29 ottobre 2024

"CONTRO A PRESCINDERE"

Non di rado sento dire che sarei “contro a prescindere”. Esattamente cosa significa? Chi mi identifica con tale espressione evidentemente non conosce il significato del termine. Basterebbe farsi un giro in internet per trovare l'accezione di tale locuzione. Essa è costituita di due parti: pre (prima) e scindere (dividere). “Contro” significa avversione-opposizione. Ne deduco che sarei contro qualcosa o qualcuno, senza tenere conto di determinate situazioni, fatti od opinioni. Ebbene nel mio errare su questa terra, professionale, sportivo ed umano, posso affermare che non sono mai stato “contro a prescindere” ma ho fatto opposizione a qualcosa di cui non condividevo l’idea ed il suo fine oppure alla visione, per me errata, di qualcuno.

Entriamo nello specifico: sono stato militare per 45 anni, una professione in cui i regolamenti andavano applicati e non interpretati quindi una linearità dalla quale era difficile derogare. Nel mio vivere quotidiano, al di fuori della professione, mi sono confrontato su diversi temi tranne la politica, poiché indossando una divisa ritenevo e ritengo tuttora che un militare debba essere al di sopra delle parti. Il campo dove mi sono maggiormente cimentato è stato lo sport, sia in temini agonistici che dirigenziali. In quest’ultima attività ho ambìto a far valere le mie idee senza disconoscere quelle altrui, in sostanza ho cercato il confronto aperto e senza pregiudizi.

Ho mal sopportato la prepotenza ideologica e gestionale di chi occupando posizioni apicali si avvaleva o, se preferite, abusava di tale status per perseguire fini discutibili, con i quali accrescere la propria asserita superiorità, tutta da dimostrare.

Non ho condiviso certe situazioni e per questo sono stato acerrimo oppositore (contro) per molti anni di un governo sportivo (la scherma) che, avendo oggi smesso di spargere pie illusioni, viene finalmente visto nella sua reale essenza, essendo venuta fuori quella natura che vari specchi deformanti, per lungo tempo, hanno pomposamente esibito. Quindi, “Contro” significa essere oppositore di qualcosa, di qualcuno ma, personalmente, mai “a prescindere”, nel senso che ho sempre riconosciuto ai miei interlocutori la validità del proprio “modus operandi” qualora questi meritassero considerazione; viceversa, ne ho combattuto il sistema e non sono affatto pentito di averlo fatto.

Riportiamo il tutto ai giorni nostri: sono stato definito “contro a prescindere” ma contro chi? Non certo verso l’attuale dirigenza (Governo) federale, che ho rivalutato dopo che ha saputo prendere le distanze da certi protagonisti del passato, i quali, pur avendo ottenuto rilevanti riconoscimenti dall’odierna gestione, hanno lavorato, e continuano a farlo, in forma poco cristallina e trasparente contro di essa, adducendo peraltro motivazioni risibili e vacue.

A chi si contrappone ho espresso la mia stima ma un conto è ammirare e rispettare altro è condividerne il percorso che considero affrettato, fumoso e fatto di tante promesse probabilmente irrealizzabili. La domanda che mi pongo è: a chi do fastidio? Quali preoccupazioni posso procurare? Non sono tesserato e non voto, quindi quali influenze posso avere? Certo, scrivo su Piazza della Scherma, esprimo le mie opinioni sicuramente non condivisibili e forse le scrivo anche male, ma lo faccio senza nascondermi, senza negare il mio operato ed assumendomi le responsabilità che da esso discendono. Ai lettori voglio dire semplicemente diffidate da individui che mentono sapendo di mentire e soprattutto operano nell’ombra. Costoro, ed i loro sodali, non potranno mai garantire l’onestà intellettuale e materiale di cui tutti noi abbiamo bisogno.

Ezio RINALDI

25 ottobre 2024

LA SCHERMA DEI RICCHI – PARTE II

Mi sono imbattuto in un libro di storia che narra dei Sumeri e mi sono stupito di leggere della decadenza di Ur, città fiorentissima più o meno 4500 anni fa. Vi risparmio i dettagli tranne uno, il principale, quello che fece precipitare la sua economia, ovvero la salita al trono della città di un re, che era inviso ai sovrani delle città limitrofi, i quali tagliarono gli scambi economici e alimentari, così da affamare la città, la quale girava attorno a una burocrazia a dir poco complicata ed estrema. Interessante eh?! una civiltà che inventa la scrittura e poi ne diventa vittima è quantomeno avvincente. Altri dettagli succosi emergono quando si capisce l’intrigo dietro, ma ve lo risparmio.

