Considerata la totale assenza di una
normativa che disciplini lo status del maestro/tecnico di scherma e di altri sport in termini assicurativi e contributivi ed in virtù delle tante e strumentali chiacchiere che si fanno
sull’argomento, a volte solo a scopo elettorale, ho ritenuto proporre un ddl che
possa essere discusso e approvato nella prossima legislatura. Tale proposta
l'ho concordata con la Senatrice CATALFO, la quale la presenterà in Parlamento
e comunque qualora non rieletta si è impegnata a farla presentare dai nuovi
parlamentari del M5S.
Ritengo doveroso informare innanzitutto il
nostro movimento e per farlo sintetizzo, di seguito, i passi salienti del DDL:
secondo la normativa vigente la
disciplina fiscale dei compensi a sportivi dilettanti prevede un particolare
tipo di tassazione variabile a seconda dell'entità del compenso percepito. Da
un punto di vista previdenziale il compenso
non è soggetto a contribuzione obbligatoria.
Nello sport non si può parlare di "lavoro" se non in
ambito professionistico, nel variegato mondo del dilettantismo, però, enti
senza scopo di lucro intrattengono rapporti di "collaborazione"
a carattere oneroso la cui, a volte anche puntuale, disciplina in ambito
tributario non trova analogo approfondimento sotto il profilo civilistico.
Ciò comporta
delle inevitabili criticità sotto il profilo della tutela previdenziale ed
assicurativa. Sul punto vedremo come
l'articolo 67, comma 1, lettera m), del DPR n. 917/86 preveda che le
indennità di trasferta, i rimborsi
forfetari, i premi e i compensi siano da considerarsi redditi diversi.
Il primo
problema che si deve affrontare è cosa si debba intendere per "attività sportiva dilettantistica".
Il legislatore, infatti, ha qualificato il professionismo sportivo
ritenendo come tale l'esercizio di attività sportiva a titolo oneroso con
carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che
conseguano la qualificazione dalle Federazioni sportive nazionali, secondo le
norme emanate dalle Federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per
la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica.
Tale competenza, affidata al Consiglio Nazionale, viene ribadita anche dal
D.Lgs. 23 luglio 1999, n. 242 e recepita nello statuto dell'ente.
Se ne ricava che i requisiti perché si possa parlare di attività sportiva
professionistica dovranno essere lo svolgimento dell'attività a
titolo oneroso, con continuità in un settore dichiarato professionistico dalla Federazione di
appartenenza.
Non sussiste alcune definizione di attività dilettantistica. Pertanto,
dovremo ritenere che sia da considerare attività sportiva dilettantistica,
per differenza, tutta quella che non è professionistica.
Ciò porta alla prima considerazione. Alla luce del nostro ordinamento
positivo la distinzione tra attività sportiva dilettantistica e
professionistica non assume un valore economico, ma solo di qualificazione dell'attività
da parte dell'ordinamento sportivo.
Vale a dire che un'attività a carattere oneroso e continuativa, se svolta
in un settore sportivo non dichiarato professionistico dalla federazione di riferimento, rimarrà
attività dilettantistica in quanto, stante
la natura di legge speciale (che, come tale, fa eccezione a regole generali)
della Legge n. 91/1981, ai sensi e per gli effetti dell'art. 14 delle
preleggi al Codice civile, la disciplina sul professionismo sportivo non può applicarsi "oltre i casi e i tempi in esse
considerati".
La categoria è più numerosa di quanto si possa pensare: oltre ad atleti e
tecnici di vertice (si pensi agli sciatori, ai tennisti, ai
giocatori di pallavolo, di pallacanestro femminile, di rugby, e così via)
ritroviamo i numerosi istruttori di nuoto, di scherma, di tennis, di aerobica, body
building, pattinaggio, arti marziali, ecc. che operano nei vari centri
sportivi italiani. Per tutti costoro sono presenti i caratteri dell'operosità e della
continuità della prestazione: manca la qualifica da parte della federazione di
appartenenza.
Le indennità, i
rimborsi forfettari, i premi e i compensi percepiti dai collaboratori sportivi
dilettanti, beneficiano della seguente tassazione, valida ai fini dell'Imposta sul
reddito delle persone fisiche (Irpef):
·
primi E. 7.500 complessivamente percepiti nel
periodo d'imposta non concorrono alla formazione del reddito imponibile Irpef e
pertanto non sono soggetti a mcsazione o indicazione nella dichiarazione dei redditi;
·
Sugli ulteriori E. 20.658,28 percepiti nell'anno
è operata una ritenuta alla fonte a titolo d'imposta ai fini Irpef,
con aliquota 23%, maggiorata di addizionale regionale e comunale. Anche questi
compensi non devono essere riportati in dichiarazione dei redditi;
·
Sulle somme eccedenti è operata una ritenuta a
titolo di acconto del 23% (pari al primo scaglione dell'Irpef) sempre
maggiorata dell'addizionale regionale e comunale.
