20 agosto 2025

Il MONDIALE DELL’EX PRESIDENTE ED OGGI COMPONENTE DEL CONSIGLIO DELLA FIE Paolo AZZI: grandi premi e Russi e Bielorussi riammessi nelle gare a squadre

Paolo AZZI
Intervista a cura di Fabrizio ORSINI

Di ritorno da Tiblisi, in veste di Consigliere FIE, abbiamo intervistato Paolo Azzi.

Buongiorno Paolo, come è andato questo mondiale?

Nel complesso bene: il medagliere ci consolida sempre ai vertici della scherma mondiale per cui, al di là di alcune medaglie mancate, ritengo che nell’insieme sia andato bene. Poi, naturalmente, le valutazioni tecniche vanno fatte arma per arma, gara per gara.

Che clima c’era a Tiblisi dal punto di vista federale internazionale?

La lettera aperta della Confederazione europea di scherma che si lamentava per l’ammissione degli atleti AIN anche nelle prove a squadre (peraltro già avvenuta in occasione degli ultimi mondiali giovani) ha inizialmente fatto partire il tutto con un po’ di polemica. Il Presidente ad interim della FIE Abdelmonaim el Hussein non ha preso la cosa di petto, perché ha voluto approfondire scegliendo il dialogo, piuttosto che lo scontro. Ne è nato quindi un dibattito, che poi è sfociato in una seconda lettera della Confederazione europea in cui si ricalibravano gli intenti e i toni. La strada della moderazione e del dialogo è sempre vincente e mi auguro che questo percorso, appena iniziato, possa proseguire. 

In molti parlano degli atleti russi, che hanno finalmente partecipato a un Campionato mondiale, vorresti aggiungere qualcosa dal tuo osservatorio?

Russi e Bielorussi sono già rientrati da tempo nel circuito delle gare di Coppa del mondo; il problema si poneva per la riammissione, ovviamente sotto bandiera FIE, delle squadre, soprattutto in vista dell’Olimpiade di Los Angeles del 2028. Personalmente, pur consapevole che la decisione di riammettere le squadre non è stata apprezzata dal CIO, la ritengo tuttavia ragionevole anche per fare in modo di ricostituire, sin dall’inizio del quadriennio olimpico, un ranking corrispondente ai reali valori tecnici in vista della qualifica per i Giochi di Los Angeles 2028: tutti noi sappiamo quanto, nella scherma olimpica, la qualifica a squadre sia determinante anche ai fini della composizione dei tabelloni delle prove individuali. La questione era già stata ampiamente dibattuta in ambito FIE e in qualche modo anche definita.

Alla fine senza di loro forse alcune medaglie sarebbero state messe al collo di altri atleti.

Kirill Borodachev era già ampiamente conosciuto e accreditato, invece la Egorian, che aveva smesso circa sei anni fa, è arrivata dritta all’oro. Ci ha sorpresi, forse ha tirato con meno pressione rispetto ad altre e questo l’ha avvantaggiata; la sua, comunque, resta una grande impresa sportiva.

Degli italiani cosa vorresti dire?

Il discorso sarebbe lungo, visto che, per forza di cose, tutti gli atleti che si sono cimentati provengono dalla precedente gestione federale che io stesso presiedevo; questo vale, in particolare, per gli esordienti, tra i quali emergono Cristino e Galassi, che hanno disputato un mondiale da protagonisti.

A questo proposito, ci tengo a dire che mi ha fatto particolarmente piacere rivedere Matteo Neri impegnato a questi livelli, dopo due anni durissimi per lui.

Detto questo, la vittoria degli sciabolatori, tornati all’oro dopo dieci anni, è molto importante e poco conta che sia stata “agevolata” dalla precoce eliminazione di squadre che partivano con i favori del pronostico: le occasioni vanno sfruttate e i ragazzi hanno legittimato il titolo con una prestazione molto convincente nella finale contro l’Ungheria (che, per parte sua, ha schierato una strana formazione, rinunciando all’apporto di Szatmari).

Bello anche l’oro dei fiorettisti, che hanno riscattato una prova individuale al di sotto delle aspettative. Una vittoria importante, perché i nostri atleti sono riusciti a ottenerla pur non esprimendo, Bianchi a parte, la loro scherma migliore.

Per il resto, si è trattato del primo mondiale del quadriennio, e, come ho detto, le valutazioni tecniche è bene che vengano fatte, a mente fredda, nelle sedi opportune: la strada per Los Angeles è lunga e la concorrenza numerosa e agguerrita.

In questa edizione abbiamo visto anche la consegna dei premi in denaro, cosa ci puoi dire?

È una novità che la FIE ha voluto introdurre da quest’anno, stanziando risorse ed elargendole ai primi tre classificati individuali e a squadre.

Sapevo che erano stati dati anche in edizioni passate, non è così?

Si, in passato erano stati assegnati dei premi in denaro, ma si trattava di somme elargite direttamente da Alisher Usmanov, attraverso la sua fondazione. Questa volta è diverso. I premi sono stati messi in palio direttamente dalla FIE con risorse proprie.

E continuerete?

Per quanto riguarda i Campionati mondiali ritengo di sì, non per la Coppa del mondo.

E per le gare Continentali?

È una decisione che spetta alle singole Confederazioni. Per ora non credo ne daranno.

Si sta profilando uno scenario simile a quello del tennis.

Il paragone col tennis viene spontaneo, ma, come sappiamo bene, si tratta di due realtà assolutamente non paragonabili dal punto di vista economico.  Forse fra alcuni decenni si potrà dire di aver costruito un modello nostro, sulla falsariga di quello, ma per ora è una cosa molto lontana.

Abbiamo visto un calendario strano, con giorni vuoti rispetto alle edizioni passate.

Un esperimento non riuscito: l’intenzione era quella di concentrare i tempi di permanenza delle singole specialità, sul modello di quanto avviene al mondiale cadetti e giovani. A livello giovanile, però, le gare si svolgono in un solo giorno, mentre a livello senior i giorni di gara sono due e questo, inevitabilmente, crea delle sovrapposizioni poco sensate. Risultato: la soluzione adottata ha ricevuto molte critiche e spero vivamente che verrà abbandonata per le future edizioni.

Puoi dirci qualcosa di più in merito al mondiale?

Avrei molte cose da dire, come per esempio sui regolamenti. Si tratta di un capitolo importante.

Faccio due esempi: il primo riguarda la comprensibilità del nostro sport per il grande pubblico. E’ chiaro che il problema riguarda in prevalenza le armi convenzionali, ma mentre la sciabola ha dalla sua la velocità delle azioni che la rende comunque spettacolare, il fioretto, anche a causa degli attuali criteri di applicazione del regolamento, rischia di offrire allo spettatore profano uno spettacolo noioso oltreché incomprensibile.

Il secondo riguarda la sicurezza: mi riferisco in particolare all’eccessiva tolleranza, da parte degli arbitri, dei contatti fisici violenti, che si verificano ormai con una certa frequenza sia per la prestanza fisica degli atleti, sia per l’importanza che lo scambio ravvicinato riveste nella scherma moderna. L’anno scorso abbiamo registrato un caso di lussazione della mandibola; a Tbilisi un atleta di alto livello è finito in terapia intensiva per un forte trauma. Credo che sia giunto il momento di intervenire con misure appropriate volte a prevenire il ripetersi di situazioni simili, se non addirittura peggiori.

