“La dittatura è una forma autoritaria di governo in cui il potere è accentrato in un solo organo, se non
addirittura nelle mani del solo dittatore,
non limitato da leggi, costituzioni,
o altri fattori
politici e sociali
interni allo Stato.
In senso lato, dittatura ha quindi il
significato di predominio assoluto e perlopiù incontrastabile di un individuo
(o di un ristretto gruppo di persone) che detiene un potere imposto con la
forza. In questo senso la dittatura coincide spesso con l'autoritarismo e con il totalitarismo.
Sua caratteristica è anche la negazione della libertà di espressione e di
stampa. La dittatura è considerata il contrario della democrazia. Va inoltre
detto che il dittatore può giungere al potere anche democraticamente e senza
violenza (valga l'esempio di Adolf Hitler,
eletto dal popolo tedesco). La salita al potere di una dittatura è favorita da
situazioni di grave crisi economica - per esempio dopo una guerra - sociali -
lotte di classi - politiche - instabilità del regime precedentemente esistente.
Altre due forme di dittatura sono l'assolutismo monarchico e la teocrazia (vedi Ebraismo, Cattolicesimo
e Islam).
Il termine dittatura ha origine
nella Repubblica Romana, dove indicava l'ufficio del
dittatore e la durata di quell'ufficio. Infatti la carica dell'antico dittatore
romano - che assumeva il potere prevalentemente in tempo di
guerra - era circoscritta nel tempo durando circa sei mesi. Il dittatore era un
capo militare (un Dux), nominato dai Consoli Repubblicani Romani su proposta
del Senato romano;
i consoli non potevano nominarsi dittatori, e il Senato poteva in ogni momento
far decadere il mandato del dittatore. La nomina di un dittatore aveva luogo
solo in circostanze particolarmente delicate o pericolose per lo Stato Romano,
in cui era necessario che una sola persona prendesse le decisioni, al posto del
senato. Furono nominati dittatori ad esempio Cincinnato, durante la guerra
contro gli Equi e Quinto Fabio Massimo durante la seconda guerra punica,
entrambi momenti in cui era a rischio l'esistenza stessa di Roma.
Un esempio di dittatura con forti
motivazioni etiche, su basi teologiche e morali, è quella instaurata da Oliver
Cromwell in Gran Bretagna tra il 1645 e il 1658, nata dalla
ribellione al Sovrano Carlo I, giustiziato nel 1649 con l'accusa di immoralità,
tirannia, tradimento e omicidio.
L'accezione negativa di dittature è
nata con la Rivoluzione Francese: il Terrore instaurato da Robespierre
fu chiamato Dittatura con riferimento a un regime politico tirannico. Karl Marxriteneva
che tutti i regimi politici fossero in fin dei conti delle dittature, e per
questo parlava della necessità di instaurare una dittatura del proletariato
come fase propedeutica per il passaggio dal Capitalismo
al Comunismo.
Questa idea fu poi alla base dell'affermazione del Comintern
secondo cui non vi era differenza tra Fascismo
e sistemi rappresentativi occidentali.
Le dittature
della storia moderna si classificano in base a due variabili: l'intensità e
l'ideologia. L’intensità prende in considerazione la raffinatezza e
l’efficacia del potere, il rapporto tra forza e consenso, il grado di
pluralismo, il ricorso alla mobilitazione di massa. L’ideologia prende in
considerazione l’atteggiamento sociale e i valori di fondo della dittatura,
l’atteggiamento verso l’ordine politico-sociale esistente, il tipo di
rappresentanza di classe.
In base
all'intensità generalmente si distingue tra Autoritarismo,
Cesarismo
e Totalitarismo.
- Nell'Autoritarismo ovvero la dittatura della repressione: il mantenimento e consolidamento del potere si basa in via prevalente o esclusiva sulla repressione, poiché, instaurandosi in società tradizionali, il regime non vive la necessità di coinvolgere le masse tramite ricorso frequente e costante alla propaganda. Lascia quindi una certa libertà e autonomia, non avvertendo l’esigenza di controllare tutti gli aspetti della società. Talvolta rappresenta il tentativo di alcune élite conservatrici di bloccare il processo di modernizzazione, talaltra il tentativo del ceto dominante di favorire la modernizzazione traghettando la società verso un nuovo ordine. In base all'ideologia si distingue tra:
- Franchismo (Autoritarismo reazionario), legato ai valori tradizionalisti (Forze Armate, Chiesa, Patria); esempio fu la dittatura del Generalissimo Francisco Franco in Spagna;
- Pretorianesimo (Autoritarismo apolitico), in genere una dittatura militare, priva di una vera e propria base ideologica; ad esempio la dittatura del Generale Augusto Pinochet in Cile, del Generale Jorge Videla in Argentina, il cui scopo fu principalmente l'anticomunismo. Un esempio attuale può essere la Birmania del Generale Than Shwe;
- Terzomondismo (Autoritarismo rivoluzionario), pone spesso l'accento sull'opposizione ai paesi stranieri e imperialisti, pur senza una vera ideologia codificata, se non l'orgoglio della propria cultura; è il caso di alcuni regimi islamisti, come quello dei talebani in Afghanistan (vedi Teocrazia).
