Per i Tecnici/maestri la soluzione
più logica sarebbe quella di sottoporli a regolare contratto di lavoro (per
questo basta rivolgersi ad un commercialista). Nel caso non si voglia porre in
essere un contratto il tecnico/maestro potrebbe aprirsi una partita IVA e
rilasciare regolare fattura. Il compenso per esso potrebbe essere scaglionato
un po’ come ad avanzamento dei lavori, cioè di tre mesi in tre mesi o
mensilmente, ma anche settimanalmente. Le soluzioni per trattenere un tecnico
si trovano sempre, sempre che ci sia la volontà di trovarle. Al momento la
professione di Maestro di scherma è stata riconosciuta a livello europeo ma non
è stato ancora approvato un contratto nazionale.
Per i cambi di società, le
“DISPOSIZIONI PER LO SVOLGIMENTO DELL’ATTIVITA AGONISTICA – ANNO 2023-2024”,
con l’articolo 17, disciplinano il passaggio di un atleta tra una società ed
un’altra. In esse si parla soltanto di agonismo e non di attività ludico
sportiva, quindi provo ad esplicitare il mio pensiero, sulla base delle
esperienze vissute.
In quasi tutte le famiglie italiane
si cerca di far fare sport ai propri figli, le ragioni sono diverse e non è ora
il caso di elencarle, quindi la maggior parte dei genitori-non tutti per
fortuna- scelgono lo sport, facendo credere ai ragazzi di essere loro ad indicare
quale vorrebbero praticare.
Nel caso della scherma il bimbo/a
viene accompagnato in una palestra, i genitori parlano con i dirigenti, più
spesso con il Maestro, e decidono un periodo di prova gratuito (lo si fa in
tutti gli sport). Dopo di che se al bimbo/a piace inizia il periodo di
insegnamento e si stabilisce la retta mensile, trimestrale o annuale: a seconda
del tipo di pagamento si possono ottenere degli sconti. Ora i genitori non
pensano minimamente ad una attività agonistica poiché ritengono che i propri
rampolli debbano giocare e socializzare con gli altri bambini. Pertanto, fin
qui si stabilisce un rapporto tra l’esercente ed il cliente, ovvero pago una
retta per avere un servizio.
Con il tempo i dirigenti del club,
più sovente il Maestro, dicono ai genitori che il loro figlio/a ha le qualità
necessarie per intraprendere una attività agonistica, ovvero misurarsi con gli
altri. E qui cambia tutto il discorso. A chi giova intraprendere l’attività
agonistica? Sicuramente alla società che oltre ad incassare una retta mensile, si
prende anche i punti che il piccolo, e dopo grande atleta, consegue con la sua partecipazione
alle gare. Punti che concorrono alla formazione di una graduatoria per club
(gran premio di società) con i quali si ottengono i contributi federali sulla
base della classifica finale conseguita.
Detta attività serve anche a
dimostrare il lavoro svolto sul territorio, locale e nazionale, in termini
sociali, per la quale è possibile chiedere contributi alle amministrazioni regionali,
provinciali e comunali. Detti contributi non sempre sono elargiti in denaro.
Infatti, sovente si tramutano in concessione di impianti con canoni calmierati
oppure sulle utenze: bollette per il gas, luce, riscaldamento, pulizie e
guardiania. Va detto che non tutte le amministrazioni si dimostrano sensibili
alle attività svolte dai club sportivi, a meno che non si tratti di calcio.
In tutto ciò l’atleta non
percepisce nulla. Con il tempo, e se egli ha raggiunto un eccellente livello,
può aspirare ad entrare in un centro sportivo di Forza Armata o Corpi armati
dello Stato e fare, quindi, una attività da atleta professionista. Su 20.000
iscritti alla FIS, di cui circa 8.000 agonisti, 350/400 circa riescono a far
parte dei centri sportivi con la divisa (bisogna superare un concorso per
titoli sportivi, oltre, naturalmente al titolo di studio).
A mio avviso i club, per l’attività
ludico sportiva, non dovrebbero avere alcun motivo per non concedere il nulla
osta al trasferimento del ragazzo/a (per me sarebbe sufficiente una
comunicazione scritta al club, nella quale si manifesta l’intenzione di
cambiare società).
Diversa la situazione per l’atleta
agonista, il quale, con la sua attività, svolta con il proprio portafoglio,
contribuisce notevolmente alla vita agonista e finanziaria del club di
appartenenza, conseguentemente se decidesse di cambiare società, i cui motivi
sono solo suoi, non dovrebbe versare alcun indennizzo al club cedente proprio
in virtù del fatto che ha continuato a versare la retta, pur svolgendo attività
agonistica. Se invece il Club avesse rinunciato alla retta il discorso cambia,
in questo caso sarebbe sufficiente prendere il 100% dei punti che l’atleta consegue
nel primo anno del nuovo tesseramento; 80% il secondo anno; il 50% il terzo
anno; il 25% il quarto anno. Dal quinto anno il punteggio dovrebbe andare
totalmente alla nuova società. Diverso ancora se la vecchia società non solo
avesse rinunciato alla retta ma avrebbe anche contribuito al sostegno
finanziario totale o parziale alle trasferte dell’atleta, allora avrebbe
diritto ad un risarcimento finanziario calcolato in base al valore dell’atleta
ed alla permanenza al vecchio club. In questo senso vi rimando ad un articolo
scritto in proposito dal Maestro SPERLINGA Gianni il 13 novembre 2020 da
titolo: “PROPOSTE DELLA METHODOS S.S.D.: i passaggi di società, pubblicato su questo blog. Non è esattamente il mio pensiero però ci si
avvicina moltissimo.
