Non abbiamo ancora capito che se
alla FIS piaccia o no la riforma dello sport, e precisamente tutte quelle leggi
e norme che regolano la riforma della professione (maestri/allenatori ecc...)
che il governo ha prodotto in questi anni, anche grazie alla sottosegretaria
dello sport, on. Valentina Vezzali.
Con la nuova riforma i maestri di scherma smettono di essere dei dilettanti o dopolavoristi, come abbiamo detto tante volte e diventano professionisti. Il tutto si evince dal fatto che dovranno pagarsi la retta previdenziale, e fatturare i loro introiti, in quanto la vecchia legge che consentiva di guadagnare esentasse fino a 10.000€ l’anno, decadrà dal luglio 2023. (In realtà decadeva dal 1° gennaio di questo anno, ma il governo ha pensato bene di far finire la vecchia stagione sportiva in gloria e dare il tempo alle ASD di sistemarsi a dovere).
Ora non si discute né dei grandi sport, come calcio, basket e volley, né di tennis o nuoto che sono gli sport che piacciono tanto allo Stato, alle politiche statali, e ai media, (basti vedere quanti campi e impianti natatori esistono in queste discipline, talvolta senza che vi siano nemmeno associazioni che le usino). Dicevamo che non si discute di questi sport che sono un grande motore anche economico, in quanto tutti assieme raggiungono e superano il milione di atleti, fra agonisti e non. Si discute invece della scherma, che è lo sport che ci interessa e ci chiediamo a gran voce come ne uscirà da questa riforma.
In sintesi i maestri potranno diventare liberi professionisti, aprendo partita IVA, oppure essere assunti come dipendenti dalla associazione di riferimento, infine lavorare con contratti part-time. Da anni si parlava della riforma della professione, di contratti e di previdenza sociale e infortuni nel settore sportivo dilettantistico, ma in alcun modo si è mai presa in mano la questione nemmeno per capirci qualcosa. Dicevo infatti che si parlava, in quanto nessuno infatti ha mai né gridato, né sbattuto il pugno sul tavolo per tutelare i maestri, nonostante sia in aumento il numero di quelli che stanno diventando operatori del settore a tempo pieno.
Ora, va detto, che con la riforma le ASD dovranno in tutti i modi darsi da fare, non solo per mettere in regola i loro maestri/istruttori, ma anche mettere a bilancio un aumento consistente pro/capite di spese. La burocrazia aumenterà e anche di conseguenza i controlli.
Nel 2023 ce lo aspettavamo, e forse era anche ora, se non fosse che lo sport italiano è più o meno un settore agonizzante. L’ipertrofia del calcio, unita alla crescita spontanea in altri sport che negli ultimi due decenni si è avuta e che ha visto anche la redazione di statistiche spesso fine a sé stesse, con leggi che non rispecchiano l’andamento sociale (cioè la riforma di cui stiamo parlando), ma che aiutano solo la ragioneria e i conti dello Stato, vedono i piccoli sport parificati in tutto e per tutto ai grandi che fino a oggi sono stati visti come “gli unici, veri, meritevoli” sport praticati dagli italiani. Tutto sbagliato, ovviamente. In questo clima di innovazione (se così la possiamo mettere) viene da chiedersi chi fossero i rappresentanti dello sport in generale, quando si sono seduti al tavolo delle trattative. Vogliamo mettere sullo stesso piano sport che hanno 5-10.000 iscritti con quelli che ne hanno 100.000? Vogliamo parificare Federazioni le cui ASD lavorano al 100% in impianti costruiti dallo Stato per il puro piacere di avere lo stadio, o la piscina, o i campi da tennis, o la pista da atletica, contro quelli che si devono arrangiare in palestre scolastiche e che anche per questo motivo, hanno un numero esiguo di praticanti?