Vedo che hai molto lavoro da fare in FIE

Dopo Los Angeles il programma olimpico verrà ridiscusso e la scherma, a mio giudizio, dovrà farsi trovare pronta, come già fu capace di fare prima dei giochi di Pechino. La globalizzazione del nostro sport è un fatto di grande importanza, ma non basta; lo stesso dicasi per la tradizione: nuovi sport più telegenici e seducenti si affacciano ogni giorno e reclamano spazio. La scherma dovrà mostrarsi in grado di raccogliere la sfida e di rinnovarsi pur senza rinnegare la sua tradizione.

Di questi temi si parlerà alla conferenza dal titolo “Sviluppo globale della Scherma nel mondo: problemi, soluzioni e innovazione” in programma a Tashkent il prossimo 30 agosto. Sarà l’occasione, spero, per avviare tutti insieme una seria riflessione sul futuro del nostro sport.

Spero quindi tramite te, di poter seguire di più le attività della Federazione internazionale, a vantaggio di tutta la scherma italiana e non solo.

Grazie vi terrò aggiornati.


14 agosto 2025

12 agosto 2025

QUALCOSA E' CAMBIATO: il pensiero del neo CT della sciabola maschile Andrea TERENZIO.

A cura di Fabrizio Orsini

Quando Melvin Udall, un personaggio interpretato da Jack Nicholson nel film “Qualcosa è cambiato”, scopre che la cameriera che lo serviva ogni giorno a pranzo si era licenziata per problemi familiari comincia a capire qualcosa di sé di cui non si era accorto e fa di tutto per far ritornare le cose come un tempo.

Il suo e quilibrio psichico era stato minato da un evento del tutto imprevedibile cosicché la fatalità costruita per la commedia cinematografica fa sì che le cose comincino a rodare in direzioni farsesche e assurde, come nei migliori film sentimentali americani in cui la catastrofe è sempre dietro l’angolo.

Evidentemente anche nella nazionale maggiore di sciabola maschile, con l’arrivo di Andrea Terenzio in veste di CT, fa capire che “qualcosa è cambiato”. I vecchi equilibri o quel che erano, sono stati ricalibrati grazie a un metodo che con entusiasmante energia, Terenzio ha voluto raccontarci, mostrando una visione del tutto nuova del lavoro ad alto livello.

Daniele Garozzo ha detto nella precedente intervista, che Luca Curatoli è stato “l’uomo mondiale” di Tiblisi, mi viene da dire allora che tu sei il “CT mondiale”.

Mah, non saprei. Certo il lavoro è stato tanto, ma il Luca che avete visto così in forma, deve il suo successo a un lavoro di squadra, assiduo e costante, ma che partiva da uno scenario globale complesso.

Non immaginavamo.

Eh lo so che dalla televisione le cose sembrano diverse, ma la realtà è che Michele Gallo dopo l’europeo si è infortunato all’anca, e da allora a Tbilisi ha fatto solo due allenamenti e potete immaginare come. A causa di questo ci siamo perciò concentrati su protocolli di recupero funzionale e questioni di tipo mentale. Pietro Torre dopo essere uscito dalla sciabola di Zanotti è passato per quella di Bauer, per poi arrivare a Bologna e lavorare con me, tutte cose che nell’arco di un breve periodo e a un preciso livello agonistico, incidono parecchio. Infine Matteo Neri rientrante da una serie di infortuni lunga due anni.

Perdonami, ma con una nazionale così messa, non conveniva lavorare con altre persone e sperimentare?

No. Perché se un allenatore, o un CT aspetta il “giusto allineamento dei pianeti” per avere la squadra migliore del mondo, praticamente non vincerà mai, o comunque la probabilità di avere la giusta combinazione è molto bassa. Bisogna saper ottimizzare tutte le situazioni, anche quelle negative come un infortunio o problemi personali. Gli atleti, quelli davvero forti, non aspettano la giornata di grazia per fare una buona gara.

Tieni presente però che anche le altre nazionali sono nella medesima condizione. Nessuna nazionale al mondo ha una quaterna di atleti tutti al massimo della forma fisica e mentale, perciò noi siamo stati bravi a costruire un risultato che si fonda sullo studio degli atleti, e degli avversari e la preparazione che ne consegue a valle di tutti questi dati.

Un grande lavoro che proviene da una formazione specifica.

Ecco, questo è il centro della questione. Io mentre mi trovavo a lavorare al CS Roma, studiavo presso la facoltà di Scienze motorie con specializzazione in Scienze e tecnologie dello sport, perché volevo fare l’allenatore di scherma. Benché fossi già maestro, sentivo che non mi bastava conoscere solo la tecnica che ha reso grande l’Italia della scherma, perché questo sport e lo sport in generale, è sempre in forte evoluzione. Poi mi sono anche formato come rieducatore funzionale perché avevo bisogno di capire come lavorare sulle persone infortunate e come prevenire gli infortuni. Per questo ho lavorato alla clinica Villa Stewart per un certo periodo, dove ho sviluppato una conoscenza sui carichi di lavoro e i recuperi degli infortunati. Competenze specifiche che hanno contribuito a costruire un modello tuo personale.

Sì. Al punto che se non avessi potuto lavorare come volevo qui in Italia, avrei di certo pensato di cercare un incarico all’estero, ma poiché il progetto immaginato dalla Federazione mi è piaciuto, e corrispondeva alle mi attese, tanto da metterle al centro del lavoro, sono rimasto di buon grado.

Quindi il lavoro con la squadra di sciabola è andato in maniera naturale verso una direzione calcolata, vuoi dirci come ci sei riuscito?

La prima delle cose da fare è saper raccogliere dei dati, delle evidenze, sulle quali poter iniziare un lavoro, quindi con una squadra che si occupa di competenze trasversali alla scherma nuda e cruda. Io ho nella mia squadra di lavoro una psicologa, un responsabile della performance, e un analista di dati. Persone che mi aiutano a capire in primis le capacità di ogni singolo atleta con il quale ho a che fare, e di come posso lavorare io con ognuno di loro. Alla base quindi non c’è solo programmazione analitica, ma soprattutto comunicazione che deve essere efficace, per arrivare ad avere uno schermitore che alla fine o se vogliamo prima di tutto deve essere sicuro di sé.

Poi l’analista mi aiuta a lavorare sugli avversari, in modo da studiarli efficacemente e poter avere tattiche e strategie.

Vorresti approfondire meglio?

Luca è uno sciabolatore che in attacco è molto forte, insieme al suo maestro personale abbiamo strutturato dei lavori per potenziare la difesa.

Parliamo sempre di atleti di alto livello.

Ovvio. Ebbene con un serio lavoro di match analysis abbiamo evidenziato che, per esempio, la maggior parte delle squadre avevano lacune nell’attacco dalle ripartenze, pertanto se bloccati, accusavano delle difficoltà non indifferenti. Noi invece proprio sulle ripartenze degli avversari diventavamo passivi, quindi saper generare una condizione vantaggiosa, cioè le ripartenze e bloccarli è stato uno dei centri di lavoro. Un lavoro minuzioso sullo sviluppare bene e in maniera efficace una difesa attiva in queste condizioni tipiche. Tutte cose che erano già iniziate in vista dell’Europeo e negli allenamenti di Salsomaggiore, subito dopo Genova. Luca poi rispetto agli altri quattro o cinque compagni di squadra, interpretava al meglio questa cosa, e a Tiblisi si è visto, mostrandosi a centro pedana meno prevedibile di prima e perdendo in tal modo quei suoi aspetti che erano eccessivamente diretti e facilmente interpretabili.

