28 agosto 2016

NON FACCIAMO FINTA DI NIENTE

Non ho mai fatto interventi su questo blog, ma le recenti olimpiadi e anche i fatti degli ultimi mesi nel settore giovanile, mi inducono a delle riflessioni.
Prendo spunto dalle varie analisi apparse su questa piazza e su diversi quotidiani per affermare che il risultato della scherma a Rio è un fallimento della politica federale e del presidente. 
Possono scrivere e dire quello che vogliono, ma il risultato delle olimpiadi è deludente ed é figlio di una politica sclerotizzata: manca l’entusiasmo e la capacità di rinnovarsi. Governando da troppi anni si pensa che la cosa pubblica sia diventata privata o viceversa. Infatti, i dirigenti ed alcuni tecnici F.I.S. sono entrati nell’ordine di idee di aver acquisito un posto pubblico.
Il Presidente Scarso da 3 mandati ci propone la stessa squadra di dirigenti, salvo rara eccezione ascrivibile alla defezione di qualcuno. I CT, già dipendenti pubblici, ritengono di aver acquisito un ulteriore poltrona a pagamento. Di fatto, nonostante risultati non all’altezza della tradizione e le critiche oggettive apparse su diversi quotidiani, sportivi e non, tutto rimane nell’immobilismo assoluto.
La prestazione sottotono, evidenziata dai predetti quotidiani, della squadra azzurra di scherma è figlia della mancanza di lungimiranza e, forse, di scelte dettate più da esigenze politiche che tecniche. E che dire delle forme di comunicazione federale? Basta aprire i giornali per capirlo, e solo in presenza di eventi eclatanti i media parlano del nostro sport.
Ritengo che il Presidente Scarso debba decidere su quale poltrona sedere e dedicarsi ad essa con tutte le energie in suo possesso, poiché allo stato attuale i numerosi incarichi da lui ricoperti non hanno portato alcun vantaggio al movimento, se non soddisfare la sua personale ambizione: se contassimo veramente qualcosa in ambito FIE quel tale arbitro ucraino non si sarebbe permesso di dileggiare ed offendere la Delegazione schermistica Italiana dopo l’incontro Ucraina-Italia di sciabola femminile.
Il ruolo di vicepresidenza della FIE, oltre ai due arbitri e a un direttore di torneo inseriti nella conduzione dell’olimpiade, cosa ha prodotto? Ci è stato davvero riservato un trattamento equo? Non parlo di vantaggi o favori, non sarebbe certo corretto, ma quantomeno del diritto di essere considerati degni di rispetto al pari delle altre nazioni. Direi, invece, che la sua elezione alla vicepresidenza FIE sia costata la Presidenza della commissione arbitrale che, come abbiamo visto, avrebbe avuto un peso notevole nella convocazione degli arbitri e nella loro assegnazione alla direzione di gara e che ci avrebbe quantomeno risparmiato l'increscioso insulto. Spiace pensare che probabilmente senza alcune discutibili decisioni arbitrali, la sciabola femminile avrebbe potuto conquistare una medaglia e lo stesso discorso vale per Aldo Montano. La FIE è, molto probabilmente, l’unica Federazione Internazionale che abbia accettato le direttive del CIO, proponendo una formula di gara che nulla ha in comune con quelle di Coppa del Mondo o Campionati del Mondo. Tutti gli sport da combattimento hanno il terzo posto a pari merito. Tutti gli sport olimpici hanno delle qualificazioni e poi la fase finale. La scherma lascia che 4 anni di sacrifici si giochino in un match.
Un doppio fallimento della politica federale considerato che il presidente Scarso ha anche il ruolo di vicario del CONI con delega alla preparazione olimpica: i nostri atleti hanno beneficiato di qualche giovamento grazie a questo incarico? Il contributo che il CONI assegna alla FIS non è di grossa entità ma nemmeno piccola e di questo contributo quanto è destinato ai club? Quanto incassa la Federazione tra tesseramenti, multe, iscrizioni alle gare, nazionali ed internazionali, fatti salvi gli 80 euro chiesti per ogni atleta partecipante alle gare cadetti in Europa? Pretendiamo di stare sullo stesso piano di Russia e Usa ma in realtà siamo dietro l’Ungheria - come testimonia il medagliere olimpico -  che non si avvale di certo di un budget pari al nostro. Francia e Tunisia hanno dimostrato di poter ottenere affermazioni olimpiche pur in presenza di risorse finanziarie ridotte rispetto all’Italia, anche se va detto che i Transalpini hanno una organizzazione diversa dalla nostra là dove esiste un Ministero dello sport. Ciò a testimonianza del fatto che capacità organizzativa e risultati non si coniugano necessariamente solo con una sovrabbondante disponibilità economica.  Per la promozione del proprio marchio, la FIS ha poi un ufficio comunicazione-stampa e di marketing (Web Tv, Foto, Sito internet e pagina Facebook) gestiti da soggetti interni ed esterni, ed un contratto con la RAI per eventi nazionali ed internazionali; quindi un introito economico di non poco conto, ma con quali risultati? Altre federazioni con molto meno ottengono quanto la FIS se non di più.
Nulla contro un impegno politico-sportivo in campo internazionale del presidente, se però anche tutti i dirigenti/consiglieri venissero coinvolti in tale attività, invece si ha la percezione che questi siano semplicemente appiattiti sulle posizioni del presidente. E' un dato di esperienza che all'interno di un organo collegiale le posizioni non siano sempre univoche è originino spesso situazioni di confronto, se non di aperto contrasto. Ma da questo punto di vista il governo federale appare essere un'isola felice, che costituisce eccezione. Ma con quali risultati?  Sarebbe opportuno, forse, che dei quasi 5 milioni di € gestiti dalla FIS - di molte volte superiore al bilancio dell’Ungheria - ( la quale torna dalle Olimpiadi con 2 ori individuali, 1 argento individuale ed un bronzo, per non parlare della Tunisia che con una sola medaglia ha conquistato il mondo), se ne destinasse una parte più consistente, rispetto a quella annualmente deliberata dal CdF, alle società che sono appunto il motore dell’intero movimento; probabilmente frutterebbero molto di più rispetto agli obiettivi raggiunti dalla federazione. Si potrebbero aumentare le gare diminuendo le distanze, alleviando i costi che le famiglie sostengono in termini di spese viaggio e partecipazione alle gare. Si potrebbe ipotizzare di fare allenare gli atleti nelle proprie sedi, ciò che ha fatto la Fiamingo negli ultimi tempi, a tal proposito brava la ragazza e bravo il maestro Sperlinga, ciò comporterebbe un gran risparmio di risorse economiche. Peraltro si eviterebbero convocazioni discutibili, forse più dettate dal "caso" che dalla "necessità".
Stefania Beretta

