ACCADEMIA NAZIONALE DI SCHERMA
ENTE MORALE FONDATO IN NAPOLI 1861
Gentilissimi,
Le fantasiose (e tendenziose) letture che sono
state date della sentenza del Consiglio di Stato (CdS), deliberata il
28.11.2019 (n. 02993/2019), che ha definitivamente chiuso la controversia tra
l’Accademia Nazionale di Scherma (ANS) e la FIS rendono necessaria, a quanto
pare, una “spiegazione” (ulteriore?) del contenuto della decisione.
Trattandosi di una sentenza di appello, essa va,
innanzitutto, letta con riferimento alla sentenza di primo grado (TAR Lazio),
sentenza che, è il caso di chiarirlo subito, è stata integralmente confermata.
Invero la FIS, soccombente in primo grado, aveva
impugnato la sentenza del TAR innanzi al CdS, chiedendone la riforma. Il
rigetto dell’appello comporta allora il “consolidamento” della decisione di
primo grado e quindi: a) annullamento del bando di esami FIS e di tutti gli
atti conseguenti b) in particolare annullamento degli esami per tecnici di secondo
e terzo grado, c) risarcimento del danno cagionato dalla FIS all’ANS. Quegli
esami, quindi, non hanno alcuna validità giuridica, quei titoli sono “inutili”,
quelle persone che sono state esaminate non possono veder sanata (ad opera
della FIS) la loro posizione. Essi non sono tecnici e, a maggior ragione, non
sono né istruttori, né maestri.
Fatta questa premessa, la sentenza può essere
analizzata nel dettaglio.
Il CdS respinge la censura relativa al difetto di
giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di un capo della sentenza
di primo grado non esplicitamente (e non argomentatamente) impugnato.
Il CdS condivide quanto scrive il TAR in relazione
alla non sussistenza della c.d. pregiudiziale sportiva, rilevando che, da un
lato, l’ANS è ente autonomo e distinto rispetto alla FIS (cfr. punto 2.2. pag.
7, punto 3.4 pag. 17), L’ANS non può ritenersi in nessun senso affiliata alla
FIS (punti 2.6 e 2.,7 pag. 10). Il fatto che l’ANS sia membro d’onore della FIS
non comporta alcun rapporto organico tra i due enti. La istituzione del CONI
nel 1942 e la conseguente “nascita” del diritto sportivo non hanno comportato
alcuna capitis deminutio dell’ANS (testuale) che preesiste tanto al CONI,
quanto alla stessa FIS (pag. 16).
Il fatto che nello statuto FIS (quello all’epoca in
vigore) fosse scritto che la FIS approva lo statuto ANS è una mera conseguenza
del “riconoscimento”operato dalla federazione. Riconoscimento che, ovviamente,
ha mero valore ricognitivo (come la parola stessa indica!) in quanto l’ANS (pre-)esiste
in virtù del R.D. del 1880, che ha natura indubitabilmente normativa e forza di
legge.
Nessuna norma ha tolto all’ANS (e attribuito alla
FIS) la competenza per il rilascio dei titoli professionali (punto 3.4, pag.
16). La FIS potrebbe essere competente per i “titoli sportivi”, che tuttavia
non possono essere quelli di “tecnico”, dal momento che il TAR (confermato dal
CdS) ha annullato i relativi esami, evidentemente considerando che chiamare
tecnico di secondo livello un istruttore nazionale e tecnico di terzo livello
un maestro è un trucchetto puerile che non può ingannare nessuno e – meno che
mai – il giudice amministrativo.
Nessun rilievo può avere la istituzione, a seguito
di un’intesa all’epoca vigente, della c.d. scuola magistrale, atteso che il
presupposto è, appunto, la potestà dell’ANS di rilasciare i diplomi
professionali (punto 3.5, pag. 17).
Oltre al RD dal 1880, la legittimazione dell’ANS
discende anche dalla consuetudine (che in diritto amministrativo ha valore di
fonte), per altro, ultracentenaria; conseguentemente il riconoscimento
prefettizio “è solo una dimostrazione della sua perdurante esistenza” (pag.
18).