Ha però saputo rivestire il ruolo di sciabolatore esperto in un gruppo di giovani.

Teniamo conto che ha trentadue anni, perciò andava ricalibrato il lavoro sui carichi, anche perché ha un ginocchio problematico, per cui bisognava prepararlo in modo corretto. Questo ha aiutato a gestire meglio un Curatoli in una seconda fase della sua carriera che in gara era fresco e capace di esprimersi al suo massimo.

E gli altri?

Su tutti è stato fatto un lavoro individuale a 360 gradi incidendo principalmente sull’atteggiamento di gara, la mentalità globale, per poter creare uno spirito di squadra solido e capace di affrontare le situazioni che si presentavano di volta involta, senza che sorgesse il panico, al fine di gestire solo l’assalto, e non l’arbitro, o altri fattori che avrebbero potuto influire in modo negativo.

Ora che ne parliamo, non hai paura che questo modello possa in qualche modo essere “copiato” o imitato?

Magari venisse copiato. Questa (pensiero personale) è la migliore o forse l’unica direzione da prendere, il futuro, la più efficace, quella che ti permette di avere il massimo controllo del risultato, perché il modello ti permette di cucire l’allenamento sull’atleta e per farlo devi prendere le giuste misure. È un lavoro paziente e costante, mai casuale né di proprietà di una sola persona. E comunque non è facile copiare. Se un CT sa costruire un modello, allora le idee nuove possono giovare, ma se non ha una preparazione ampia, è difficile che ci riesca.

Quindi anche con le Ukraine hai fatto lo stesso lavoro.

Certo che sì. Il cucire su misura l’allenamento su ognuna di loro, e sul gruppo, è stato diverso, ma ricalca il medesimo principio. Ma proprio perché venivano da un mondo del tutto diverso dal nostro è stato fondamentale lavorare con i maestri ukraini, la loro federazione, e una serie di componenti che servivano a realizzare un modello di allenamento efficace per loro.

Anche nel loro caso la medaglia non è stata casuale.

Per nulla. C’è stato un lungo e grande lavoro che si è visto solo nell’ultima stagione. Poi ci tengo a dire che sono uomo di numeri, e ogni successo può essere visto sotto molteplici aspetti e attribuire la vittoria al fatto che non c’erano avversarie del medesimo livello, o perché c’era una atleta forte come la Kharlan in squadra. Oppure perché è stato fatto un lavoro specifico e ben fatto. Personalmente a me non interessa la dietrologia, quanto far sapere cosa accade dietro un successo, in cui io ho preso parte.

Anche con Luigi Samele, quindi lungo lavoro.

Prima che arrivasse a Bologna nel 2016, non aveva vinto quasi nulla, se non un bronzo a Londra nel 2012 in squadra e nessun titolo nazionale. Addirittura non era nemmeno in squadra nella nazionale capeggiata da Occhiuzzi a Rio. Però dopo una programmazione adeguata, negli anni ha vinto quattro titoli italiani, due medaglie olimpiche individuali e un argento a squadre. A quel punto hanno iniziato a chiamarlo “fuoriclasse”, ignorando il lavoro che c’era dietro.

Quindi se con te “qualcosa è cambiato” prova a dirci com’era prima il sistema nazionale.

Prima il sistema nazionale si basava su di un CT che provava ad imporre una linea comune durante i ritiri della nazionale. Ma è impossibile iniziare un processo di crescita e cambiamento quando si lavora direttamente con i ragazzi solo per il 20/30 % del tempo. Si crea più confusione che altro se a casa fanno un lavoro ed in ritiro poi si programma qualcosa di diverso o non coordinato.

L’alto livello andrebbe o completamente delegato alla periferia, o al commissario tecnico.

Sono cose importanti di cui tenere conto.

Ma certo, e in molti casi si vedeva bene che i sistemi di altre nazionali superavano di gran lunga quelli italiani, al punto che non ne venivamo fuori. Il CT quindi deve avere un suo metodo, e deve saper costruire una linea di lavoro univoca su tutto il gruppo e far sentire i singoli schermitori della nazionale, tutti di eguale importanza, perché così deve essere.

Quando hai saputo che avresti lavorato solo sulla nazionale maschile, cosa hai pensato, che ti avevano tarpato un’ala del lavoro di CT?

Nessun problema, anzi proprio in questa suddivisione ho avuto l’opportunità di concentrare ulteriormente le energie in un unico progetto. Aquili poi è appena arrivato, e deve lavorare su un gruppo completo, perciò gli va dato tempo.

La nuova generazione però è in evidente difficoltà, anche rispetto alla passata generazione di sciabolatrici.

Non dimenticare che le donne della sciabola non hanno mai vinto una medaglia olimpica. Se questo è il dato non possiamo aspettarci qualcosa subito. Serve però che si lavori bene e al meglio. Nell’insieme il mondo femminile italiano, oserei dire che non lo conosco per cui non so esprimere un giudizio, se non altro superficiale e se lo facessi, sarebbe ingiusto. Parlo quindi di quello che so e che conosco.

Torniamo quindi al tuo metodo, che hai pienamente sviluppato alla Virtus.

Diciamo che mi ero preparato bene prima di arrivarci. Lì l’ho messo in pratica proprio come desideravo e in questo è stata fondamentale la fiducia di Marcello Scisciolo che dirigeva la società. Gli ho chiesto carta bianca e me l’ha data subito. Con questa premessa ho lavorato sugli U14, gli U20 e U23, con risultati significativi ed entusiasmanti. Quando poi è arrivato Samele, Neri era oramai salito di livello, ho chiesto, sempre a Marcello, di lavorare solo sull’alto livello e me lo ha nuovamente concesso. Non posso che ringraziarlo, perché se sono arrivato a tanto è anche merito suo e alla sua lungimiranza.

Avrai avuto anche ottimi collaboratori che ti hanno sostituito in palestra.

Bondi e Saladini mi hanno aiutato con i gruppi giovanili in maniera egregia, e sono grato anche a loro, con i quali c’è sempre dialogo. Anche perché se lavori ad alto livello il numero di atleti su cui applicarti non possono superare i sette, otto.

Si va verso il professionismo a tutti gli effetti, come il tennis?

Magari. Avrete visto Sinner che ha uno staff ampio per poter raggiungere quei risultati. Bisogna quindi tendere a creare un team intorno agli atleti di prima fascia.

Il volto giovanile di Andrea Terenzio, si addice all’uomo umile che lavora con consapevolezza e maturità, che ringrazio di cuore per avermi rilasciato questa intervista.

08 agosto 2025

IL PENSIERO DEL VICE PRESIDENTE VICARIO DELLA F.I.S., Daniele GAROZZO, SUI MONDIALI DI SCHERMA GEORGIANI.

Daniele GAROZZO
intervista a cura di Fabrizio ORSINI.

Vicepresidente federale e Capodelegazione a Tbilisi Daniele Garozzo ci racconta del mondiale e della Federazione che sarà.

Rapida la voce, a tratti inarrestabile come i suoi attacchi in pedana, è così sicuro di sé che esordisce quasi senza porgli alcuna domanda.