Il lettore dirà: “che c’azzecca con la scherma!” e avrebbe ragione, se solo non mi si fosse accesa una luce, una debole e sinistra luce, grigia per la verità, una di quelle che quando la vedi, pensi che sia molto meglio il buio.

Nove anni di battaglia politica, a volte aspra, altre più docili, per vedere negli ultimi tre la magica eclisse del potere del passato, una sorta di nemesi, o di naturale spegnimento, insomma quello che potreste chiamare anche normale decadimento fisiologico politico. Ma questa tensione che prima c’era e ora non c’è più, sembrerebbe mostrare Paolo Azzi come un comune mortale, uno che si è spogliato del mantello dell’immortalità e mangia al tavolo con tutti, risponde al telefono, saluta senza mettere in primo piano il proprio interesse e se può, ti aiuta… una cosa cui non eravamo abituati prima. Una cosa strana.

Prima il potere era esercitato con maglio di ferro, con sottile sapienza, perfetto calcolo, e ancor più preciso tornaconto politico. Legittimo? Sì. Bello? Un po’ meno. O meglio, a quelli che amano essere governati con mano destra e piglio solenne, magari questo piace, e forse adesso dicono anche: “quando c’era lui…”

Ecco, “quando c’era lui”, va ricordato che tutte le più fresche novità del giorno in ambito FIE venivano adottate in Italia, fin dal GPG, materiali in primis.

Per fare un campionato FIE (Coppa del mondo, Circuito cadetti, Mondiali, Olimpiadi ecc…) serviva triplo strato 800N? La parola d’ordine era: mettiamolo anche noi nel nostro campionato nazionale. Servono armi maraging? Introduciamole anche nel campionato Prime lame ed Esordienti (sono ironico ndr). Il passante è trasparente? Piazziamolo obbligatorio anche da noi, se possibile anche nel bidone aspiratutto della palestra e nelle abat-jour dei comodini degli atleti. Dobbiamo fare un calendario che ci faccia attraversare l’Italia dalle Alpi alle Piramidi come avviene in Coppa del mondo? Facciamolo, che aspettiamo!

Se poi andiamo a guardare le federazioni dirimpettaie, vediamo che la realtà è molto meno drammatica della nostra. Tutti gli schermitori a livello nazionale tirano con passanti anche non trasparenti, hanno divise 350N, e quando diventano Cadetti inseriscono corazzina 800N, pur mantenendo la medesima divisa, hanno lame marchiate CE, e per chi ne ha voglia può comprare e utilizzare attrezzature FIE.

A cosa pensano i nostri “vicini di casa federali”? Credo a una sola cosa: numeri alti e costi bassi procapite. Cioè se la Federazione è ricca di atleti, allora può fare quello che vuole, rinunciando sì all’ossessione delle medaglie internazionali, ma avendo un settore solido e non asfittico. Poi le medaglie olimpiche riservano anche un aspetto che ha risvolti economici visti i premi elargiti dal CONI. Ma se questi successi non arrivassero? Saremmo poveri di premi e di atleti e quindi di soldi e la FIS sarebbe in anossia economica? Per fortuna ci sono i gruppi militari… (siamo sicuri che sia una fortuna? Vi siete accorti che i gruppi militari (per la verità uno in particolare) stanno facendo la scalata alla FIS?

Per come la vedo io, sono più importanti gli atleti, non le medaglie, che pur arriverebbero perché avremmo un grande numero di società e di praticanti. Soprattutto perché si può sempre svegliare un italiano o un francese o entrambi a Hong Kong o in Russia e mettere in pista un atleta che si mangia tutte le medaglie in palio e lasciare gli italiani e non solo loro, alla fame e in tutti i sensi. Anche perché se la professione delle armi, all’estero è meglio pagata, gli italiani non ci mettono molto a emigrare. Negli ultimi centocinquanta anni, guarda caso dall’Unità d’Italia, gli italiani sono diventati un popolo di emigranti, che hanno superato per numero gli italici in patria.

Quindi se volessimo vedere la scherma del futuro, a chi dovremmo farla gestire? A un gruppo di ricchi imprenditori, o a persone che sono state sempre sulla pedana di scherma e hanno mantenuto nel possibile un’attività nel bene e nel male mentre aumentavano i costi?

