05 aprile 2022

LA POLITICA DEGLI IMPIANTI SPORTIVI: non pervenuta!

Villa Glicini
Da anni ormai scrivo su questo blog e uno dei miei temi preferiti è quello degli spazi schermistici. Sarà per deformazione professionale, in quanto architetto, o perché, da maestro di scherma sogno una sala in cui non si debba sempre montare e smontare gli apparecchi e le pedane, dividendomi gli spazi con altre società sportive.

Credo che siano nella mia stessa condizione un’enorme quantità di società italiane che fanno questo sport e in ultima istanza purtroppo, anche due clubs storici italiani, il Club Scherma Torino, e il Dauno Foggia.

Il primo termina la sua lunga corsa nella storica Villa Glicini che lo ha visto presente in quei locali da non so quanti decenni. Una vicenda dolorosa cui si è messa di mezzo la politica comunale, una dirigenza del Club la quale non è riuscita a trovare il bandolo della matassa per continuare ad allenarsi in quei locali e una Federazione che pur muovendosi a favore del club non è stata molto incisiva con le autorità comunali, elementi, che meriterebbero approfondimenti. Parimenti anche il Dauno a Foggia ha patito una simile ventura. Infatti lo storico club foggiano, fondato da Angelo Maestri, e lanciato in alto da Aurelio Virgilio, si trovava in un Palascherma glorioso, che ha ospitato campionati italiani e internazionali, forte del fatto che aveva un grande numero di pedane e apparecchi. E infatti anche loro dopo molti anni, credo quasi mezzo secolo, si sono trovati sfrattati grazie alla solita gara di assegnazione degli spazi… Dauno VS Olympia, che è una polisportiva nella quale milita anche Marco Siesto e Francesco D’Armiento, che nel dettaglio evidentemente hanno saputo offrire di più del Dauno, e quindi la preferenza è passata ad altri.

Pareva incredibile che a Foggia vi fosse un palazzetto della scherma concepito solo per quello sport. Ce lo saremmo aspettato a Roma, o a Milano, magari a Firenze o a Bologna, forse anche a Napoli, ma no, è stato costruito nella città meno probabile d’Italia, indice che se un dirigente sa come muoversi e ha una visione, riesce a raggiungere lo scopo.

La visione, gli scopi, sapersi muovere… è praticamente un vero e proprio lavoro, un qualcosa che meriterebbe uno staff, con una testa pensante, un programma, una roadmap, come si dice oggi, un censimento di quel che c’è e di quel che manca, e alla fine, per il marketing, uno slogan: “100 palestre di scherma per il nuovo millennio!”. Insomma cose del genere, tanto da far pesare le più di cento medaglie olimpiche, costruite negli scantinati, nei garages, che fa tanto Rocky Balboa VS Apollo Creed e gli eye of the tiger, che se solo avessimo un Silvester Stallone nel nostro cinema, a quest’ora con i proventi di un solo film di quelli, tutte le 330 società italiane avrebbero una palestra di scherma. E spero me lo concederete un sogno così, visto che la notte degli oscar si è appena conclusa a suon di schiaffoni.

Eh già, gli schiaffi, quelli che il Club Scherma Partenopeo prese quando partecipò alla gara per la gestione dello stadio Collana, che vinsero come d’incanto Cannavaro e compagnia briscola. I milioni di euro, contro le medaglie… Davide contro Golia, Zorro contro Mazinga Z. Nulla da fare, quando il calcio vuole una cosa, se la prende, e di milionari che in mutandoni rincorrono la palla ne abbiamo molti qui in Italia, e qualcuno orgogliosamente si dà anche da fare, reinvestendo nello sport. E come dargli torto? Ma la scherma, vive come una cenerentola, in attesa della fatina, del principe, e del ballo, una combinazione a dir poco perfetta, un qualcosa che se hai il ballo, ma non la fatina, col cavolo che ci vai dal principe, specie se la matrigna fa di te quello che vuole, preferendo le due figlie babbione.

Ex Palazzetto della scherma di Foggia

Nessuna allusione, per favore, qui nessuno dice che vi siano matrigne, né cenerentole, nella Federazione più bella d’Italia, perché tutti abbiamo le stesse occasioni degli altri, per lo meno dal punto di vista agonistico, e spesso vediamo vincere atleti di società neonate, il che vuol dire che la scherma italiana è vivace, imprevedibile, ma sempre nel garage o in palestre rabberciate. Qualcuno ha sfruttato anche un bocciodromo, e ci chiediamo come mai ve ne siano così tanti in Italia, (molti sono in dismissione!) mentre di palestre di scherma non ce ne sono. Sarà forse che la Federazione Italiana delle Bocce, ha trovato la formula magica, o una fatina che gli fa il vestitino compreso di scarpe di cristallo? O forse, cosa più probabile ha cavalcato un trend felice, che è piaciuto? Ha fatto marketing? Un piano economico funzionante? Un dialogo con le amministrazioni e le società sportive? In una sola parola: sièdatadafare? Mi sa di sì. E allora io vorrei il manager delle Bocce per costruire 300 palestre di scherma in Italia, anche lì dove la scherma non si fa, per farla fare a chiunque, grandi, piccoli, vecchi, disabili, ciechi e sordi, e anche ai muti e mi chiedo oramai da anni, come sia riuscita la Federazione Italiana Nuoto a convincere tutte le amministrazioni pubbliche italiane a costruire una piscina nel loro territorio, (impianti che lavorano addirittura più di inverno che d’estate, con ingentissime bollette del gas!). Cosa dire se non: complimenti!? Anche il manager della FIN mi andrebbe bene, purché vi sia un progetto per la scherma, di matrice federale.

Mi chiedo però se sia vantaggioso politicamente che la scherma sia così solida nel suo territorio, cioè se sia utile per l’elezione di presidenti e consiglieri avere tante società così ben strutturate, e non sia meglio averle deboli, bisognose di aiuto e di consolazione, per poter porgere una spalla su cui piangere ogni volta che si chiede il voto, le cui lacrime saranno asciugate con una promessa (legittima!), spesso mantenuta (evviva!), e facilissima da attuare.

So che vale poco, ma prometto di votare il prossimo presidente, solo se nel suo programma avrà almeno una voce che riguarda gli impianti schermistici, e mi offro di spiegargli come strutturarsi per raggiungere questo scopo, in poche, ma efficienti mosse.

Buon lavoro!

Fabrizio ORSINI

 

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