Il fioretto femminile
Guardando il tabellone della
diretta, doveva essere la giornata di Lee Kiefer, numero 2 del ranking cioè
appena dopo la francese Ysaora Thibus. Invece come al solito il cinema Italia
ha dato in mondovisione una replica dove le protagoniste si sono scambiate i
ruoli, giusto per variare un po’ i sapori.
Per farvi capire bene la giornata
di oggi, la Kiefer aveva divorato con facilità tutte, e dico tutte, le sue
avversarie. 15-8 alla Dhuique-Hein, 15-11 alla Wu, 15-5 alla Dubrovich,
connazionale, e 15-7 alla Sauer, poi però si è letteralmente scontrata, non a
caso, con Alice Volpi che le ha rifilato un elegante 15-13 in semifinale. Gara
di tutto rispetto non c’è che dire, ma nulla a confronto con il quartetto
italiano, Arianna Errigo in primis.
Dite quello che volete, che è la
vita di coppia, la maternità, lo stop del covid, ma facendo una gara come la
sua, e vedersela arrivare in finale quasi senza sforzo e con una maturità degna
di tanta esperienza è una grande soddisfazione. La giornata di oggi per lei
cominciava dalla eliminazione diretta, dopo che le vittorie del girone di due
giorni prima le avevano regalato la 17a posizione, a pochi passi da
quella della Thibus nel tabellone.
Pareva spensierata mentre dava
15-6 alla Zhang, che a dispetto del nome è canadese, per lavorarsi la Chan di
Hong Kong senza sforzo, 15-9, e arrivare alla Thibus che non perdeva di vista
neanche poi tanto da lontano, ma senza paura, perché quando se l’è trovata
davanti, l’ha parcheggiata nei sedicesimi con un pulito 15-10. Ben più facile e
per certi versi inspiegabile l’assalto che la roulette del serpentone ha
portato la Calugareanu negli ottavi, con la quale ha sciorinato più o meno
tutto il vocabolario della scherma, con botte diritte (tante), prima e schiena
(svariate), pompa (alcune), anticipi (quanto basta), alternandole fra loro un
po’ come ne aveva voglia e chiudere l’assalto 15-2. quel risultato l’ha quindi
fatta arrivare alla semifinale dove avrebbe incontrato la connazionale
Favaretto.
Martina è una ragazza di
Camposampiero, pochi chilometri a nord di Padova. Ha un volto elegante e un
sorriso affilato come i suoi occhi azzurri e che mostrano bene tutti i suoi 21
anni. La sua gara partiva con la greca Garyfallou che di fatto con il suo 15-6
è stata una specie di riscaldamento per incrociare nei trentaduesimi la più
coriacea delle inglesi presenti a Milano, Carolina Stutchbury. Piccola
scattante, con una guardia chiusa e protesa in avanti che non aveva nessuna
intenzione di lasciare la vittoria a nessuna (teniamola d’occhio per le prossime
volte, va non si sa mai). L’assalto non è stato facile, dopotutto è un
mondiale, tanto che sul 14-9 la sveglia di Carolina è suonata forte, tanto da
farla uscire dal letto e inanellare quattro stoccate maledette durante le quali
Martina ha dovuto mostrare il gruppo sanguigno della sua scherma. Se avete
tempo e spero lo avrete, cari fiorettisti, andate a vedere l’assalto e poi mi
saprete dire se le donne nella scherma sono meno entusiasmanti degli uomini.
Comunque Carolina ha lasciato la pedana con un 13-15 e una buona ripetizione
del manuale di scherma italiana. Due ore dopo, tanto è il tempo intercorso per
incrociare il ferro con Anita Blaze, il livello si era decisamente abbassato,
perché la francese è andata a casa con un 15-9, e la storia dei transalpini nel
fioretto femminile per oggi terminava qui. Al contrario Martina caminava verso
la giapponese Azuma, anche lei sistemata per 15-9 non del tutto facilmente,
benché tenuta sempre sotto controllo. La vittoria l’ha fatta entrare nei quarti
di finale incontrando una radiosa Errigo, con la quale ha perso, con onore
15-10 che vale uno splendido bronzo.
Ma state tranquilli, non ci siamo
persi l’altra Martina, la Batini. Alle 9.45 ha cominciato la sua gara, dando un
15-10 alla Cheng di Hong Kong, e uguale punteggio alla israeliana Kuritzky, per
nulla facile all’inizio, poi, una volta capita, è diventata una specie di
ruzzino come si dice a Pisa. Subito dopo è passata alla più facile cinese Huang
alla quale ha somministrato un 15-8, per cedere negli ottavi alla compagna
Alice Volpi.
Alice oggi era in grandissima
forma. Le rimproveravano di non aver mai vinto una gara, o di averne vinte
poche. Bah, meglio tacere. Qualcuna l’aveva anche sfottuta, a mio giudizio
esagerando, ma chiunque conosce questo sport sa che era solo una questione di
tempo e quel tempo, a dispetto del ciclone che si è abbattuto su Milano, è
arrivato oggi. Terza del tableau ha esordito con un complicato 15-12 alla
Koreana Hong. Dall’entusiasmo si capiva che aveva la dose giusta di grinta in
petto. La salita però era ancora irta, perché l’americana Scruggs non aveva
voglia di perdere. Evidentemente presso la scuola di Peter Westbrook insegnano
ad avere gli occhi della tigre, come diceva Apollo Creed a Rocky Balboa, ma non
è servito del tutto, perché è finita 15-14 anche se deve aver lasciato il segno
in entrambe, come il 15-12 alla polacca Walczyk-Klimaszyk, anche lei avversaria
tosta, segno che il fioretto, sebbene sia poco praticato, sta pian piano
salendo di livello, per lo meno in Europa e, per ora, negli Stati Uniti.
