Mi incuriosisce molto vedere certi movimenti a livello di politica e giustizia all’interno dello sport. Sebbene quella sportiva sia di ordine enormemente inferiore rispetto alla politica e alla giustizia che chiamiamo ordinaria, ha un qualcosa di strano che mi incuriosisce da tempo.
E che dire delle politiche locali, se non che hanno sempre meno potere del quadriennio passato, unito al fatto che con la nuova dirigenza di Sport e salute che ha messo a regime i suoi edifici sportivi, si trova a sfrattare i Comitati regionali che ora battono cassa, in quanto non hanno nemmeno un ponte dove andare a ripararsi?
Non ultima la questione della giustizia sportiva. Rumors, pettegolezzi, voci della gente che si lamentano, come diceva Tina Pica a De Sica. Non ho motivo di farlo io, che me ne guardo bene dallo sfiorare l’argomento, pur sempre delicato e complesso, ma importante e necessario, in quanto è un luogo in cui saper posizionare gli uomini al suo interno è fondamentale per il buon svolgimento del quadriennio olimpico. Se quindi chi viene eletto è in grado di costruire in maniera brillante entrambi gli staff (quello della giustizia e quello della dirigenza), allora è stoccata, assalto, torneo.
Ma è vera democrazia? Se lo chiedono in tanti, come anche Alessandro Barbero il quale in molti suoi interventi da storico esperto, estende da tempo questo tema alle grandi democrazie moderne. Non è forse un momento di crisi della democrazia? Cioè del suo concetto e della sua efficacia? È davvero un potere del popolo? Qualcuno la chiama post-democrazia, dove sì, il popolo elegge, ma poiché si conoscono i metodi elettorali, e le varie forme di pressione mediatiche, chi ha in mano gli strumenti per spingere il voto po il consenso in una direzione piuttosto che un’altra, alla fine vince la poltrona. E siccome conosce i meccanismi che fanno salire e scendere gli incarichi e gli incaricati, una volta raggiunto l’obiettivo elettorale, tutto il resto diventa un gioco da ragazzi.
Non ricordo dove ho letto che in termini di pace le monarchie battono le repubbliche, perché negli ultimi 80 anni, gli unici a fare e promuovere le guerre, sono stati i grandi paesi repubblicani, mentre le monarchie se ne sono ben guardate. L’articolo era provocatorio, scritto per stimolare la discussione, quantunque accesa, e sebbene nello sport il meccanismo elettorale sia democraticissimo, pur tuttavia vi sono delle combinazioni tali che rendono l’eletto capace di un enorme potere, quasi simile (e paradossalmente) a quello monarchico.
Un paradosso del tutto sportivo, in cui non sempre se ne hanno i giovamenti speculari di cui accennavo all’inizio del paragrafo. Spesso i monarchi sportivi creano stasi, miasmi, dinamiche stancanti, e soprattutto una sorta di paralisi nel campo dell’innovazione che meriterebbe un approfondimento per lo meno sociologico, oltre che politologico.
Le formule per rendere le elezioni più efficaci in termini democratici potrebbero essere molte, ma mi rendo conto che a ogni meccanismo immaginato per migliorarlo, potrebbe seguire una regola per aggirarlo o renderlo peggiore del precedente. Mi chiedo quindi se siamo o no in un clima di post-democrazia sportiva, quella in cui è stato trovato il modo di far funzionare a comando il meccanismo elettorale e far andare i voti nell’urna di chi il potere l’ha costruito e consolidato negli anni.
Un dato è certo, la FIS dall’ultima elezione ne è uscita ben spaccata in due parti quasi uguali, una situazione che non si era mai verificata prima.
Quanto durerà questo strano equilibrio in questa strana cosa chiamata democrazia?