- Il Cesarismo ovvero la dittatura del "capo" ("uomo della Provvidenza", "padre del popolo"): è la categoria in cui Max Weber e Antonio Gramsci facevano ricadere le dittature del loro tempo. Questi regimi non si basano solo su strumenti di repressione, ma anche sul consenso. Sono incentrati sulla figura di un capo carismatico e su un forte apparato statale. All’ideologia si sostituisce il carisma del capo. Caratteristica di questa dittatura è la mediazione tra interessi contrastanti. Il termine deriva dalla dittatura di Cesare nell’antica Roma. In base all'ideologia si parla di:
- Sultanismo (Cesarismo reazionario), il capo è l'espressione dei ceti dominanti e tradizionali o è ad essi alleato (il forte culto del capo e l'ideologia lo distinguono dal Franchismo); ad esempio il Fascismo di Benito Mussolini in Italia (basato sul culto dell'Impero, sull'alleanza Chiesa-Stato - dopo i Patti Lateranensi - , sulla supremazia del Popolo Italiano), la Persia(Iran) degli Scià, la Corea del Nord di Kim Il Sung;
- Peronismo (Cesarismo apolitico, definizione talora considerata ambigua), in esso il capo vuole rappresentare l'intero popolo, identificandosi in esso e nei suoi valori "migliori" e non un'ideologia che spesso divide; ad esempio il Peronismo classico in Argentina o il regime di Saddam Hussein in Iraq;
- Bonapartismo (Cesarismo rivoluzionario), il capo è il garante della rivoluzione, colui che protegge il nuovo ordine, soprattutto per conto della classe sociale che l'ha portato al potere, sovvertendo il vecchio ordine, in genere un altro regime autoritario o sultanistico, come una monarchia assoluta, ma dominato da altri interessi; esempi furono gli Imperi di Napoleone I e Napoleone III in Francia, il Castrismo a Cuba.
- Il Totalitarismo ovvero la dittatura del controllo totale: è il tipo più moderno di regime dittatoriale. Oltre alla repressione, all' ideologia e al capo si aggiunge la presenza del regime in ogni ambito. Il concetto è sviluppato nelle Origini del Totalitarismo di Hannah Arendt. Ritiene l'autrice che il totalitarismo necessiti di tre fattori per potersi sviluppare: una società industriale di massa, la persistenza di un’arena mondiale divisa e lo sviluppo della tecnologia moderna. Secondo la Arendt gli elementi distintivi del totalitarismo sono l’ideologia e l’uso del terrore, e la massima espressione del medesimo il lager (Germania nazista) e il gulag (Unione Sovietica), dove avviene la cancellazione dell’individualità tramite un dominio assoluto sulle persone.
Esempi furono lo Stalinismo in U.R.S.S.
e il Nazionalsocialismo di Adolf Hitler in Germania.
Un esempio attuale è la Corea del Nord di Kim Jong-un.
Mussolini e Giovanni Gentile, uno degli ideologi del
Fascismo, ritenevano il loro regime un totalitarismo (considerandolo ovviamente
in un'accezione positiva).”
Concludo dicendo che non sempre le dittature si compiono con la presa di
potere in modo violento: si sono verificati casi in cui il dittatore è salito
al potere passando attraverso una competizione elettorale, svoltasi
democraticamente, e solo dopo ci si libera di eventuali alleati di governo,
imponendo restrizioni di vario genere.
Le dittature moderne si nascondono sotto il democratismo, il quale altri non è
che una ostentazione
o falsa affermazione di principî democratici e di attaccamento alla democrazia.
Ci sono diversi modi per combattere la dittatura, il
peggiore è ritenere di poterla contrastare dall’interno: chi lo afferma è già
complice del regime.
Spero di aver dato un contributo a chiarire il concetto e
mi auguro che qualche lettore mi dica quali siano le analogie nel nostro
movimento.
Ezio RINALDI
Gent.mo sig. Rinaldi, non so se il paragone con la dittatura sia calzante. Certamente è un costume nazionale, il nostro commodus discessus, quello di addossare la responsabilità di ciò che non va bene a chi sta sopra di noi, come se il lasseiz faire non fosse la principale concausa dei mali di cui ci lamentiamo. In realtà, come ebbe a scrivere Gandhi ad Hitler, in una lettera purtroppo mai spedita, "nessuno sfruttatore potrà mai raggiungere il suo scopo senza un minimo di collaborazione,volontaria o forzata, da parte della vittima".
RispondiEliminaCordiali saluti
Paola Puglisi