Quel “todos caballeros” che ora vede un allenatore di calcio uguagliato al maestro di scherma, fa piuttosto ridere, non perché uno sia più dell’altro, ma perché le prospettive di lavoro e di azione dell’uno e dell’altro sono completamente impari, non paragonabili. La riforma che si capisce bene è una riforma più economica che sociale, ha dei bonus, (i maestri sono finalmente riconosciuti come dei professionisti!), ma si fonda su dei malus (i costi saranno sostenibili dai maestri stessi e dalle ASD, costi sia detto importanti, se il numero di maestri in palestra aumenta) e che la scherma non pensiamo riuscirà a risolvere schioccando le dita.
Voglio farla breve, così ci capiamo senza girare troppo attorno al problema. Dalla prossima stagione sportiva, le nostre ASD dovranno aumentare le spese per i loro maestri del 30%, soldi che andranno a confluire nelle tasse governative e nella cassa previdenziale per dare ai maestri una pensione alla fine della carriera, tenendo conto che è una professione altamente logorante nel fisico.
Chi sosterrà questi costi saranno le ASD che faranno ricadere i costi sugli atleti e le famiglie e lo sport diventerà sempre di più (e questo lo dico in generale) come una attività impegnativa dal punto di vista economico. Darà di certo dei benefici, ma sarà molto costoso per le famiglie. Per poter ammortizzare il costo dei maestri prodotto dalla riforma, i numeri in palestra dovranno aumentare considerevolmente, ma aumentando gli atleti, aumenteranno anche i maestri, producendo una catena, o un meccanismo di aumento e ridimensionamento dei costi, che è prevedibile più in alto che non in basso.
A questo punto la FIS. Se per la nuova riforma servirà un aumento di atleti, e quindi nuovi maestri, viene da chiedersi quali saranno le politiche della Federazione in tal senso?
1) I maestri. Parrebbe già risolta la questione. Da anni la FIS ha avocato a sé la formazione e la titolazione dei maestri e non sto a dire altro, visto che la faccenda è complessa e dolorosa a vari livelli. Resta il fatto che mi sembra di capire che il numero di maestri diplomati in un anno, non sia in crescita, ma resti più o meno lo stesso di quando l’ente che rilasciava i diplomi era solo uno, cioè l’Accademia Nazionale di Scherma. Zero crescita, zero vantaggi. E di quelli che si diplomano, chi va veramente in palestra a insegnare?
2) Gli atleti. Non mi pare che vi sia una politica federale tesa a far aumentare gli atleti. Non vi è stato infatti un abbassamento dei costi di iscrizione e tesseramento. Nemmeno il favorire la pratica a livello amatoriale con gare classificate dal livello di bravura, cosa che aiuterebbe a far diminuire il cosiddetto drop-out schermistico, cioè l’abbandono dello sport che nel nostro caso, per moltissimi motivi è molto ampio. Nessun circuito virtuoso di allenamento e condivisione della pratica sportiva è stato creato, (mentre è stato ideato un nuovo Dispositivo per gli allenamenti e gare di spada del 4 gennaio u.s.), mentre si segnala di contro un focus esagerato sulle gare ad alta prestazione. Poca se non pochissima pubblicità a vario livello, tranne l’essere riusciti a far entrare i maestri nelle scuole e negli oratori e per questo a retribuirli, il tutto avvenuto in maniera finalmente sistematica, cosa che ci fa plaudire la FIS e ben sperare per il futuro!
3) Gli spazi. Una percentuale di società sportive lavora ancora nelle palestre scolastiche e per questo, quotidianamente monta e smonta le apparecchiature. Trasporta sempre armi e bagagli e in taluni casi lavora su più palestre tanto che il maestro è costretto a trasformare la propria macchina nell’elemento decisivo per poter fare lo sport che tanto ama. Ecco, con questa premessa non mi pare che vi siano programmi federali inerenti alla sensibilizzazione delle amministrazioni dello Stato per investire nel nostro sport. Anzi, mi sento dire (da medici e insegnanti scolastici per fare degli esempi) che per crescere umanamente e socialmente bisogna fare sport di gruppo e non individuali, un segno che in molte sacche sociali (specie quelle importanti) la scherma è ancora uno sport del tutto sconosciuto e molto ancorato ai luoghi comuni.
