Come è noto, le Olimpiadi segnano la fine di un quadriennio e,
conseguentemente, conducono tutto il mondo sportivo a quel momento
“democratico” del rinnovo delle cariche federali.
E’ altrettanto noto che, tra i due momenti, si sviluppa, con più o meno vigore, e procede, con più o meno vitalità, la campagna elettorale, fatta di: programmi (solo verbali, tanto che poi restano – chissà perché – tutti inattuati), proclami e promesse (di cui, però, ne vengono realizzati solo pochi e per pochi), bilanci (in termini sia economici, che di “medagliere”) e resoconti (aventi, questi, una connotazione esclusivamente politica).
E’ su quest’ultimo aspetto che mi vorrei soffermare, perché è risaputo che l’unico vero argomento di discussione, con cui chi sta all’opposizione (o si candida in contrapposizione) può sperare di mettere in difficoltà l’avversario, che in quel momento detiene il potere, è rimproverargli di aver posto in essere una azione di governo senza costrutto, priva di senso, mancante di alcuna previsione di crescita futura, ma soprattutto di non aver lasciato nessun segno del suo passaggio e della sua presenza: in poche parole, è facile attaccare la più alta responsabilità politica affermando che la sua conduzione, e quindi la sua Presidenza, sia stata “ANONIMA”.
Ed è proprio questo ciò che sta accadendo: taluni (e fra questi anche qualche ex amico dell’attuale Presidente) disapprovano l’azione di Paolo AZZI, definendola appunto come ANONIMA, per nulla incisiva e quasi inesistente.
Tale definizione, a mio sommesso avviso, è assolutamente errata, sbagliata ed ingiusta, nonché da ritenere alla stregua di un mero flatus vocis, perché è di tutta evidenza che il termine è usato non solo impropriamente, ma addirittura in modo del tutto erroneo e fuori luogo, tanto da far, da un lato, emergere la completa irricorrenza di siffatta ipotesi e, dall’altro, risaltare la totale debolezza ed irrilevanza della critica mossa.
Forse chi ha usato tale colorita (ma poco, per lui, fortunata) espressione, probabilmente intendeva riferirsi ad una presunta mancanza di carisma nella figura del Presidente in carica, che avrebbe guidato la Federazione, in ogni circostanza e per ogni occasione, “giocando a nascondino”, senza mai aver acceso su di sé i riflettori per rimarcare la sua presenza, diversamente dal suo predecessore, sempre (forse troppo) presente e mai assente.
In buona sostanza, chi si spinge a definire la Presidenza AZZI “anonima”, non solo commette un grave errore lessicale, ma per di più mostra di non conoscere l’uomo, che ha volutamente scelto di dirigere/presiedere la FIS delegando, senza apparire direttamente, né mostrarsi ad ogni piè sospinto, ritenendo – in parole semplici ed elementari - che non c’è bisogno di far capire a tutti chi comanda.
Infatti, se chi è al vertice giudica che il team con cui sta
lavorando è autonomo, competente ed affidabile, è senz’altro più appropriato,
appagante e gratificante (soprattutto per i collaboratori) dirigere delegando,
lasciando che i membri del team si assumano la responsabilità delle proprie
azioni: questo approccio non può che favorire lo sviluppo di competenze e la
reciproca e vicendevole fiducia tra i membri del team, aiutandoli a crescere e
migliorare nel tempo.
Inoltre, tale pratica lavorativa è certamente più democratica
e rappresenta una forma di leadership più inclusiva e partecipativa, perché, in
questo modo, si permette agli altri membri del team – come si è sopra
anticipato - di assumersi responsabilità e di contribuire attivamente alle
decisioni e ai processi decisionali, in un favorevole clima collaborativo, con pieno senso di coinvolgimento da parte di tutti i membri della squadra, che
possono così portare una maggiore diversità di idee e prospettive e contribuire
ad una migliore qualità delle adottande decisioni; in definitiva, dirigere
delegando può portare a una maggiore efficienza e ad un clima lavorativo più
positivo e stimolante.
Mentre, dirigere in prima persona e direttamente, senza delegare alcuno, oltre ad essere – per me – sinonimo di autoritarismo, è senz'altro una forma antidemocratica di accentramento del potere e di controllo dei collaboratori, delle masse e dell'elettorato; inoltre, può portare a decisioni unilaterali, a mancanza di trasparenza e a una limitata partecipazione e rappresentanza delle varie voci all'interno di un gruppo o di una comunità.
La condivisione del potere è fondamentale per una democrazia sana e inclusiva, in cui le decisioni vengono prese in modo partecipativo, rispettando i diritti e le opinioni di tutti i membri della società.
È importante quindi trovare un equilibrio tra la leadership e la partecipazione collettiva che valorizzi le competenze e le idee di tutti i membri del team, favorisca la collaborazione e la comunicazione aperta, facilitando l’adozione di un clima di fiducia reciproca, a garanzia della pluralità delle voci che partecipano al processo decisionale, essendo risaputo che la delega di responsabilità ed il coinvolgimento di altri nella presa di decisioni non solo favorisce il senso di appartenenza, ma permette di sfruttare al meglio le competenze e le risorse dell’intero gruppo.
In conclusione, è importante ridimensionare l'ego personale e promuovere un approccio collaborativo e partecipativo, che favorisca la crescita e il benessere di tutti i soggetti coinvolti.
Questo è stato attuato e posto in essere nel passato quadriennio; non riconoscerlo o, addirittura, negarlo equivale ad essere in assoluta mala fede.
Meditate gente, meditate.
