Sembra il titolo di un film, un film d’amore, ma anche drammatico cui nella scherma non siamo abituati, che dice senza sconti che l’ultima volta che non vincemmo l’oro nel fioretto in una olimpiade fu a Mosca nel 1980. 41 anni sono passati in cui il mondo intero si è dovuto industriare come meglio poteva per battere il fioretto italiano.
Montreal 1976, 3 medaglie, con
gli esordienti Dal Zotto e Collino. A Los Angeles nel 1984 esordirono Numa,
Cerioni, Borella, e la Vaccaroni, 4 medaglie. A Seoul nel 1988 vinse Cerioni,
nella continuità, ed esordirono Bortolozzi, Traversa, Gandolfi e Zalaffi, 2
medaglie. A Barcellona nel 1992 esordì la Trillini, vincendo con una Bianchedi
da leggenda nella squadra, anche lei esordiente. Nel 1996 si affacciò ad
Atlanta Puccini che vinse ed esordì la Vezzali, totale 4 medaglie. A Sidney nel
2000 la Vezzali vinse e cominciò il suo strapotere, anche qui, 4 medaglie. Ad
Atene nel 2004 l’oro arrivò dalle jesine e dagli uomini a squadre, 5 medaglie
in tutto, e vedemmo per la prima volta un Cassarà diciottenne. A Pechino nel
2008 cominciò la striscia dei “soliti”, nessun esordiente nel fioretto, era la
prima olimpiade di Giorgio Scarso come presidente, dopo 4 anni di lavoro
costruito su quello della presidenza di Di Blasi. Nel 2012 a Londra una piccola
svolta nell’inserimento dei nuovi, una squadra che non vinse nell’individuale,
anzi, Baldini, Cassarà Aspromonte, arrivarono rispettivamente 4°, 5° e 6°, ma
arrivarono primi nella prova a squadre, assieme a Giorgio Avola, modicano. Fu anche
la prima tripletta femminile, Di Francisca, Errigo, e Vezzali, le prime due
esordienti, che poi vinsero la prova a squadre. A Rio nel 2016 vinse Garozzo,
esordiente anche lui, e la squadra (Baldini, Avola, Cassarà e Garozzo) arrivò
quarta, ed era quasi uguale a quella odierna, (Avola, Cassarà, Garozzo,
Foconi), d’argento fu la Di Francisca.
Quest’anno a Tokyo nel fioretto
l’unica esordiente è stata Alice Volpi, 29 anni, completamente fuori standard
anagrafico rispetto ai diciottenni o poco più che furono a loro tempo i
campioni che vinsero nel passato, Dal Zotto, Trillini, Vezzali, Puccini.
Curioso eh? Unica eccezione a questa regola è stato Daniele Garozzo, che
esordendo a Rio nel 2016, di anni ne aveva 24.
Ovviamente la statistica è solo
una statistica, i numeri sono solo numeri e la storia, io per primo lo vado
dicendo, è cosa ben diversa dalla teoria, però quando la casistica si ripete,
sento che qualcosa è andato storto nel sistema e mi si accendono campanelli
d’allarme, e il povero Daniele Garozzo, al quale va tutta la mia personalissima
stima, e incoraggiamento, speravo tanto potesse eguagliare Nedo Nadi e
Christian D’Oriola, nel vincere la seconda medaglia d’oro alle olimpiadi.
Peccato! Ma sono certo che potrà rifarsi e potrà lavorare in questi tre anni
per raggiungere i suoi migliori obiettivi.
Forse, come tutti dicono,
qualcosa è mancato da qualche altra parte. Forse i ricambi generazionali, forse
gli esordienti? Da modestissimo insegnante di scherma quale sono, vedendo le
cose da fuori, e spogliato dal pathos della gara, sembrava lampante che tutto
il mondo tirasse “all’italiana”. Colpi d’anticipo, arresti e scappa, rimesse
furtive, insomma tutto il repertorio delle azioni ausiliarie e di qualche
uscitina in tempo veloce veloce, con l’aggiunta di un chiaro, se non
chiarissimo intento nel non seguire la scherma degli italiani, ma di farla con
propria scelta di tempo, senza dover per forza colloquiare con questi ipnotici
avversari italiani. E per le prime volte dopo tanto tempo, abbiamo visto finte e
cavazioni in attacco, e parate e risposte che nel fioretto erano diminuite ad
azioni rarissme. Non che gli italiani non le facciano o non le sappiano fare,
anzi, al contrario, ma parevano (perdonatemi il termine) infurbiti dal
fatto che il loro repertorio era composto da colpi semplici, o se vogliamo,
semplicistici e prevedibili. Tutte cose che per la schiera di avversari che in
tutto il mondo guarda video e analizza continuamente quello che facciamo e
prova a imitarci, questa volta, sono riusciti a farlo benissimo. Questi poi
hanno abilmente aggiunto la restante parte della tecnica schermistica, che per
sola abitudine i nostri forse hanno messo temporaneamente in soffitta, perché
“inutile”. Spero di sbagliarmi, e di grosso, e chiedo scusa se mi sono permesso
di fare queste considerazioni, e il mio è solo un modesto parere.
Vedere fiorettisti di Hong Kong o
giapponese prendersi la vittoria, sfruttando il nostro stesso repertorio mi ha
infatti colpito molto, anzi, moltissimo. Vuol dire che la lezione finalmente
l’hanno capita, e dopo 40 anni! Io però non sono triste, anzi provo una certa
soddisfazione. Siamo stati avanti di 40 anni rispetto al mondo intero, e per 40
anni! Resta solo una domanda: quale scherma abbiamo qui in palestra per i
prossimi 40?
Fabrizio ORSINI
Nessun commento:
Posta un commento