L'Italia in merito ai suoi numeri
(tesserati e risultati) è una nazione da sempre nell'occhio del ciclone. Come
molti sanno a livello mondiale è la nazione di riferimento per la vivacità e la
fantasia della sua organizzazione schermistica. Maestri e società che dal
niente o quasi hanno prodotto campioni e numeri, che fanno ancora oggi scuola e
sono anche un fenomeno che meriterebbe di essere studiato attentamente.
Vorrei soffermarmi sui numeri
globali della scherma. Come documento di riferimento mi pregio di elogiare un
testo per certi versi è enigmatico, ma prezioso per altri, scritto da Lioniero
Del Maschio, dal titolo “La Scherma Italiana: i numeri oltre le medaglie” -
Edito da Siciliascherma 2009/2011 stampato nel 2010. Il testo fu regalato alle
società sportive come strenna natalizia nel 2010 per il centenario della FIS
tanto che il sottotitolo recita orgogliosamente: “Diecimila in pedana nell'anno
del centenario”.
Un traguardo che deve lasciare
orgogliosi, se non altro perché pare che nel 2015 dopo soli cinque anni, la
cifra sia raddoppiata. Si parla insistentemente di poco meno di ventimila
schermidori tesserati con la Federazione più vincente di sempre, ma dati
ufficiali ancora non sono stati divulgati.
Solo a titolo di cronaca lo studio
di Del Maschio, che personalmente ritengo sia una pietra miliare della nostra
scherma, anche se moltissimi lo hanno archiviato sullo scaffale non appena
arrivato in società, abbraccia uno spettro amplissimo che va dal 1967 quando la
scherma era praticata da soli 2.000 atleti, ai 10.000 del 2009.
Durante la presidenza Nostini i
numeri in più di trent'anni (1960-1993) aumentarono in media di circa 834 a
decennio (da 2.000 a 4.500 circa), con Di Blasi (1994-2005) crebbero di qualche
migliaio, indice che c'era una strategia federale, ma con Scarso l'impennata è
stata esponenziale, passando dai 9.000 circa ai quasi 20.000 attuali, con un
trend ancora in crescita.
Cifre che fanno pensare non poco e
chi ha vissuto gli anni della reggenza del presidentissimo non può non
porsi dei dubbi, il più delle volte atroci. Considerato che la scherma di
Nostini e quella di oggi sono quasi uguali, dal punto di vista delle strutture
schermistiche, i dubbi crescono a dismisura. A tal proposito va detto che in
Italia le palestre attrezzate di tutto punto sono pochissime e la stragrande
maggioranza delle società sportive vivono una durissima convivenza con altri
sport in maniera precaria. E questo è il punto: come si giustifica un aumento
dei numeri nonostante non vi siano strutture dedicate alla scherma?
Le ragioni ovviamente non sono
poche. Intanto va detto che è con l'olimpiade di Atlanta che la scherma inizia
a salire vertiginosamente. Il grafico dei numeri si impenna sempre dopo le
olimpiadi in maniera regolare, grazie alla presenza giornalistica durante la
massima competizione planetaria e la campagna televisiva ottenuta con i
successi degli atleti.
Ultimamente i social hanno dato una
grande mano e la presenza mediatica è cresciuta ulteriormente. E' stato
sufficiente un battage costante su Facebook o Instagram a costo zero, che l'interesse
da parte dei giovani sia aumentato a dismisura. La celebre rivista La
Scherma non si pubblica più perché è oggettivamente inutile far sapere i
risultati delle gare, che oggi si possono conoscere in tempo reale, anche grazie
al canale Youtube, che invia la diretta in streaming, meglio anche della
televisione.
Una piccola osservazione va fatta
circa la preparazione di maestri che vengono formati secondo una formula più
coerente con i tempi e le aspettative delle società. Questo ha garantito un
adeguato ricambio dei tecnici e un valido sostegno alla classe magistrale
esistente che si è ampliata e fortificata in molte direzioni, ma che
stranamente negli ultimi tempi si è irrigidita oltre misura (vedi il
regolamento SnaQ CONI) al punto che diplomarsi maestro è più difficile che
laurearsi in scienze motorie, specie per i tempi estremamente lunghi.
E' del tutto legittimo domandarsi se
questa impennata della domanda nel fare scherma presso le società sia dipeso
più dalla politica federale o semplicemente dai mezzi di comunicazione, che
vedono dai social la loro spinta maggiore, o anche da una crisi degli sport dei
grandi numeri (calcio e pallavolo in primis, seguiti da Basket e nuoto) le cui
promesse agonistiche lasciano nella marginalità molti loro praticanti,
nonostante nella scherma potrebbero fruttificare maggiormente.
Le conseguenze della gestione di questo
grande numero di atleti sono sicuramente positive, soprattutto nell’ottica di
una crescita tecnica e organizzativa, con uno sviluppo di gare sempre più
performanti, anche se a tale situazione non sempre corrisponde la disponibilità
di strutture adeguate (impianti per le gare e numero di gare per categoria
soprattutto).
E' chiaro che questi numeri, se
cresceranno porranno in seria difficoltà la Federazione, e conseguentemente
bisognerà attuare una politica che preveda, oltre ai necessari investimenti
sulla promozione e l’immagine del movimento, anche quelli sugli impianti. E’ da
rilevare che non tutte le realtà schermistiche sono strutturate per fare la
scherma con numeri crescenti. Mentre in ogni città vi sono campi da tennis
(comunali) e innumerevoli e difficilmente gestibili palestre per
basket/pallavolo (comunali e provinciali, specie scolastiche), ma mancano del
tutto idonei impianti adeguati alla scherma vera e propria.
Sarebbe auspicabile concepire una
strategia di alto profilo, con il totale coinvolgimento delle Istituzioni
centrali e locali, le quali dovrebbero essere sensibilizzate al recepimento
delle esigenze della scherma e ai suoi benefici, non solo sportivi ma
soprattutto sociali, che vanno dal breve, al medio ed al lungo termine della
vita. Si potrebbe arrivare ad un accordo quadro con il Ministero della Pubblica
Istruzione affinché nelle scuole i docenti di educazione fisica insegnino i
movimenti base della scherma, così come fece a suo tempo la FIPAV (Federazione
Pallavolo), garantendo una istruzione minima ai diplomati ISEF, al fine di
aprire nello studente, futuro atleta, l'ipotesi di affrontare uno sport diverso
dal calcio, il quale negli anni '70 in Italia imperava per mancanza di offerta
alternativa, mentre adesso è una sorta di dogma intoccabile.
Una sinergia tra i soggetti in
causa, dovrebbe portare a guardare al sistema scherma come alla prima delle
eccellenze sportive cui fare riferimento e sulla quale puntare a livello
sociale. Questo è l'augurio che faccio a chiunque prenderà in mano le sorti
della nostra prestigiosa Federazione.
Fabrizio ORSINI
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