Ho letto più volte il programma di Generazione Scherma, e lì compare la promessa di snellire le spese, migliorando il calendario e le trasferte di conseguenza. Ma anche il programma di Azzi, parla a più riprese e in più capitoli che non solo saranno aiutate le armi singole, ma anche le società, specie le piccole, come gli atleti stessi e a tutti i livelli, dai piccoli ai master.

A chi dare maggior credito? A coloro che conoscono bene la situazione economica e che possono intervenire sapendo già dove attingere le necessarie risorse o chi promette su supposte disponibilità economiche? E, credetemi, quando si fa riferimento a “supposte” disponibilità bisogna stare molto attenti poiché le “supposte” sono basse insinuazioni. A parte le battute, ritengo che le scelte vadano fatte non su “supposte” bensì su dati concreti, i quali ovviamente non si basano su promesse del “do tutto a tutti” ma sulla concretezza e su ciò che realmente si può realizzare, soprattutto sulle garanzie a protezione dei piccoli club, che come detto ne “La scherma dei ricchi Parte I”, sono la base di un certo successo sportivo da molti anni, senza per questo escludere i grandi ed i medio grandi.

Avevo aperto con un aneddoto storico che vorrei chiudere dicendo che se i re delle città combattono la grande Ur per assimilarne e mantenerne il potere e il raggio di azione politico ed economico, sappiamo che la grande Ur potrebbe cedere e finire i suoi giorni sotto molti metri di sabbia.

Fabrizio ORSINI

19 ottobre 2024

LA SCHERMA DEI RICCHI-parte I°

immagine da google
Sembrava incomprensibile, ma il post di Paolo Azzi, apparso su Facebook l’8 ottobre, lanciava il sasso nel grande stagno della scherma, provocando inaspettate onde che non saprei dire se sono anomale oppure no.

Il titolo del post: “Una federazione per tutti, in cui non prevalgano gli interessi privati di grandi società e organizzatori di camp privati!”, è molto eloquente e getta una luce fosca, se non lugubre su quello che sta accadendo nella scherma italiana, e che è sotto gli occhi di tutti o quasi, ma di cui nessun parla.

Per poter affrontare l’argomento, è necessario avere sott’occhio alcuni numeri che da anni questo blog enuncia senza essere ascoltato, ma che forse è giunto il tempo di ribadire perché i tempi sono maturi.

Se prendiamo la Federazione francese di scherma la FFE, notiamo che a quasi parità di abitanti fra noi e i cugini transalpini, la scherma praticata da loro è di circa 350.000 atleti, contro quelli degli italiani che sono la modestissima cifra di 20.000. Questo dato è interessante perché se in un quadriennio riuscissimo a raddoppiare il numero, il trend verso la radiosa cifra di 100.000 schermitori, potrebbe arrivare solo quando lo scrivente sarà deceduto da un bel pezzo. Non c’è da stare allegri.

Questa piccola federazione italiana però macina medaglie alla grande, e la nuova generazione di schermitori, quelli usciti dal ventennio di Scarso, si sta attrezzando per fornire scherma a un alto livello prestazionale, e a costi molto interessanti, cioè alti e ben remunerativi, cosa che ci fa dire che finalmente la scherma italiana è diventata una professione.

Quanti sono che operano a questo livello? Dal mio osservatorio non più di quattro o cinque società, che stanno facendo dell’ottimo marketing, anche internazionale con discreti e più che legittimi guadagni. A loro va il mio plauso e la mia stima!

Tuttavia resta un popolo di braccianti delle armi, che divulgano il verbo della scherma, e forgiano con infinita pazienza ogni sorta di atleti del settore e che non raggiungeranno mai i profitti di queste ottime società sportive che hanno saputo approfittare del fatto che in Italia mancano concretamente all’appello la bellezza di 80.000 schermitori, forse anche di più.

Il sistema che attualmente è in atto è molto semplice: l’atleta nasce più o meno sempre nella piccola palestra, grazie a un maestro che ha sputato sangue per anni, a un costo annuale molto basso, poi quando l’atleta sale di prestazione o desidera di più, (più avversari, avversari più forti, maggiori ore di allenamento, palestra fissa ecc…) a un certo punto cambia società, per volere o nolere, certo che nella nuova società farà risultato secondo i suoi sogni, e siccome questa società in genere ospita altri grandi nomi della scherma italiana, di certo il risultato se non è garantito, potrebbe andarci molto vicino.

