Ho
letto interessantissimi spunti negli ultimi articoli che hanno raccontato le
vicende FIS-AIMS-ANS. Alcuni soltanto, perché la maggior parte era solo un
tentativo di sovrastare la parte avversa citando articoli di legge che nulla c’entravano,
oppure ponendo termini di paragone assolutamente improponibili. Ma è giusto che
ognuno esprima la propria opinione, anche se la libertà non è poter dire la
prima fesseria che passa per la testa. Quella è la sua degradazione.
Vorrei
però soffermarmi su alcuni temi riguardanti la professione di "Maestro di
Scherma", così come riportato sul mio diploma magistrale che
orgogliosamente rivendico rilasciato dall'Accademia Nazionale di Scherma di
Napoli. Perché a me inorgoglisce pensare di essere stato valutato idoneo
all'insegnamento dello sport che amo da un ente che nella sua storia ha i più
grandi Maestri che la scherma italiana e mondiale abbia prodotto.
Ora
però entro nel merito. Che cos’è oggi la professione di insegnante di scherma?
Dal mio punto di vista aborrisco nella maniera più risoluta la dizione di
"artigiano". Gli artigiani, i ragazzi che andavano a bottega per
imparare un mestiere, appartengono ad un passato che per fortuna nostra non
tornerà mai più. Degli analfabeti che andavano ad imparare un mestiere manuale
da altri analfabeti. E difatti quello che imparavano era solo una sequenza di
gesti, di movimenti, di lavorazioni che andavano fatte così. Perché? perché
così si era sempre fatto, e quindi non poteva che essere giusto. Questa
impreparazione degli "insegnanti", se così vogliamo chiamarli, limitati
esecutori di azioni che sono state loro tramandate con la raccomandazione di
non porsi mai nessuna domanda, verrà trasmessa al ragazzo di bottega. Così si fà,
e basta.
Possiamo
parlare di moderni artigiani, ma sappiamo di cosa stiamo parlando? Il moderno
artigiano utilizza computer con sofisticati software, macchinari per il taglio
col laser, microscopi elettronici, e tutto quanto la moderna tecnologia possa
offrire per un prodotto high-tech, perché quello è l'artigiano moderno. Egli
spesso è un laureato, magari anche con dei Master conseguiti in istituzioni di
primissimo piano, il suo livello culturale è altissimo ed in continua
evoluzione. Uno che offre prodotti in quantità limitatissima ma di qualità
elevatissima.
Chiarito
che cosa è l'artigiano del XXI° secolo, e messo in soffitta oramai come figura
folkloristica il ciabattino di paese, vorrei capire che cosa può essere un
Maestro di Scherma nel nostro tempo.
Tracciamo
un profilo, almeno per linee generali. Oggigiorno deve prima di tutto essere un
imprenditore di se stesso. Deve conoscere non solo i rudimenti, ma apprendere
tutte le leggi che regolano il suo settore lavorativo, essere quindi in grado
di rapportarsi positivamente non solo con un consiglio direttivo di società,
anche con le pubbliche istituzioni. Avere la capacità di creare dei progetti da
presentare alle scuole, di compilare i bandi per ottenere i finanziamenti
pubblici, conoscere le leggi che regolano la sua attività e quindi essere in
grado di leggere e capire un contratto, quando non essere egli stesso a
redigerlo.
Deve
avere nozioni, quindi, anche di quelle leggi che regolano i rapporti lavorativi
del suo settore. La legge è chiara, e non ammette ignoranza.
Bisogna
poi formarlo a livello commerciale, perché dovrà essere capace di promuovere se
stesso in un territorio, conoscere le basi della pubblicità e come essa viene
regolata e gestita, anche burocraticamente.
Ma
serve anche formare un insegnante di scherma. Dovremo quindi fornirgli un
percorso didattico che crei un formatore di atleti, e non un cacciatore di
talenti. Un Maestro deve conoscere la progressione didattica che porta un
bambino di 6 anni a diventare un adulto che ancora pratica la scherma, e non
che smettere entro i 9 anni perché frustrato dalla mancanza di vittorie.
Psicologia dello sport, ne servirà a tonnellate, ma anche esercitazioni
pratiche nell'imparare quali siano i giochi e gli esercizi da proporre nelle
varie età. Perché in ogni momento dovrà essere cosciente di quale sia l'età del
bambino che ha davanti, e quali siano le capacità condizionali che dovrà
sviluppare per ogni step.
