18 novembre 2015

I NUMERI NON MENTONO MAI: tutto merito della politica federale?


L'Italia in merito ai suoi numeri (tesserati e risultati) è una nazione da sempre nell'occhio del ciclone. Come molti sanno a livello mondiale è la nazione di riferimento per la vivacità e la fantasia della sua organizzazione schermistica. Maestri e società che dal niente o quasi hanno prodotto campioni e numeri, che fanno ancora oggi scuola e sono anche un fenomeno che meriterebbe di essere studiato attentamente.

Vorrei soffermarmi sui numeri globali della scherma. Come documento di riferimento mi pregio di elogiare un testo per certi versi è enigmatico, ma prezioso per altri, scritto da Lioniero Del Maschio, dal titolo “La Scherma Italiana: i numeri oltre le medaglie” - Edito da Siciliascherma 2009/2011 stampato nel 2010. Il testo fu regalato alle società sportive come strenna natalizia nel 2010 per il centenario della FIS tanto che il sottotitolo recita orgogliosamente: “Diecimila in pedana nell'anno del centenario”.

Un traguardo che deve lasciare orgogliosi, se non altro perché pare che nel 2015 dopo soli cinque anni, la cifra sia raddoppiata. Si parla insistentemente di poco meno di ventimila schermidori tesserati con la Federazione più vincente di sempre, ma dati ufficiali ancora non sono stati divulgati.

Solo a titolo di cronaca lo studio di Del Maschio, che personalmente ritengo sia una pietra miliare della nostra scherma, anche se moltissimi lo hanno archiviato sullo scaffale non appena arrivato in società, abbraccia uno spettro amplissimo che va dal 1967 quando la scherma era praticata da soli 2.000 atleti, ai 10.000 del 2009.

Durante la presidenza Nostini i numeri in più di trent'anni (1960-1993) aumentarono in media di circa 834 a decennio (da 2.000 a 4.500 circa), con Di Blasi (1994-2005) crebbero di qualche migliaio, indice che c'era una strategia federale, ma con Scarso l'impennata è stata esponenziale, passando dai 9.000 circa ai quasi 20.000 attuali, con un trend ancora in crescita.

Cifre che fanno pensare non poco e chi ha vissuto gli anni della reggenza del presidentissimo non può non porsi dei dubbi, il più delle volte atroci. Considerato che la scherma di Nostini e quella di oggi sono quasi uguali, dal punto di vista delle strutture schermistiche, i dubbi crescono a dismisura. A tal proposito va detto che in Italia le palestre attrezzate di tutto punto sono pochissime e la stragrande maggioranza delle società sportive vivono una durissima convivenza con altri sport in maniera precaria. E questo è il punto: come si giustifica un aumento dei numeri nonostante non vi siano strutture dedicate alla scherma?

Le ragioni ovviamente non sono poche. Intanto va detto che è con l'olimpiade di Atlanta che la scherma inizia a salire vertiginosamente. Il grafico dei numeri si impenna sempre dopo le olimpiadi in maniera regolare, grazie alla presenza giornalistica durante la massima competizione planetaria e la campagna televisiva ottenuta con i successi degli atleti.

Ultimamente i social hanno dato una grande mano e la presenza mediatica è cresciuta ulteriormente. E' stato sufficiente un battage costante su Facebook o Instagram a costo zero, che l'interesse da parte dei giovani sia aumentato a dismisura. La celebre rivista La Scherma non si pubblica più perché è oggettivamente inutile far sapere i risultati delle gare, che oggi si possono conoscere in tempo reale, anche grazie al canale Youtube, che invia la diretta in streaming, meglio anche della televisione.

Una piccola osservazione va fatta circa la preparazione di maestri che vengono formati secondo una formula più coerente con i tempi e le aspettative delle società. Questo ha garantito un adeguato ricambio dei tecnici e un valido sostegno alla classe magistrale esistente che si è ampliata e fortificata in molte direzioni, ma che stranamente negli ultimi tempi si è irrigidita oltre misura (vedi il regolamento SnaQ CONI) al punto che diplomarsi maestro è più difficile che laurearsi in scienze motorie, specie per i tempi estremamente lunghi.

E' del tutto legittimo domandarsi se questa impennata della domanda nel fare scherma presso le società sia dipeso più dalla politica federale o semplicemente dai mezzi di comunicazione, che vedono dai social la loro spinta maggiore, o anche da una crisi degli sport dei grandi numeri (calcio e pallavolo in primis, seguiti da Basket e nuoto) le cui promesse agonistiche lasciano nella marginalità molti loro praticanti, nonostante nella scherma potrebbero fruttificare maggiormente.

Le conseguenze della gestione di questo grande numero di atleti sono sicuramente positive, soprattutto nell’ottica di una crescita tecnica e organizzativa, con uno sviluppo di gare sempre più performanti, anche se a tale situazione non sempre corrisponde la disponibilità di strutture adeguate (impianti per le gare e numero di gare per categoria soprattutto).

E' chiaro che questi numeri, se cresceranno porranno in seria difficoltà la Federazione, e conseguentemente bisognerà attuare una politica che preveda, oltre ai necessari investimenti sulla promozione e l’immagine del movimento, anche quelli sugli impianti. E’ da rilevare che non tutte le realtà schermistiche sono strutturate per fare la scherma con numeri crescenti. Mentre in ogni città vi sono campi da tennis (comunali) e innumerevoli e difficilmente gestibili palestre per basket/pallavolo (comunali e provinciali, specie scolastiche), ma mancano del tutto idonei impianti adeguati alla scherma vera e propria.

Sarebbe auspicabile concepire una strategia di alto profilo, con il totale coinvolgimento delle Istituzioni centrali e locali, le quali dovrebbero essere sensibilizzate al recepimento delle esigenze della scherma e ai suoi benefici, non solo sportivi ma soprattutto sociali, che vanno dal breve, al medio ed al lungo termine della vita. Si potrebbe arrivare ad un accordo quadro con il Ministero della Pubblica Istruzione affinché nelle scuole i docenti di educazione fisica insegnino i movimenti base della scherma, così come fece a suo tempo la FIPAV (Federazione Pallavolo), garantendo una istruzione minima ai diplomati ISEF, al fine di aprire nello studente, futuro atleta, l'ipotesi di affrontare uno sport diverso dal calcio, il quale negli anni '70 in Italia imperava per mancanza di offerta alternativa, mentre adesso è una sorta di dogma intoccabile.

Una sinergia tra i soggetti in causa, dovrebbe portare a guardare al sistema scherma come alla prima delle eccellenze sportive cui fare riferimento e sulla quale puntare a livello sociale. Questo è l'augurio che faccio a chiunque prenderà in mano le sorti della nostra prestigiosa Federazione.
Fabrizio ORSINI

 

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