La piccola società nel frattempo si spoglia dell’atleta e ricomincia il duro lavoro nel campo. Per tre anni incassa i punti dello schermitore trasferito, e poi tanti cari saluti.

Per inciso, l’atleta è liberissimo di fare tutto questo, ma rimane il problema della società che vive dei pochi schermitori che riesce a raccogliere, e della fatica che si somma a quella di formarli.

Il problema quindi è duplice, il primo la modesta quantità di schermitori in generale, e di contro il potere di alcuni club che raccolgono atleti. Sinceramente questa raccolta, non la saprei definire con una parola precisa, anche se trust potrebbe andargli molto vicino. La differenza fra trust e una parola nuova potrebbe essere che mentre il trust tende al monopolio, il sistema in atto mantiene alla fame le piccole società che comunque devono continuare a lavorare senza sosta per sopravvivere, mentre le grandi si alimentano del lavoro delle piccole.

Cosa dice quindi Azzi nel suo post? “Una federazione che ascolta solo le realtà più grandi e i gestori dei camp privati [che operano ndr] a scopo di lucro, rischia di perdere di vista le esigenze delle tante [e necessarie aggiungo io] piccole realtà, che sono il cuore pulsante del nostro movimento.

Ecco perché Paolo Azzi si è sbilanciato così tanto e perché le piccole società, ma anche i maestri e gli atleti dovrebbero votarlo, perché il sistema in atto è frutto di un lungo ventennio che ha lavorato e bene nel tenere numeri bassi di società e di atleti.

