Interessante l'articolo pubblicato sul quotidiano "Il Fatto Quotidiano.it ed a firma di Lorenzo VENDEMIALE, che riporto integralmente poiché meritevole di lettura ed analisi.
Olimpiadi Rio 2016, poche risorse e scarsa visibilità:
ecco perché la scherma azzurra è crollata dopo due decenni di trionfi.
Italia ferma ad "appena"
quattro medaglie. Un bottino scarno se si pensa ai successi di Londra 2012 e di
Pechino 2008. Quella brasiliana è la peggior spedizione da oltre 25 anni a
questa parte.
Di Lorenzo Vendemiale | 21 agosto2016
Stavolta la scherma non
ce l’ha fatta. E se non se n’è accorto quasi nessuno, è solo per i tanti e
insperati successi (soprattutto dalle discipline di tiro) che ci hanno
proiettato incredibilmente in alto nel medagliere. Ma nell’Italia che vince e
stupisce alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016 c’è almeno uno
sport che non sorride. Ed è proprio quello che tradizionalmente ai Giochi ha
sempre trascinato (e spesso salvato) il nostro Paese. Non in Brasile, però: la
scherma si è fermata ad “appena” quattro medaglie, con un solo successo,
quello di Daniele
Garozzo nel fioretto maschile.
Un bottino scarno, che ci piazza al terzo posto nel medagliere di specialità,
solitamente dominato, alle spalle di Russia e Ungheria. Per la nazionale che
veniva dalle 7 medaglie di Londra 2012 e di Pechino 2008 è
la peggior spedizione da oltre 25 anni a questa parte: per trovare un risultato
così deludente dobbiamo tornare indietro a Seul ’88. Un’altra
epoca.
“Prima o poi doveva
capitare”, è il ragionamento che fanno dalle parti della Federazione, da sempre
abituata a fare nozze con i fichi secchi: a vincere titoli su titoli ogni
quattro anni, e poi fare i conti con una quotidianità fatta di scarse risorse e
visibilità limitata. I Giochi di Rio 2016, poi, erano nati da subito sotto una
cattiva stella: la rotazione del calendario olimpico che ci ha tolto due medaglie
sicure nelle prove a squadre di fioretto femminile e sciabola maschile; la
condizione precaria di alcuni elementi di punta (Aldo Montano si era appena operato, i criticatissimi Cassarà e
Baldini sono arrivati a Rio dopo una stagione
zeppa di infortuni), anche alcuni sorteggi poco fortunati in tabellone. Il bottino di medaglie è più o meno in
linea con le attese di una difficile vigilia. Certo, ci sono delle
sconfitte che fanno più male di altre: come quella di Arianna Errigo, n. 1 del
ranking e subito eliminata. O quella dei fiorettisti, campioni in carica, fuori dal podio
olimpico a distanza di vent’anni dall’ultima volta.
Sono queste due disfatte a
far pendere la bilancia dal lato sbagliato. Ma prima di stupirsene,
bisognerebbe ricordarsi delle condizioni in cui questi successi sono maturate. Una
fioritura quasi spontanea, figlia di quel tessuto di società dilettantistiche che tramandano sul territorio
(soprattutto nelle Marche, in Sicilia, in Toscana) una tradizione nata negli
anni Cinquanta. Un mondo ricchissimo di qualità e di competenze, non certo
economicamente: l’intero bilancio della Federazione vale poco più di 9 milioni di euro, di cui
4,3 milioni dal Coni per la parte sportiva. Cifre lontanissime da quelle di
altri Paesi, ma anche di altri sport nazionali: la scherma è solo settima nella
classifica dei contributi pubblici, nonostante sia la disciplina olimpica più vincente
in assoluto; e a differenza di altre Federazioni (come rugby, basket, volley) non ha
grandi entrate alternative. Competere (e primeggiare) contro colossi che
investono ben altre somme (come Russia e Stati Uniti) diventa difficile.
Impossibile in anni sfortunati come questo.
Per l’Italia della
scherma, insomma, è un momento difficile dopo due decenni di trionfi. Adesso ci sarà anche
un pesante ricambio generazionale: lascerà Elisa
Di Francisca, Aldo
Montano si è
tenuto uno spiraglio aperto ma a Tokyo
2020 avrebbe 41
anni (e la sua struttura fisica imponente ha già tanti problemi da diverse
stagioni), probabilmente è stata l’ultima Olimpiade anche per i vari Pizzo, Cassarà, Baldini, Occhiuzzi. C’è una
nazionale da ricostruire. Ma non c’è neppure da sconfortarsi: la grande scuola
italiana della scherma è ancora viva e vegeta. Anche da Rio arrivano segnali
incoraggianti, come il trionfo del giovane Daniele
Garozzo, che ha bruciato tutte le tappe, o l’argento di Rossella Fiammingo. Loro
sono le due certezze da cui ripartire. In Brasile hanno esordito anche Fichera e Santarelli,
classe ’93 già pronti per il salto di qualità, le sciabolatrici sono arrivate a
un passo dal bronzo nell’unica arma in cui l’Italia non ha mai vinto nulla.
All’orizzonte ci sono altre promesse come Francesco
Ingargiola, 20 anni da compiere, il futuro del fioretto
maschile (anche lui viene da Jesi, come Valentina
Vezzali e Elisa Di Francisca). La
scherma italiana ha vinto e vincerà ancora. Ha solo bisogno di un po’ d’aiuto
per continuare a farlo. E la speranza è che la scorpacciata di medaglie
arrivate da altre discipline non faccia passare inosservato il campanello
d’allarme che è suonato a Rio. Forse è solo arrivato il momento di restituire
una parte di quel debito ad uno sport che sicuramente ha dato all’Italia più di
quanto ha ricevuto.”
In
linea generale si potrebbe condividere quanto scritto facendo, però, alcune
considerazioni:
1. Il budget federale non ha
mai raggiunto i 9 milioni di euro, ne gestisce 4 - 4,5 e nell’anno della
qualificazione olimpica qualcosa di più ma molto al di sotto dei 9 milioni;
2. La limitata visibilità è
figlia di una politica poco efficace in termini di comunicazione;
3. Gli addetti ai lavori
avevano previsto e pronosticato il risultato olimpico e il campanello d’allarme
era suonato da tempo, ma ad intestardirsi nel percorso seguito è stata l’attuale
dirigenza;
4. L’odierno governo è in
carica da 12 anni e gli ultimi 4 dovevano essere quelli del raccolto cioè il
frutto del proprio lavoro, e se tale frutto è il dimezzamento dei podi rispetto
alle precedenti edizioni, non credo possa essere la stessa dirigenza a proporre
un nuovo percorso.
5.
Per
quanto riguarda la restituzione di una parte di debito ad uno sport che all’Italia
ha dato tanto, vale la pena ricordare che il Presidente FIS occupa anche la
poltrona di Vice Presidente vicario del CONI e se non ha provveduto lui a farsi
restituire qualcosa chi doveva farlo? Il CONI è sempre stato sensibile ai
problemi della scherma e non credo sia stato tirchio nei suoi confronti.
Insomma senza piangerci addosso credo che un reale e sano esame di coscienza
vada fatto e che ognuno si assuma le proprie responsabilità.
Ezio RINALDI
A proposito, Ezio, per quanto tempo ancora dobbiamo attendere la dichiarazione ufficiale della FIS sullo scarno bottino olimpionico?
RispondiEliminaNon è che se ne sono andati tutti al mare con la speranza che il tempo possa cancellare le cicatrici?
Mi auguro, almeno, che a nessuno venga in mente di dare la colpa alla zanzara Zika!
A. Fileccia