Alberto PROIETTI MOSCA |
Nel libro “Le lame dell’imperatore”
scritto da Alessandro Vespignani per raccontare la storia del Club Scherma Jesi
a pag. 54 si legge: “Quando, nel 1973 si taglia il nastro della palestra, sul
labaro spiccano già 10 medaglie d’oro. E’ il frutto del lavoro collettivo
coordinato da Triccoli e Magini. Due personaggi che segnano la storia della
scherma Jesina pur non trovando un punto d’incontro, tra di loro si instaura un
rapporto burrascoso caratterizzato da litigi. E’ stato lo scontro tra due
caratteri fortissimi e vincenti che all’inizio si sono attratti e
successivamente respinti, spiega Angelo Romagnoli, per uno come Triccoli, che
aveva creato tutto dal nulla, non era facile accettare indirizzi e decisioni
sulla gestione della società. Dall’altra parte Magini agiva secondo le sue
convinzioni. In sostanza fu un problema di ruoli.”
Ad inasprire ulteriormente i
rapporti tra i due ci fu la decisione del CONI di nominare Magini direttore
dell’impianto assegnandogli due maestri di scherma: Luigi Novelli e Giulio
Tomassini, unitamente alla somma di cinque milioni annui per cinque anni per la
gestione dell’impianto. Una cosa mal digerita dal maestro Triccoli poiché
veniva ad aumentare il potere decisionale di Magini che tra l’altro non
accettava le sue continue interferenze.
“Il nostro rapporto, racconta
Lamberto Magini, non è stato facile e ad un certo punto è stato impossibile.”
Infatti nel 1978 rassegna le dimissioni da presidente chiedendo chiaramente al
Consiglio Direttivo di scegliere tra lui e Triccoli. Una decisione difficile da
prendere. Io, che stimavo ed apprezzavo il lavoro di entrambi, riuscii a fargli
ritirare le dimissioni promettendo che tutto si sarebbe risolto nelle elezioni
della società previste per il 1980, sperando nel frattempo di riuscire a
ricomporre il loro rapporto. Magini rimaneva nell’idea che per una società
sportiva di provincia, quale era Jesi, avere fatto partecipare tre atlete alle
olimpiadi era un risultato più che appagante. Triccoli, invece, sosteneva che
era sicuro di poter far vincere ai suoi atleti una medaglia olimpica. Nei due
anni precedenti le elezioni le cose non migliorarono anzi peggiorarono creando
un forte disagio ed una spaccatura anche all’interno della società. Magini nel
frattempo si era attivato per far trasferire, dalla Scuola Militare di Educazione Fisica di Orvieto (SMEF) all’aeroporto di Falconara, il maestro
Barbarossa con il proposito, nell’eventualità che fosse stato riconfermato alla
presidenza del club, di fargli prendere il posto del maestro Triccoli. Si era
giunti in prossimità del rinnovo delle cariche sociali ma non si riusciva a
trovare alcun candidato per la presidenza. Come ricorda Gianni Goffi, uno dei
primi allievi del maestro Triccoli ed ancora socio del club, il presidente
della Federazione Italiana Scherma, Renzo Nostini, unitamente al segretario
Stefanini si precipitarono a Jesi per contattare personalmente i membri del
C.D. ed alcuni personaggi di spicco della scherma locale, tra cui anche lui,
per vedere di trovare un candidato alla presidenza ma con esito negativo. Io
avevo espresso le mie perplessità a candidarmi per rispetto a Magini ma ero
anche attratto dalle capacità tecniche del maestro Triccoli e dalla
determinazione con cui le sosteneva. Nello stesso tempo ero consapevole che una
riconferma di Magini significava per il Club Scherma Jesi perdere il maestro
Triccoli. Prima di sciogliere la riserva parlai con il maestro Triccoli, il
quale era visibilmente preoccupato per la situazione che si stava creando. Gli
dissi chiaramente che la mia candidatura era per riconfermare lui come maestro
a condizioni che tra noi ci doveva essere la massima collaborazione ma con una
netta divisione dei ruoli, lui si doveva occupare della parte tecnica ed io
della parte gestionale, senza nessuna interferenza. Lui mi diede la più ampia
assicurazione ed io mi candidai con la certezza di essere eletto poiché potevo
contare sui voti di coloro che frequentavano i corsi di ginnastica serale, tenuti
da Mario Mimmotti, che erano tesserati come soci. Magini, da gentiluomo quale
era, si ritirò in buon ordine ed il maestro Barbarossa andò ad insegnare presso
il club scherma Ancona. Come ho detto la sera della proiezione al sindaco
Fiordelmondo, se Proietti nel 1980 non avesse fatta quella scelta sicuramente
Triccoli, data la sua bravura, avrebbe ottenuti gli stessi risultati ma in
altra società e con altri atleti e forse questa sera i festeggiamenti invece di
farli a Jesi si sarebbero fatti ad Ancona oppure a Senigallia. Ma di tutto
quello che ha fatto Proietti per la città di Jesi né questa né le altre
amministrazioni comunali ne hanno mai tenuto conto.
