28 dicembre 2017

CHI E' RINALDI?


Sulla mia persona si sono dette tante cose, alcune vere altre false e strumentali: è arrivato il momento di fare un po’ di chiarezza.
Quello che sta per finire è  il 33° anno di dirigenza nell’ambito della scherma e volendo raccontarli tutti vi annoierei, anche se sono stati anni di intensa attività.
Diverse volte sono stato identificato come colui che riesce a restare a galla a dispetto di tutto e di tutti, in altre parole sarei riuscito a cavalcare le onde migliori. Ebbene sono stato e sono un uomo intellettualmente libero e come tale quando non condividevo, ed ancora oggi quando non condivido, prendo strade diverse da quelle nelle quali inizialmente mi ero avviato.
Quando mi affacciai per la prima volta sui social, allora schermanet e poi ancora schermaonline venni duramente attaccato: in quelle occasioni a criticarmi furono i miei colleghi del Consiglio, i quali non gradirono il fatto che potessi avere un contatto con la base, anche quando questa dialogava con me con un nickname. Non mi nascosi allora e non l’ho mai fatto dopo, assumendomi sempre le mie responsabilità. Successivamente fui accusato di fare politica con concetti ormai vetusti ed anche l’attuale Presidente, in più di una circostanza, ebbe ad esprimere tale concetto, con ciò cercando, e riuscendovi anche, di farmi passare come un personaggio ormai superato. Francamente quel che pensava il Presidente con la sua corte, non mi interessava allora e non mi interessa oggi, soprattutto perché il tempo ha dimostrato la falsità di quei pensieri. Vorrei, però, esprimere la mia opinione sul fare politica e cosa è la politica.
Fare politica vuol dire essere abili, furbi, astuti e non trovo tra gli aggettivi che definiscono fare politica l’intelligenza; per quanto riguarda la politica la definizione si traduce in scienza del governo. Poi c’è il politicante, il quale, normalmente, è fortemente predisposto al compromesso, dice e non dice, è abile nello sfruttare le varie situazioni a proprio vantaggio e abitualmente è incline più al democratismo che alla democrazia. Egli mente sapendo di mentire, non mantiene la parola data, tende a procrastinare l’assunzione di impegni.
Nel concetto di fare politica non mi ci ritrovo in quanto non sono né furbo né astuto e tantomeno abile, con un pizzico di presunzione mi definirei un uomo che sa sfruttare quel minimo di intelligenza che il buon Dio gli ha dato, naturalmente non sono nemmeno una verginella: anche io avrei da farmi perdonare diverse cose, ma ho sempre detto quel che penso: certo utilizzando una terminologia che non fosse offensiva, quindi avendo rispetto per le persone che ho avuto ed ho di fronte.
Di me si sa tutto, sono continuamente monitorato e pur ben consapevole di essere sotto controllo non ho avuto difficoltà ad esternare il mio pensiero. Lo feci con il grande Renzo NOSTINI – allora ero un giovane Presidente di Comitato Regionale – con DI BLASI e l’ho fatto con SCARSO. Tutto ciò non significa che sono sempre stato dalla parte della ragione, tutt’altro, spesso ho sbagliato ma non ho avuto e non ho remore a riconoscere l’errore e quando do la parola la mantengo, anche a costo di pagare oneri salatissimi.
Spesso, sono stato indicato, ma credo di esserlo tuttora nonostante non sia un tesserato FIS, come il nemico da abbattere e quindi strumentalizzato a fini politici: ho saputo accettare tutto questo con grande serenità.
Ho un solo rammarico, non essere riuscito a dare tanto quanto ho avuto.
Di recente un Consigliere federale, con il quale non ho mai avuto alcuna frequentazione se non, in qualche circostanza, quella istituzionale, nel conversare con altro tesserato FIS e sollecitato a prendere le distanze dall’attuale vertice federale, in modo sprezzante e direi offensivo, così si è espresso: “Capisco, ma l’alternativa è passare dalla parte di RINALDI e non ci penso proprio”. Che dire? Questo soggetto è, evidentemente, animato da un pregiudizio che non trova alcuna giustificazione. Però la sua affermazione mi ha dato modo riprendere un pensiero espresso qualche tempo fa e che voglio di seguito riproporre.
In quei giorni venni definito quasi un faccendiere, espressione assai forte fatta circolare ad arte al fine di screditarmi agli occhi del mondo schermistico.
Quel termine, ‘faccendiere’, mi aveva lasciato molto perplesso in effetti, perché di norma viene usato con un significato negativo e di sicuro poco edificante, per indicare personaggi che tramano, inciuciano, trafficano spesso nell’ombra, col fine esclusivo di ottenere benefici personali.
Il ‘faccendiere’, insomma, è un soggetto che compie affari, condotte, o manovre all'occorrenza nascoste e illegali. E’ un procacciatore d'affari e un mediatore senza scrupoli.
Nel moderno linguaggio giornalistico per ‘faccendiere’ si intende una persona che compie affari perlopiù illeciti per conto di uno o più imprenditori privati con la pubblica amministrazione: per esempio affari di corruzione, insider trading, aggiotaggio o a vantaggio di un gruppo di pressione. Insomma, nei miei confronti cominciava a concretizzarsi un giudizio che rimanda a un modo di essere e di agire poco trasparente e molto mirato ad interessi personali.
Prendendo in prestito la famosa esclamazione di un ex Presidente della Repubblica, io dissi “Non ci sto”.
Non ci sto perché sfido chiunque ad affermare che io abbia mai tratto un profitto economico dalle attività che ho svolto al servizio della scherma italiana.
Non ci sto perché dalla mia attività di dirigente schermistico ho ricevuto più danni che benefici, sia direttamente che indirettamente.
Non ci sto perché tutto ciò che ho fatto l’ho sempre fatto alla luce del sole, assumendomene piena responsabilità.
Non ci sto perché sono uno dei pochissimi, nel passato prossimo e remoto della FIS, ad aver avuto la capacità di dimettersi alla vigilia di un’Olimpiade, appena preso atto dell’impossibilità di adempiere in modo costruttivo al proprio mandato elettorale.
Non ci sto, perché sono l’unico ad avere espresso pubblicamente e con grande chiarezza la propria intenzione di attivare e animare un dibattito politico del tutto trasparente, proprio per non dare l’idea di tramare ed agire nell’ombra.
Chi volle, e forse ci prova ancora, dare di me un’idea fosca o truffaldina, solo perché la passione connessa al mio impegno politico mi porta da anni e anni a dialogare con tantissime persone, sforzandomi sempre di trovare con esse un punto d’accordo, si sbaglia di grosso. Il mio unico obiettivo è quello di fare il bene della nostra amata scherma.
Infine, a quel Consigliere che ha avuto espressioni ingiustificatamente e strumentalmente negative nei miei confronti auguro un 2018 all’altezza della sua bassezza.
Ad maiora
Ezio RINALDI