22 agosto 2016

OLIMPIADI DI RIO 2016: approfondimenti

Interessante l'articolo pubblicato sul quotidiano "Il Fatto Quotidiano.it ed a firma di Lorenzo VENDEMIALE, che riporto integralmente poiché meritevole di lettura ed analisi.

Olimpiadi Rio 2016, poche risorse e scarsa visibilità: ecco perché la scherma azzurra è crollata dopo due decenni di trionfi.
Italia ferma ad "appena" quattro medaglie. Un bottino scarno se si pensa ai successi di Londra 2012 e di Pechino 2008. Quella brasiliana è la peggior spedizione da oltre 25 anni a questa parte.
Di Lorenzo Vendemiale | 21 agosto2016


Stavolta la scherma non ce l’ha fatta. E se non se n’è accorto quasi nessuno, è solo per i tanti e insperati successi (soprattutto dalle discipline di tiro) che ci hanno proiettato incredibilmente in alto nel medagliere. Ma nell’Italia che vince e stupisce alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016 c’è almeno uno sport che non sorride. Ed è proprio quello che tradizionalmente ai Giochi ha sempre trascinato (e spesso salvato) il nostro Paese. Non in Brasile, però: la scherma si è fermata ad “appena” quattro medaglie, con un solo successo, quello di Daniele Garozzo nel fioretto maschile. Un bottino scarno, che ci piazza al terzo posto nel medagliere di specialità, solitamente dominato, alle spalle di Russia e Ungheria. Per la nazionale che veniva dalle 7 medaglie di Londra 2012 e di Pechino 2008 è la peggior spedizione da oltre 25 anni a questa parte: per trovare un risultato così deludente dobbiamo tornare indietro a Seul ’88. Un’altra epoca.
“Prima o poi doveva capitare”, è il ragionamento che fanno dalle parti della Federazione, da sempre abituata a fare nozze con i fichi secchi: a vincere titoli su titoli ogni quattro anni, e poi fare i conti con una quotidianità fatta di scarse risorse e visibilità limitata. I Giochi di Rio 2016, poi, erano nati da subito sotto una cattiva stella: la rotazione del calendario olimpico che ci ha tolto due medaglie sicure nelle prove a squadre di fioretto femminile e sciabola maschile; la condizione precaria di alcuni elementi di punta (Aldo Montano si era appena operato, i criticatissimi Cassarà e Baldini sono arrivati a Rio dopo una stagione zeppa di infortuni), anche alcuni sorteggi poco fortunati in tabellone. Il bottino di medaglie è più o meno in linea con le attese di una difficile vigilia. Certo, ci sono delle sconfitte che fanno più male di altre: come quella di Arianna Errigo, n. 1 del ranking e subito eliminata. O quella dei fiorettisti, campioni in carica, fuori dal podio olimpico a distanza di vent’anni dall’ultima volta.
Sono queste due disfatte a far pendere la bilancia dal lato sbagliato. Ma prima di stupirsene, bisognerebbe ricordarsi delle condizioni in cui questi successi sono maturate. Una fioritura quasi spontanea, figlia di quel tessuto di società dilettantistiche che tramandano sul territorio (soprattutto nelle Marche, in Sicilia, in Toscana) una tradizione nata negli anni Cinquanta. Un mondo ricchissimo di qualità e di competenze, non certo economicamente: l’intero bilancio della Federazione vale poco più di 9 milioni di euro, di cui 4,3 milioni dal Coni per la parte sportiva. Cifre lontanissime da quelle di altri Paesi, ma anche di altri sport nazionali: la scherma è solo settima nella classifica dei contributi pubblici, nonostante sia la disciplina olimpica più vincente in assoluto; e a differenza di altre Federazioni (come rugby, basket, volley) non ha grandi entrate alternative. Competere (e primeggiare) contro colossi che investono ben altre somme (come Russia e Stati Uniti) diventa difficile. Impossibile in anni sfortunati come questo.
Per l’Italia della scherma, insomma, è un momento difficile dopo due decenni di trionfi. Adesso ci sarà anche un pesante ricambio generazionale: lascerà Elisa Di Francisca, Aldo Montano si è tenuto uno spiraglio aperto ma a Tokyo 2020 avrebbe 41 anni (e la sua struttura fisica imponente ha già tanti problemi da diverse stagioni), probabilmente è stata l’ultima Olimpiade anche per i vari Pizzo, Cassarà, Baldini, Occhiuzzi. C’è una nazionale da ricostruire. Ma non c’è neppure da sconfortarsi: la grande scuola italiana della scherma è ancora viva e vegeta. Anche da Rio arrivano segnali incoraggianti, come il trionfo del giovane Daniele Garozzo, che ha bruciato tutte le tappe, o l’argento di Rossella Fiammingo. Loro sono le due certezze da cui ripartire. In Brasile hanno esordito anche Fichera e Santarelli, classe ’93 già pronti per il salto di qualità, le sciabolatrici sono arrivate a un passo dal bronzo nell’unica arma in cui l’Italia non ha mai vinto nulla. All’orizzonte ci sono altre promesse come Francesco Ingargiola, 20 anni da compiere, il futuro del fioretto maschile (anche lui viene da Jesi, come Valentina Vezzali e Elisa Di Francisca). La scherma italiana ha vinto e vincerà ancora. Ha solo bisogno di un po’ d’aiuto per continuare a farlo. E la speranza è che la scorpacciata di medaglie arrivate da altre discipline non faccia passare inosservato il campanello d’allarme che è suonato a Rio. Forse è solo arrivato il momento di restituire una parte di quel debito ad uno sport che sicuramente ha dato all’Italia più di quanto ha ricevuto.”