Cordialmente,
Gaspare FARDELLA
E’ altrettanto noto che, tra i due momenti, si sviluppa, con più o meno vigore, e procede, con più o meno vitalità, la campagna elettorale, fatta di: programmi (solo verbali, tanto che poi restano – chissà perché – tutti inattuati), proclami e promesse (di cui, però, ne vengono realizzati solo pochi e per pochi), bilanci (in termini sia economici, che di “medagliere”) e resoconti (aventi, questi, una connotazione esclusivamente politica).
E’ su quest’ultimo aspetto che mi vorrei soffermare, perché è risaputo che l’unico vero argomento di discussione, con cui chi sta all’opposizione (o si candida in contrapposizione) può sperare di mettere in difficoltà l’avversario, che in quel momento detiene il potere, è rimproverargli di aver posto in essere una azione di governo senza costrutto, priva di senso, mancante di alcuna previsione di crescita futura, ma soprattutto di non aver lasciato nessun segno del suo passaggio e della sua presenza: in poche parole, è facile attaccare la più alta responsabilità politica affermando che la sua conduzione, e quindi la sua Presidenza, sia stata “ANONIMA”.
Ed è proprio questo ciò che sta accadendo: taluni (e fra questi anche qualche ex amico dell’attuale Presidente) disapprovano l’azione di Paolo AZZI, definendola appunto come ANONIMA, per nulla incisiva e quasi inesistente.
Tale definizione, a mio sommesso avviso, è assolutamente errata, sbagliata ed ingiusta, nonché da ritenere alla stregua di un mero flatus vocis, perché è di tutta evidenza che il termine è usato non solo impropriamente, ma addirittura in modo del tutto erroneo e fuori luogo, tanto da far, da un lato, emergere la completa irricorrenza di siffatta ipotesi e, dall’altro, risaltare la totale debolezza ed irrilevanza della critica mossa.
Forse chi ha usato tale colorita (ma poco, per lui, fortunata) espressione, probabilmente intendeva riferirsi ad una presunta mancanza di carisma nella figura del Presidente in carica, che avrebbe guidato la Federazione, in ogni circostanza e per ogni occasione, “giocando a nascondino”, senza mai aver acceso su di sé i riflettori per rimarcare la sua presenza, diversamente dal suo predecessore, sempre (forse troppo) presente e mai assente.
In buona sostanza, chi si spinge a definire la Presidenza AZZI “anonima”, non solo commette un grave errore lessicale, ma per di più mostra di non conoscere l’uomo, che ha volutamente scelto di dirigere/presiedere la FIS delegando, senza apparire direttamente, né mostrarsi ad ogni piè sospinto, ritenendo – in parole semplici ed elementari - che non c’è bisogno di far capire a tutti chi comanda.
Mentre, dirigere in prima persona e direttamente, senza delegare alcuno, oltre ad essere – per me – sinonimo di autoritarismo, è senz'altro una forma antidemocratica di accentramento del potere e di controllo dei collaboratori, delle masse e dell'elettorato; inoltre, può portare a decisioni unilaterali, a mancanza di trasparenza e a una limitata partecipazione e rappresentanza delle varie voci all'interno di un gruppo o di una comunità.
La condivisione del potere è fondamentale per una democrazia sana e inclusiva, in cui le decisioni vengono prese in modo partecipativo, rispettando i diritti e le opinioni di tutti i membri della società.
È importante quindi trovare un equilibrio tra la leadership e la partecipazione collettiva che valorizzi le competenze e le idee di tutti i membri del team, favorisca la collaborazione e la comunicazione aperta, facilitando l’adozione di un clima di fiducia reciproca, a garanzia della pluralità delle voci che partecipano al processo decisionale, essendo risaputo che la delega di responsabilità ed il coinvolgimento di altri nella presa di decisioni non solo favorisce il senso di appartenenza, ma permette di sfruttare al meglio le competenze e le risorse dell’intero gruppo.
In conclusione, è importante ridimensionare l'ego personale e promuovere un approccio collaborativo e partecipativo, che favorisca la crescita e il benessere di tutti i soggetti coinvolti.
Questo è stato attuato e posto in essere nel passato quadriennio; non riconoscerlo o, addirittura, negarlo equivale ad essere in assoluta mala fede.
Meditate gente, meditate.
Cordialmente,
Gaspare FARDELLA
Caro Gaspare, qunado mi hai inviato l'articolo ne stavo scrivendo uno sullo stesso argomento. Letto il tuo mi sono fermato perchè meglio di me hai saputo esprimere un concetto fondamentale sulla figura del Presidente e del suo agire. Anche io, in passato, mi sono lasciato andare a considerazioni, come tu affermi, non rispondenti alla realtà. Con il tempo ho rivisto il mio pensiero sulla persona ed oggi sono completamente d'accordo con te.
RispondiEliminaQuesto nostro comune sentire è forse dovuto al fatto che entrambi siamo stati Vice-Presidenti, anche se qualcuno, in termini di "etichetta" sportiva, ha sempre mostrato (fintamente) di dimenticare.
EliminaTi lascio, al grido che inneggia alla Santuzza, perché oggi (15/7/24) si festeggia la Patrona della città: Viva Palermo e Santa Rosalia.
Gaspare.
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RispondiEliminaSono costretto a rimuovere il post di Gregorio, poiché da più approfondite indagini risulta essere un anonimo.
RispondiEliminaSe mi permetti, caro Ezio, vorrei suggerire a qualcuno la lettura del libro "Quando il passato non vuole passare", di Piero Badaloni.
RispondiEliminaCordialmente.
Gaspare Fardella.