15 ottobre 2024

Hercule POIROT

Dietro il pingue, azzimato, preciso, raffinatissimo, fighettino belga Hércule Poirot, si nasconde un attentissimo e poco sospettabile detective, esatto contrario del precisino Sherlock, che invece si presta di più a essere sciupafemmine e avvezzo alle droghe.

Anche Poirot come il Tenente Colombo non dimostra a prima vista le doti di osservatore e investigatore che invece ha. Certo Agatha Christie lo fa arrivare nel mondo delle investigazioni con un pedigree di tutto rispetto, anche se nulla si sa circa il suo passato, e quella è la sua forza, cioè far credere che non sia capace di incastrare il colpevole.

Per Agatha che è la sua madre letteraria, è però un personaggio che non ha nulla di sexy, uno che non fa il piacione, né che si abbandona ai vizi, a parte quelli culinari. La giostra del belga ruota sempre a degli inglesi, i quali si indispongono sempre per quel suo accento francese.

Lo schema narrativo è sempre il medesimo, cercare l’errore che incastra il colpevole nelle infinitesime pieghe delle azioni dei protagonisti, mediante una infinita ed estenuante mole di domande e smorfie, perché alibi e movente devono combaciare in maniera perfetta, e infatti in “Assassinio sull’Orient express”, coincidono con precisione millimetrica su tutti i protagonisti.

In “Assassinio sul Nilo” invece il colpevole è così scontato che già dalle prime battute della storia si intuisce che era il meno probabile.

Già il meno probabile, e per incastrarlo mette insieme sempre la stessa manfrinetta, come dice più o meno Andrea Camilleri, nella quale all’ora di cena o a un’ora precisa, tutti si devono far trovare nella sala, o in un punto preciso della casa, per inscenare il tribunalino nel quale lui ricostruisce i fatti, gli alibi e i moventi smascherando l’assassino davanti a tutti, il quale cercherà di discolparsi, o ammetterà la colpa e a quel punto arriva il Bobby che gli mette i ferri ai polsi.

Magari fosse sempre così. Il più delle volte il colpevole rimane spergiuro e come dicono felicemente nelle carceri i detenuti: “siamo innocenti” assieme a un classico: “è tutta colpa dell’avvocato”.

Personalmente, il lezioso e acculturato Poirot, mi piace immaginarlo mentre perde le staffe, ma ovviamente a modo suo quando uno dei suoi colpevoli dice: “Sono tutte illazioni, fandonie, non riuscirà a dimostrare nulla!” Nello stile di Poirot è fondamentale che dica una delle sue frasette pescate nell’acido alveo della letteratura latina, magari una di Marziale, e dice senza sporcarsi troppo la bocca:

“Mentula cum doleat puero, tibi Naevole culus, non sum divinus, se scio quid facias”, che tradotto potrebbe suonare così: “Oh Nevolo, poiché al ragazzo fa male il c***o e a te il c**o, so bene cosa fai, senza ch’io sia un indovino.” che potrebbe voler dire che ogni causa ha i suoi effetti, e si capisce chi fa cosa, senza essere degli indovini.