In linea generale si potrebbe condividere quanto scritto facendo, però, alcune considerazioni:
1.     Il budget federale non ha mai raggiunto i 9 milioni di euro, ne gestisce 4 - 4,5 e nell’anno della qualificazione olimpica qualcosa di più ma molto al di sotto dei 9 milioni;
2.    La limitata visibilità è figlia di una politica poco efficace in termini di comunicazione;
3.    Gli addetti ai lavori avevano previsto e pronosticato il risultato olimpico e il campanello d’allarme era suonato da tempo, ma ad intestardirsi nel percorso seguito è stata l’attuale dirigenza;
4.    L’odierno governo è in carica da 12 anni e gli ultimi 4 dovevano essere quelli del raccolto cioè il frutto del proprio lavoro, e se tale frutto è il dimezzamento dei podi rispetto alle precedenti edizioni, non credo possa essere la stessa dirigenza a proporre un nuovo percorso.
5.    Per quanto riguarda la restituzione di una parte di debito ad uno sport che all’Italia ha dato tanto, vale la pena ricordare che il Presidente FIS occupa anche la poltrona di Vice Presidente vicario del CONI e se non ha provveduto lui a farsi restituire qualcosa chi doveva farlo? Il CONI è sempre stato sensibile ai problemi della scherma e non credo sia stato tirchio nei suoi confronti. Insomma senza piangerci addosso credo che un reale e sano esame di coscienza vada fatto e che ognuno si assuma le proprie responsabilità.
Ezio RINALDI


16 agosto 2016

E' TEMPO DI TIRARE LE SOMME

Concluse domenica scorsa le prove olimpiche di scherma, si sono subito scatenati commenti pro e contro la spedizione azzurra a Rio de Janeiro e da quel che ho potuto leggere non tutti sono obiettivi: chi ritiene la spedizione una sconfitta ed altri, guardando forse troppo in casa altrui, la considerano assolutamente positiva.
Voglio partire dalle dichiarazioni del Presidente, rilasciate prima della trasferta:
"Quando si parte si mettono in valigia sogni e speranze. La mia speranza è quella di vivere un'edizione olimpica in cui gli azzurri riescano ad affermare la leadership dimostrata in questi ultimi anni. Se i Giochi concludono il quadriennio olimpico, non possono di certo determinare il lungo percorso che ci ha condotto sin qui e che è sicuramente assai positivo per l'intero movimento schermistico azzurro. Ci attendiamo la ciliegina sulla torta".
Dunque il Presidente prima auspica la riconferma della leadership dell’Italia dimostrata negli ultimi anni, aspettandosi la conquista di 3-4 podi (soltanto?!?!), e subito dopo afferma che i risultati non potranno influire sul lavoro svolto, poiché considera gli stessi una ciliegina da mettere sulla torta, e qui mi pongo la prima domanda: ma allora di quale torta parliamo? La partecipazione e i risultati conseguiti nella massima competizione planetaria sono il frutto di un lavoro svolto nell’arco di 4 anni. Vengono impiegate ingenti risorse finanziarie – circa 5 milioni di euro per un quadriennio, tanto per essere chiari – per il raggiungimento di tale scopo, perciò questo è a tutti gli effetti l’obiettivo primario, viceversa non c’è giustificazione alcuna per le spese sostenute. Se, come dice il Presidente, i risultati di un’Olimpiade non contano ai fini della valutazione della gestione quadriennale, non è che allora questi fondi si potevano mettere a disposizione delle Società, le quali ne avrebbero certamente fatto buon uso?
