Nelle gare individuali di scherma due atleti hanno suscitato la mia ammirazione, non che non l’avessi per tutti gli altri ma questi due di cui sto per parlarvi meritano una citazione particolare.
Luigi SAMELE |
Luigi SAMELE lo dovremo chiamare LG37, o forse è
meglio LG4? 37 sono gli anni, mentre 4 le medaglie olimpiche, delle quali due
consecutive nell'individuale che per un italiano nella sciabola non era ancora
successo.
Ora, dopo Riva nel calcio e Villoresi nell'automobilismo, anche la scherma ha
il suo Gigi nazionale. Quando 37 anni sembrano essere la fine di una carriera
sportiva, la scherma è pronta a smentire gli stereotipi, e non è una cosa da
poco.
Splendido il cammino fino al
podio, venato di amara crudeltà, quando lo abbiamo visto fronteggiare e battere
Luca Curatoli, per entrare in semifinale.
Traslucida invece la prova di
campioni blasonatissimi e superfavoriti come Szilagy e Badzaze, a vantaggio dei
quali sono emersi, negli altri rami del tabellone, i nordafricani Ferjani ed
ElSissy, seguito da Amer.
Il Gigi nazionale, invece è stato l'unico europeo a tenere duro di fronte al
coreano Oh, che è storicamente la sua bestia nera, e all'egiziano,
portabandiera di un continente che anno dopo anno sta crescendo in questo
sport, assieme al Giappone che è tra le rivelazioni di Parigi 2024.
Il cammino fino alla fine di
questa olimpiade è però ancora lungo, e proprio come ha fatto il nostro Gigi,
dobbiamo tenere duro fino alla fine e crederci il più possibile.
BRAVO GIGI, il tuo modo di essere
va oltre ogni immaginazione: un esempio di atleta e di uomo. Tutto il mondo
della scherma italiana ti abbraccia e ti ringrazia.
Filippo Macchi |
Oggi (29.07.24) il fioretto ha dato il meglio di sé. In un panorama che ha innalzato il livello globale in quest'arma, oggi, più che nel fioretto femminile, abbiamo assistito a un visibile peggioramento degli arbitraggi.
Ricostruzioni dubbie, continui ritorni ai monitor grandi solo pochi pollici, e forse con risoluzioni appena sufficienti per veramente riuscire a distinguere nel dettaglio chi para e chi batte il ferro, ma anche atteggiamenti talvolta sufficienti, uno stile che è stato visto ampiamente e che ha regalato a Cheung un primato che avevano rincorso per decine di anni Romankov, Numa, Cerioni, Garozzo, ma che avevano raggiunto solo Nedo Nadi e Christian D'Oriola, ovvero due ori olimpici nel fioretto individuale.
Eppure Filippo Macchi non ha sbagliato nulla, anzi sulla terz'ultima stoccata si è visto bene che Cheung attaccava con il ferro, senza peraltro trovarlo e pur toccando veniva toccato a sua volta dall'italiano. L'arbitro di Taipei, capitale di Taiwan, non ha sempre mostrato perfetta lucidità durante lo svolgimento, al punto che anche in un'altra occasione, quando Macchi ha chiesto il video, l'arbitro è andato al tavolo e dopo una rapida (e non dico altro) occhiata ha confermato la stoccata per Cheung. Identica sorte per la penultima stoccata, che però a onor del vero era chiaramente tempo comune, non chiara invece l'ultima stoccata, che mostrava davvero una parata di Macchi, confondibile ben poco con una battuta di Cheung, ma forse nel "destino", così siamo costretti a chiamarlo, era scritto che un asiatico doveva arrivare dove dei geni del fioretto provavano da soli 68 anni a conseguire il prestigioso traguardo, tanto infatti distanzia Melbourne da Parigi.
È stata di certo una finale della vergogna, che merita di essere coperta dall'argento splendido di Filippo, che saprà di certo trovare il modo di riscattarsi, assieme a Tommaso Marini, sulla cui prestazione si sono spese parole di uguale dubbio arbitrale.
Pur in presenza
di uno stato d’animo non certo felice (è un eufemismo) Filippo, a soli 22 anni
ha saputo dare una lezione di stile, di sportività e di classe. Il nonno, il
grande Carlo MACCHI, da lassù avrà guardato con fierezza ed orgoglio il
nipotino che stava dominando il mondo, perché per noi lo ha dominato. Ci ha fatto
palpitare ed emozionale ma la cosa che lo rende un grande l’ha fatta dopo la
premiazione. La foto unita all’articolo ci dice tutto. Grazie Filippo, grazie
davvero.
Fabrizio Orsini
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