È stato un ottimo mondiale. L’oro della Sciabola a squadre non era scontato, ed ha fatto emergere Luca Curatoli quale “uomo mondiale”.

Parlaci del tuo amato fioretto.

Un iniziale dispiacere per vedere l’eliminazione di un fiorettista dietro l’altro, e Choi che andava verso la finale, ha prodotto il giorno dopo una reazione adeguata. Da professionisti quali sono, i ragazzi hanno saputo dare tutto nella prova a squadre e il risultato si è visto. Va comunque detto che il livello mondiale del fioretto si è alzato, per cui il percorso verso la medaglia è sempre più impervio. Ingiusto non riconoscere che Choi era in grande forma. Però i campioni sanno rifarsi quando è il momento e si è visto.

Dopo la prima giornata, quando le medaglie individuali non sono arrivate, mentre si sperava il contrario, com’era lo spogliatoio?

Sereno. Magari rammaricato, ma nell’insieme sereno. Vanni ha saputo dare i giusti input.

E visto che tu hai vissuto l’era Cerioni, mentre ora c’è Vanni, che differenze puoi rimarcare?

Cerioni aveva molta esperienza e sapeva bene come gestire una situazione del genere, mantenendo la concentrazione del gruppo. Vanni, pur essendo nuovo nel ruolo di CT della nazionale maggiore, ha portato entusiasmo, nuove idee e soprattutto ha saputo resettare il gruppo con grande lucidità, proiettandolo subito verso la gara successiva. È stato bravo a non lasciarsi sopraffare dalla sconfitta, affrontando il momento in modo efficace e costruttivo. Mi sono piaciuti molto.

Il rinnovamento prima o poi doveva arrivare.

Esattamente. Ma questo avviene in maniera fisiologica a tutti i livelli, cosa che sta accadendo poco alla volta.

La prestazione delle donne è in qualche modo simmetrica, anche se hanno fatto meglio, con Anna Cristino che potremmo dire che è la rivelazione del mondiale?

Io preferisco dire che è diventata una delle punte di diamante della nazionale. Dall’inizio della stagione ha saputo collezionare una serie di podi in Coppa del mondo, poi all’Europeo a squadre, e infine nel mondiale. Diciamo che era nell’aria una prestazione di questo livello.

Le veterane sono sembrate più affaticate o mi sbaglio?

Succede che una gara possa andare storta. Arianna Errigo arrivava da undici medaglie individuali consecutive vinte ai mondiali. Se anche una gara va storta, ci può stare. Poi però nella gara a squadre si è comportata con una prestazione di qualità, e la medaglia è arrivata. Per Martina Batini va detto che ha incrociato una Lee Kiefer che era in grazia divina quel giorno e si è visto anche nella gara a squadre. Per Alice non è stata la giornata migliore, ma dopo tante prestazioni di alto livello, una gara sottotono può accadere, fa parte del percorso.

Parliamo della spada.

Provo personalmente un sincero dispiacere per non averli visti tornare con una medaglia al collo, ma resta intatto l’apprezzamento per il percorso che hanno fatto. Venivano da una grande stagione e l’ambizione di salire sul podio era legittima. Alberta Santuccio e Rossella Fiamingo hanno mancato la semifinale davvero per un soffio, entrambe fuori per una sola stoccata: segno che il livello c’è ed è alto. Non parlerei affatto di una brutta gara, anzi.

Per quanto riguarda gli uomini, siamo soddisfatti, in particolare per Galassi, che ha confermato il suo stile atipico, coraggioso e imprevedibile, capace di mettere in difficoltà chiunque. La squadra c’è, il gruppo è sano e determinato: a loro va data piena fiducia e tempo per emergere.

Siamo stati abituati a vedere Di Veroli che chiudeva nelle gare a squadre, condividi la scelta tecnica?

La scelta tattica è di certo ragionata. Se Diego (Confalonieri ndr) ha schierato così la squadra, aveva i suoi buoni motivi.

Abbiamo visto Dario Chiadò seduto sugli spalti, scoprendo che lui avrebbe seguito le donne, mentre gli uomini erano in mano a Confalonieri, come per la sciabola, ma non in maniera ufficiale, cosa ci puoi dire?

È stato Dario, a voler dare a Confalonieri, in qualità di delegato tecnico della spada maschile, la possibilità di seguire da vicino la squadra: una decisione che personalmente ritengo del tutto corretta e coerente con il suo ruolo.

Guardando il medagliere, vi aspettavate questo risultato?

Quando andiamo in gara, l’obiettivo è sempre quello di vincere in tutte le armi, o comunque di restare stabilmente tra le nazioni di vertice. Guardando i risultati, possiamo dirci soddisfatti: abbiamo chiuso terzi nel medagliere, un piazzamento solido in un contesto internazionale sempre più competitivo.

Va anche detto che le medaglie d’oro degli Stati Uniti sono tutte arrivate dalla straordinaria Kiefer: senza di lei, la classifica finale avrebbe assunto contorni molto diversi.

L’Italia deve continuare ad avere l’ambizione di vincere il medagliere, e soprattutto la sicurezza – e anche un pizzico di sana arroganza – di poter puntare all’oro in ogni gara. È questa la mentalità che ci ha resi grandi, e che dobbiamo mantenere anche oggi, in un panorama in cui le medaglie sono sempre più distribuite e le nazioni protagoniste sempre più numerose.

Mi piacerebbe parlare delle strategie federali per aumentare i numeri della Sciabola, specie quella femminile, che conta cifre molto basse.

Io non parlerei della Sciabola soltanto, ma delle armi convenzionali che soffrono molto in tal senso. I nostri obiettivi sono di migliorare la cultura formativa dei maestri, portare avanti il progetto Scherma futura, che però sono tutte soluzioni a lunga scadenza, con percorsi molto lunghi. Se i CAF (Centri di allenamento federali ndr) nella spada hanno lavorato molto bene, nelle altre armi hanno fatto più fatica, vanno pertanto ripensati in qualche modo, studiando strategie appropriate, anche perché l’obiettivo è riuscire a mantenere in piedi queste due armi. Ma non è l’unica cosa di cui ci stiamo occupando, perché i problemi che sorgono con l’abbandono sono enormi. Fra l’ultimo anno GPG e i primi due anni cadetti, fra i 13 e 16 anni di età, il drop-out schermistico è enorme, se non preoccupante. Per questo, tra le tante strategie, stiamo studiando una nuova App per migliorare l’engagement di nuovi atleti e poter far seguire la scherma come si deve ai nuovi tesserati.

Cos’altro puoi dirci in merito?

Purtroppo ancora nulla, ma è un progetto che si farà, puoi starne certo.

Per le armi convenzionali però un ruolo lo hanno anche gli arbitri, cosa puoi dirci in merito?

In generale l’arbitraggio italiano è molto buono e di grande livello. Per la sciabola è addirittura intrinseco all’arma stessa, e fa parte di quel mondo in maniera risaputa. Quello dell’arbitraggio è comunque un settore che non mi preoccupa, proprio perché gli arbitri italiani sono in gamba, già come persone.

Avendo poi una consigliera esperta del settore sarete avvantaggiati, o no?

Daria Marchetti sta portando avanti un progetto per la formazione arbitrale molto interessante, che porterà di certo il frutto dovuto. Tutto il movimento arbitrale comunque deve sempre crescere e far arrivare all’apice i migliori nelle tre armi.