Fabrizio ORSINI

12 ottobre 2024

Il Tenente Colombo

Peter Falk
Cari amici della scherma, comincia oggi la rubrica dedicata ai grandi investigatori del cinema e della TV, carente come è questo blog di alternative al tema schermistico. Mi preme infatti colmare in questo modo il vuoto di argomenti alternativi alla scherma, e che voglio intitolare “Il Bello del Giallo”.
La prima puntata è dedicata al Tenente Colombo.
Il Tenente Colombo è il personaggio ideato da due americani per una serie televisiva improntata sulle investigazioni di un tenente della polizia di Los Angeles. Lo spirito del personaggio è uno e uno solo, quello di individuare in modo implicito il colpevole del reato, che in genere è un omicidio, e martellarlo fino all’ultimo minuto della puntata televisiva.
L’aria sciatta, il toscano in bocca, il tranch stanco e la camicia ocra sotto l’abito sempre e soltanto marrone come la cravatta e la Peugeot 304, forse l’unica presente negli USA, i capelli spettinati, il volto rasato, ma che sembra incolto che gli dà un aspetto pari a quello di un gangstar ridicolo, accentuato da uno strabismo divergente e un sorrisetto sperduto nelle classiche situazioni in cui viene catapultato come se stesse facendo ben altro, hanno decretato un successo inaspettato nel mondo intero.
La forza di questo personaggio però sta nel fatto che un qualsiasi colpevole che se lo trovasse davanti, non immaginerebbe mai che dietro quell’aria goffa e trasandata, lo sguardo a prima vista davvero poco intelligente, si cela una mente arguta e un osservatore acutissimo. È per quello che pian piano, domanda dopo domanda, il colpevole cede, e spazientito ammette la sua colpa e viene arrestato.
E poi la moglie, che viene citata di continuo con frasi del tipo: “Ah mia moglie non sarà per nulla soddisfatta di questo”, oppure “Mia moglie sarà contentissima”, sono un ritornello in ogni puntata, pur non apparendo mai di persona.
Altre frasi celebri sono: “Ma c’è una cosa che mi tormenta”, assieme a “Ho tutti gli indizi in mano, ma non riesco a venirne a capo”, anche se la mia preferita è sempre stata: “Signor Franck, confessi subito, così ci risparmiamo un sacco di seccature tutti e due”, che fa il paio con un’altra “Lei mi aveva menato per il naso per tanto tempo che non ci capivo più niente, poi mi è venuta in mente una cosa…”, che sono  come dei cavalli di battaglia, dei momenti in cui anche lo spettatore, vedendo le ricostruzioni ottenute dai dialoghi, vorrebbe dire.
Già proprio questo è il succo, far confessare, far parlare, far dire al colpevole quello che si tiene dentro e che a causa delle circostanze, ma anche delle conseguenze non può dire, pena l’arresto.
“Ah dimenticavo…” altra frase iconica, che il Tenente Colombo diceva stando sulla soglia della porta, o appena girava le spalle alla telecamera, e che prendo in prestito per dire: non è che ci siano analogie da qualche parte in altri luoghi, cioè punti di contatto, casi particolari, persone e personaggi circostanze e coincidenze vero? Perché se ci fossero, sono da ritenersi puramente casuali.
Fabrizio Orsini
p.s. prossima puntata: Hercule Poirot

05 ottobre 2024

IL PROBABILE DEJA’ VU

Ho letto da qualche parte un pensiero che mi ha fatto riflettere e mi induce a scrivere qualcosa che potesse attirare o, quantomeno, incuriosire i frequentatori della “PIAZZA”.

Una volta se ne pronunciava sottovoce, come se fosse Voldemort, oppure non se ne poteva addirittura parlare, perché, se solo avessimo proferito il suo nome, apriti cielo: la giustizia divina si sarebbe messa in moto e sarebbe venuto giù il diluvio universale. Quel nome era famoso e tutti avevano oramai metabolizzato che il concetto del “rispetto” si confondeva con quello della “paura”.

Fino a tre quattro anni fa, questa sensazione di paura si toccava con mano, perché quando qualcuno aveva l’ardire di dissentire, quasi automaticamente, anche per piccole e misere faccenduole, si mettevano in moto alcune macchine, strutture e meccanismi vari; ciò è durato fino a quando qualcuno non ha iniziato a scalfire quel sistema, soprattutto ha cominciato a non avere paura, perché - come è noto - “la verità rende liberi”.

Occorre osservare e, conseguentemente, tenere bene a mente che nella scherma - specialmente nell’ultimo periodo - si è lavorato molto, anzi moltissimo, su l’anti-democratico concetto di controllare/frenare/contenere i riottosi: è come se solo adesso, dopo tanti anni bui, gli “anelli del potere” si fossero destati.

Forse, per via dei pochi numeri di trenta o quaranta anni fa - erano infatti pochi gli schermitori di allora, non così tanti come adesso - tutto era più gestibile e, forse, anche più autentico, fatte le debite eccezioni: poche le telefonate “amichevoli” e più lento l’approccio. Adesso, invece, è tutto molto più veloce, più frenetico, rapido: messaggi, mail, telefonate, audiomessaggi, articoli, lettere, notizie, screenshot, situazioni queste che portano inevitabilmente a contatti ma, soprattutto, ad un controllo più immediato, la tecnologia ha infatti accelerato tutto e siamo andati così avanti che il “non dire” è meglio di “sbandierare”.

Arriviamo quindi a noi: avete visto le ultime elezioni? Quelle dei Grandi elettori federali. Avrete di certo visto il risultato, ma scommetto che non vi siete accorti di nulla. È ovvio che non ci siate riusciti, perché dietro il “rinnovamento” tanto desiderato, c’è una regia esperta che sa come attivare i gangli del sistema e metterli in moto. Una regia sapiente che sa come contattare le persone, quelle che contano, che sa utilizzare le risorse a disposizione, denaro e mezzi, tanto da produrre un programma elettorale e fare un sito web semplice e accattivante e delle videointerviste efficaci, realizzate in modo professionale.