Al momento bisogna attenersi alla
citata normativa sull’attività agonistica per i cambi di società e comunque
sarebbe sempre auspicabile una separazione consensuale ed in amicizia.
Ezio RINALDI
Mi hanno immediatamente informato che non sia propriamente come da me enunciato sul vincolo dei Tecnici/Maestri, poiché diversi commercialisti e associazionisti, seguendo i dettami della riforma dello sport, entrata in vigore i 1° luglio ma già procrastinata al 31 dicembre, hanno elaborato un fac simile di contratto e sembra che nell'area tesseramenti sia pubblicato un modulo proposto dal dott. Annitto. Non sono potuto entrare nel nell'area poichè non sono fornito di credenziali. Prendo per buona l'informazione datami. A maggior ragione di quanto da scritto nell'articolo "Le soluzioni per trattenere un tecnico si trovano sempre, sempre che ci sia la volontà di trovarle." Pertanto, se vengono applicate le norme il tecnico/maestro un vincolo dovrebbe averlo.
RispondiEliminaÉ pervenuto un eccellente commento che non posso pubblicare perché anonimo.
RispondiEliminaCome a tutti noto, gli anonimi non trovano ospitalità sul blog. In questo caso faccio una eccezione poichè con l'autore del commento ci siamo sentiti telefonicamente in virtù soprattutto del fatto che su facebook avevo chiesto che si palesasse per dare maggior forza al suo scritto. Devo dire che l'autore non solo si è dichiarato al sottoscritto ma mi ha anche spiegato e pregato di capire le ragioni del suo anonimato. Pertanto avendo il suo recapito telefonico, peraltro ho scoperto che siamo amici su facebook, ho aderito alla sua richiesta e, conseguentemente pubblico il suo contributo. Mi è pervenuto un altro commento anonimo e dal momento che non si possono fare figli e figliastri, prego l'autore di palesarsi con il sottoscritto e con la stessa modalità pubblicherei il suo scritto.
RispondiElimina"La scherma non è uno sport ricco e, salvo il caso dei naturalmente pochissimi appartenenti ai gruppi militari, gli atleti e le loro famiglie pagano tutto. La retta alla società sportiva per la partecipazione ai corsi, il tesseramento, la quota sociale (ma senza diritto di voto), l'assicurazione, la retta per la preparazione atletica, l'attrezzatura, le trasferte per le gare in Italia e, dai cadetti in su, all'estero, le proprie spese per accompagnare i figli (aerei, alberghi, ecc.), le spese dei maestri che seguono gli atleti alle gare (con un contributo forfettario, ma anche a piè di lista per le gare all'estero), i camp estivi e invernali, la cena di Natale. Tutto! Così è per tutti (ad eccezione dei pochissimi convocati ad alcune, poche, gare e ai ritiri federali).
Se un atleta di 15 anni vuole cambiare società scopre che non è un suo diritto. Come in un sistema feudale, la società dove è tesserato ha dei diritti su di lui per i risultati che ha conseguito. Se vuole lo svincolo, o accetta di andare in una nuova società senza poter concorrere al suo punteggio (per due anni la vecchia società otterrà i punti che conquisterà con le sue gare pur seguito dai nuovi maestri) o dovrà pagare. Si perché lo svincolo dei punti futuri richiede il pagamento di un importo proporzionale ai risultati passati. Dovrebbe pagare la nuova società, ma come tutti sanno, sono le famiglie a pagare. L'atleta deve quindi "comprare" i punti che otterrà con i suoi meriti, seguito dai nuovi maestri, per poterli far avere (assieme ai contributi federali che ne derivano) alla società che lo assiste. Per essere a pieno titolo, al pari degli altri, nella nuova società deve pagare la vecchia società. Più è bravo e più deve pagare. Deve pagare per avere quello che conquisterà con i suoi meriti e assistito dai suoi maestri. Ma davvero nessuno si vergogna di questa cosa?
Il vincolo sportivo (si chiamava proprietà del "cartellino") è stato cancellato nel ricchissimo calcio dalla Corte Europea, ma sopravvive tra i poveri dilettanti della scherma.
A parte il fatto imbarazzante di far pagare ancora le famiglie (che solo a parole sono sempre lodate), che messaggio si trasmette ad un ragazzo che sacrifica il suo tempo libero di adolescente, si impegna senza sosta (chi ci è passato lo sa cosa serve per fare risultati) dicendogli che le sue conquiste future non sono sue o dei suoi maestri che a bordo pedana lo aiutano, sono del vecchio maestro che mantiene questo diritto feudale su di lui. E se li vuole, i suoi punti (perché, diciamolo, sono certamente suoi), li deve comprare.
In un bel film di Luis Buñuel, Il Fantasma della libertà, c'è un episodio dove le convenzioni sociali sono capovolte e ciò che è normalmente considerato accettabile diviene sconveniente e viceversa. Se decideranno di farne un sequel, credo avremo qui un buon argomento da proporre."
Leggendo questo commento, mi sono commossa perchè descrive perfettamente la nostra situazione. Ho una ragazza che, nonostante le batoste prese in pedana ( e ci stanno) ma soprattutto fuori ( quelle un pò meno), continua ad amare questo sport in modo incondizionato e a volte mi chiedo come faccia. Non posso che ammirare la sua passione e forza nel lottare contro i vari mulini a vento che incontra sul suo tragitto sportivo. Certo, magari ad una certa età dovrebbero non capitare, ma sono convinta che temprano nel lungo periodo. Da genitore però devo insegnargli ad esprimere il suo dissenso e a lottare contro le mere ingiustizie. Grazie infinite, bellissimo commento!
RispondiElimina