La normativa europea è invocata a sproposito dalla
FIS, in quanto essa attribuisce al CONI la sola competenza a riconoscere i titoli
professionali rilasciati negli altri paesi comunitari (non a rilasciare,
quindi, direttamente o per delega, i “titoli nazionali”). Tali ultimi titoli,
anzi, in virtù del DCPM 5.4.2016 “Piano nazionale di riforma delle
professioni”, emanato in applicazione di due direttive europee (2005/36/CE e
2013/55/UE, quest’ultima recepita nel Decreto legislativo 15/2016), sono di
esclusiva competenza dell’ANS. Viene infatti riportato alla lettera nella
sentenza del CdS, il passaggio più significativo del “piano” (sempre pag. 18):
“per diventare maestro di scherma professionista, quale maestro d’armi di cui
al D.Lgs CPS 708/1947, la normativa italiana prevede che il candidato …. superi
l’esame abilitativo presso l’Accademia Nazionale di Scherma di Napoli”. Né può sostenersi
che quelli diplomati dalla FIS erano maestri …. dilettanti, altrimenti il TAR
non avrebbe annullato gli esami (e il CdS non avrebbe confermato
l’annullamento).
Infine, viene confermata la illegittimità della
“modifica operata dalla federazione del proprio regolamento attuativo dello
SNaQ che ha escluso l’Accademia dal rilascio dei titoli abilitativi dei tecnici
di scherma” (pag. 19).
Un lettore di media
attenzione/preparazione/intelligenza non dovrebbe avere dubbi. E tuttavia gli
esegeti FIS ritengono (o fingono di ritenere) che un passaggio motivazionale a
pag. 16 disegnerebbe una sorta di competenza concorrente della FIS in tema di
rilascio titoli. La frase è la seguente: “… la locuzione individua un campo di
operatività contiguo ma non coincidente con la competenza in parola; non si
ravvisa quindi nemmeno la sovrapposizione da cui deriverebbe l’asserita
incompatibilità”. Orbene: la “locuzione” sono i famosi titoli sportivi (allo
stato inesistenti, ma che certamente non sono “i tecnici”, per quanto chiarito
prima). La frase, letta isolatamente dal contesto, sta a significare che ANS e
FIS sono indipendenti l’una dall’altra.
Il che, ormai, è innegabile. Ciò non vuol dire che abbiano competenza
concorrente nel rilascio dei titoli professionali (istruttori, maestri o …
tecnici), altrimenti – lo ripeto sino alla noia – il giudice amministrativo non
avrebbe annullato gli esami “abusivi” della FIS. La frase, viceversa, va letta
nel contesto dell’intera sentenza: era la FIS che sosteneva che l’ANS fosse “dipendente”
(cfr. i punti 2.2. pag. 7, e 3.4 pag. 17, sopra indicati). Ebbene: il TAR,
prima, il CdS, dopo, dimostrano il contrario, cioè che essa non riceve la sua
legittimazione dalla FIS (né dal CONI). È operazione scorrettissima dal punto
di vista esegetico leggere un brano di una sentenza (ma anche di una legge)
come se fosse avulso dal resto. Lo dicevano anche gli antichi: incivile est,
nisi tota sententia inspecta, de aliqua parte judicare. La motivazione, per
altro, ha la funzione di giustificare/spiegare il dispositivo, cioè la
decisione concreta assunta dal giudice e dunque va letta unitamente ad esso.
Se poi si volesse ulteriore conferma di ciò che già
appare chiarissimo, basterebbe leggere le ultime righe della sentenza del CdS,
dove si occupa del risarcimento dei danni, ribadendo che esiste il rapporto di
causa ed effetto tra “la condotta illegittima degli organi federali” (testuale)
e la lesione provocata, anche sul piano economico, all’ANS (pag. 19-20).
Conclusioni: a) l’ANS è per legge dello Stato
autorizzata al rilascio dei titoli di istruttore e maestro di scherma, b) la
FIS non può ignorare le prerogative dell’ANS (né le ignorava in passato, tanto
è vero che, prima del 2011, questa era la dizione che si leggeva nello statuto
federale), c) la FIS non può diplomare autonomamente i suoi “tecnici”, d)
l’ultima modifica dello statuto, almeno nella parte in cui esclude l’ANS, è
contraria alla legge e, pertanto, lo statuto va modificato sul punto, e) se la
FIS perseverasse nella sua condotta, vi sarebbe violazione del giudicato (art.
21 septies della legge n. 241/1990) e, conseguentemente, tutti gli atti
compiuti sarebbero nulli, né sarebbe esclusa responsabilità penale per chi si
rendesse responsabile di tali violazioni e forse anche quella disciplinare ai
sensi del diritto sportivo, tanto invocato dai tifosi della federazione.
Il vice
Presidente
Dott. Maurizio Fumo