22 dicembre 2017

LIMITE AL RINNOVO DELLE CARICHE ELETTIVE


Il Senato ha approvato oggi invia definitiva il testo del D.D.L. in materia di limiti al rinnovo dei mandati degli organi del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e delle federazioni sportive nazionali, e al decreto legislativo 27 febbraio 2017, n. 43, in materia di limiti al rinnovo delle cariche nel Comitato italiano paralimpico (CIP), nelle federazioni sportive paralimpiche, nelle discipline sportive paralimpiche e negli enti di promozione sportiva paralimpica.
Su questo blog si è già parlato dei contenuti di questa riforma e se ne parlerà di nuovo nei giorni a venire. Oggi voglio soltanto informare di questa importante novità attraverso le parole pronunciate in aula dall’On. Ranucci primo firmatario del disegno di legge al momento della dichiarazione di voto: “Dopo circa dieci anni, finalmente vedrà la luce il disegno di legge in esame, che fu presentato per la prima volta da me nel 2008: molto più di due mandati nel CONI. I mandati che avevo proposto erano due e non tre, ma nella politica c'è anche l'arte della mediazione. Quindi, voglio esprimere tutta la mia soddisfazione per il fatto che finalmente si concluda l'iter di questo disegno di legge e ricordare che esso contiene non soltanto il limite ai mandati del CONI, ma anche altre due previsioni che ritengo molto importanti per lo sport italiano: il limite delle cinque deleghe che possono essere rappresentate in Assemblea e, soprattutto, il fatto che il limite dei mandati vale anche per gli enti territoriali. In tali enti ci sono stati dei "condizionatori" dello sport, e lo sa bene il presidente Sibilia, che è stato l'unico che è riuscito a commissariare la sua federazione, nel suo territorio, per un "ras" che era lì da quarant'anni.
Credo dunque che il disegno di legge in esame porti avanti, finalmente, anche uno sport più moderno”.
Ezio RINALDI