Vedo che ci sono molti progetti e molto entusiasmo, auguro quindi un buon lavoro a tutto il Consiglio federale.

Grazie, ne abbiamo bisogno.

06 agosto 2025

Anna CRISTINO - la rivelazione di Tbilisi: intervista ad Alessandro PUCCINI.

Intervista ad Alessandro Puccini - di Fabrizio ORSINI - 

È la rivelazione del mondiale di scherma di Tbilisi Anna Cristino, una storia singolare della scherma italiana.

Una rivelazione del fioretto femminile italiano, con un esordio in silenzio, e stoccata dopo stoccata, come all’Europeo, si è fatta notare finché è arrivata al podio. Sentiamo cosa ha da dire il suo maestro, Alessandro Puccini.

Alessandro PUCCINI
È una storia singolare che meriterebbe di essere conosciuta nella scherma, perché non ha vinto mai nulla. Né il GPG, o i nazionali cadette, ma nemmeno mondiali giovani o junior, anzi avrebbe voluto smettere qualche anno fa, ma poi è stata convinta a fare un ultimo tentativo dopo il quale è andata sempre di bene in meglio.

È la fiorettista della porta accanto?

È la fiorettista che aveva bisogno di costruire una sua scherma, di lavorare con i suoi tempi.

E alla Raggetti di Firenze ci è riuscita.

Sì siamo arrivati cinque anni fa e lì abbiamo trovato le condizioni ideali per esprimerci al meglio.

Una storia lunga.

Sì. ma se consideriamo che è giovane, nemmeno poi tanto. Comunque la costruzione dell’alteta è una faccenda lenta per un maestro di scherma, una sua peculiarità costruire l’allievo da quando è piccolo fino a farlo maturare nel momento giusto.

Quando hai visto il tabellone delle dirette cosa hai pensato?

Ero sereno. Livello alto, ma fattibile. Siamo rimasti lucidi e concentrati, studiando le avversarie che avremmo incontrato. Questo ha permesso di entrare in gara al meglio e quando si è in giornata nella scherma va tutto per il verso giusto.

Anna CRISTINO

La gara femminile arrivava dopo una prova dei maschi, purtroppo senza medaglie. Qual era il clima globale?

Bisogna precisare che la situazione contingente era minata da alcuni episodi significativi. Filippo (Macchi ndr) arrivava da un infortunio, Bianchi che era in grande forma non è riuscito a esprimersi al massimo, Marini che in qualche modo risentiva di alcuni cambi di abitudini, a valle del trasferimento a Roma, e Foconi che ha dovuto rinunciare al suo maestro Romagnoli, che attualmente è in Canada, hanno cambiato un pochino l’atmosfera globale. È comunque innegabile che il gruppo sia eccezionale, e lo ha dimostrato nella gara a squadre.

Molto carichi insomma.

Proprio così, e le donne non sono state da meno e anche un po’ investite da questo sentimento.

E com’è l’atmosfera nello spogliatoio femminile?

Molto buono direi, in quanto Anna e Martina (Favaretto ndr) c’è una buona intesa e stanno cercando di calcare le orme delle veterane Volpi ed Errigo.

Anche con il nuovo CT, Simone Vanni?

Direi ottimo. Nei collegiali sa infondere serenità e ha una buona presa sugli atleti che ne hanno stima.

Il passaggio fra Cerioni è stato importante credo.

Molto, anche perché Cerioni ha grande carisma e personalità, ma Simone non è da meno, pur mantenendo uno stile completamente diverso, grazie al quale sa infondere la giusta competitività e serenità allo stesso tempo. E comunque l’esperienza non manca. Sia da atleta, che nel periodo in cui è stato CT della paralimpica.

Ma torniamo alla gara di Anna Cristino.

Già, il tabellone. Dunque io avevo personalmente qualche cruccio, visto che avrebbe incontrato prima la Scruggs, e poi la canadese Harvey, ma poiché ha iniziato l’assalto con la dovuta concentrazione già dai primi colpi, ho avuto la percezione immediata che ce l’avrebbe fatta. Scherma pulita, idee chiare, determinazione adeguate. Nulla da dire.

Poi però la Ranvier…

Contro la francese c’è stato un calo di prestazione da parte di Anna e cercheremo di valutarne le cause. Va detto che la Ranvier ha fatto un gran bell’assalto. A proposito di questo mi chiedo se da parte della Ranvier fosse preparata quella cosa che fa nel rimettere la botta dopo aver mandato in parata l’avversaria. A tratti sembrava che le venisse spontanea, non come se fosse preparata. Di certo riguarderò bene i video per capire meglio e non farci trovare sguarniti, nell’insieme l’abbiamo vista maggiormente dotata di colpi diversi dai soliti, con una scherma in generale più varia o se vogliamo meno prevedibile del solito.

Nella prova a squadre Anna si è distinta comunque.

Esatto e credo che sia merito anche di Simone Vanni, che le ha dato fiducia nel darle l’assalto di chiusura nella finalina del terzo e quarto posto. Non è cosa da poco.

Tutto il contrario! Tuttavia le più esperte si sono espresse al di sotto delle proprie capacità, o mi sbaglio?

a sx Anna CRISTINO, a dx Alessandro PUCCINI

Sono entrambe fortissime e spetta solo a loro raccogliere le forze e proseguire dando il massimo, così come solo loro sanno fare.

Parliamo adesso di Martina Batini.

Bè la gioia è stata pari alla rabbia quando non è riuscita a qualificarsi per la semifinale. Partiamo però dall’inizio, cioè dal fatto che il rischio che si potesse incrociare con la Cristino che era piuttosto alto, poi il sorteggio le ha messe bene nel tabellone, e a quel punto la probabilità di raggiungere le prime quattro, era tangibile. Poi però qualcosa si è inceppata.

Eppure sembra rinata, schermisticamente parlando.

Per la verità due anni fa ha terminato il ranking in terza posizione, e ha conquistato il Campionato europeo individuale. Sia al mondiale di Molano che a quello di Tiblisi si è fermata ai piedi del podio e le è mancato il guizzo finale, ma è sempre stata fra le prime del mondo.

Due atlete al mondiale non sono poche per un maestro, come vi allenate?

Facciamo continui collegiali accordandoci con gli atleti di alto livello presenti nella zona, in modo da essere presenti sempre tutti assieme in sedi diverse.

Un sistema che sarebbe bello approfondire. Grazie per la tua disponibilità.

Grazie a te per questa intervista

04 agosto 2025

Gigi TARANTINO, BADZAZE E UN MONDIALE FANTASTICO - Intervista all'ex Campione del mondo ed olimpionico di sciabola.

di Fabrizio Orsini
Di rientro da Tiblisi, dopo il grande successo della vittoria di Sandro Badzaze abbiamo intervistato Gigi Tarantino, allenatore del georgiano.
Gigi TARANTINO

Complimenti per il grande successo!
- Grazie.

Te lo aspettavi?
- Diciamo che giocando in casa, Sandro era molto motivato. Dopo le olimpiadi di Parigi, dove i risultati non erano arrivati era molto scoraggiato, a quel punto mi ha chiamato. Veniva infatti da un periodo di allenamento con Christian Bauer, che però non aveva sortito il risultato sperato, per questo voleva cambiare. Purtroppo anche con me l’allenamento non è stato costante, perché siccome mi trovo in Kuwait, doveva trovare il metodo ottimale per allenarsi, ma soprattutto la costanza, che è la formula più efficace per ottenere il risultato voluto.