Tutto ciò detto, voglio trarre alcune considerazioni.
Se con la riforma dello sport i maestri dovranno costare molto alle ASD, e comunque più di prima, i numeri dovranno aumentare, oppure far crescere le rette procapite per atleta. Ma l’aumento degli atleti comporta anche la necessità impellente di avere uno spazio adeguato, tenendo presente che il costo degli immobili, in Italia come altrove, non è mai basso. Certo se le amministrazioni quando progettano una palestra scolastica ascoltassero le necessità dei loro cittadini e delle associazioni sportive, tutto sarebbe più facile, ma si sa, la politica in Italia più che unire, divide.
Però la Federazione, conoscendo i propri iscritti, e tramite loro potrebbe cominciare a dialogare con le amministrazioni. Potrebbe mettere da parte le correnti politiche interne e guardare al bene collettivo di questo sport. Potrebbe farlo per lo meno temporaneamente, in quanto le dinamiche elettorali e programmatiche e lo scontro tra gruppi che la pensano in maniera diversa, credo che non generino solo attriti, ma siano soprattutto di stimolo alla riflessione e alla crescita globale.
Con la nuova riforma i maestri di scherma smettono di essere dei dilettanti o dopolavoristi, come abbiamo detto tante volte e diventano professionisti. Il tutto si evince dal fatto che dovranno pagarsi la retta previdenziale, e fatturare i loro introiti, in quanto la vecchia legge che consentiva di guadagnare esentasse fino a 10.000€ l’anno, decadrà dal luglio 2023. (In realtà decadeva dal 1° gennaio di questo anno, ma il governo ha pensato bene di far finire la vecchia stagione sportiva in gloria e dare il tempo alle ASD di sistemarsi a dovere).
Ora non si discute né dei grandi sport, come calcio, basket e volley, né di tennis o nuoto che sono gli sport che piacciono tanto allo Stato, alle politiche statali, e ai media, (basti vedere quanti campi e impianti natatori esistono in queste discipline, talvolta senza che vi siano nemmeno associazioni che le usino). Dicevamo che non si discute di questi sport che sono un grande motore anche economico, in quanto tutti assieme raggiungono e superano il milione di atleti, fra agonisti e non. Si discute invece della scherma, che è lo sport che ci interessa e ci chiediamo a gran voce come ne uscirà da questa riforma.
In sintesi i maestri potranno diventare liberi professionisti, aprendo partita IVA, oppure essere assunti come dipendenti dalla associazione di riferimento, infine lavorare con contratti part-time. Da anni si parlava della riforma della professione, di contratti e di previdenza sociale e infortuni nel settore sportivo dilettantistico, ma in alcun modo si è mai presa in mano la questione nemmeno per capirci qualcosa. Dicevo infatti che si parlava, in quanto nessuno infatti ha mai né gridato, né sbattuto il pugno sul tavolo per tutelare i maestri, nonostante sia in aumento il numero di quelli che stanno diventando operatori del settore a tempo pieno.
Ora, va detto, che con la riforma le ASD dovranno in tutti i modi darsi da fare, non solo per mettere in regola i loro maestri/istruttori, ma anche mettere a bilancio un aumento consistente pro/capite di spese. La burocrazia aumenterà e anche di conseguenza i controlli.
