Circa due anni fa questo blog ha dedicato
spazio alle diverse querelles che hanno visto come protagonisti da un lato l’ASD
Sala d’Armi Trinacria e dall’altro l’allora presidente del GSA Pietro
Ingargiola e la sua associazione, Accademia Scherma Palermo. Ricorderete che si
è trattato di un dissidio dai toni abbastanza accesi, che coinvolse a vario
titolo soggetti terzi e finanche il presidente Giorgio Scarso.
All’epoca avevo personalmente seguito il lavoro degli organi
inquirenti e del tribunale federale e non sono mancati spunti critici di cui ho
dato notizia sul blog.
Esposti a vario titolo furono presentati sia alla FIS che al
CONI, alla Procura Federale e al Procuratore Generale CONI, senza sortire effetti
adeguati, ad eccezione delle dimissioni volontarie del presidente GSA che io
giudicai piuttosto tardive.
Preconizzai, allora, che la vicenda, non sarebbe rimasta
confinata entro le ristrette mura federali in quanto alcuni soggetti, che si
reputarono lesi dal Procuratore federale, per condotte commesse nell’ambito
dell’attività di indagine, si rivolsero alla magistratura ordinaria per vedere
tutelati i propri diritti.
La dirigenza FIS rimase inerte.
Qualche giorno fa un commentatore anonimo ha fatto
riferimento all’esistenza di un procedimento penale a carico del Procuratore
federale. Ovviamente non ho pubblicato il post ma, fatte le dovute verifiche, ho
appreso che la Procura della Repubblica di Palermo ha realmente richiesto il
giudizio a carico del Procuratore Federale FIS.
Il problema attuale, tuttavia, non è l’esito di questo
giudizio penale, quanto piuttosto gli effetti di carattere politico-elettorale
che la formalizzazione di una accusa, oggi gravante sul Procuratore Federale, potrebbe
riverberare, in termini negativi, sull’immagine della FIS.
Mi domando quanto sia opportuno che nelle more del giudizio
penale il procuratore federale continui a svolgere il suo incarico.
Non sarebbe forse opportuno sospenderne le funzioni fino a
che il giudizio non venga definito?
Ritengo che la valutazione di una tale opportunità sia di
spettanza FIS o forse del Procuratore Generale CONI. Di certo, però, non può esservi dubbio che il
principio di non colpevolezza debba cedere il passo all’esigenza di tutelare la
credibilità della dirigenza FIS presso i suoi associati, a garanzia del
rapporto di fiducia che dovrebbe permanentemente legare gli uni agli altri. Non
è solo una questione di buon senso. Ritengo, infatti, che un esercizio delle
funzioni d’indagine in condizione di menomata credibilità comprometta il
necessario affidamento che ogni incolpato dovrebbe sempre riporre negli organi
della giustizia federale e, conseguentemente, nella stessa Federazione.
Sono sicuro, quindi, che il Presidente Scarso darà contezza
del suo pensiero e delle scelte che intenderà intraprendere al riguardo.
EZIO RINALDI
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