AUGURI



A TUTTI I FREQUENTATORI DELLA "PIAZZA" ED AI LORO CARI







11 dicembre 2017

GIUSTIZIA E POLTRONE


Nelle settimane scorse sono stati pubblicati diversi provvedimenti degli organi di giustizia sportiva: sei hanno riguardato episodi avvenuti durante la prova giovani di Ravenna e uno è la decisione d’appello del caso già trattato dal blog nel post INTEGRAZIONI E PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI.
Dei primi sei sappiamo molto poco dato che il Giudice sportivo raramente narra i fatti su cui è chiamato ad esprimersi, ma, almeno per uno soccorrono i social. La decisione n. 21/17 ha infatti riguardato il caso di una spadista che ha calciato una bottiglietta d’acqua addosso al maestro avversario, e siccome, per come narrato nella decisione, l’atleta ha porto le proprie scuse al maestro, non possiamo che dedurne che si è trattato di un gesto volontario.

La questione affrontata dalla Corte sportiva d’appello, invece, è sufficientemente nota, e dunque posso dare per scontata la conoscenza dei fatti da parte dei lettori e passare direttamente all’esame della decisione, che ha ridotto la sanzione della squalifica a sessanta giorni in luogo dei novanta comminati dal Giudice sportivo.
Secondo la Corte, la condotta del tecnico squalificato non si sarebbe limitata ad un’ingiuria, ma ad una vera e propria aggressione fisica, così come sarebbe emerso in modo irrefutabile al termine dell’istruttoria.
Non sono un tecnico, e quindi il mio esame non potrà coinvolgere le questioni tecniche che, per quanto ne so, potrebbero essere sottoposte all'esame del TAR, il quale se riterrà che la sanzione sia illegittima, potrà condannare la Federazione al risarcimento dei danni. Ma credo che non sia necessario avere cognizioni tecniche per rendersi conto che si tratta di una decisione piena di contraddizioni e di errori.
Leggendo le deposizioni dei testimoni mi sembra abbastanza chiaro che tutti e tre si siano contradetti tra loro, e che nessuno di loro abbia mai affermato che vi sia stata alcuna aggressione fisica, per cui mi sembra assolutamente insensata la scelta della Corte di ritenere “vera” una delle tre testimonianze (peraltro di un minorenne) e ritenere provata l’aggressione. In qualunque giudizio, forse persino in un regime dittatoriale o ai tempi dell’inquisizione spagnola, se i testimoni si contraddicono non si può ritenere raggiunta la prova e, men che mai, l’incamminarsi verso qualcuno potrebbe essere spacciato per aggressione fisica.
Persino nella FIS, il Tribunale federale ha detto che è necessario che gli indizi siano quanto meno concordanti tra loro per ritenere provato un fatto, ma evidentemente la giustizia sportiva propriamente detta, segue regole particolarissime che non hanno precedenti in nessun altro tipo di giurisdizione, neppure nella stessa giustizia federale non “sportiva”.
Ma la Corte, infatti, ha avuto l’accortezza di sottolineare che la giustizia sportiva non è legata ad alcun tipo di formalismo, potendo i giudici, in pratica, fare ciò che ritengono più opportuno, mentre sono i tesserati e soprattutto gli accusati coloro da cui i giudici federali pretendono il rigoroso rispetto delle forme; tanto che, più volte, la Corte ha sentito la necessità di sottolineare che alcune richieste dell’accusato non erano state espresse in modo formale per cui non potevano essere tenute in considerazione.
Sempre nello stesso spirito di “autonomia” la Corte ha affermato che le categorie del diritto penale non possono essere applicate alla giustizia sportiva, salvo poi richiamarle per motivare alcune scelte. E in questo altalenare di giudizio, almeno per quel che sembra a me, l’unico criterio è stato quello del minor vantaggio per la posizione dell’accusato.
Sarà proprio che non sono un tecnico e quindi non ho gli strumenti per seguire i sentieri del ragionamento dei giuristi, ma, da profano, a me sembra che questi sentieri siano piuttosto tortuosi e pieni di insidie.
Non è mai chiaro, leggendo le decisioni pubblicate sul sito federale, perché la giustizia sportiva non riesca a trovare una strada maestra ben asfaltata sulla quale fare camminare nello stesso modo e con gli stessi mezzi tutti i tesserati e gli affiliati.
