21 agosto 2024

LA STORIA SI RIPETE. MAESTRI DI SCHERMA ITALIANI NEL MONDO

La scherma siamo noi, se solo potessimo parafrasare una canzone di Vasco Rossi nel nostro mondo. L’abbiamo insegnata in tutta Europa e stiamo allargando il raggio, nonostante la scherma in Italia si pratichi poco.

Salvator Fabris, o come veniva chiamato Fabrice, veniva additato da Henri de Saint Didier nel suo trattato sulla scherma nella metà del 1500. Fabris poi ebbe un discreto successo, non solo come maestro, ma anche come trattatista e ancor oggi la sua Opera nova è una pietra miliare della scherma. Che dire invece di un certo sconosciutissimo Patinotrie bolognese che insegnava in Francia e venne citato da uno dei primi trattatisti transalpini come suo allievo? Vogliamo poi parlare di Daniel l’Ange, un trattatista “tedesco” il cui trattato scritto in caratteri gotici, presenta tutta la terminologia schermistica in caratteri italici, tipo bodoni, di chiara importazione francese, ma che a sua volta hanno evidente derivazione italiana. Anche il nome dell’autore Daniel l’Ange, non mi pare molto francese e siamo già all’inizio del XVII secolo.

Di Angelo Tremamondo Malevolti però non possiamo dire che fosse schermisticamente italiano, ma lui era italianissimo, anzi livornese. La sua scherma era di chiarissima scuola francese, infatti non ci sono trattatisti italiani evidenti alla fine del Settecento che possano competere con lo strapotere culturale francese, che però sia nella scherma, che nell’equitazione, che nella danza e nel nuoto, hanno fatto la spesa in Italia e anche in maniera abbondante, francesizzando come era giusto fare. Ci misero circa un secolo, ma ci riuscirono. E gli italiani? Nessun problema, come al solito. Scrivevano poco o quasi, conservando la propria scienza, evitando di divulgarla troppo. Quando un sistema funziona e viene copiato, la sua evoluzione va tenuta ben nascosta e venduta a caro prezzo. Maestri di scherma italiani si conoscono in varie corti europee perché è risaputo che i francesi sì, sanno cosa sia l’eleganza e l’ultima moda, ma non possono competere con l’efficacia dei sistemi italiani, che senza avere un re, imperversano in ogni campo in maniera particellare, microscopica, aprendo campi del sapere un po’ ovunque, dall’Inghilterra a San Pietroburgo, nella musica come nell’architettura e si portano dietro anche la scherma, anche se le tracce a volte si sbiadiscono dietro la logorante celebrità di poeti, scienziati, cantanti, e finanche lessicologi come Giovanni Florio.

La lista è lunga perciò mi fermo, ma non interromperei quella schermistica, che nell’Ottocento prende una piega diversa, in quanto gli italiani che si trovano in Francia sotto la Revolution soccombono o migrano, come Malevolti che va a Londra, dove gli inglesi non avranno sdegno di imparare la scherma francese, credendo che sia italiana. Un successo anche letterario senza pari per ben due generazioni. Curiosamente però né in Francia né in Inghilterra, come nemmeno in Germania sono apparse scuole schermistiche degne di nota. Verrebbe da dire: après les italiens, le déluge.

Per una nuova ondata di migrazione, come se quella di due secoli di cui abbiamo rapidamente tracciato non bastasse, dobbiamo aspettare la nascita della Scuola magistrale militare di scherma di Roma alla quale Masaniello Parise mise mano, per concorso e via dicendo, ampiamente e in molti dettagli descritto nella biografia che io stesso ho scritto. Non solo vennero formati da zero Luigi Barbasetti, Italo Santelli, Luigi Della Santa, Giovanni Franceschinis e Arturo Gazzerra e un’altra dozzina di maestri eccellenti che migrarono allegramente in tutta Europa, ottenendo ingaggi da favola, compreso Eugenio Pini, che non era figlio di quella scuola, ma andando nel più ricco club scherma del mondo fu fautore di una scuola italo argentina di scherma che per un ventennio fu di riferimento per il continente panamericano.

Fu la grande scuola del mondo di scherma con il solito ritornello: maestri tanti, soldi pochi; o se vogliamo: talento tanto, domanda elevata. L’Italia è in brand in sé e fuori dal mondo questo è risaputo, un tesoro che facciamo fatica a metabolizzare e a sfruttare, tranne pochi ma ottimi casi.

Barbasetti costruì la scuola schermistica austriaca, Italo Santelli quella ungherese. Accanto a loro lavorarono per l’appunto Della Santa e Franceschinis in maniera non meno proficua e collaterale. Interessantissimi i nomi che compaiono da Philadelfia (USA), fino a San Pietroburgo, dove un maestro di scherma italiano non solo insegnava il maneggio delle armi, ma anche quello del cavallo nella scuola ufficiali dello Zar. Poi la Grande guerra sciupò come al solito tutto quanto non solo la scherma.

Per ritrovare maestri migratori dobbiamo aspettare gli anni Sessanta del Novecento, alcuni in gamba, altri meno. Uno di questi fu Giorgio Pessina, già importante schermitore, che migrò in Uruguay a Montevideo assieme alla moglie, Germana Schwaiger, che lì morì, dopo essersi separata dal marito che tornò in Italia con una nuova moglie sudamericana. Ben altri ve ne furono, ma non riuscirono a lanciare la scherma del posto. Lo strapotere di francesi e italiani a livello internazionale era troppo elevato e allo stesso tempo la scherma nel resto del mondo era poco interessante, ma non per gli slavi, o se vogliamo il blocco sovietico.