Non
basta però questo. Oggi vediamo che dell'attività paralimpica ci facciamo un
vanto, ma quanti saprebbero gestire un portatore di handicap? Trattarli alla
stregua di persone normali è il primo, gravissimo, errore. Non sono come gli
altri e non possiamo chiedergli di fare quello che fanno gli altri. Ci servono
allenatori capaci di saperli gestire anche dal punto di vista emotivo e psicologico,
che sappiano come muoversi in ambiente diverso da quello "ideale".
Ricordiamoci
poi che esiste anche una marea di bambini e ragazzini affetti dai cosiddetti
"disturbi nell'apprendimento". Non hanno nessuna patologia, handicap
o problema. Hanno solo delle caratteristiche diverse dalla maggioranza degli
altri. Purtroppo però vengono trattati come stupidi, come pigri, come
capricciosi, molto spesso prima di tutto dai genitori e poi anche dalla scuola
e dagli abituali compagni. Sono molto difficili da gestire, ed anche con loro
bisogna sapere quello che si sta facendo. Tra quel 30% di filologico abbandono,
come qualcuno superficialmente ha etichettato il fenomeno, sarebbe interessante
fare una statistica per capirne la composizione. Quanti bambini "certificati"
ci sono?
Serve
inoltre una figura di maestro che conosca le basi della Scienza dello Sport e
della Scienza dell’allenamento e la lingua inglese, se laureato in Scienza
dello Sport ancora meglio. Perche conoscere le basi della Scienza dello Sport e
dell’allenamento e la lingua inglese:
1.
Per capire quello che si sta facendo senza
essere dei meri esecutori di pratiche ereditate dal passato
2.
Per essere in grado di modificare quello che si
sta facendo
3.
Per poter dialogare efficiaciemente, e con
linguaggio adeguato, con le diverse figure con cui un Maestro si dovra
sicuramente rapportare: Medici, Fisioterapisti, Preparatori fisici, Psicologi,
Maestri di diverse Scuole soprattutto estere
4.
Per potersi autoaggiornare senza spendere troppo,
essendo in grado di leggere la letteratura e i nuovi testi prodotti soprattutto
all’estero.
Ho
tracciato un profilo che a mio parere copre quelle che sono le più importanti
esigenze di Maestro del XXI° secolo, ma cosa offre oggi la scuola magistrale
italiana?
Sostanzialmente
nulla di tutto questo. I libri di testo, così definiti, riportano nozioni che
andrebbero bene per un corso di scherma storica. Il Trattato di fioretto è
improntato su una scherma fatta con il fioretto "italiano", già
obsoleto nel 1970, figuriamoci oggi dopo quasi 50 anni. Le azioni possiamo
anche considerarle le stesse, come nomenclatura, ma l'esecuzione è
completamente cambiata. La sciabola è quella pre-elettrificazione. Mi domando
come mai anche la spada non sia quella "da terreno", visto che la
spada "da sala" altro non è che il fioretto stesso (rileggetevi il
Masaniello Parise per maggiori delucidazioni).
Non
voglio però fare polemica su questi testi, che tali sono e tali resteranno (e
dovranno restare, come testimonianza di un epoca), e non voglio fare i soliti
facili paragoni del tipo "Ma tu ti faresti operare da un chirurgo che ha
studiato su testi di 100 anni fa?", oppure "Come se ad ingegneria ti
insegnassero solo le caratteristiche della corrente continua, perché
l'alternata è arrivata dopo", mi spingo semplicemente a tradurre i titoli
di studio rilasciati.
L'Istruttore
giovanile, per sua stessa definizione, dovrebbe essere in grado di rapportarsi
con i piccoli, dall'esordiente di 6 anni fino all'Allievo di 13, almeno per
quello che penso io. Dovrebbe studiare su un testo che offra una progressione
didattica, partendo da quello che sarebbe un "gioco-scherma" per
arrivare alle soglie di un lavoro più specifico che può essere svolto con
atleti più sviluppati dal punto di vista fisico. Quello su cui studia è però il
"trattato unico", non importa l'età dell'allievo, le azioni e la loro
esecuzione non variano. Il trattato, meglio chiarirlo, è stato scritto e
pensato "da campioni per campioni". Nessuno lo ha mai concepito per
"insegnare ad insegnare", quindi risulta per sua stessa natura
assolutamente inadatto per chi deve cominciare un percorso formativo che nulla
deve avere di agonistico.