Sono d’accordo con chi ha definito questi Giochi un fallimento e una sconfitta per la dirigenza in carica. Scarso governa da 12 anni (se poi a questi aggiungiamo anche i 4 da Vice Presidente arriviamo a 16!) e quindi da un tempo abbondante per programmare e pianificare una attività tecnico-agonistica di adeguato livello. Lui stesso ha ereditato da DI BLASI una Federazione Italiana Scherma che ad Atene 2004 aveva vinto ben 7 medaglie: vale ricordare che anche in quella occasione il Fioretto femminile a squadre era escluso per la prevista turnazione. Perciò niente scuse, ci si assuma la responsabilità di non aver qualificato una squadra – la Spada femminile – che nel 2014 era campione del mondo e n°1 del ranking mondiale, e si accetti senza attenuanti il responso olimpico, che è figlio di una mancanza di regole precise e chiare: o si affida tutta la responsabilità ai CT di impostare il lavoro tecnico con la conseguente e doverosa autonomia di scelte, oppure ci si attenga ai rigidi ranking seguendo lo schema americano. Questo quadriennio è iniziato con la rivolta di alcuni spadisti che inviarono una lettera al Presidente del CONI con la quale denunciavano uno stato di cose non più accettabile nella loro arma e finisce con la fortissima polemica lanciata da Arianna ERRIGO.
Molti cronisti hanno posto in evidenza il flop della scherma, mentre i più buoni si sono espressi per un risultato al di sotto delle aspettative, riconoscendo quindi come fosse lecito aspirare a qualche podio in più. Ritengo, però, che con tutti i veleni emersi non si poteva proprio fare di più. Credo anche che la Federazione non abbia voluto vederli o sentirli, questi veleni, sottacendoli e sottovalutandoli. In più ha fallito con il progetto 3R (Rimini-Roma-Rio) di sciabola: nonostante il grandissimo impegno dei ragazzi e delle ragazze, rimane il fatto che la sciabola non è pervenuta. Di certo si dovrà ragionare su un chiaro passo indietro rispetto ai tre ori, due argenti e due bronzi di Londra 2012, ma anche allo stesso numero di medaglie di Pechino 2008 e Atene 2004: è perciò evidente che a Rio 2016 la scherma non abbia rappresentato il solito "forziere" delle Olimpiadi azzurre. Non bastasse tutto questo, ecco che l’edizione olimpica del 2016 ha posto, tra le altre cose, il problema di un peso politico oggi più scarso della FIS a livello internazionale visto che un arbitro ucraino, tale Vadym Guttsayt, membro della Commissione arbitrale della FIE, durante una fase convulsa della semifinale di sciabola femminile a squadre fra Italia e Ucraina, ha addirittura sbeffeggiato la delegazione azzurra mostrando il dito medio. E’ vero che a tale individuo la Federazione internazionale di scherma ha revocato l'accredito per comportamento antisportivo, ma è altrettanto vero che una cosa del genere non sarebbe accaduta verso altre nazioni.
La futura Federazione, sia che vengano riconfermati gli attuali dirigenti o che ci sia un auspicabile rinnovamento, avrà molto da lavorare per diminuire il gap che ci separa da altre nazioni. Né serve a molto dire che altre importanti realtà europee abbiano fallito: in questo caso bisogna soltanto guardare in casa propria e, come dicevo prima, assumersi per intero le proprie responsabilità.
Lo schema sottostante pone in evidenza le medaglie conseguite dall’Italia della scherma ai Giochi Olimpici dal 1972 ad oggi: si può ben vedere come per trovare un analogo numero di medaglie vinte sia necessario tornare indietro, molto indietro, nel tempo. Per la precisione a Seul 1988 e Montreal 1976, non certo due Olimpiadi indimenticabili.
Da ultimo, chi ha criticato gli atleti per un presunto scarso impegno ha detto una semplice castroneria: essi sono stati impagabili: i ragazzi hanno dato tutto quello che avevano, in alcuni casi gettando anche il cuore oltre l’ostacolo. Forse in qualche caso non sarà stato sufficiente ma a loro nulla è imputabile!
Ezio RINALDI