Nel 2023 ce lo aspettavamo, e forse era anche ora, se non fosse che lo sport italiano è più o meno un settore agonizzante. L’ipertrofia del calcio, unita alla crescita spontanea in altri sport che negli ultimi due decenni si è avuta e che ha visto anche la redazione di statistiche spesso fine a sé stesse, con leggi che non rispecchiano l’andamento sociale (cioè la riforma di cui stiamo parlando), ma che aiutano solo la ragioneria e i conti dello Stato, vedono i piccoli sport parificati in tutto e per tutto ai grandi che fino a oggi sono stati visti come “gli unici, veri, meritevoli” sport praticati dagli italiani. Tutto sbagliato, ovviamente. In questo clima di innovazione (se così la possiamo mettere) viene da chiedersi chi fossero i rappresentanti dello sport in generale, quando si sono seduti al tavolo delle trattative. Vogliamo mettere sullo stesso piano sport che hanno 5-10.000 iscritti con quelli che ne hanno 100.000? Vogliamo parificare Federazioni le cui ASD lavorano al 100% in impianti costruiti dallo Stato per il puro piacere di avere lo stadio, o la piscina, o i campi da tennis, o la pista da atletica, contro quelli che si devono arrangiare in palestre scolastiche e che anche per questo motivo, hanno un numero esiguo di praticanti?
Quel “todos caballeros” che ora vede un allenatore di calcio uguagliato al maestro di scherma, fa piuttosto ridere, non perché uno sia più dell’altro, ma perché le prospettive di lavoro e di azione dell’uno e dell’altro sono completamente impari, non paragonabili. La riforma che si capisce bene è una riforma più economica che sociale, ha dei bonus, (i maestri sono finalmente riconosciuti come dei professionisti!), ma si fonda su dei malus (i costi saranno sostenibili dai maestri stessi e dalle ASD, costi sia detto importanti, se il numero di maestri in palestra aumenta) e che la scherma non pensiamo riuscirà a risolvere schioccando le dita.
Voglio farla breve, così ci capiamo senza girare troppo attorno al problema. Dalla prossima stagione sportiva, le nostre ASD dovranno aumentare le spese per i loro maestri del 30%, soldi che andranno a confluire nelle tasse governative e nella cassa previdenziale per dare ai maestri una pensione alla fine della carriera, tenendo conto che è una professione altamente logorante nel fisico.
Chi sosterrà questi costi saranno le ASD che faranno ricadere i costi sugli atleti e le famiglie e lo sport diventerà sempre di più (e questo lo dico in generale) come una attività impegnativa dal punto di vista economico. Darà di certo dei benefici, ma sarà molto costoso per le famiglie. Per poter ammortizzare il costo dei maestri prodotto dalla riforma, i numeri in palestra dovranno aumentare considerevolmente, ma aumentando gli atleti, aumenteranno anche i maestri, producendo una catena, o un meccanismo di aumento e ridimensionamento dei costi, che è prevedibile più in alto che non in basso.
A questo punto la FIS. Se per la nuova riforma servirà un aumento di atleti, e quindi nuovi maestri, viene da chiedersi quali saranno le politiche della Federazione in tal senso?
1) I maestri. Parrebbe già risolta la questione. Da anni la FIS ha avocato a sé la formazione e la titolazione dei maestri e non sto a dire altro, visto che la faccenda è complessa e dolorosa a vari livelli. Resta il fatto che mi sembra di capire che il numero di maestri diplomati in un anno, non sia in crescita, ma resti più o meno lo stesso di quando l’ente che rilasciava i diplomi era solo uno, cioè l’Accademia Nazionale di Scherma. Zero crescita, zero vantaggi. E di quelli che si diplomano, chi va veramente in palestra a insegnare?
2) Gli atleti. Non mi pare che vi sia una politica federale tesa a far aumentare gli atleti. Non vi è stato infatti un abbassamento dei costi di iscrizione e tesseramento. Nemmeno il favorire la pratica a livello amatoriale con gare classificate dal livello di bravura, cosa che aiuterebbe a far diminuire il cosiddetto drop-out schermistico, cioè l’abbandono dello sport che nel nostro caso, per moltissimi motivi è molto ampio. Nessun circuito virtuoso di allenamento e condivisione della pratica sportiva è stato creato, (mentre è stato ideato un nuovo Dispositivo per gli allenamenti e gare di spada del 4 gennaio u.s.), mentre si segnala di contro un focus esagerato sulle gare ad alta prestazione. Poca se non pochissima pubblicità a vario livello, tranne l’essere riusciti a far entrare i maestri nelle scuole e negli oratori e per questo a retribuirli, il tutto avvenuto in maniera finalmente sistematica, cosa che ci fa plaudire la FIS e ben sperare per il futuro!