Perché, mi chiedo io, calciare una bottiglietta d’acqua contro il maestro avversario merita un solo giorno di squalifica e dirigersi verso l’accompagnatore non tesserato che ha insultato il proprio allievo con disabilità psicologica è un’aggressione che richiede 90/60 giorni di squalifica?
Perché uno stesso fatto (quello oggetto della decisione n.  7/13 del Giudice sportivo e della decisione del 17 febbraio 2014 del Giudice Unico) riceve due qualificazioni diametralmente opposte, e in una l’aggressore appare aggredito e nell’altra l’esatto contrario?
Forse la migliore risposta la fornisce proprio la Corte laddove rammenta come “ogni propria decisione sia coerente ed uniformata al precetto sostanziale e processuale di talché l’”invito” del difensore del reclamante, si palesa del tutto gratuito ed inopportuno”, cioè ci dice che ogni decisione è un caso a sé, ed è in sé perfetta e non può essere né criticata o raffrontata con altre perché promana dalla giustizia sportiva a cui vanno piegati e sottomessi pure i principi costituzionali richiamati dal CONI.
Un’equazione perfetta quella espressa dalla Corte sportiva: il giudice interpreta la legge, quindi ogni sua decisione non può che essere coerente con la legge, e dunque non può essere criticata o considerata in contraddizione con le altre, perché tutte promanano dal giudice che interpreta la legge e dunque sono ineccepibili.
E quindi, alla fine, pure un “ignorante” come me è riuscito a trovare il bandolo della matassa: quello che capiamo noi delle “leggi federali” non ha nessuna importanza perché vale solo quello che ne pensa la giustizia sportiva in quel particolare momento.
Così, allo stesso modo, non ha nessuna importanza per i giudici federali che l’art. 35, comma 3 lett. C., dello Statuto federale dica che i componenti degli Organi di Giustizia non devono avere rapporti di lavoro subordinato o continuativi di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, ovvero altri rapporti di natura patrimoniale o associativa che ne compromettano l’indipendenza con la Federazione o con i tesserati, gli affiliati e gli atri soggetti sottoposti alla sua giurisdizione. O che l’art. 60, comma 4 dello Statuto federale dica che le cariche … di componente … degli Organi di Giustizia …. sono incompatibili con qualsiasi altra carica federale e sociale nell’ambito della FIS. Se un componente degli Organi di giustizia si dovesse trovare per caso in una situazione che lo Statuto definisce di incompatibilità e perciò vietata, in ogni caso la decisione da lui assunta sarebbe perfetta perché coerente ed uniformata al precetto sostanziale e processuale.
E sarà stato dunque per questo motivo che uno dei giudici del collegio che ha emesso la decisione n. 3/17 orgogliosamente comunica sul sito internet della propria associazione schermistica di essere componente della Corte sportiva d’appello, nonché Tecnico e Presidente della stessa associazione e di avere rapporti di collaborazione quale docente con diverse Realtà regionali e non; e che un giornale locale abbia ritenuto che la nomina a membro della Corte sportiva d’appello fosse un prestigioso riconoscimento per l’associazione per cui gareggia un altro dei giudici del collegio.
Ormai lo abbiamo capito, questi inutili formalismi non valgono per la giustizia sportiva. Ma ce ne faremo una ragione?
Certo che NO!
Noi continuiamo a sognare una federazione dove ogni decisione non formi un caso a sé ma sia coerente con le altre e, soprattutto, con lo Statuto e con i Regolamenti, e continueremo a lavorare per questo con l’aiuto degli amici vecchi e nuovi (molti ed inattesi) fino a quando non lo avremo ottenuto.
Per conto mio, invito da subito questi giudici a dimettersi. Solo così darebbero certezza di una posizione equidistante da tutte le parti in causa, ovvero dalla FIS, dagli Affiliati, dai tesserati dai Tecnici  e dagli arbitri. La posizione di alcuni di loro è inequivocabilmente e palesemente incompatibile con il ruolo ricoperto nel club di appartenenza, conseguentemente non possono garantire quella terzietà che un Giudice deve avere. Chi li ha nominati? Certamente non la base, pertanto quale fiducia riporre in tale Organismo?
E non è solo questo uno dei malesseri federali, sembra infatti che nelle terre del sud stia per scoppiare una bomba la cui deflagrazione farebbe diverse illustri vittime: staremo a vedere. Farò le opportune verifiche, assumerò informazioni certe ed incontestabili e, cari lettori, vi terrò informati.



