Panorama della città di WUXI |
Si
sono conclusi i Mondiali cinesi di Wuxi, e l’Italia ha chiuso con un
bottino di 7 medaglie: 4 ori, 2 argenti
e 1 bronzo. Malgrado il -2 rispetto alla spedizione tedesca a Lipsia di un
anno fa, l’ulteriore allargamento della platea delle Nazionali da medaglia (14
in questa edizione) ci permette di concludere in testa al medagliere. In questo
senso si direbbe certamente un Mondiale dagli aspetti positivi, tuttavia la
nostra riflessione vuole andare oltre. La competizione cinese ci dice che il
fioretto rimane l’arma di punta della nostra scherma (5 metalli, circa il
71,428% del monte complessivo), seguito a distanza dalla sciabola (circa
14,285%) e la spada (circa 14,285%).
Se
proprio si vuole puntare l’occhio sui medaglieri azzurri, un’analisi
disaggregata dei medaglieri europei e mondiali dal 2005 (anno di inizio della
Presidenza Scarso) a oggi, peraltro, suggerisce riflessioni più ampie e abbastanza lontane dai trionfalismi veri o
esibiti da parte dello staff federale e rilanciati da diversi organi
d’informazione. Su 84 medaglie
complessive, infatti, ben 53 vengono dal
fioretto, 18 dalla sciabola e 13 dalla spada, ricalcando in proporzione i
risultati cinesi. Il tema che si pone, ormai da anni in termini di lavoro
federale, rimanda a due aspetti di fondo: avviare
una rotazione più incisiva degli atleti in gara, così da incoraggiare
quelli oggi in seconda fila a sfruttare le occasioni di scalzare chi sta
davanti, senza dover aspettare che si liberi un posto. Il caso della sciabola
maschile è abbastanza emblematico in questo senso, ma il discorso vale in
genere per tutte e tre le armi. E ancora un
coinvolgimento maggiore del vivaio in ottica Nazionale maggiore, e non solo
in chiave di strategie promozionali peraltro di dubbia efficacia: il progetto 3R (Rimini-Roma-Rio)
si può dire sia infatti fallito miseramente, mentre della Generazione 2024 sembra scomparsa dai radar in coincidenza con il
ritiro della candidatura di Roma a ospitare l’Olimpiade.
Ritornando
a Wuxi, nel FIORETTO solo la
sconfitta, una sorpresa più per proporzioni e andamento che per qualità
complessiva espressa in pedana dalle due formazioni, del quartetto femminile (Volpi, Errigo, Mancini, Cini) nella
finale per l’oro a squadre contro gli Stati Uniti ha impedito un poker di
medaglie d’oro costruito dalle due vittorie all’individuale (Alice Volpi e Alessio Foconi, entrambi al primo oro iridato in carriera,
complimenti!) e dalla vittoria a squadre al maschile (Garozzo, Foconi, Avola, Cassarà). Se Alice Volpi completa
finalmente un percorso di consacrazione al vertice della specialità iniziato
con la vittoria nel Trofeo INALPI di
Torino nel 2015 e proseguito fino all’argento mondiale di un anno fa a Lipsia,
Alessio Foconi riscatta il meritato premio a un’ottima stagione e più in
generale a una carriera fatta di grandi sacrifici e di scelte spesso
controcorrente e con pochi adagi, a partire dalla scelta di mantenere Terni
come sua sede di allenamenti. Il bronzo di Arianna Errigo ha invece almeno due
ombre: la sconfitta, netta (15-2), in semifinale contro la pur ottima francese
Thibus, e la scelta (confermata) di proseguire sulla strada della doppia arma
(fioretto e sciabola) in ottica Tokyo 2020: come già scritto, da parte nostra confermiamo
l’impressione che si tratti di una scelta poco comprensibile oltreché poco
compatibile con le esigenze e il dispendio fisico della scherma odierna. Quanto
ad alcune uscite del CT Cipressa, affermare ad esempio che il fioretto italiano
potrebbe essere gestito anche da un salumiere, con tutto il rispetto per
quest’ultimo, non è una bestemmia poiché da che si ricordi vinceva Attilio FINI (non era neanche maestro),
ha vinto Michele LEONARDI (Maestro),
ha vinto Andrea MAGRO (maestro), ha
vinto Titta Coletti, ha vinto Stefano CERIONI e ora vince Andrea CIPRESSA. Il filo conduttore è
che in quest’arma siamo tuttora i più forti del pianeta e non tanto perché ci
sia una strategia federale, ma perché siamo
fiorettisti nel sangue, abbiamo i migliori maestri al mondo, i quali
lavorano in sala con i loro allievi, sputando sangue sulla pedana.