Quando avete cominciato come lo hai trovato?
- Poco motivato, e sovrappeso. Le prime gare sono andate maluccio e fino a gennaio il lavoro è stato complesso. A Padova ha terminato il suo periodo negativo, a quel punto ha deciso di lavorare con severità e soprattutto costanza, così da poter raggiungere i risultati che desideravamo.

Quale realtà schermistica c’è in Kuwait?
- È praticamente un hobby. Non esiste un vero movimento di qualità. La nazione è piccola e i club sono pochi, e anche gli schermitori superano di poco il centinaio. Quelli di alto livello poi non arrivano a dieci. Anche l’atleta kuwaitiano che alleno e che a livello internazionale ha dimostrato di potersela cavare a livello di U23, al mondiale non è resentato, preferendo una meritata vacanza.

Paese che vai…
- Esatto. Qui lavoriamo con soddisfazione con il materiale che c’è, ma le regole e la mentalità sono queste.

Però le soddisfazioni riesci a togliertele lo stesso.
- Proprio così.

Qual è il futuro di Badzaze a questo punto?
- È difficile a dirsi. L’obiettivo è Los Angeles 2028, pertanto se riuscirà ad allenarsi con continuità, e mantenere il ranking buono, alle olimpiadi ci potrà andare, e poi vedremo.
Sandro BADZAZE


Parli di continuità, vorresti spiegare meglio il metodo di lavoro?
- Sandro viene a Kuwait city per un periodi di venti/ventidue giorni, poi ritorna a casa per alcune settimane, e questo non consente di programmare il lavoro come si conviene, anche perché come già detto gli sciabolatori kuwaitiani sono pochi e il livello non è alto. Poi non ha amici, né la famiglia, il che non lo invoglia a restare per periodi più lunghi. Però fissato l’obiettivo, si è impegnato maggiormente e il risultato si è visto.

Allarghiamo lo sguardo sul mondiale italiano, ti va di dire come è andata?
- Parliamo della sciabola allora.

Sì.

- Per prima cosa devo dire che ammiro da sempre Andrea Terenzio, e non mi sbagliavo. Ho visto una nazionale maschile dominante, con atleti che prima del suo arrivo andavano in gara timorosi, mentre questa volta li ho visti concentrati e più forti tecnicamente, ma soprattutto mentalmente. Anche se in pochi mesi Andrea è riuscito a costruire una nuova mentalità dal carattere dominante. A lui va dato merito del lavoro fatto e soprattutto di esserci riuscito in breve tempo. E da qui a Los Angeles può solo migliorare.

Le donne però hanno fatto più fatica.
- Va detto che da sempre la sciabola italiana è maschile, il movimento alla base è scarno e anzi fino a qualche anno fa le donne nella sciabola non esistevano proprio. Il lavoro va quindi calibrato sulle attuali, ma vanno anche reclutate le nuove e sperimentate in gara. Il lavoro che farà Aquili va valutato sul quadriennio, e siccome siamo all’inizio gli va dato tempo.

Se pensiamo alla generazione passata, con Bianco, Mazzocca, Vecchi, Gregorio…
- Dovremmo riuscire a raggiungere quel livello, e magari anche a superarlo. Scouting, allenamento, lavoro di club. Però va distinta l’attività strategica del CT da quello federale. Il CT deve lavorare per la qualificazione olimpica, mentre la Federazione deve lavorare più sui numeri alla base, favorendo un allargamento globale, così da avere alla lunga più scelta. Ma quest’ultimo lavoro dura almeno dieci anni, mentre l’impegno del CT è breve e poi deve essere specifico.

A cosa ti riferisci?
- Parlo in generale e non mi riferisco a nessuno, ma per me il CT deve essere un lavoro a tempo pieno, non può essere condiviso con altri impegni, famiglia a parte.

Quindi se un CT è diviso con altri lavori, ha meno tempo da dedicare alla Nazionale.
- È logico, anzi matematico, ma se uno ci riesce magari è doppiamente bravo.

Ma magari i compensi non sempre soddisfano l’impegno.
- Al contrario. Credo che la FIS paghi bene un lavoro che regala così grandi soddisfazioni.

Torniamo alla formula di allenamento, visto che parlavi di continuità e di centralità.
- È fondamentale. Per esempio in Italia il Centro federale è un fulcro importante dove lavorare a livello nazionale. Se Andrea Terenzio sta concentrando il lavoro a Bologna, al quale unisce ritiri mirati, questo è di certo parte del successo. Ovviamente deve essere un lavoro quotidiano, e anche corale. Stesso discorso vale per le donne e per le altre armi.

Dimmi qualcosa sulla sciabola a livello mondiale.
- Italia, Ungheria, Francia sono sempre al top, sia maschile che femminile, fatta eccezione per l’Italia delle donne. Gli Usa sono in difficoltà per via di Hitcock che non è stato presente, mentre la Francia sta lavorando benissimo. La Korea è scesa, ma solo per la mancanza di Oh Sandiuk, che è un fenomeno, il quale non appena rientrerà la rivedremo ad alti livelli, possiamo starne certi. E infine l’Egitto che è una nazione emergente. Va tenuta d’occhio, anche perché si stanno impegnando in tante direzioni, e sono la prima nazione nel loro continente. Il Giappone di certo fra un paio di anni sarà a un livello davvero importante, e nemmeno loro vanno tralasciati.

Mentre la Cina nonostante i grandi numeri nazionali, non emerge.
- È una questione di CT, ovvio. Se a livello nazionale sono forti, a quello internazionale gli manca qualcosa, per questo hanno ingaggiato CT stranieri validi che stanno facendo un lavoro mirato. Io in generale per il futuro, se penso a loro, non dormirei troppo tranquillo.

Comunque la Francia sta facendo passi da gigante.
- In generale sì, ed è merito della prima generazione dopo Bauer, che ha allevato svariati allenatori che ora stanno portando frutto, uno di questi è Arnaud Schneider, che con Bolade Apithy e Manon Brunet ha creato una accademia di eccellenza in Francia, dalla quale è uscito il Campione europeo Remi Garrigue.

L’Iran che aveva mostrato sciabolatori interessanti purtroppo…
- È sceso, ma era inevitabile, date le condizioni politiche del paese. Però se si risolveranno, sono certo che li rivedremo in alto.

Parliamo di arbitraggi nella sciabola. Cosa pensi e come affronti il problema.
- La sciabola è sempre stata vincolata agli arbitraggi. Fortunatamente gli arbitri che turnano a livello internazionale, tranne pochi casi, sono sempre gli stessi, pertanto sai che se fai un certo tipo di scherma, quel tal arbitro la stoccata non te la darà mai, e insistere è controproducente.

Ammetti quindi che la visione schermistica di un arbitro farà sempre la differenza in campo?
- Proprio così, ma è onestamente risaputo. Anche se è troppo influente, la realtà è questa. E non dimentichiamo che le polemiche in tal senso in quest’arma ci sono sempre state, anche prima dell’elettrificazione. È quindi importante che l’atleta sappia cambiare la propria scherma a seconda della situazione.

