scelto la famiglia. Sono una mamma amorevole, di contatto, di
presenza, ma allo stesso tempo di vocazione. Cerco una educazione, una linea,
un limite da dare ai miei figli e nel contempo, sicuramente, come tutti i
genitori, come tutte le mamme, ho bisogno anche di appagare il lato
professionale. A livello sportivo inizierò ad insegnare ai bambini della
sezione giovanile delle Fiamme Oro ed a livello televisivo inizierò una esperienza
a “Dribbling”, la domenica su Rai2, dove sicuramente proverò quella adrenalina
che ho sempre avuto durante l’attività agonistica e questo mi darà modo di restare
nel contenitore dello sport.
D. Il tuo libro è stata una
vera bomba ed è uno spaccato di una parte della tua vita e dell’intero mondo
schermistico: che effetti ha avuto sul piano personale e poi sportivo?
R. Il libro è stato faticoso
da scrivere non perché l’abbia scritto io, anzi l’ha redatto la grandissima
giornalista Gaia Piccardi. La nostra è stata una chiacchierata durante il
lockdown che si è poi ritrovata sulle pagine di un libro e quando Gaia mi ha
mandato la bozza del testo mi sono proprio commossa ed ho anche pianto perché
il libro non parla solo dei successi schermistici ma, altresì, di tante mie
esperienze personali, anche brutte. Però ha messo a nudo il mio lato umano
prima ancora di quello sportivo. Io sono prima di tutto una persona, sono
Elisa, e poi sono quella che sono diventata, cioè la campionessa Elisa Di
Francisca. Tutto ciò grazie al cambiamento fatto, all’amor proprio,
all’autostima ed a tutte le cose conquistate. Il libro è una bomba nel senso
che trasmette un forte messaggio finalizzato ad aiutare le generazioni di
ragazzi, ragazzine, che magari si sentono sconfitte, perse, fallite, per far
capire loro che non bisogna abbattersi ma combattere, sacrificarsi, per
raggiungere i propri obiettivi: perché anche nei momenti bui si possono trovare
motivazioni per risalire.
D. Qual è il tuo rapporto con
i social e i fans?
R. I social oggi vanno molto,
servono, sono indispensabili. Ho un rapporto con loro un po’ conflittuale, nel
senso che uso la tecnologia e non mi faccio usare.
D. Con quale collega sei
andata più d’accordo?
R. Ti stupirò, tra tutte le
persone con cui sono stata a contatto quella con la quale sono andata più
d’accordo è stata Valentina VEZZALI. Ti spiego perché: Valentina, tralasciando
la parte umana, a livello schermistico era una che sputava sangue, era un
esempio da seguire. In allenamento non ti regalava niente. È stata di grande
insegnamento ed era una che le cose te le diceva in faccia, quindi grande
rispetto per la persona e la campionessa.
D. Quale sarà il tuo futuro? Ti vedi proiettata
più verso il mondo sportivo, quello dello spettacolo televisivo o giornalistico?
R. Per entrambe le cose ci
vuole molta preparazione, ora sono proiettata più sul lavoro, imparare,
studiare, sia dalla parte televisiva sia da quella sportiva. Sto cercando di
conseguire il titolo di istruttore di II livello di scherma. Ma il mio
obiettivo più grande è poter dare, perché ho preso tanto dallo sport e dalla
scherma in particolare, quindi desidero ricambiare, trasmettendo ai ragazzini
valori e gioia.
D. Cosa consiglieresti a chi
si affaccia oggi sulle pedane?
R. Far tesoro delle sconfitte,
perché insegnano tantissimo, ti impegnano a riprendere la scalata verso la
vittoria, con sacrificio e determinazione: la vittoria ti dà gioia ma la
sconfitta ti matura.
Ezio RINALDI