ACCADEMIA NAZIONALE DI SCHERMA
ENTE MORALE FONDATO IN NAPOLI 1861 -ASD
Premessa: questa puntata contiene, accanto ad un breve (ma necessario) riepilogo della vicenda relativa alla incresciosa contrapposizione tra Accademia Nazionale di Scherma e Federazione Italiana di Scherma, alcune “novità” degne di nota che il lettore (e, a maggior ragione, l’aspirante maestro o istruttore) avrà tutto l’interesse a conoscere.
Nel clima di leale collaborazione che, per decenni, ha caratterizzato i rapporti tra FIS e Accademia Nazionale di Scherma, gli esami si sono svolti (in genere a Napoli e qualche volta anche a Norcia) innanzi a commissioni composte da rappresentati dei due Enti. La presidenza della commissione è sempre stata assunta dal presidente dell’Accademia e da un socio da lui delegato e ciò in quanto, come è noto, è l’Accademia Nazionale di Scherma e non la FIS il soggetto legittimato al rilascio del diploma di istruttore e maestro di scherma. Va da sé che l’Accademia ha sempre indicato quali suoi rappresentati persone tecnicamente competenti, vale a dire (per la gran parte) maestri o anche (ma in numero molto minore) dilettanti di provata esperienza. In ogni caso, la collegialità della deliberazione ha sempre garantito la obiettività e la “tecnicità” della valutazione.
Per decenni la FIS non ha mai messo in dubbio la legittimazione dell’Accademia, né avrebbe potuto
farlo, in quanto, come più volte chiarito e come si ribadirà di qui a poco, è l’Accademia l’unico ente
autorizzato per legge al rilascio del diploma.
Tanto ciò è vero che, nel passato, la federazione ha addirittura sostenuto economicamente l’Accademia Nazionale di Scherma proprio per consentirle di svolgere la fondamentale funzione di organizzare gli esami per il conferimento della qualifica professionale. A titolo di mero esempio si può ricordare la delibera n. 40 del giorno 8 marzo 1999 che così recitava: “… preso atto che l’Accademia Nazionale di Napoli è l’unico Ente civile autorizzato da una legge dello Stato al rilascio dei diplomi magistrali, ……delibera l’assegnazione all’Accademia Nazionale di Scherma di Napoli di un contributo straordinario pari a lire 12.000.000 (dodicimilioni) da imputarsi al Cap. 106050”.
Ora è davvero paradossale che, nel momento in cui la normativa nazionale riceve riconoscimento e ratifica in sede europea (cfr. le direttive 2005/36/CE e 2013/55/CE, recepite con i decreti legislativi 206/2007 e 15/2016), la FIS abbia deciso, con un provvedimento violativo di norme di legge e del suo stesso statuto (art. 1 comma 12), di “avocare” a sé l’organizzazione e lo svolgimento degli esami e il conseguente rilascio del diploma. Risale infatti proprio al periodo tra il dicembre 2016 e il gennaio 2017 la (singolare) decisione federale che ha portato alla gestione unilaterale degli esami.
La ragione di tale comportamento non è mai stata resa nota e, a distanza di tempo, ancora “il mistero” resta. Possono formularsi solo ipotesi.
A ben vedere, nel recente passato la FIS ha, per ben due volte, preteso dall’Accademia Nazionale di Scherma la modifica del suo statuto per renderlo “compatibile” – questa la ragione esplicitata - con le
direttive del CONI (quali, di preciso, non è stato mai chiarito). Ora, a prescindere dal fatto che la federazione non può imporre (ma caso mai suggerire) ad un ente del tutto autonomo, avente per altro
personalità giuridica, di modificare lo statuto (a suo tempo e più volte - nelle varie e successive versioni - approvato dall’autorità prefettizia), resta il fatto che l’Accademia, pro bono pacis, ha comunque (e, si ripete, per ben due volte!) accontentato la FIS, introducendo nella sua “carta fondamentale” quelle (minime e alquanto pretestuose) modifiche che le erano state richieste. Dunque i desiderata della FIS sono stati recepiti perché, in effetti (badate bene!), le modifiche furono addirittura concordate con i “plenipotenziari” federali designati dal presidente Scarso; per di più, all’esito del secondo incontro, il presidente della FIS indirizzò una lettera (22 giugno 2016) al presidente dell’Accademia, con la quale si rallegrava e si complimentava per i risultati raggiunti e per il clima positivo che aveva caratterizzato la riunione.