3) Gli spazi. Una percentuale di società sportive lavora ancora nelle palestre scolastiche e per questo, quotidianamente monta e smonta le apparecchiature. Trasporta sempre armi e bagagli e in taluni casi lavora su più palestre tanto che il maestro è costretto a trasformare la propria macchina nell’elemento decisivo per poter fare lo sport che tanto ama. Ecco, con questa premessa non mi pare che vi siano programmi federali inerenti alla sensibilizzazione delle amministrazioni dello Stato per investire nel nostro sport. Anzi, mi sento dire (da medici e insegnanti scolastici per fare degli esempi) che per crescere umanamente e socialmente bisogna fare sport di gruppo e non individuali, un segno che in molte sacche sociali (specie quelle importanti) la scherma è ancora uno sport del tutto sconosciuto e molto ancorato ai luoghi comuni.
Tutto ciò detto, voglio trarre alcune considerazioni.
Se con la riforma dello sport i maestri dovranno costare molto alle ASD, e comunque più di prima, i numeri dovranno aumentare, oppure far crescere le rette procapite per atleta. Ma l’aumento degli atleti comporta anche la necessità impellente di avere uno spazio adeguato, tenendo presente che il costo degli immobili, in Italia come altrove, non è mai basso. Certo se le amministrazioni quando progettano una palestra scolastica ascoltassero le necessità dei loro cittadini e delle associazioni sportive, tutto sarebbe più facile, ma si sa, la politica in Italia più che unire, divide.
Però la Federazione, conoscendo i propri iscritti, e tramite loro potrebbe cominciare a dialogare con le amministrazioni. Potrebbe mettere da parte le correnti politiche interne e guardare al bene collettivo di questo sport. Potrebbe farlo per lo meno temporaneamente, in quanto le dinamiche elettorali e programmatiche e lo scontro tra gruppi che la pensano in maniera diversa, credo che non generino solo attriti, ma siano soprattutto di stimolo alla riflessione e alla crescita globale.
Fabrizio ORSINI
La conoscenza della base e dei problemi legati alla diffusione della scherma e della cultura sportiva non sono, e non possono essere, al centro dell'attenzione delle "piccole ma supermedagliate" Federazioni, compresa la FIS. I vertici si vantano delle medaglie vinte, dimenticando che i giovani talenti italiani crescono e diventano campioni grazie ai gruppi sportivi delle forze armate che li sostengono economicamente e con staff di eccellenza. Due allenamenti al giorno, attrezzature gratis, trasferte pagate, stipendio mensile. I ragazzi delle altre nazioni si allenano nelle stesse condizioni? Il lavoro dei Maestri di "periferia" è funzionale solo all'individuazione dei talenti, il resto lo fanno i gruppi sportivi. Andate a dare uno sguardo alle classifiche Assoluti. Concentrare le risorse e le energie disponibili sulle eccellenze ha portato la FIS a raccogliere grandi risultati. Perchè occuparsi della base? Le piccole associazioni dilettantistiche se la prendano nel ....!!!
RispondiEliminaLe riforme (tutte), se sono serie, prevedono benefici futuri a scapito di costi presenti. Evitare di calcolare e dichiarare i costi è un errore che genera un vuoto dove si inseriscono tutti gli avversari. Maurizio Casasco Federazione Medico Sportiva : “Il testo unico per la riforma dello sport è irricevibile e inaccettabile..” Su Repubblica del 19 Settembre Fulvio Bianchi “Qualche Presidente di Federazione vorrebbe scendere in piazza oppure scioperare”. Personalmente spero che la riforma vada avanti ma prevedo lo stesso epilogo delle concessioni pubbliche balneari.