Alberto PROIETTI MOSCA"
Brevissima biografia del Maestro Ezio TRICCOLI, tratta dal Comitato regionale FIS delle Marche.
Maestro Ezio TRICCOLI |
E sogna. Sogna di tornare a Jesi e fondare una
scuola di scherma.
Nel 1947, al ritorno nella sua città natale,
inizia ad insegnare scherma su invito di due studenti. Un anno dopo nasce il
Gruppo schermistico jesino. Triccoli avvicina alla scherma i primi ragazzi. Non
ha però il titolo professionale di maestro, che conseguirà solo nel 1962
all’Accademia di Napoli. Lievitano intanto gli atleti e gli impegni, mentre la
scherma jesina comincia ad imporsi nel panorama nazionale e internazionale.
Triccoli apporta una vera rivoluzione nella
scherma. Supera una visione classica della postura e dei movimenti in pedana.
Triccoli introduce delle vere e proprie “eresie”, nella posizione del polso,
nelle cosiddette “abbreviature” dei movimenti classici studiate anatomicamente
per garantire maggiore velocità ed efficacia, passando per lo zigzagare in
pedana e per i colpi imprevedibili di Stefano Cerioni, colui che Triccoli
designerà come suo erede al Club scherma.
Lo stile, secondo Triccoli, non può contrastare
con l’efficacia atletica:
«Io non sacrificherò mai una caratteristica
personale, un movimento naturale, un atteggiamento di gara imprevisto di un
atleta con il pretesto che non risponde ai canoni».
Per il maestro non è stato un percorso facile.
Triccoli e i suoi campioni hanno dovuto combattere contro forti pregiudizi. A
cavallo tra anni ’80 e ’90 molti tecnici storcevano il naso davanti al modo di
fare scherma di Stefano Cerioni e Giovanna Trillini. Si diceva che vincessero
(e vincono) più per rabbia competitiva che per tecnica. Nulla di più falso per
Maria Cristina Triccoli: «Mio padre sapeva che in quei due combattenti della
pedana la tecnica era talmente acquisita, così automatizzata, da non essere più
visibile».
Gli anni intanto passano. Jesi diventa sinonimo
di fioretto e i suoi talenti continuano a snocciolare successi. I riflettori
sulla scherma si accendono però solo ogni quattro anni per le Olimpiadi. E
loro, i campioni, non sfuggono mai all’appuntamento con questo ristretto cono
di luce.
Nel 1992 Jesi attribuisce a Triccoli la cittadinanza onoraria della città. È ormai anziano,
ma non perde occasione per stare accanto ai suoi atleti nella palestra di via
Solazzi. Fino all’ultimo giorno va in pedana a fare lezione. Ezio Triccoli
muore 80 anni, pochi mesi prima delle Olimpiadi di Atlanta.
Il Palazzetto dello Sport di Jesi è oggi
intitolato alla memoria di quest’uomo schivo che ha introdotto la scherma in
città quasi per caso e ha lasciato in eredità la più alta concentrazione di
medaglie della storia di questo sport.
Ezio RINALDI
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