Vi dico che non vi siete accorti di qualcosa di grande, di enorme. Eppure era davanti ai vostri occhi.

Vi hanno fatto credere che “loro sono avanti”? Invece hanno saputo reperire risorse economiche, necessarie al raggiungimento della meta.

Sembra una banalità ma dovrebbe preoccuparvi e il motivo è semplice, perché quel professionismo elettorale, quella sapienza capace, che ha una rubrica piena di numeri di telefono di gente che conta, che sa come far girare certe notizie e sfruttare appieno il potere che ogni soggetto porta con sé, è frutto di una esperienza sul campo. Una esperienza che nessuno può vantare, tanto meno giovani virgulti che certamente sono in gamba ma devono essere guidati e il regista ha pensato anche a questo: da qui la preoccupazione.

Se penso solo a quanto fu difficile trovare persone da inserire nella squadra, non per una ma per ben tre tornate elettorali, mi basterebbe guardare le camicie che ho sudato assieme a quelle di chi mi accompagnò in tutti e tre i progetti per capire l’enorme sforzo prodotto.

Nulla di tutto questo è accaduto al competitor dell’attuale vertice federale, il quale ha saputo trovare il tempo per cercare, convincere e poi realizzare una campagna elettorale ampiamente sponsorizzata sui social, il tutto mentre svolgeva regolarmente la sua professione ed altri incarichi che richiedono applicazione costante. Certamente un impegno da superman, oppure è stato aiutato in maniera consistente da una sapiente regia di “menti raffinatissime”, per usare un’espressione presa in prestito da un grande Siciliano (Giovanni Falcone) e che, sia detto senza offesa - ci tengo infatti a precisare, a scanso di equivoci e di fuorvianti e malevoli interpretazioni - non riguarda il contesto e l’ambiente in cui l’illustre autore ebbe a pronunciarla, ma è da me ripresa soltanto per ribadire il concetto di una abile ed esperta conduzione della macchina elettorale che inevitabilmente riporta alla presenza di talune eminenze grigie, che molti credevano non più esistere.

Che dire poi dei candidati “grandi elettori”, cioè di quei tanti nomi blasonati, proposti agli elettori, tutti orbitanti nel giro delle nazionali?

E’ vero o no che, al di là delle legittime e giuste aspettative di ciascuno di loro, sembra che essi siano scesi in campo per contrastare quella Federazione che li ha sempre curati, aiutati e difesi?.

E’ di tutta evidenza che quel regista, quella “mente raffinatissima”, ha fatto credere che in seno alla Federscherma di Azzi, il mite, il gentile, l’accomodante, il quasi timido, ma laborioso, Azzi, ci fosse una rivoluzione, a causa di un malessere destabilizzante che in realtà non c’è affatto. La sagace e capace mano ha fatto in modo e maniera che nessuno si fosse accorto di ciò che stava accadendo, e qui sta la magia che ha saputo creare: complimenti!

Un tempo, quel nome, forse non ve lo ricordate, non potevamo pronunciarlo, perché anche i muri avevano le orecchie. E adesso sta ritornando. Non ve ne siete accorti? Mi sa che nessuno se n’è accorto, e forse per questo nessuno ne parla. E poi perché se ne dovrebbe parlare, visto che tutti si sono premurati di dire che non c’entra nulla?

Certo, se chiedeste se dietro il tanto sbandierato rinnovamento ci fosse l’innominabile regista, tanti vi risponderebbero negativamente; però, le tenebre stanno per calare ed il buio avvolgerà tutti in una cecità totale, tanto da non poter scorgere la sapiente mano che gestirà la federazione.

Assistiamo al funzionamento di una macchina eccellente che vede un sito web di livello elevato, l’AI nella grafica e ben tre pullman carichi di atleti, per far votare il maggior numero di persone durante la gara di qualificazione nel Lazio. Ecco perché ritengo che la sapiente regia è condotta da persona estremamente esperta, il quale sa benissimo come si vincono le elezioni e che ovviamente non ci sta a perdere per nemmeno un voto, perché dietro lo sbandieramento del tanto decantato rinnovamento ci sono le aspirazioni (potere?) per il raggiungimento di ingiustificate posizioni all’interno del futuro assetto federale.

I tre anni di Azzi, sono stati densi di significato e solo appena sufficienti per cominciare il cambiamento, che ci dovrà essere ma dovrà avere una direzione ben diversa da quella di chi si propone come alternativa, la quale se vincerà, sarà improntata su un déjà vu che francamente non ho voglia di rivivere.

Ezio RINALDI