Come è noto, alcuni autorevoli giornali a diffusione nazionale hanno
riportato la notizia che, qualche tempo addietro, un “arbitro” sarebbe stato
sanzionato dai competenti organi della FIS con 30 giorni di sospensione (in
applicazione della procedura del patteggiamento senza incolpazione e
conseguente secretazione della vicenda). Repubblica del 16 aprile 2022 così
ricostruisce il clou della vicenda:
l’arbitro, dopo avere avuto la presenza nella sua camera d’albergo di una
ragazza, aspirante, a sua volta, al ruolo di arbitro di scherma, le avrebbe
offerto il suo appoggio in cambio di prestazioni sessuali. Al rifiuto della
ragazza, avrebbe reagito violentemente. A tal punto, scrive testualmente il
giornalista, “la ragazza urla, chiede di
andarsene; lui le blocca le mani, ostruisce con il corpo la porta della camera,
la lancia ripetutamente sul letto. A un certo punto bussa qualcuno alla porta,
forse allertato dalle urla”.
Ebbene anche uno studente di giurisprudenza sarebbe in grado di dire, fatta
naturalmente salva – ça va sans dire
– la presunzione di non colpevolezza, che nella condotta come sopra ricostruita
(rectius: ipotizzata) si rinvengono
gli estremi dei seguenti reati: sequestro di persona (delitto procedibile di
ufficio), tentata violenza sessuale (delitto procedibile a querela
irrevocabile, ma di ufficio se connesso con altro delitto procedibile di
ufficio) e, forse, tentata estorsione (delitto procedibile di ufficio).
Come si vede - sempre che i fatti siano
accaduti come descritti - si tratta di reati tutt’altro che bagattellari.
Non sarebbe stato il caso di informare la competente Procura della
Repubblica? (Rimini).
Do per scontato che, in capo alla FIS, non sussisteva alcun obbligo
giuridico in tal senso. Direi però che sussisteva un obbligo morale e…. di
“etica sportiva”. La federazione si è dotata del “famoso” safeguarding policy (it’s so
British!), come dire: un elenco di buoni propositi che però non prevede
che, almeno per i fatti più gravi e chiaramente costituenti reato, sia avvisata
la autorità giudiziaria. Quanto al CONI, ente pubblico, il discorso non si può
chiudere tanto semplicemente. Ma non è questa la sede. Peraltro - così ho
capito - il procuratore CONI è un ex prefetto. Anche lui distratto in presenza
di (gravi) ipotesi di reato procedibili di ufficio? Se mal non ricordo, i vari
codici sportivi imporrebbero di agire secondo lealtà, probità e correttezza.
Queste tre parole, credo, sarebbero sufficienti per suggerire la denunzia di
reati così gravi in danno di una ragazza poco più che maggiorenne. In fin dei
conti, si parla tanto oggi di violenza contro le donne, codice rosso ecc. Ma,
evidentemente, se ne parla solo, oppure il mondo dello sport è un mondo a parte
(o così crede).
E invece, proprio in relazione a quella che è (dovrebbe essere) la
funzione dello sport, la vicenda dell’arbitro esuberante (diciamo così) si
presta a ulteriori considerazioni. La domanda di fondo è: lo scopo (principale)
dello sport è quello di fare man bassa di medaglie olimpiche o quello di
educare fisicamente e moralmente le giovani generazioni? La risposta pilatesca
è: “entrambe le cose!” Già, ma secondo quale gerarchia di valori? Perché, se si
dà priorità alla prima opzione, allora tutto deve essere subordinato al
conseguimento del risultato “di vetrina”. E allora è logico conservarsi il
“prezioso” contributo di un arbitro di livello internazionale, cui si può anche
perdonare qualche marachella. È anche logico incrementare lo sport di Stato, il
finto dilettantismo, la militarizzazione del parco atleti e dei commissari
tecnici (“figuranti” poliziotti, carabinieri e finanzieri, che percepiscono
stipendi statali e prebende federali, mentre i loro colleghi “veri” rischiano
la vita). È anche logico infischiarsene delle sentenze del TAR e del Consiglio
di Stato, continuando a bandire prove di esami per il rilascio di titoli
professionali che il giudice amministrativo ha dichiarato nulli.