In pratica, per
compensi percepiti sino a € 7.500 non è dovuta alcuna imposizione ai fini delle
imposte sui redditi.
Per i redditi
eccedenti e sino ai € 20.658,28 è dovuta una ritenuta a titolo di imposta del
23%. Tali compensi non devono essere riportati in dichiarazione dei redditi in quanto
già tassati alla fonte dalla società sportiva erogante.
Per i redditi
eccedenti, invece, la ritenuta operata è a titolo di acconto e quindi tali
redditi dovranno essere successivamente assoggettati ad lrpef in dichiarazione dei redditi,
considerando, tuttavia, anche i compensi già tassati a ritenuta a
titolo d'imposta.
Infatti, ai
fini della determinazione dell'Irpef per la tassazione dei redditi soggetti ad
imposizione ordinaria (in dichiarazione dei redditi), il percettore delle somme dovrà
tenere conto dell'importo tassato con ritenuta d'imposta secca. In
altre parole, le somme assoggettate a ritenuta d'imposta definitiva concorreranno
comunque alla formazione del reddito imponibile, ma ai soli fini della
determinazione degli scaglioni di reddito.
Infine, è bene
ricordare che gli sportivi che incassano più compensi da società e associazioni
sportive diverse, devono autocertificare l'ammontare complessivo delle somme
percepite, attraverso il modello di Certificazione Unica,
in modo da consentire alle stesse di verificare se e su quale importo debba essere effettuata
la ritenuta ai fini Irpef.
Le somme erogate agli sportivi
dilettanti non devono essere assoggettate alla gestione previdenziale separata dell'INPS (Circolare INPS n. 32 del
07/02/2001).
Queste somme non devono nemmeno essere assoggettate
all'INAIL. In relazione agli obblighi assicurativi
l'art. 6, comma 4, D.L. n. 115 del 30/06/2005, convertito dalla Legge n.
168/2005 ha previsto l'emanazione
di un apposito decreto che dovrà stabilire le nuove modalità tecniche per l'iscrizione all'assicurazione obbligatoria degli
sportivi dilettanti nonché la natura, l'entità delle prestazioni e i relativi premi assicurativi.
La norma ha inoltre previsto che, nel rispetto delle
norme comunitarie in materia di assicurazione antinfortunistica, le Federazioni
e gli Enti di promozione sportiva potranno scegliere la compagnia assicuratrice con la quale stipulare le relative
convenzioni.
La circolare ENPALS n. 13 del 07/08/2006, ha chiarito
che l'esercizio diretto di attività sportivo-dilettantistica
posta in essere da quegli istruttori i cui compensi percepiti siano
inquadrabili tra i "redditi diversi" (articolo 67, comma 1, lettera m) del DPR n. 917/86)
non sono soggetti a contribuzione previdenziale.
Secondo l'Enpals, però, i compensi di cui sopra sono riconducibili alla
categoria dei "redditi diversi" in presenza di alcune condizioni:
·
La prima, che siano erogati da associazioni e società
sportive iscritte all'apposito registro CONI:
·
Poi, che siano percepiti da soggetti che non svolgano
a tal fine un'attività inquadrabile nella fattispecie dell'esercizio di
arti o professioni;
·
Infine, che conservino il carattere della marginalità
non superando la no tax area dei professionisti fissata attualmente in un importo annuo
pari a E. 4.800,00.
Alla luce di quanto
sopra esposto si vogliono proporre alcune variazione al fine di incentivare
ancor più la regolarizzazione di un numero immenso di tecnici
e atleti dilettantistici che non hanno alcuna copertura previdenziale e
assicurativa.
Il primo punto è quello di alzare la soglia del
minimale esente a € 12.000 e agli ulteriori 24.000 la seconda fascia agevolata.
In secondo luogo assoggettare a contribuzione
previdenziale agevolata del 10% i compensi della seconda fascia, cioè quelli
compresi tra 12.001 e 36.000.
Assoggettare ad una ritenuta a titolo di imposta le quote
dei compensi eccedenti i 24.000 e fino a 36.000.
Per le quote oltre i 36.000 la ritenuta sarà a titolo
di acconto e saranno assoggettati in dichiarazione dei redditi alle aliquote
ordinarie. Dal punto di vista previdenziale dette quote saranno assoggettate alle aliquote ordinarie della gestione separata INPS.
Il Mio vuole essere un concreto
contributo ad un problema di cui tanto si parla ed al quale nessuna soluzione è
mai stata prospettata.
Gianni Sperlinga