Fabrizio Orsini

17 ottobre 2024

Il Dr. Antonio FIORE insignito dalla F.I.S. del Distintivo d'onore d'oro

Dr. Antonio FIORE
Il 13 ottobre, presso l’Aula Magna del CPO ‘’Giulio Onesti’’ Largo G. Onesti 1 Roma, con inizio alle ore 10,30 si è svolta la cerimonia di consegna delle onorificenze della Federazione Italiana Scherma. Tra tutti gli insigniti (tecnici, atleti e dirigenti) mi ha fatto molto piacere che ci fosse Antonio FIORE.
In effetti, credo di poter affermare senza tema di smentita che il dottor Fiore è la figura con la maggiore “anzianità di servizio” nello stesso ruolo all’interno della FIS, se escludiamo ovviamente chi è stato atleta e poi dipendente, dirigente o tecnico.
L’onorificenza gli è stata concessa in segno di riconoscenza per l’impegno e la dedizione profusi nella tutela della salute nell’ambito della disciplina della scherma e nella crescita del movimento schermistico nazionale ed internazionale.
Fiore, infatti, è un medico che negli ultimi quattro decenni ha inciso in maniera profonda sulla funzionalità del sistema scherma, ponendo in evidenza qualità organizzative, cliniche e scientifiche di primissimo piano. In particolare, a partire da un’epoca storica in cui la FIS poteva contare solo su un medico e un fisioterapista per tutti gli atleti delle squadre nazionali, ha progressivamente costruito negli anni uno staff di medici, psicologi e fisioterapisti che attualmente è composto da più di sessanta professionisti e rappresenta un modello per molte altre federazioni, italiane e straniere. Nel 2008, inoltre, ha concepito e lanciato il “Progetto SchermaLab”, un avveniristico insieme di valutazioni funzionali e di ricerche scientifiche finalizzate allo studio della scherma.
Molti però non sanno che si tratta di una figura poliedrica, in quanto anche disegnatore, giornalista, scrittore e studioso di tutto ciò che lo circonda.
Una breve cronografia del personaggio rende meglio la profondità del suo impegno.
Nasce il 31/05/56 a Roma, dove ha conseguito la laurea in Medicina nel 1980 con 110 e lode alla Sapienza di Roma. Durante gli anni dell’Università ha frequentato per tre anni l’Accademia di Belle Arti di Roma, per poi specializzarsi nel 1983 in Medicina dello Sport, sempre alla Sapienza e, nel 1990, in Ortopedia e Traumatologia all’Università di Siena.
Nello stesso periodo è stato iscritto alla Scuola di Giornalismo e Comunicazioni di Massa della LUISS di Roma.
Dal 1985 ha iniziato a lavorare come specialista in Medicina dello Sport nel Servizio Sanitario Nazionale, organizzando «ex novo» servizi in varie regioni.
Dal 1988 al 1997 ha lavorato con un contratto di collaborazione nell’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport del CONI e ha svolto l’attività di docente all’ISEF di Urbino.
Nel 2003 è stato assunto per concorso all’ASL Roma D, ora Roma 3, dove lavora tuttora.
Nel 2006, è diventato docente alla Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport e dell’Esercizio Fisico dell’Università La Sapienza di Roma.
Attualmente, è docente anche al Master dell’Università di Siena in Fisioterapia applicata allo Sport.
Parallelamente all’attività nel SSN, dal 1988 ha iniziato a collaborare con la Federazione Ginnastica d’Italia e con la Federazione Italiana Scherma (FIS), della quale è diventato Medico Federale (responsabile sanitario) dal 1992.
Dal 2008 è entrato nella Commissione Medica della Federazione Internazionale di Scherma (FIE), della quale è stato Presidente dal 2014 al 2022.
Quale medico della squadra italiana o Presidente della Commissione Medica della FIE, ha partecipato ufficialmente a un numero incalcolabile di competizioni internazionali, quali:
-          Gare di Coppa del Mondo, Campionati mondiali ed europei;
-          Giochi del Mediterraneo;
-          Universiadi;
-          le ultime otto edizioni dei Giochi Olimpici
Ha seguito varie discipline sportive nonché atleti e squadre professionistici (in particolare, la Virtus Basket di Roma, serie A, e la Eriksson Sielte Roma, calcio a 5 serie A).
Dal 2019 è National Antidoping officer INAS (International Federation for athletes with intellectual impairments).
Dal 2021 è responsabile del Centro Studi e Ricerche della FIS e membro della Commissione Interfederale della FIMS (Federazione Internazionale dei Medici Sportivi)
Dal 2022 è entrato nella Sezione Antidoping del Ministero della Salute, quale rappresentante del Ministero dello Sport.
Nei primi anni del 2000 ha iniziato a occuparsi di narrativa e ha frequentato la Scuola di scrittura creativa Omero di Roma, pubblicando numerosi racconti e articoli, anche sul magazine letterario della Scuola.
Nel 2004 ha creato e gestito il sito Schermaonline.com, che ha introdotto nella comunicazione schermistica una serie di importanti innovazioni, quali foto, reportage, video-interviste, sondaggi, articoli tecnici e scientifici riguardanti la scherma, la scienza dell’allenamento e la Medicina dello Sport. Si può affermare che questo sito sia stato, senza ombra di dubbio, il precursore di quello ufficiale della FIS ma anche, in qualche modo, di Piazza della Scherma.
Nel 2006, Fiore ha concepito e organizzato il concorso letterario della FIS “Sul filo di lama” e ha collaborato con quotidiani come “Tuttosport” e “Il Messaggero”, quale corrispondente dall’estero per le gare di scherma.
Nel dicembre del 2021 è uscito il suo primo romanzo, “La porta di Esculapio”, Bertoni Editore, candidato nel 2022 al Premio Campiello e vincitore del Premio San Domenichino.
Sempre con la stessa Casa Editrice, è autore di un racconto nella raccolta “Schegge”, presentata nel 2024 al Salone del Libro di Torino.
Nel 2024 uscirà anche il suo secondo romanzo.
È autore di varie pubblicazioni scientifiche ed è stato relatore e docente in numerosi Congressi e Corsi.
Tanto ancora ci sarebbe da scrivere perché il suo curriculum è lunghissimo.
Mi onoro di essergli amico e per questo gli auguro di conseguire sempre maggiori successi, sportivi e letterari.
Credo che mai un’onorificenza sia stata concessa a una figura di così alto spessore.
Ezio RINALDI

15 ottobre 2024

Hercule POIROT

Dietro il pingue, azzimato, preciso, raffinatissimo, fighettino belga Hércule Poirot, si nasconde un attentissimo e poco sospettabile detective, esatto contrario del precisino Sherlock, che invece si presta di più a essere sciupafemmine e avvezzo alle droghe.

Anche Poirot come il Tenente Colombo non dimostra a prima vista le doti di osservatore e investigatore che invece ha. Certo Agatha Christie lo fa arrivare nel mondo delle investigazioni con un pedigree di tutto rispetto, anche se nulla si sa circa il suo passato, e quella è la sua forza, cioè far credere che non sia capace di incastrare il colpevole.