RispondiEliminaDa alcuni commenti, non pubblicabili poiché anonimi, sono emerse alcune considerazioni meritevoli di attenzione. Da essi emerge una assoluta non condivisione della riforma poichè i maestri/tecnici con qualche anno sulle spalle difficilmente potrebbero avere dei contributi versati che garantirebbero loro una minima pensione, pertanto questi versamenti finirebbero allo Stato senza che gli interessati potessero fruire di un minimo di beneficio. Insomma sembra proprio che la riforma non tenga conto di un pregresso e non è nemmeno detto che i giovani possano essere avvantaggiati. L’unico rilievo positivo è che detti tecnici/maestri si vedrebbero riconosciuti la qualifica di “professionisti”. Spero di essere riuscito a sintetizzare il pensiero degli autori dei commenti anonimi.
RispondiEliminaA nome dl Dr. FUMO posto il suo pensiero sulla riforma dello sport: "La riforma del c.d. lavoro sportivo era attesa da tempo ed era, a mio parere, inevitabile. Essa vuole porre fine alla ipocrisia dei finti dilettanti (che sono dei veri professionisti). Persone che passano l'intera giornata in sala di scherma e che vivono solo (o prevalentemente) dei proventi di questo "lavoro" hanno diritto a essere considerati professionisti e dunque a non ad essere sfruttati e sottopagati, non avendo, per altro, adeguate coperture sanitarie, assistenziali ecc. Non è necessario scomodare la Costituzione per affermare ciò, basta l'equità e la comune ragionevolezza. D'altra parte esistono sentenze di giudici del lavoro che certamente hanno orientato il legislatore.
RispondiEliminaTutto ciò premesso, io credo che si offra alla FIS e all'Accademia Nazionale di Scherma la possibilità di superare la (ormai annosa) contrapposizione. Se i maestri sono dei professionisti, devono avere un titolo professionale "vero" e non un (discutibile) diplomino "a uso interno" come quello rilasciato dalla FIS (che, sia detto per inciso, espone i "diplomati" e chi ha conferito il relativo "titolo" anche a responsabilità di natura penale).
Si trovi, infine, una composizione di questa incomprensibile querelle, magari sulla base del famoso accordo a suo tempo firmato dai presidenti dei due enti e poi (pochi giorni dopo) ripudiato dalla FIS (e dal suo stesso presidente che l'aveva sottoscritto).
Perseverare non ha senso.
FUMO Maurizio"
Sull’Accademia Nazionale di Scherma tanto è stato scritto, detto e discusso. Aggiungere altro non serve a niente e se qualcuno vuole interagire per avere qualche risposta lo faccia rivolgendosi ai dirigenti dell’Ente napoletano, magari al Dr. FUMO. Non ho amici anonimi: i miei si firmano e se necessario mi mandano a quel paese senza paura, guardandomi negli occhi. I commenti che mi sono pervenuti non meritano di essere trattati ovvero in essi non vi sono particolari rilevanti tanto da essere da me approfonditi. Per ultimo, invito caldamente a leggere lo statuto dell’Accademia, la sua genesi e la sua attualità, ciò fatto credo si possano trovare tutte le risposte desiderate.
RispondiEliminaA prescindere dalla riforma non si può ignorare che tra dicembre 2021 ed inizio gennaio 2022 la Corte di Cassazione ha emanato una serie di sentenze sul lavoro sportivo dilettantistico che sostengono che in presenza di una attività sportiva dilettantistica svolta a titolo oneroso, con continuità ed in maniera professionale, i compensi sportivi dilettantistici di cui all’articolo 67, comma 1, lettera m), Tuir non possano essere riconosciuti.
RispondiEliminaQuindi chi ha come lavoro principale quello sportivo non può utilizzare i benefici del cosiddetto dilettantismo.
Fabrizio Polidoro
Dottore Commercialista