Credo che la corsa alla conservazione della poltrona sia lo sport preferito, se volete l’attività
primaria, di ogni federazione. Infatti, certamente non vi sarà sfuggito, la legge sul riordino del CONI ha avuto una imprevista ed inimmaginabile frenata, tanto da non essere stata calendarizzata tra i provvedimenti che questo Parlamento dovrà approvare entro fine anno, per cui stando così le cose il Presidente del CONI dovrà lasciare l’incarico al termine di questo mandato.
Pronto l’intervento del Ministro Lotti, il quale ha presentato un emendamento alla legge di bilancio, l’ultimo treno prima dello scioglimento delle Camere, con il quale si cerca di salvare la poltrona di MALAGO’(https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/12/11/legge-di-bilancio-la-norma-salva-malago-voluta-da-lotti-e-inammissibile-il-regalo-al-presidente-coni-appeso-a-un-filo/4032147/.
Tale emendamento viene presentato come un elemento necessario al fine di garantire il corretto utilizzo delle risorse che il Governo predispone, nella predetta legge, per la vita dello sport Italiano. In buona sostanza si vorrebbe permettere al massimo dirigente del CONI di ricandidarsi per il terzo mandato, però ciò non sarebbe consentito ai Presidenti federali uscenti alla terza riconferma. E’ chiaro che la cosa abbia suscitato le ire e le proteste di questi ultimi, i quali ambiscono allo stesso trattamento riservato per MALAGO’. Il mio pensiero è che tale emendamento non abbia nulla a che vedere con la legge di bilancio, pertanto non dovrebbe passare, ma se dovesse essere approvato (in politica non do mai nulla per scontato) Scarso, al termine di questo quadriennio, dovrà andare a casa. Vi terrò informati anche su questo argomento.
Ezio RINALDI