10 agosto 2016

DIVISIONE DEL TERRITORIO

È ben difficile, in geografia come in morale, capire il mondo senza uscire da casa propria”(Voltaire)
Torno ancora una volta ad affrontare con spirito critico un particolare aspetto che sembra caratterizzare l’attuale governo federale. Nel settembre del 2014 ho scritto un post dal titolo : “Ma la matematica è o no una opinione?”
 In quella occasione suggerii, in modo ironico, al presidente federale di dotare il proprio staff di una buona calcolatrice a causa del banale errore aritmetico commesso nella codificazione di un articolo del nuovo regolamento di giustizia. Oggi torno sull’argomento anche se la materia oggetto di esame non è più l’aritmetica quanto piuttosto la geografia regionale.
 In un articolo pubblicato qualche giorno fa su La Repubblica il dott. Sebastiano Manzoni, intervistato quale Presidente del Comitato Scherma Sicilia, ha testualmente dichiarato: << Col tempo, mentre la tradizione si faceva più importante e i maestri crescevano nel carisma, ci siamo divisi il territorio… Ad Acireale la spada e il fioretto,a Modica il fioretto, a Catania la spada, a Mazara, Trapani e Sciacca la sciabola>>. Dichiarazione alquanto singolare non solo perché il presidente del Comitato Sicilia sembra aver cancellato dalla sua personale mappa geografica città come Palermo, Messina e Siracusa, ma soprattutto perché l’espressione utilizzata “ci siamo divisi il territorio” richiama improvvidamente logiche spartitorie piuttosto che lo spirito sportivo.
 Mi chiedo perché il sig. Manzoni ha deciso di obliare Palermo nella ricostruzione della sua pianta schermistica regionale quando esistono società che possono ben vantare primati di rango mondiale e olimpionico come nel caso del Club Scherma Palermo? E poi perché lasciare fuori città come Messina che ha dato i natali a Giovanni Scalzo o Siracusa che ha conosciuto schermidori come Stefano Barrera?
Quale che ne sia il motivo, è certo che il presidente di un Comitato regionale non può permettersi di rilasciare dichiarazioni di questo tenore senza che il suo ruolo ne esca appannato.
 Sarebbe auspicabile una rettifica sullo stesso quotidiano e spero che arrivi presto.  