Per Agatha che è la sua madre letteraria, è però un personaggio che non ha nulla di sexy, uno che non fa il piacione, né che si abbandona ai vizi, a parte quelli culinari. La giostra del belga ruota sempre a degli inglesi, i quali si indispongono sempre per quel suo accento francese.

Lo schema narrativo è sempre il medesimo, cercare l’errore che incastra il colpevole nelle infinitesime pieghe delle azioni dei protagonisti, mediante una infinita ed estenuante mole di domande e smorfie, perché alibi e movente devono combaciare in maniera perfetta, e infatti in “Assassinio sull’Orient express”, coincidono con precisione millimetrica su tutti i protagonisti.

In “Assassinio sul Nilo” invece il colpevole è così scontato che già dalle prime battute della storia si intuisce che era il meno probabile.

Già il meno probabile, e per incastrarlo mette insieme sempre la stessa manfrinetta, come dice più o meno Andrea Camilleri, nella quale all’ora di cena o a un’ora precisa, tutti si devono far trovare nella sala, o in un punto preciso della casa, per inscenare il tribunalino nel quale lui ricostruisce i fatti, gli alibi e i moventi smascherando l’assassino davanti a tutti, il quale cercherà di discolparsi, o ammetterà la colpa e a quel punto arriva il Bobby che gli mette i ferri ai polsi.

Magari fosse sempre così. Il più delle volte il colpevole rimane spergiuro e come dicono felicemente nelle carceri i detenuti: “siamo innocenti” assieme a un classico: “è tutta colpa dell’avvocato”.

Personalmente, il lezioso e acculturato Poirot, mi piace immaginarlo mentre perde le staffe, ma ovviamente a modo suo quando uno dei suoi colpevoli dice: “Sono tutte illazioni, fandonie, non riuscirà a dimostrare nulla!” Nello stile di Poirot è fondamentale che dica una delle sue frasette pescate nell’acido alveo della letteratura latina, magari una di Marziale, e dice senza sporcarsi troppo la bocca:

“Mentula cum doleat puero, tibi Naevole culus, non sum divinus, se scio quid facias”, che tradotto potrebbe suonare così: “Oh Nevolo, poiché al ragazzo fa male il c***o e a te il c**o, so bene cosa fai, senza ch’io sia un indovino.” che potrebbe voler dire che ogni causa ha i suoi effetti, e si capisce chi fa cosa, senza essere degli indovini.

Fabrizio ORSINI

12 ottobre 2024

Il Tenente Colombo

Peter Falk
Cari amici della scherma, comincia oggi la rubrica dedicata ai grandi investigatori del cinema e della TV, carente come è questo blog di alternative al tema schermistico. Mi preme infatti colmare in questo modo il vuoto di argomenti alternativi alla scherma, e che voglio intitolare “Il Bello del Giallo”.
La prima puntata è dedicata al Tenente Colombo.
Il Tenente Colombo è il personaggio ideato da due americani per una serie televisiva improntata sulle investigazioni di un tenente della polizia di Los Angeles. Lo spirito del personaggio è uno e uno solo, quello di individuare in modo implicito il colpevole del reato, che in genere è un omicidio, e martellarlo fino all’ultimo minuto della puntata televisiva.
L’aria sciatta, il toscano in bocca, il tranch stanco e la camicia ocra sotto l’abito sempre e soltanto marrone come la cravatta e la Peugeot 304, forse l’unica presente negli USA, i capelli spettinati, il volto rasato, ma che sembra incolto che gli dà un aspetto pari a quello di un gangstar ridicolo, accentuato da uno strabismo divergente e un sorrisetto sperduto nelle classiche situazioni in cui viene catapultato come se stesse facendo ben altro, hanno decretato un successo inaspettato nel mondo intero.
La forza di questo personaggio però sta nel fatto che un qualsiasi colpevole che se lo trovasse davanti, non immaginerebbe mai che dietro quell’aria goffa e trasandata, lo sguardo a prima vista davvero poco intelligente, si cela una mente arguta e un osservatore acutissimo. È per quello che pian piano, domanda dopo domanda, il colpevole cede, e spazientito ammette la sua colpa e viene arrestato.
E poi la moglie, che viene citata di continuo con frasi del tipo: “Ah mia moglie non sarà per nulla soddisfatta di questo”, oppure “Mia moglie sarà contentissima”, sono un ritornello in ogni puntata, pur non apparendo mai di persona.
Altre frasi celebri sono: “Ma c’è una cosa che mi tormenta”, assieme a “Ho tutti gli indizi in mano, ma non riesco a venirne a capo”, anche se la mia preferita è sempre stata: “Signor Franck, confessi subito, così ci risparmiamo un sacco di seccature tutti e due”, che fa il paio con un’altra “Lei mi aveva menato per il naso per tanto tempo che non ci capivo più niente, poi mi è venuta in mente una cosa…”, che sono  come dei cavalli di battaglia, dei momenti in cui anche lo spettatore, vedendo le ricostruzioni ottenute dai dialoghi, vorrebbe dire.
Già proprio questo è il succo, far confessare, far parlare, far dire al colpevole quello che si tiene dentro e che a causa delle circostanze, ma anche delle conseguenze non può dire, pena l’arresto.
“Ah dimenticavo…” altra frase iconica, che il Tenente Colombo diceva stando sulla soglia della porta, o appena girava le spalle alla telecamera, e che prendo in prestito per dire: non è che ci siano analogie da qualche parte in altri luoghi, cioè punti di contatto, casi particolari, persone e personaggi circostanze e coincidenze vero? Perché se ci fossero, sono da ritenersi puramente casuali.
Fabrizio Orsini
p.s. prossima puntata: Hercule Poirot