06 dicembre 2017

TORINO: Gran Prix FIE di Fioretto

Lo Scorso fine settimana si è disputata a Torino la prova di Gran Prix del fioretto, sia maschile che femminile, giunta alla sua terza edizione. Torino ha però una lunghissima tradizione di gare internazionali, che comincia all’inizio degli anni ’50 con lo storico “Trofeo Martini”, che accompagnerà la gara fino al 1979. Dall’anno successivo ci sarà prima il “Trofeo CRT” e quindi i vari marchi “Lancia”, fino al 2002 quando la gara subirà una sospensione di qualche anno. Si ritorna con la coppa del Mondo, e ancora con il marchio Lancia nel 2008, quando però la gestione dell’evento non sarà più dello storico Club Scherma Torino ma dell’Accademia Marchesa, che organizza adesso la competizione. Unico GP FIE europeo, non solo italiano.
La gara femminile ha visto in pedana tante giovani promesse della scherma italiana, è tra tutte quella che ha sicuramente brillato maggiormente è stata la mestrina Martina Favarato, che a soli 16 anni ha conquistato un posto tra le migliori otto della gara. E considerando che è stato il suo esordio in una gara di Coppa del Mondo Assoluta direi che siamo nel campo dello straordinario. A mia memoria, ad una età così verde ricordo solo fenomeni come la Vaccaroni, la Trillini e la Vezzali riuscire a competere con le seniores a questi livelli. Se la fanciulla, allenata da un grande campione come Mauro Numa, saprà tenere la testa ben montata sulle spalle potrebbe anche ricalcarne le orme, e garantirsi un futuro di successi e medaglie. Altra giovane promessa della scherma azzurra è senz’altro Serena Rossini, classe ’99 anconetana allenata da Giovanna Trillini. Non fosse stato per l’exploit della mestrina la palma di sorpresa del giorno sarebbe stata sicuramente sua, che la gara l’ha terninata soltanto un turno prima, quello del tabellone da 16. Da anni la ragazza è ai vertici della categoria U20, questo risultato potrebbe essere il suo primo passo importante per scalare anche la categoria assoluta. Detto delle giovani promesse, giusto anche ricordare che davanti a loro hanno comunque la corazzata che da cinque lustri si è accaparrata il copyright di “Dream Team del fioretto”, e pare non abbia nessuna intenzione di appaltarlo ad altre. Se la gara è stata vinta dalla fuoriclasse russa Deriglazova, a circondarla sul podio c’erano tre italiane: la solita Volpi, la solita Errigo e la brava De Costanzo, quest’ultima a dimostrare che in casa nostra se qualcuna toppa la singola gara c’è sempre un’altra pronta a raccogliere la bandiera e portarla in alto.
Detto delle atlete giusto dire anche qualcosa dei maestri. Ora che è ufficiale si può tranquillamente dire: ne abbiamo perso un altro. Questa gara è stato l’esordio di Matteo Zennaro quale maestro della federazione canadese per il fioretto femminile, e dal 3 gennaio sarà presso la Ohio State University ad insegnare scherma agli americani. E non pare sarà l’unico, voci di parterre, non confermate dai diretti interessati per cui evito di fare nomi, danno come prossimi partenti altri due tecnici di pari livello. Io ho provato a fare il ficcanaso e chiedere conferma ai diretti interessati, loro naturalmente hanno seccamente negato….ma hanno anche chiesto di non dire nulla….chi vuole capire, ha capito. Se poi consideriamo che alla gara c’erano Lorenzo Nini quale tecnico della squadra austriaca, Andrea Magro per il Kuwait, Massimo Omeri con il Qatar, Giovanni Bortolaso con le tedesche e almeno altri due che lavorano con altre federazioni, il prossimo anno c’è il serio rischio che a fondo pedana si parli quasi solo italiano. E ancora ci si domanda come mai da qualche tempo vincano anche le altre…..