Per
la SPADA, ad eccezione della
medaglia d’oro con cui Mara Navarria
ha potuto mettere la maiuscola, a 33 anni, a una carriera già notevole (è solo
la terza spadista azzurra a riuscirci), il bilancio non può dirsi positivo. La spada vive di sussulti, ha sempre vissuto
così, però oggi abbiamo un CT che quando vince si sente il più bravo di tutti,
ma quando perde pare dissolversi. L’unica medaglia vinta nella spada è
figlia della determinazione, volontà e sacrificio di un’atleta trentatreenne
che ha iniziato la stagione a proprie spese (evidentemente il CT l’aveva
scaricata…) con un impegno tale da portarla al primo posto del ranking mondiale
prima della Cina. L’atleta in argomento, forse non ha mai avuto dal commissario
d’arma la considerazione che merita ed a tal proposito vale la pena ricordare
che nel 2003, sempre con CUOMO Ct, fece quasi tutto il circuito della Coppa del
mondo Giovani a proprie spese, vincendola, eppure non venne convocata per i
Mondiali. In tutte le dichiarazioni rilasciate
dalla ragazza, sia sui giornali che sui social ringrazia tutti tranne la
Federazione, il CT ed il suo staff: a
noi pare un chiaro messaggio, e chi vuol intendere intenda. Qualcuno si è
poi posto il problema della gestione di Rossella FIAMINGO? Un’atleta piena di talento, già oggi una delle più forti
spadiste della storia, ma qui una domanda è d’obbligo: come mai questa ragazza
nei momenti importanti non ha il suo maestro – Gianni SPERLINGA – al suo fianco? Perché non viene convocato?
All’Olimpiade di Rio, pur dalla tribuna ma era almeno presente ed ha
potuto fornire il suo contributo, tanto che l’atleta conseguì una splendida
medaglia d’argento. Cosa ci sia sotto è
un mistero, che però viene pagato a caro prezzo. Non addentriamoci poi in
quella maschile, che ha un preparatore mentale nel dr. Luigi MAZZONE e, al di
là di Paolo PIZZO, peraltro portato ai mondiali senza adeguata preparazione ma
in cui almeno gli si è lasciata la possibilità di difendere il titolo, gli altri come mai hanno bucato la gara,
sia nell’individuale che a squadre? Al netto delle imprevedibilità connesse
all’arma, i risultati delle due prove a squadre sono stati nettamente sotto
alle attese, e specialmente il nono posto delle ragazze conferma una crisi di
risultati e, forse, di struttura stessa del quartetto emersa già con la mancata
qualificazione all’ultima Olimpiade e a cui neppure gli ultimi interventi del
Ct (Clerici per Santuccio) sembrano nei fatti aver posto alcun rimedio.
La SCIABOLA prosegue il trend degli ultimi
anni, fra luci e ombre. Il quartetto maschile (Curatoli, Samele, Berrè, Montano) conquista un argento che conferma
la qualità complessiva di una squadra che può puntare sempre al podio ma che
dovrebbe porsi comunque il tema di iniziare un processo più incisivo di
rinnovamento e inserimento di nuove forze. A livello femminile incide in
negativo il non aver approfittato, in ottica podio, di una prova individuale
che ha regalato molte più sorprese del previsto, mentre il quarto posto nella
prova a squadre toglie eccessivamente merito al nostro quartetto (Gregorio,
Vecchi, Gulotta, Criscio) che difendeva il titolo conquistato a Lipsia un anno
fa, ma va comunque dato merito per un ottimo assalto in semifinale contro la
Russia, perduto solo all’ultima stoccata, che conferma tutte le potenzialità di
un gruppo sempre in grado di lottare almeno per il podio e con la possibilità
di raggiungere la piena maturità in coincidenza con il prossimo biennio
olimpico.