Gli
ultimi eventi politici, specialmente quelli avvenuti dal 4/3/18 a tutt'oggi,
hanno dimostrato che ci sono le persone
per bene -
e sono tante - che si recano alle urne
e votano.
Essi
lo fanno perché, nonostante le delusioni
e
le disillusioni,
ciascuno ha bisogno di credere, sempre, in un cambiamento
in positivo:
e allora, vanno e votano, esprimendo la loro preferenza,
secondo coscienza, dando fiducia alla persona, o a quella parte politica, che
più ha saputo essere vicina a quel determinato "sentire" o è stata più capace a
smuovere l'empatia
dell'elettore.
Dopo,
uscite dal seggio, queste persone attendono fiduciose che il cambiamento
si realizzi.
Ma
poi si aprono le urne
e, finito il "teatrino
pre-elettorale",
si apre quello "post
elettorale",
dove, mentre gli elettori, ciascuno in proprio, continuano le proprie vite e
attendono l'avverarsi della promessa
di cambiamento,
gli eletti si trasfigurano
e iniziano una triste e squallida lotta
di potere
per il potere,
continuando, successivamente, a produrre ogni sforzo solo e soltanto per il
mantenimento dello stesso (cosa ancora più triste e squallida), senza occuparsi
o preoccuparsi minimamente di lavorare, operare e adoperarsi nell'attuazione del
tanto decantato cambiamento, strombazzato a viva voce in sede pre-elettorale, e
provocando così un pericoloso ed ineluttabile precipitare in una situazione di
stallo.
Il
perché di questo mutamento/trasfigurazione è assolutamente chiaro, limpido,
lampante e manifesto: loro, gli eletti, il cambiamento che volevano lo hanno già
ottenuto.
E
lo stallo
si tramuta, miseramente, in una "stalla".
Meditate,
gente, meditate.
Cordialmente
Gaspare
Fardella
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