Domenica è stata la volta del fioretto maschile. Dalle qualificazioni di venerdì sono usciti dei nomi di giovanissimi atleti che hanno già dimostrato una certa dimestichezza con la scherma dei grandi, altri invece non hanno superato lo scoglio delle qualificazioni. Al contrario delle ragazze, qui è parso che qualcuno non fosse ancora pronto per il salto di categoria, soprattutto chi quel salto lo ha dovuto fare doppio, passando da una scarsa esperienza internazionale accumulata nella categoria U20 da cadetto, ad una gara che richiederebbe ben altro approccio, e in un paio di casi anche ben altro fisico. Un bravo se lo merita il lungagnone jesino Marini, che ha saputo superare il girone di qualificazione ed eliminare due seniores per approdare al tabellone principale. Eroe della domenica il ternano Foconi, allenato dal bravo Filippo Romagnoli (tecnico anche di Elisa Vardaro), lo scorso anno uscì vincitore questa volta resta sul podio, e non è poco visto il livello della gara. Vince l’americano Massialas davanti al russo Safin. La sorpresona la fanno però due carneadi che proprio non si potevano pronosticare: l’australiano Douglas, che si ferma nei 16, e l’ivoriano Keryhuel 19° alla fine della gara. Quest’ultimo ha impressionato positivamente per una scherma veloce e completa, cosa che non ci si aspettava da un atleta assolutamente sconosciuto nel circuito, tanto da creare non pochi punti interrogativi tra gli “addetti ai lavori” in difficoltà a capire la sigla CIV a quale paese si associasse.
Non numeroso il pubblico presente, e qui non voglio addentrarmi in analisi che dovrebbero fare esperti di marketing e comunicazione. Da cittadino torinese posso solo dire che l’attenzione da parte dei media sull’evento è stata abbastanza scarsa, il big match Napoli-Juventus ha fagocitato il 99% dello spazio che TG sportivi e giornali avevano a disposizione per lo sport. Come sempre la concorrenza con il calcio vede qualsiasi altro sport come perdente. Trovo un esercizio di inutile leziosità cominciare a parlare del tempo o del costo del biglietto. Quando la scherma era all’apice della popolarità, ovvero quando in tv ci andavano di continuo i nostri atleti, mi ricordo una nevicata clamorosa in pieno marzo e biglietti a pagamento, ma un palazzetto comunque pieno.
Anche il palasport del parco Ruffini comincia a mostrare i suoi limiti strutturali. Si tratta di un edificio costruito negli anni ’70 per ospitare Pallavolo e Pallacanestro, mai studiato per altri eventi che alla struttura devono adattarsi. Pessima visuale dagli spalti, specie spostandosi nella parte superiore dei seggiolini blu. La struttura è ideale quando tutti si siedono e ci rimangono per tutta la durata dell’evento, problematico quando c’è un continuo via vai di spettatori, atleti, tecnici, staff, ecc.. ecc.. La pedana blu poi, messa alle spalle dell’area destinata al riscaldamento, era la più sacrificata, lontana da tutto. E dire che è stata la pedana dove hanno tirato Cassarà, Garozzo e Foconi per tutta la gara, cioè quelli che magari gli spettatori volevano vedere da vicino.
ATTENZIONE, questa non è una critica agli organizzatori, in quanto lo stesso Michele Torella, presidente della società e del comitato organizzatore, ha detto durante la conferenza stampa che occorre trovare una nuova sistemazione per la gara, in quanto il palasport non è il massimo e crea molti problemi.
Avendo visto i campionati del Mondo del 2006, oltre che le olimpiadi invernali, posso affermare che la sistemazione ideale per “gli altri sport” sia la struttura dell’Oval del Lingotto. Si potrebbero ricreare quelle tribune uniche e le pedane rialzate che consentirebbero la massima fruizione da parte del pubblico, oltre ad avere gli spazi adeguati per ospitare anche le pendane necessarie per le qualificazioni del venerdì, mettendo tutta la gara in una unica struttura, e non su due come avviene adesso. Certo, i costi sarebbero ben altri rispetto al palasport e alla Sisport, ma qui dovrebbe intervenire con tutto il suo peso politico una federazione che dovrebbe avere nel GP FIE di Torino uno dei suoi fiori all’occhiello, da difendere con le unghie e con i denti, anche a costo di dovere magari rivedere alcuni capitoli di spesa e destinare qualche fondo alla gara.
Sempre approposito di federazione. Tra lo scarso pubblico ho incontrato un solo altro presidente di club piemontese, e nessuno di quelli che conosco delle regioni limitrofe. Un vero peccato, perché presente avevamo sia il presidente Scarso che i consiglieri Azzi e Randazzo. Sarebbe stata un buona occasione per usufruire di una delle tante sale disponibile nella struttura per incontrare le società piemontesi, e magari rispondere a qualche domanda.
Paolo CUCCU