Dopo
poche settimane il nostro istruttore di primo livello è pronto per affrontare
un corso di formazione per accedere al secondo livello, che non si discosta dal
terzo se non per il nome. Il libro è sempre lo stesso, la informazioni verranno
semplicemente ripetute, e nelle esercitazioni pratiche, stando al programma, si
aggiungeranno solo le uscite in tempo. A parte il fatto che la scherma se deve
essere insegnata viene insegnata tutta, ma poi che senso ha questa distinzione
ottocentesca tra le varie capacità di uno schermitore? Mica c'è un regolamento
che vieta ad un principiante di mettere a segno un punto tramite una "uscita
in tempo", e chi vieta poi ad un istruttore di 1 livello di insegnarla?
Quindi si dovrebbe dedurre che i nostri istruttori insegnino cose che non
conoscono, e questa sarebbe qualità? Un metodo di insegnamento, anzi una
scuola, dovrebbe avere anche una progressione didattica scandita dal tempo. Le
scuole elementari durano 5 anni non 6 mesi, e per arrivare al diploma di
maturità, il primo titolo di studio abilitativo di qualcosa, te ne servono
altri 8. Nella scherma, facendo un rapido calcolo, cominci come assoluto
esordiente il 1 settembre 2017, il 1 settembre 2019 puoi già iscriverti a corso
di istruttore di 1 livello (tre anni di tesseramento come atleta), nel 2020
comincia il corso da istruttore di II livello e l'anno dopo, 1 settembre 2021
puoi aprire la tua prima sala di scherma agonistica, totale: quattro anni scherma
sulle spalle, in sei anni puoi diventare Maestro, cioè il massimo titolo
magistrale conseguibile (il IV livello CONI non c'entra nulla con
l'insegnamento della scherma o di qualsiasi sport). I casi sono due: o siamo lo
sport più facile del mondo, o c'è una faciloneria impressionante nel rilasciare
titoli che poi abilitano all'insegnamento.
Prima
di tutto ci dovrebbe essere un primo sbarramento per conseguire il titolo di 1
livello, di studio con il conseguimento del diploma di maturità e poi di
pratica con almeno 10 anni consecutivi come atleta (e non solo come iscrizione)
in tutte e tre le armi. Qui dovrebbe iniziare un percorso didattico, che parta
da un 1 livello che è direttamente quello di "Istruttore Nazionale",
con almeno 3 anni di formazione continua, con diversi momenti teorici durante
gli anni che culminano con la settimana continuativa dove verrà prediletta la
parte pratica. Per quelli che vorranno proseguire il percorso ci saranno altri
3 anni di lavoro per arrivare al titolo di "Maestro di Scherma".
Ultimo avanzamento quello che viene proposto come "Maestro d'arme".
Un professionista capace di operare in molteplici campi, che non si limitano
solo a quello prettamente sportivo.
Ovviamente
i docenti di questi corsi non dovranno essere laureati "all'università
della vita", ma persone con un curriculum che parli chiaro sulle loro
capacità, e titoli di studio adeguati che ne possano comprovare le basi
scientifiche. Certamente le capacità non dovranno essere buttate via, ogni
docente potrà avvalersi anche di collaboratori con il diploma (meno è prendersi
in giro), ma per quanto concerne le parti pratiche, non certo per quelle
teoriche.
Una
scuola magistrale dovrà essere anche affiancata da una federale. Basta con presidenti
di società che con tanta buona volontà si "improvvisano" dirigenti, e
poi magari nemmeno sanno come si svolgono le elezioni dei quadri federali.
Dobbiamo cominciare a creare anche i nostri dirigenti, formarli ed erudirli su
qual è il loro ruolo e come devono svolgerlo al meglio.
Questa
figura professionale di "Maestro di Scherma" è quella che cerca il
mercato di oggi. Professionisti capaci che possano trovare la loro fetta di
mercato, andando anche a cercarla la dove in questo momento il mercato nemmeno
esiste. Una figura formata in una scuola di qualità, e non di quantità come è
oggi.
Formare
tanto per mettere una parola, diplomare in quantità solo per fare credere di
essere bravi non ha nessun significato. Lo dimostrano i numeri, l'altissimo
abbandono, il numero dei praticanti che ristagna e quello delle società che non
si muove in maniera significativa.
Dobbiamo
cominciare a farci delle domande, se vogliamo sopravvivere come protagonisti e
non tornare nella nostra nicchia. La prima è quella più semplice: c'è realmente
bisogno di sfornare ogni anno centinaia di nuovi tecnici? Signori miei, ma dove
la vedete tutta questa domanda che possa giustificare questa esponenziale
produzione di offerta? Quanti dei tecnici diplomati effettivamente lavora? Per
quante ore settimanali?
Io ho espresso il mio pensiero, e i miei dubbi, vediamo chi altro avrà voglia di dire la sua.
Paolo CUCCU