05 ottobre 2024

IL PROBABILE DEJA’ VU

Ho letto da qualche parte un pensiero che mi ha fatto riflettere e mi induce a scrivere qualcosa che potesse attirare o, quantomeno, incuriosire i frequentatori della “PIAZZA”.

Una volta se ne pronunciava sottovoce, come se fosse Voldemort, oppure non se ne poteva addirittura parlare, perché, se solo avessimo proferito il suo nome, apriti cielo: la giustizia divina si sarebbe messa in moto e sarebbe venuto giù il diluvio universale. Quel nome era famoso e tutti avevano oramai metabolizzato che il concetto del “rispetto” si confondeva con quello della “paura”.

Fino a tre quattro anni fa, questa sensazione di paura si toccava con mano, perché quando qualcuno aveva l’ardire di dissentire, quasi automaticamente, anche per piccole e misere faccenduole, si mettevano in moto alcune macchine, strutture e meccanismi vari; ciò è durato fino a quando qualcuno non ha iniziato a scalfire quel sistema, soprattutto ha cominciato a non avere paura, perché - come è noto - “la verità rende liberi”.

Occorre osservare e, conseguentemente, tenere bene a mente che nella scherma - specialmente nell’ultimo periodo - si è lavorato molto, anzi moltissimo, su l’anti-democratico concetto di controllare/frenare/contenere i riottosi: è come se solo adesso, dopo tanti anni bui, gli “anelli del potere” si fossero destati.

Forse, per via dei pochi numeri di trenta o quaranta anni fa - erano infatti pochi gli schermitori di allora, non così tanti come adesso - tutto era più gestibile e, forse, anche più autentico, fatte le debite eccezioni: poche le telefonate “amichevoli” e più lento l’approccio. Adesso, invece, è tutto molto più veloce, più frenetico, rapido: messaggi, mail, telefonate, audiomessaggi, articoli, lettere, notizie, screenshot, situazioni queste che portano inevitabilmente a contatti ma, soprattutto, ad un controllo più immediato, la tecnologia ha infatti accelerato tutto e siamo andati così avanti che il “non dire” è meglio di “sbandierare”.

Arriviamo quindi a noi: avete visto le ultime elezioni? Quelle dei Grandi elettori federali. Avrete di certo visto il risultato, ma scommetto che non vi siete accorti di nulla. È ovvio che non ci siate riusciti, perché dietro il “rinnovamento” tanto desiderato, c’è una regia esperta che sa come attivare i gangli del sistema e metterli in moto. Una regia sapiente che sa come contattare le persone, quelle che contano, che sa utilizzare le risorse a disposizione, denaro e mezzi, tanto da produrre un programma elettorale e fare un sito web semplice e accattivante e delle videointerviste efficaci, realizzate in modo professionale.

Vi dico che non vi siete accorti di qualcosa di grande, di enorme. Eppure era davanti ai vostri occhi.