A. Fileccia  

04 agosto 2016

PARALIMPIADI: il pasticcio dell'IWAS. La petizione a favore di Andrea PELLEGRINI

Da facebook e dopo l’autorizzazione dell’autore, riprendo un post di Andrea Pontillo inerente l’esclusione di Andrea Pellegrini dalle Paralimpiadi e la conseguente petizione a suo favore.
Molto si è detto sulla vicenda, ma poco da parte della FIS, la quale comunque ha inoltrato un ricorso alla IWAS affinché possa essere rivista la decisione assunta, e tra tutti i commenti sull’argomento credo che quello di Andrea Pontillo sia il più equilibrato ed assolutamente condivisibile. Nell’ottica di sostenere Andrea Pellegrini, molto volentieri lo pubblico sul blog.
Mi permetto, molto sommessamente, di far osservare che le disabilità devono essere la forza motrice per una integrazione sempre più convincente e non servirsene per fare vetrina. Non intendo accusare nessuno, tantomeno la FIS, però qualcuno può smentirmi? Potremmo aprire un dibattito dal quale le Istituzioni, sportive e non, ne uscirebbero massacrate.

 “Cambiare i criteri di una qualificazione Paralimpica a tre mesi circa dall'inizio dei giochi è semplicemente scorretto... Un'ingiustizia che ha colpito Andrea Pellegrini in particolar modo. Si pretende che lo sport Paralimpico venga equiparato come valori, qualità d'allenamento ed impegno a quello olimpico, ma siamo ancora vittime di una federazione internazionale (IWAS) rappresentata da persone che evidentemente non hanno una formazione sportiva completa, che non conoscono l'agonismo di alto livello e che non comprendono che l'allenamento fisico e mentale di un Atleta richiede degli obbiettivi certi da far raggiungere, delle regole da far seguire, dei canoni di qualifica noti, delle tempistiche di riferimento note... Un allenatore come può "garantire" al proprio Atleta che se rientrerà in tali limiti, allora sarà qualificato, se poi tanto tali valori verranno alterati? Vedo purtroppo una Federazione Italiana Scherma (una potenza in ambito olimpico) resa impotente, isolata, con un vicepresidente FIS, membro IWAS, evidentemente non messo a conoscenza di una tale non chiarissima manovra... Vedo purtroppo la stessa storia ripetersi: sempre l'IWAS nel 2012 cambiò i criteri di qualificazione per Londra a pochi mesi dall'inizio dei giochi e, per quanto mi riguarda, Andrea Macrì partecipò solo per le gara a squadre; come si può pretendere di preparare degli Atleti di alto livello, ponendosi dei traguardi per 4 anni se poi, dopo l'ultima competizione valida per le qualificazioni paralimpiche (Europei di Casale Monferrato), la federazione internazionale (IWAS) cambia i criteri di qualifica... o meglio, e ancora peggio, assicura a voce durante gli stessi Europei che la bozza di qualificazione sarà confermata e poi... cambiata! Quale professionalità? Quale rispetto per il lavoro di Tecnici e Atleti? Quale rispetto per l'impegno delle Federazioni Nazionali di scherma? IWAS: rendi le tue bozze di qualifica paralimpica definitive al massimo 1 anno prima dell'inizio dei Giochi! O che si trovi un numero fisso! Federazione Italiana Scherma porta avanti il ricorso... Altrimenti, quale "alto livello" paralimpico potrà mai esistere, se si continuano a seguire dei termini di qualificazione paralimpica soggettivi, mutevoli...? In futuro, quale logica integrazione sportiva e sociale, tra mondo Olimpico e Paralimpico, potrà mai essere sostenibile?”

Ezio RINALDI