A meno che non avvenga una sorta di rivoluzione.
- La vedo poco probabile. (ride)

In generale però questo mondiale non mi sembra sia andato male.
- Come risultato globale sì, ma arma per arma credo che sia emerso in modo chiaro quali siano i reparti sui quali lavorare con più attenzione e impegno. La spada non ha portato a casa nessuna medaglia, quindi lì bisognerà lavorare, così come la già citata sciabola femminile, ma Aquili ha piena fiducia federale e da parte delle atlete, per cui si suppone che non farà fatica a trovare le soluzioni adatte.

Però se togli l’oro della sciabola, il risultato cambia molto, da terzi saremmo potuti scivolare quinti o sesti.
- Ecco, proprio lì sta la questione. Se si fosse mancato l’obiettivo, l’Italia sarebbe stata più in basso, mentre con un oro in più, magari nel fioretto maschile o femminile individuale, saremmo stati primi e con una sola medaglia.

Il raggio di vittoria di una medaglia si è praticamente ampliato e le nazioni che possono arrivare a podio sono sempre più.
- Esatto. Più competitività, più difficoltà, con un aumento della prestazione fisica. Non è per nulla facile, per questo bisogna allenarsi con costanza e molto lavoro.

È il motivo per il quale hai con te uno staff, anche nel tuo caso tutto italiano.
- Con me lavora Tommaso Dentico, e Francesco Aquili per la preparazione fisica, il quale si occupa anche di Sandro Badzaze e fra tutti ammetto che c’è ottima intesa.

Quanto ti fermerai in Kuwait?
- Per ora qui sono contento. Se poi arriveranno nuove proposte, potrei anche valutarle, ma qui sto molto bene.
Grazie per la tua disponibilità e in bocca al lupo per il lavoro che fai.
- Grazie a tutti voi.
 

02 agosto 2025

UN PASSO AVANTI RISPETTO ALL'OLIMPIADE

Intervista all'ex bicampione del modo di spada Paolo Pizzo
di Fabrizio Orsini

Abbiamo intervistato il bicampione del mondo di spada Paolo Pizzo SMC dell’Aeronautica Militare, di rientro dal ritiro di Scherma futura di Bardonecchia.

Paolo PIZZO
Ciao Paolo, sono certo che avrai seguito il mondiale a Tiblisi. Cosa ci puoi dire?

La prima cosa che mi viene in mente a caldo è che abbiamo alternato gare meravigliose ad altre in cui non tutto ha funzionato al meglio. La prossima stagione sarà cruciale per costruire ranking solidi in vista delle qualifiche olimpiche, di conseguenza ogni settore dovrà valutare i lati positivi e negativi della trasferta mondiale, così da apportare prontamente eventuali correttivi.

Invece a freddo cosa vedi?

A freddo tutto migliora decisamente. Se guardo il medagliere, l’Italia è terza, dietro Francia e USA, perciò non possiamo dire altro che il mondiale è andato bene, con un deciso passo avanti rispetto all’Olimpiade di Parigi. Siamo di nuovo lì, tra le nazioni leader del movimento schermistico a livello globale. Certo, riflettendo sulla mia amata spada, sono sicuro che nessuno degli atleti potrà dirsi soddisfatto al 100% della propria gara.

Da cosa sono dipese le difficoltà della spada secondo te? 

Premetto che il mio giudizio è esterno, e ha sempre i suoi limiti. In fondo però i miei ex colleghi e amici sono andati quasi tutti ad un passo dal podio. Forse è mancata un po' di freddezza nei momenti cruciali, quelli decisivi per andare a conquistare il titolo pesante del mondiale. Sappiamo bene che la squadra però sta lavorando agli ordini del ct Dario Chiadò e dei referenti Daniele Pantoni (femminile) e Diego Confalonieri (maschile) e dati i tempi, bisogna dare a tutti almeno un anno di lavoro continuativo per farsi un'idea dell'andamento generale. Ricordiamo che deve fare fede il nuovo quadriennio, che è cominciato con le gare positive andate già in archivio a Genova.

Non è un po’ troppo un anno?

Per certi versi sì, per altri no. La federazione si è storicamente contraddistinta per cambiamenti ai vertici delle squadre, a volte un pochino troppo lenti, sebbene progressivi, quindi un anno è fisiologico.  Con riferimento alle tre armi comunque, auspicherei un pizzico di coraggio in più nel dare fiducia ai giovani U23 ed U20, a partire dal circuito di Coppa del mondo assoluta individuale e a squadre.

Torniamo ai risultati, vorresti dire qualcosa in proposito?

La premessa doverosa è la valutazione dell'impatto che ha avuto il ritorno alle competizioni della nazionale russa (pur sotto bandiera neutrale), il che ovviamente alza notevolmente il livello tecnico.
La spada, ripeto, purtroppo è tornata senza nemmeno una medaglia, il che ovviamente fa male a tutti gli addetti ai lavori. I ragazzi sono stati eliminati dal Kazakistan, nazione con la quale negli ultimi anni abbiamo ingaggiato battaglie epiche.

Avversari tostissimi!

Anche fisicamente, per cui credetemi, il risultato ci sta tutto. Piuttosto mi soffermerei sul grosso rischio corso contro la Svezia nel match dei 32, assalto vinto con un vantaggio di solo due stoccate, situazione sempre molto rischiosa.

Cosa vorresti dire?

Che probabilmente non abbiamo espresso tutto il nostro potenziale, pur portando a casa il match.

C’è da lavorare quindi.

Sì, ma il margine è alto, per cui sono fiducioso.

Cosa mi dici invece del gruppo squadra.

Il mio parere è che fra gli spadisti ci sono almeno in 5-6 elementi che sono davvero forti, mentre fra gli avversari a livello tecnico attualmente soltanto il Giappone ha qualcosa in più. Pertanto, bisogna, oltre che banalmente voler migliorare il gruppo titolare, intervenire con decisione sulle seconde e terze linee. 

Su questo ci ritorneremo fra poco, ma cosa mi dici delle donne?

Dario conosceva già ognuna di loro. Nell’individuale si sono fermate sotto il podio, cioè ai quarti, per cui non mi va di dire che è stato un insuccesso totale. Il quarto posto a squadre invece racconta la verve di un gruppo che arriva sempre in fondo e non regala praticamente nulla a nessuno, senza dimenticare che siamo sempre la nazione da battere.  Anche per loro faccio lo stesso discorso, ovvero che vanno inserite le nuove leve rinnovando adesso, con esperimenti su esperimenti, cioè portando in gara il numero più alto possibile di atlete giovani.

Nelle altre armi invece?

Dunque partiamo dal fatto che “dove vinci: hai fatto, e dove perdi: devi capire”. Se hai ricevuto in eredità un giocattolo, bisogna capire se l’hai rotto oppure non lo hai fatto funzionare. In tal caso Andrea Terenzio, nella sciabola maschile ha fatto un ottimo lavoro innanzitutto con l'esperto Curatoli, che sembra godere di una seconda giovinezza. Lì è evidente che il lavoro su di lui ha prodotto un ottimo risultato.

E sulla squadra?

La squadra è stata spettacolare! Il lavoro dello staff ha pagato, è innegabile, ed è stato necessario per poter approfittare della caduta di Usa e Korea nel lato di tabellone degli azzurri.

Un pizzico di fortuna?