Durante la Cortina di ferro le eccellenze locali, Ungheria in primis, vennero prese dal potere e trasformate in scuole affamate di medaglie. I numeri di partecipanti allo sport aumentò in modo esponenziale scherma compresa, così da avere un numero elevato di persone sulle quali lavorare. Nacque la scherma sovietica che andava dalla DDR a Vladivostok. Lì gli italiani non penetrarono, anche se vennero studiati con il microscopio, forse con mezzi che in Italia non erano nemmeno possibili, dati i costi. Infatti, caduto il muro o poco prima, furono quei maestri ipersviluppati e supervincitori, che migrarono da noi. Dovemmo riapprendere la nostra stessa scherma che nel frattempo era stata anabolizzata dal socialismo reale. Fu una scuola nella scuola e fece bene all’Italia, che contemporaneamente aveva sviluppato i suoi formidabili geni, Livio Di Rosa in primis, proprio quando Giuseppe Mangiarotti, cessava la sua striscia vincente inaugurata nel 1936 e terminata a Roma nel 1960 o poco più in là.

La parabola di risalita è a questo punto tesa e lunga, rispetto all’ascissa del tempo. I nuovi migranti eccellenti si chiamano Angelo Mazzoni, supervincitore nella spada con Tagliariol in Svizzera prima e in Russia poi, assieme a Stefano Cerioni, Giovanni Bortolaso, dove hanno portato il sacro verbo della scherma italiana con notevole successo. Poi gli Stati Uniti, toccando la Germania dove Bortolaso oramai risiede da qualche anno.

Ma non è finita, perché quando vediamo un successo non italiano, specie nel fioretto, siamo più che consapevoli che dietro ci debba essere o un francese o un italiano. Per esempio Andrea Magro è stato parecchi anni in Giappone. I risultati non sono stati pochi, e alla lunga si vede quello che ha seminato in più di un decennio. Restava da capire Cheung di Hong Kong, a tratti inspiegabile.

Il luogo dove vive e si allena Cheung è grande solo la metà della Liguria e ha il doppio degli abitanti della Toscana. Se non erro si allena al Jokey club di HKG, forse il più prestigioso club scherma cittadino, (sempre che una città grande come la Liguria possa definirsi tale), assieme a Maurizio Zomparelli e a Giorgio Fanizza, che allo stesso tempo è preparatore fisico del HKG Team di scherma. Di nuovo gli italiani insomma. E non solo, perché se proprio proprio dobbiamo dirla tutta, anche gli Americani annoverano molti contatti con Cerioni, quando sulla panchina dell’Italia c’era Andrea Cipressa.

Cosa dire? Che senza gli italiani in campo, questo sport non merita di essere praticato. Mancherebbe l’élan, lo slancio competitivo, che ci contraddistingue. HKG però ha fatto per bene in compiti, in quanto sulla panchina della nazionale siede Gregor Koenig, un francese intelligente e capace che ha saputo dividere il merito con gli italiani e non solo, una formula che sta facendo scuola, ovviamente con budget di alto calibro, tutte cose che gli italiani fanno con due cipolle e tre carote, pensate se avessimo a disposizione ben altra spesa dietro!

Fabrizio ORSINI

4 commenti:

  1. Ho riletto il mio articolo solo a pubblicazione avvenuta, e mi sono accorto di un refuso che stravolge il senso della frase che avevo intenzione di scrivere.
    Ecco la frase:
    "I risultati sono stati pochi, ma alla lunga si vede quello che ha seminato più di un decennio", che invece avrebbe dovuto essere:
    "I risultati NON sono stati pochi, E alla lunga si vede quello che ha seminato IN più di un decennio".
    Mi scuso se Andrea Magro ha già letto l'articolo, spero di no, e semmai lo ha fatto, spero non si sia risentito, perché non era mia intenzione.
    Lo scopo dell'articolo è quello di mostrare come ho scritto, che dietro molti successi schermistici stranieri, c'è sempre o quasi un italiano.
    Altri refusi come certe consecutio temporum che trovo indigeste, andrebbero corrette, ma so che il lettore sonnacchioso sotto l'ombrellone sarà indulgente, come almeno un'altra decina di maestri che pur bravissimi, non ho citato, ma spero di farlo più avanti, quando reperire certe informazioni sarà più facile, se non altro per il tempo che ho a disposizione che non è poi molto.
    Fabrizio Orsini

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  2. Ciao Fabrizio!! Complimenti per l'articolo!! L'ho letto tutto e ovviamente mi sono soffermato sull'ultima parte, quella che mi riguarda da vicino.. 😀
    Cheung Ka Long, così come altri, non si allena in nessun club cittadino ma è un atleta full-time della squadra di Hong Kong. Purchè sia vero che Maurizio curi la preparazione atletica delle squadre, siamo entrambi tecnici schermistici della squadra di HKG.
    Ovviamente il mio nome è Giacomo e non Giorgio.. un abbraccio

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  3. Grazie Giacomo, perdonami le imprecisioni, accetto sempre di buon grado ogni correzione. Conoscere e informarsi non è mai cosa semplice, specie se la distanza è così tanta. In bocca al lupo per il lavoro. Aggiornateci ogni tanto, così il mondo della scherma italiana si arricchisce di nuove storie delle quali non c'è mai sazietà.
    Un saluto
    F. Orsini

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  4. Grazie per aver menzionato me ( Maurizio Zomparelli ) Giacomo Fanizza e il coordinatore del settore Fioretto Maschile e Femminile Greg Koenig. Un’ ottima collaborazione complicità e un continuo mettersi in gioco che ha fatto crescere il movimento della scherma di HK
    Cordiali Saluti .

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