Vi hanno fatto credere che “loro sono avanti”? Invece hanno saputo reperire risorse economiche, necessarie al raggiungimento della meta.

Sembra una banalità ma dovrebbe preoccuparvi e il motivo è semplice, perché quel professionismo elettorale, quella sapienza capace, che ha una rubrica piena di numeri di telefono di gente che conta, che sa come far girare certe notizie e sfruttare appieno il potere che ogni soggetto porta con sé, è frutto di una esperienza sul campo. Una esperienza che nessuno può vantare, tanto meno giovani virgulti che certamente sono in gamba ma devono essere guidati e il regista ha pensato anche a questo: da qui la preoccupazione.

Se penso solo a quanto fu difficile trovare persone da inserire nella squadra, non per una ma per ben tre tornate elettorali, mi basterebbe guardare le camicie che ho sudato assieme a quelle di chi mi accompagnò in tutti e tre i progetti per capire l’enorme sforzo prodotto.

Nulla di tutto questo è accaduto al competitor dell’attuale vertice federale, il quale ha saputo trovare il tempo per cercare, convincere e poi realizzare una campagna elettorale ampiamente sponsorizzata sui social, il tutto mentre svolgeva regolarmente la sua professione ed altri incarichi che richiedono applicazione costante. Certamente un impegno da superman, oppure è stato aiutato in maniera consistente da una sapiente regia di “menti raffinatissime”, per usare un’espressione presa in prestito da un grande Siciliano (Giovanni Falcone) e che, sia detto senza offesa - ci tengo infatti a precisare, a scanso di equivoci e di fuorvianti e malevoli interpretazioni - non riguarda il contesto e l’ambiente in cui l’illustre autore ebbe a pronunciarla, ma è da me ripresa soltanto per ribadire il concetto di una abile ed esperta conduzione della macchina elettorale che inevitabilmente riporta alla presenza di talune eminenze grigie, che molti credevano non più esistere.

Che dire poi dei candidati “grandi elettori”, cioè di quei tanti nomi blasonati, proposti agli elettori, tutti orbitanti nel giro delle nazionali?

E’ vero o no che, al di là delle legittime e giuste aspettative di ciascuno di loro, sembra che essi siano scesi in campo per contrastare quella Federazione che li ha sempre curati, aiutati e difesi?.

E’ di tutta evidenza che quel regista, quella “mente raffinatissima”, ha fatto credere che in seno alla Federscherma di Azzi, il mite, il gentile, l’accomodante, il quasi timido, ma laborioso, Azzi, ci fosse una rivoluzione, a causa di un malessere destabilizzante che in realtà non c’è affatto. La sagace e capace mano ha fatto in modo e maniera che nessuno si fosse accorto di ciò che stava accadendo, e qui sta la magia che ha saputo creare: complimenti!

Un tempo, quel nome, forse non ve lo ricordate, non potevamo pronunciarlo, perché anche i muri avevano le orecchie. E adesso sta ritornando. Non ve ne siete accorti? Mi sa che nessuno se n’è accorto, e forse per questo nessuno ne parla. E poi perché se ne dovrebbe parlare, visto che tutti si sono premurati di dire che non c’entra nulla?

Certo, se chiedeste se dietro il tanto sbandierato rinnovamento ci fosse l’innominabile regista, tanti vi risponderebbero negativamente; però, le tenebre stanno per calare ed il buio avvolgerà tutti in una cecità totale, tanto da non poter scorgere la sapiente mano che gestirà la federazione.

Assistiamo al funzionamento di una macchina eccellente che vede un sito web di livello elevato, l’AI nella grafica e ben tre pullman carichi di atleti, per far votare il maggior numero di persone durante la gara di qualificazione nel Lazio. Ecco perché ritengo che la sapiente regia è condotta da persona estremamente esperta, il quale sa benissimo come si vincono le elezioni e che ovviamente non ci sta a perdere per nemmeno un voto, perché dietro lo sbandieramento del tanto decantato rinnovamento ci sono le aspirazioni (potere?) per il raggiungimento di ingiustificate posizioni all’interno del futuro assetto federale.

I tre anni di Azzi, sono stati densi di significato e solo appena sufficienti per cominciare il cambiamento, che ci dovrà essere ma dovrà avere una direzione ben diversa da quella di chi si propone come alternativa, la quale se vincerà, sarà improntata su un déjà vu che francamente non ho voglia di rivivere.

Ezio RINALDI