È ovvio che se l'occasione non la sai gestire, puoi sciupare tutto. Dopodiché con l'Ungheria i ragazzi hanno sfoderato una prestazione storica che rimarrà per sempre nella loro mente e nei nostri cuori.
Sulla sciabola femminile invece?

Certo le donne non hanno brillato. Purtroppo la Sciabola femminile sta vivendo un momentaccio e non vorrei essere nei panni di Andrea Aquili (CT della Sciabola femminile ndr).

Tu cosa faresti?

domanda da un milione di stoccate! In tutta onestà, se fossi al posto delle ragazze titolari mi metterei serenamente in discussione e valuterei ogni scelta possibile per tirarmi fuori dallo stallo di risultati attuale. Da troppo tempo si fatica a giungere più di una o due volte nelle migliori otto in Coppa assoluta, a livello individuale. Viene quindi naturale guardare verso le più giovani, pur mantenendo un elemento di esperienza.

Tanto vale provare quindi?

Ma non solo. Tornando alle valutazioni generali sulle tre armi, io sono dell’avviso che anche i più piccoli (già dal GPG) vadano sperimentati a un livello superiore se meritevoli di attenzione. È inutile perdere tempo se qualcuno vince tutte le gare in Italia a livello di GPG. Ci sono infatti dei nomi che meriterebbero di essere inseriti subito nei Cadetti.

Dici che se non li curi da subito, svanisce il desiderio di salire alla Nazionale maggiore?

Intendo dire soltanto che ammiro gli Usa che inseriscono la Campionessa mondiale cadetti di fioretto femminile in prima squadra titolare, riuscendo a vincere il Mondiale a squadre. Certo Jaelyn Liu è un fenomeno assoluto, di contro noi siamo un tantino conservativi a mio parere.

So che sei molto preso in tante direzioni e c’è molto di te in numerosi atleti.

Sì sto lavorando tanto e sono molto soddisfatto.

Ti auguro allora solo il meglio e uno splendido prosieguo di carriera.

Grazie e un saluto a tutto il mondo della scherma.

VERSIONE IN INGLESE

A step ahead of the Olympics
Interview with Paolo Pizzo
by Fabrizio Orsini

We interviewed two-time world épée champion Paolo Pizzo, SMC of the Italian Air Force, returning from the Scherma Futura training camp in Bardonecchia.

Hi Paolo, I'm sure you followed the World Championships in Tbilisi. What can you tell us?

The first thing that comes to mind right now is that we alternated between wonderful competitions and others where not everything went perfectly. Next season will be crucial for building solid rankings ahead of the Olympic qualifiers, so each sector will have to evaluate the positives and negatives of the World Championships so as to promptly make any necessary adjustments.

But what do you see now?

Everything is definitely improving. Looking at the medal table, Italy is third, behind France and the USA, so we can only say that the World Championships went well, a clear step forward from the Paris Olympics. We're back there, among the leading fencing nations globally. Of course, reflecting on my beloved épée, I'm sure none of the athletes will be 100% satisfied with their competition.

What do you think contributed to the epée's difficulties?

I'll start by saying that my opinion is external, and it always has its limits. Ultimately, however, my former colleagues and friends almost all came within a hair's breadth of the podium. Perhaps they lacked a bit of composure in the crucial moments, the ones that were decisive in winning the heavyweight world title. We know full well that the team is working under the guidance of coach Dario Chiadò and the representatives Daniele Pantoni (women's) and Diego Confalonieri (men's), and given the timeframe, everyone needs at least a year of continuous work to get a sense of the overall performance. Let's remember that the new four-year period, which began with the positive competitions already archived in Genoa, must be considered.

Isn't one year a bit too long?

In some ways, yes; in others, no. The federation has historically been known for changes at the top of its teams, sometimes a little too slow, though progressive, so a year is natural. Regarding the three weapons, however, I would hope for a little more courage in placing trust in the young U23 and U20 athletes, starting with the individual and team World Cup circuits.

Let's get back to the results. Is there anything you'd like to say about them?

The necessary premise is to evaluate the impact of the Russian national team's return to competition (albeit under a neutral flag), which obviously significantly raises the technical level.

The épée, I repeat, unfortunately returned without a single medal, which obviously hurts everyone involved. The boys were eliminated by Kazakhstan, a nation with which we've engaged in epic battles in recent years.

 

Very tough opponents!

Physically too, so believe me, the result was a fair one. Instead, I'd focus on the huge risk we took against Sweden in the 32-man match, a charge we won by only two hits, always a very risky situation.

What do you mean?

That we probably didn't reach our full potential, despite taking the match.

There's work to be done, then.

Yes, but the margin is high, so I'm confident.

What about the team?

My opinion is that among the fencers, there are at least 5-6 players who are truly strong, while among the opponents, technically speaking, only Japan currently has something more. Therefore, beyond simply wanting to improve the starting lineup, we need to make decisive changes to the second and third lines.

We'll return to this shortly, but what about the women?

Dario already knew each of them. In the individual event, they finished just below the podium, in the quarterfinals, so I don't want to say it was a total failure. The fourth-place team finish, however, speaks to the verve of a group that always reaches the final and gives virtually nothing away, without forgetting that we are always the nation to beat. I make the same point for them: that we need to bring in new talent by renewing ourselves now, experimenting with experimentation, that is, bringing as many young athletes as possible into the competition.

And what about the other events?

So let's start with the principle that "where you win: you've done it, and where you lose: you have to understand." If you've inherited a toy, you need to understand whether you've broken it or not made it work. In this case, Andrea Terenzio, in the men's saber, did an excellent job, especially with the experienced Curatoli, who seems to be enjoying a resurgence. There, it's clear that the work on him has produced excellent results.

And the team?

The team was spectacular! The staff's work paid off, that's undeniable, and it was necessary to take advantage of the US and Korea's defeat on the Azzurri's side of the draw.

A pinch of luck?

It's obvious that if you don't know how to handle an opportunity, you can ruin everything. Then, against Hungary, the boys delivered a historic performance that will forever remain in their minds and in our hearts.

And what about the women's saber?

The women certainly didn't shine. Unfortunately, the women's saber is going through a rough patch, and I wouldn't want to be in Andrea Aquili's (Women's Sabre Coach, ed.) shoes.

What would you do?

A million-point question! In all honesty, if I were in the shoes of the regular girls, I would calmly question myself and evaluate every possible option to get out of the current stalemate. For too long, it's been difficult to reach the top eight in the overall World Cup, individually. It's therefore natural to look towards the younger ones, while still maintaining an element of experience.

Is it worth trying then?

But not only that. Returning to the general assessments of the three weapons, I believe that even the youngest ones (starting at the GPG level) should be tested at a higher level if they're worthy of attention. There's no point wasting time if someone wins every competition in Italy at the GPG level. Indeed, there are some names that deserve to be included in the Cadets immediately.

Are you saying that if you don't pay attention to them immediately, their desire to make the senior national team will fade?

I'm just saying that I admire the US for adding the Cadet Women's Foil World Champion to the first team, managing to win the World Team Championship. Jaelyn Liu is certainly an absolute phenomenon, but we're a bit conservative in my opinion.

I know you're very busy in many directions, and there's a lot of you in many athletes.

Yes, I'm working hard and I'm very satisfied.

I wish you only the best and a wonderful continuation of your career.

Thank you and best wishes to the entire fencing world.