Negli ottavi Alice ha poi
eliminato l’amica Batini con 15-7, assalto che l’ha preparata alla semifinale
con l’altra statunitense, la Kiefer che sebbene fosse convinta di poter entrare
in finale, ma non aveva fatto i conti con la volpe italiana che l’ha sistemata
a dovere con un elegante 15-13.
il resto è storia. Prima Volpi,
seconda Errigo, terza a parimerito Favaretto e Kiefer. Non si smette mai di
cantare l’inno.
La spada maschile
La spada non dà mai risultati
aspettati e nemmeno questa volta ci è riuscita. Il campione si è rivelato un
ventitreenne ungherese, dal volto sorridente e bonario, che ha superato un
altro giovanissimo, il romano Davide Di Veroli che ha fatto una gara
impeccabile dall’alto dei suoi... ventuno anni. Ma procediamo per gradi.
Gli spadisti presenti per la fase
dei gironi erano 227, un gran bel numero che si è assottigliato a 175 nel
momento in cui sono passati alla diretta. Il risultato ha prodotto un tabellone
di partenza attestato sui 256esimi che una volta sfoltito è andato a completare
quello dei 128esimi. La gara più folta del campionato! Fra questi c’era anche
Gabriele Cimini che non ha saputo brillare del tutto, e forse starà già
pensando di rifarsi con la gara a squadre.
Il resto della gara è stato
lasciato agli altri tre campioni messi assieme dal CT Chiadò. Federico Vismara,
settimo del ranking non si presentava male, e il tabellone non gli era
inizialmente sfavorevole, infatti l’assalto con il croato Markota è stato
gestito bene, al pari del successivo con il francese Borel, un ragazzone (si fa
per dire) di 34 anni che potrebbe fare soggezione anche a Godzilla, vista
l’altezza, ma non a Vismara che gli ha tenuto testa fino all’ultimo, seppur non
abbia vinto, ma per una sola stoccata di differenza.
Valerio Cuomo più fortunato nel
tabellone, ma non senza merito, ha rifilato un onesto 15-13 al kazaco Sertay,
un 15-9 all’israeliano Freilich e un 15-13 a Koki Kano, che aveva vinto poco
meno di un mese fa i campionati asiatici, cioè non proprio uno sconosciuto.
Dire che l’assalto è stato gestito bene sarebbe riduttivo, perché la
prestazione è stata fenomenale. La sua caratteristica nel saper entrare e
uscire di misura a un ritmo forsennato, gli ha garantito delle scelte di tempo
tali da poter mettere quindici entusiasmanti stoccate, sulle quali non tutti
avrebbero scommesso prima del match. Subito dopo, cioè meno di un’ora dopo,
sulla sua strada si è trovato Ruslan Kurbanov, un personaggino solo
apparentemente non molto raccomandabile, non solo per via della vistosa
cicatrice sulla nuca, ma anche per il cipiglio poco incline al sorriso. Nulla
da dire sulla scherma del cosacco, semplice, poco fantasiosa, ma concreta, che
ha di certo avuto la meglio su quella del napoletano che forse non aveva
recuperato pienamente dopo l’assalto con il nipponico. Nessuna pecca però, anzi
noi tutti lo incoraggiamo a brillare, certi che saprà far parlare di sé ancora
molto. Certo se avesse vinto si sarebbe trovato contro Mate Koch, il quale ha
avuto la meglio sia su Kurbanov in semifinale che sull’altro italiano Di
Veroli, ma in finale.
Primo del ranking Davide era
deciso più che mai, infatti ha vinto 15-5 sul sudafricano Losevskiy, uno
schermitore dalla tenera età di quarantanni, forse il più vecchio di questo
mondiale. Nei 32esimi mantiene il primato e la facilità di gioco anche con il
polacco Antikiewitcz al quale rifila un facile 15-4. Finalmente nel turno
successivo si deve impegnare di più con il finlandese Paavolainen che di certo
rivedremo in altre gare e che ha avuto la sfortuna di trovarsi un italiano in
grazia divina davanti a lui. Sebbene in vantaggio, Di Veroli ha saputo fare una
rimonta diabolica all’ultimo secondo che lo ha portato a pareggiare il
punteggio partendo da due stoccate sotto, e a soli 4 secondi dalla fine, cioè
quando il match per i comuni mortali sarebbe stato concluso. Non per re Davide,
che non si è scoraggiato ed è riuscito ad andare al minuto supplementare
vincendo 15-14.
Questo gli ha permesso di
raggiungere la semifinale con il francese Romain Cannone, che era il campione
mondiale in carica, ma che non ha impaurito il romano, che gli ha rifilato 15
stoccate, prendendone solo 5. Na’ passeggiata.
La finale fra Di Veroli e Koch,
era stata annunciata, ma solo a metà (il nostro sondaggio lo dava per vincente,
ricordate?), e ha visto due tipi di scherma così diverse che nessuno se
l’aspettava. Mentre l’italiano cercava di essere scattante e pronto a entrare e
uscire dalla misura e tirare al momento più favorevole, l’ungherese stava quasi
fermo. La scelta conservativa, apparentemente innocua, quasi da nerd oserei
dire, ma nei fatti non meno agile, gli ha permesso di fare il minimo sforzo con
la massima resa, una scelta che alla fine lo ha premiato con l’oro.
Adesso l’Italia è in testa al
medagliere con 1 Oro, 3 argenti e 2 bronzi, per un totale di 6 medaglie…
e siamo solo alla seconda giornata!
Fabrizio Orsini