In fin dei conti, questa è ciò che in consiglio federale chiamano
“politica”. Insomma il fine (le medaglie) giustifica i mezzi (quelli appena
indicati). La politica sportiva in Italia è ancora tesa alla conquista di
“prestigio tra le nazioni”; la funzione educativa è un (eventuale) “effetto
collaterale”. La politica sportiva la fa il CONI, non la scuola.
Se viceversa si ritenesse (per avventura) che la principale funzione
dello sport sia quella di fornire modelli educativi “pratici e concreti”,
incentrati, innanzitutto, sul rispetto delle regole e, conseguentemente, delle
persone, sulla lealtà della competizione, sul governo della vittoria in gara e
sulla gestione della sconfitta, allora episodi come quello dell’arbitro non
dovrebbero accadere. E non mi riferisco alla (ipotizzata) performance di chi tenta di estorcere una prestazione sessuale
(queste cose, purtroppo, accadono in tutti gli ambienti), mi riferisco alla
condotta tartufesca, delle istituzioni sportive. Persino in una istituzione
chiusa, ultraverticistica e autoreferenziale quale è la Chiesa è “passato” il
principio che i fatti ipoteticamente costituenti reato vanno denunziati alla
autorità giudiziaria; possibile che in una struttura organizzativa finanziata
da fondi pubblici (e vigilata dal CONI) ancora ci si comporti secondo la regola
degli interna corporis?
Evidentemente questi enti non hanno piena consapevolezza del loro ruolo.
D’altronde è anche un problema di livello culturale dei vertici di quelle che
dovrebbero essere (principalmente) agenzie educative e non (esclusivamente) fabbriche
di campioni (a qualsiasi costo). Il fatto è che, per insegnare credibilmente
agli altri il rispetto delle regole, bisognerebbe che i primi a rispettarle
fossero gli “insegnanti”. Altrimenti il messaggio che si propaga è sottilmente
diseducativo: se sei bravo, se sei famoso, se sei utile, allora sei “più
eguale” degli altri. E se fai qualcosa di “storto”, si trova la maniera di
chiudere la faccenda con una sanzione poco più che simbolica.
Secondo la versione federale, il CONI, informato della vicenda, ha emesso
una sibillina comunicazione, vale a dire: “erroneamente
nulla osservando in merito”. Ma il contenuto stesso di tale ermetico dictum sembra far riferimento ad una
comunicazione ancora precedente, il cui contenuto intende smentire (perché,
appunto, “erroneamente” nulla era stato osservato). Di qui sembrerebbe prendere
il via il grottesco battibecco con la federazione, che nega di aver ricevuto il
tardivo parere contrario alla conclusione del frettoloso “patteggiamento”. Una
trama da commedia degli equivoci o, se volete, da commedia all’italiana, per
una vicenda che di comico non ha proprio nulla, ma parecchio di (tragicamente)
ridicolo.
Maurizio FUMO
Ringrazio Maurizio Fumo per l'articolo di spessore, sia per il contenuto che per la qualità dell'esposizione tecnica. Vorrei però proporre anche con un pizzico di provocazione un allargamento dei soggetti interessati dalla indifendibile gestione della triste vicenda. Ricordo che alle ultime elezioni lo schieramento concorrente al Presidente Azzi, si presentava alle elezioni con un nutrito numero di candidati dal profilo decisamente solido e di valide esperienze. Pur tuttavia l'assemblea non eleggeva in consiglio nemmeno un rappresentante dell'opposizione, nemmeno uno che sia uno su una decina di posti disponibili. Stessa cosa è successa a livello regionale in Emilia Romagna dove io personalmente ho provato a candidarmi ma senza successo, ed immagino sia accaduto lo stesso anche in altre regioni. Ora con il senno di poi è facile dire che sarebbe bastato un consigliere di opposizione per evitare questa dannosa caduta di immagine. Nella speranza che gli elettori si dimostrino più indipendenti alla prossima tornata elettorale, credo che fino a quando non ci saranno Consigli Direttivi con una minoranza avente titolo, le cose non potranno migliorare, ne come risultati ne come numero di tesserati. Stefano Bellomi
RispondiEliminaQuando chi governa non possiede il vero dono della democrazia la chiarezza e la trasparenza sono valori sconosciuti.
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