Eppure qualche mese dopo, senza che nessuna novità fosse intervenuta, la FIS, sconfessando di fatto i suoi “ambasciatori”, ha violato l’accordo, ha ignorato il contenuto della lettera “complimentosa” è si è fatta gli esami per conto suo.
Gli “ambasciatori”, per parte loro, sembrano aver incassato il colpo senza fare una piega. Ma, è ovvio, ognuno ha il suo stile, conseguenza della considerazione che ciascuno ha di se stesso.
Non basta: in un delirante (e pretestuoso) crescendo di volontà punitiva, la dirigenza FIS ha deferito alla giustizia sportiva alcuni soci dell’Accademia (tra i quali il nostro Segretario e l’olimpionico Michele Maffei) per il voto espresso nell’assemblea nel corso della quale il nostro Sodalizio aveva deciso di resistere alla spoliazione che la federazione stava perseguendo con determinazione degna di miglior causa. Costoro tuttavia (ben difesi dall’avv.sa Puglisi) sono stati assolti “con formula piena”. Come se non bastasse, il giudice sportivo ha chiarito (ad abundantiam, a nostro modo di vedere) che l’Accademia Nazionale di Scherma non ha alcun rapporto di subordinazione con la FIS.
Naturalmente è stato inevitabile da parte dell’Accademia Nazionale di Scherma adire il TAR, invocando la sospensiva dell’abusiva attività promossa dalla FIS. Il TAR non ha concesso la sospensiva ed ha riservato il giudizio definitivo “al merito”. La causa è fissata per il prossimo autunno. È infatti ovvio che l’Accademia resisterà con ogni mezzo e in tutte le sedi all’atto di usurpazione subìto (se necessario fino al Consiglio di Stato e alla Cassazione) perché ne va della sua principale funzione e della esistenza stessa di un Ente, unico al mondo (e conosciuto e riconosciuto in tutto il mondo schermistico), che ha ben 157 anni di storia. Come tale dovrebbe, essere valorizzato e non certo svilito dalle istituzioni sportive nazionali (e non ci si riferisce solo alla federazione !).
Per altro (e francamente sembra il colmo), la FIS, non contenta di emettere in house i suoi diplomi, pretende di non riconoscere più il titolo conferito dall’Accademia e non si comprende se intenda fare ciò con valenza ex nunc o ex tunc; in questo secondo caso tutti i maestri di scherma presenti in Italia (compreso il presidente Scarso?) e molti nel mondo sarebbero – secondo la FIS – privi di legittimazione.
Questo per quel che riguarda il versante amministrativo, ma… esiste anche quello penale.
L’articolo 348 del codice penale (esercizio abusivo di una professione) è stato, come è noto, recentemente modificato (legge n. 3/2018) nel senso di una maggiore severità: non solo è prevista la pena congiunta della reclusione e della multa (come prima), ma: a) è imposta la pubblicazione della sentenza, b) è obbligatoria la confisca delle cose utilizzate per commettere il reato (le attrezzature sportive e gli immobili nei quali l’attività ha avuto luogo) e, ciò che più rileva, c) è estesa la punibilità a chi ha determinato altri a commettere il reato, ovvero ha diretto l’attività di chi nel reato ha concorso.
E non ha forse determinato altri a commettere il reato colui il quale ha conferito un titolo professionale invalido in base al quale il malcapitato potrebbe aprire una sala di scherma, reclutare allievi e “insegnare” tale disciplina sportiva?
Ora non può essere dubbio che, per esercitare la professione di maestro o istruttore di scherma, sia necessaria una abilitazione, conseguente al superamento dell’esame presso il Soggetto che a tanto è - dalla legge - deputato.
La fonte normativa che attribuisce all’Accademia Nazionale di Scherma il titolo per conferire il diploma professionale ha forza di legge: si tratta - come ogni schermitore sa o dovrebbe sapere - di un decreto reale del 1880, più volte prorogato e recepito da successive fonti (in due occasioni previo parere del Consiglio di Stato). Da ultimo, come si diceva, la normativa europea, con le ricordate direttive 2005/36/CE e 2013/55/CE, recepite con i decreti legislativi 206/2007 e 15/2016, ha chiarito che per diventare maestro di scherma ai sensi del decreto legislativo 708/1947 (punto 11 dell’art. 3) “la normativa italiana prevede che il candidato, in possesso di un diploma di istruzione secondaria superiore, superi l’esame abilitativo presso l’Accademia Nazionale di Scherma di Napoli, al quale è possibile accedere dopo la frequenza con esito positivo di corsi di istruzione e formazione ecc…..[omissis].
Né la norma può essere aggirata dando al titolo una dizione formalmente diversa (ad es. “allenatore”, invece che “maestro” o “istruttore”) perché ciò che conta è la effettività della condotta e non la mera
forma verbale della dizione.
Potrebbero (dovrebbero?) pertanto essere investite le competenti Procure della repubblica cui andrebbero segnalati quei soggetti che, magari in buona fede (finché non avranno letto la presente “puntata”), eserciteranno (e stanno esercitando) abusivamente (perché non regolarmente diplomati) la professione di maestro o istruttore di scherma.
Perché, sia ben chiaro, costoro potrebbero anche essere stati (fino ad ora) in buona fede (in fin dei conti hanno “un pezzo di carta” con l’intestazione FIS), ma chi ha rilasciato tale pseudo-diploma certamente in buona fede non è; e, poiché, come si è sopra chiarito, costui ha in qualche modo determinato altri a commettere il reato (cfr. art 348 comma 3 codice penale), egli potrebbe essere meritevole, secondo il Legislatore, della pena della reclusione da 1 a 5 anni e della multa da 15.000 a 75.000 euro.
E poi – è da chiedersi – chi abbia obbligo e chi abbia interesse a segnalare alla autorità giudiziaria una simile situazione contra legem.
La risposta alla prima domanda è ovvia: il CONI, ente di diritto pubblico, cui compete, tra gli altri, il compito di vigilare sul corretto svolgimento della attività sportiva e delle attività strumentali ad essa.
Altrettanto ovvia è la risposta alla seconda domanda: l’interesse è dell’Accademia Nazionale di Scherma.
Ma, abbandonando per un momento il versante strettamente legale, una domanda di comune buon senso si impone: ne valeva (e ne vale) la pena? Francamente non si afferra la ragione di tale assurdo modo di procedere; sfugge il motivo per il quale si è “buttata a mare” una collaborazione che durava da decenni e che ha sempre dato ottimi risultati, né è chiaro il fondamento di questo impulso distruttivo (ed autodistruttivo) di rapporti istituzionali ed umani che si erano (così pareva) sedimentati nel tempo, appare insomma difficile individuare la logica che ha indotto persone a dire una cosa e poi ad agire in modo completamente opposto agli impegni presi e ai vincoli normativi vigenti.
A meno che non si ipotizzi la presenza di “appetiti” che mal si conciliano con la esistenza di un ente terzo, indipendente e neutro (composto, in gran parte, di persone che “non vivono di scherma”), ente che tuttavia ha il potere di conferire un titolo professionale abilitante all’insegnamento di una disciplina sportiva. In fin dei conti, si tratta di “un brandello di potere” che può far gola a chi ha lo scopo e l’ambizione di amministrare le carriere dei professionisti della scherma. È un potere che può contare e pesare anche in termini di voti.
Si tratta però di una condotta dissennata perché espone la FIS (e di riflesso il CONI) a conseguenze tutt’altro che positive, ad una pubblicità a tinte fosche e, non da ultimo, espone i singoli (quelli che credono o vogliono credere di aver conseguito il titolo di istruttore o di maestro) a subire, come si è premesso, denunzie e - probabilmente – indagini, processi e (forse) condanne.
Il tutto in uno scenario e in un contesto già di per sé turbolento e poco rassicurante, considerata l’esistenza di una non sopita querelle per la registrazione in Prefettura delle modifiche dello statuto FIS, nonché l’esistenza di esposti, denunzie e querele che sembrano fiorire in siti, lontani da Roma, in siti, vale a dire, lontani dal luogo nel quale si esercita - in maniera non mediata (questo è un eufemismo) - il “potere centrale” (altro eufemismo) federale.
Ma ormai il dado è (a quanto pare) tratto.
Il Presidente Dott. Pasquale La Ragione