Due anni di claustrofobia legata alla limitazione dell’attività fisica e
sportiva hanno prodotto nella popolazione italiana danni incalcolabili, specie
per i più piccoli. Di questa tipologia di problema, unita anche ad una società
sempre più tecnologica e quindi pigra rispetto all’attività fisica e sportiva,
si è fatta carico la nostra governance statale che con una serie di decreti e
riforme, negli ultimi anni, aveva provato a ristrutturare sia il mondo dello
sport agonistico che quello dello sport come promozione e benessere dando vita
alla società “partecipata”, chiamata Sport e Salute.
Fin dal nome gli obiettivi erano chiarissimi e le azioni dei due ministri che in serie si sono adoperati per far si che il famoso detto “un euro speso nello sport equivale a molti euro risparmiati per curare la salute dei cittadini” sono in qualche modo, pian piano, diventate una realtà. Ovviamente un obiettivo così ambizioso e culturalmente innovativo per la nostra Italia ha subìto non poche spallate, vuoi appunto i due anni di pandemia e quindi le emergenze contingenti hanno tardato a far vedere gli effetti di uno sconvolgimento solo annunciato, in quanto alla fine dei conti non c’è stato.
Attualmente gli equilibri tra CONI (lo sport olimpico-agonistico) e Sport e Salute (lo sport per i cittadini ed il benessere) sono tornati alle origini e non è dato sapere se l’ambizioso processo vedrà mai una fine e la realizzazione dell’obiettivo reale.
Un progetto di tale portata non poteva realizzarsi senza un cambiamento culturale degli italiani e del loro stile di vita, benché la pandemia sembrerebbe aver favorito la creazione di un ambiente sociale più ricettivo di prima. Proprio in questo senso la recente legge di bilancio ha previsto l’assunzione di molte unità nel comparto dell’insegnamento, in particolare alla scuola primaria. Il ministro dell’istruzione Bianchi, il 13 aprile, con la firma del decreto sugli organici, ha ufficializzato l’inserimento dell’educazione fisica (oggi denominata scienza motorie) anche nella scuola primaria (quella che comunemente è la scuola elementare) con uno docente specializzato e non più a carico di un docente genericamente titolato all’insegnamento. La notizia ha prodotto gioia e tripudio anche nel mondo dello sport che ha salutato questo evento come un vero successo personale del sottosegretario allo sport, la quale, essendo stata una valente schermitrice nonché consigliere della Federscherma, ha generato ulteriore entusiasmo quasi a voler intendere che in Italia si potesse immaginare un insegnante di scherma in ogni classe… ma pare sia solo marketing politico, e nulla più.
Perdonate la lunga introduzione, ma personalmente è dal 1987 che sento parlare di questa “riforma” e dell’inserimento degli insegnanti di educazione fisica nella scuola elementare, ma da allora il tempo è passato e la realtà è stata molto diversa: le classi maschili e femminili (ciascuna con un proprio insegnante uomo e donna) sono state unificate dimezzando il numero di posti per i docenti di educazione fisica creando un mare di soprannumerari che solo in questi anni sono stati riassorbiti grazie ai pensionamenti frutto della mitica “quota 100”, partorita da abili algebristi statali. Da bravo “iseffino” con un Onorevole come preside, nutrivo un sogno che solo ora si sta realizzando. Ora però il mondo dello sport ha tutte le ragioni per gioire e sarebbe necessario comprendere meglio la situazione prima di illudere tanti giovani tecnici sportivi, i quali è bene che sappiano che purtroppo i titoli sportivi (maestri di scherma, tennis, nuoto, atletica, ecc…) non potranno entrare nella scuola se non come esperti del loro settore, e in nessun altro modo se non come è accaduto fino ad ora, ovvero grazie alle amicizie con dirigenti ed insegnanti e in qualità di “esterni”.
Vediamo ora alcuni preziosi dettagli che rispondono alla domanda quasi amletica: insegnare o non insegnare? Ovvero chi potrà beneficiare della nuova norma che introduce l’educazione fisica nella scuola primaria? La risposta è semplice, quasi lapalissiana: il candidato dovrà essere in possesso di un titolo di studio valido, ma al momento nella Repubblica Italiana per insegnare l’educazione fisica in qualsiasi scuola di ogni ordine e grado, è necessario possedere una Laurea magistrale in Scienze motorie conseguita in un arco di 5 anni, che qui di seguito elenco:
Al netto degli aggiustamenti legati alle varie contrattazioni sindacali
su precedenze nelle nomine di questa o quella categoria è, almeno in questa
fase, evidente che il mondo dello sport sia stato messo da parte, o se vogliamo
dirla con meno eleganza: non è cambiato nulla, se non il fatto che molti
insegnanti a spasso e grazie a questo decreto tappabuchi, potranno essere
reimpiegati nelle scuole primarie, facendo così bella figura dinanzi ai
giornalisti e gli elettori.
Ma nonostante tutto quanto vi ho raccontato, c’è un aspetto ben più interessante di cui vorrei parlarvi in un secondo articolo.
M° Emilio Basile
Fin dal nome gli obiettivi erano chiarissimi e le azioni dei due ministri che in serie si sono adoperati per far si che il famoso detto “un euro speso nello sport equivale a molti euro risparmiati per curare la salute dei cittadini” sono in qualche modo, pian piano, diventate una realtà. Ovviamente un obiettivo così ambizioso e culturalmente innovativo per la nostra Italia ha subìto non poche spallate, vuoi appunto i due anni di pandemia e quindi le emergenze contingenti hanno tardato a far vedere gli effetti di uno sconvolgimento solo annunciato, in quanto alla fine dei conti non c’è stato.
Attualmente gli equilibri tra CONI (lo sport olimpico-agonistico) e Sport e Salute (lo sport per i cittadini ed il benessere) sono tornati alle origini e non è dato sapere se l’ambizioso processo vedrà mai una fine e la realizzazione dell’obiettivo reale.
Un progetto di tale portata non poteva realizzarsi senza un cambiamento culturale degli italiani e del loro stile di vita, benché la pandemia sembrerebbe aver favorito la creazione di un ambiente sociale più ricettivo di prima. Proprio in questo senso la recente legge di bilancio ha previsto l’assunzione di molte unità nel comparto dell’insegnamento, in particolare alla scuola primaria. Il ministro dell’istruzione Bianchi, il 13 aprile, con la firma del decreto sugli organici, ha ufficializzato l’inserimento dell’educazione fisica (oggi denominata scienza motorie) anche nella scuola primaria (quella che comunemente è la scuola elementare) con uno docente specializzato e non più a carico di un docente genericamente titolato all’insegnamento. La notizia ha prodotto gioia e tripudio anche nel mondo dello sport che ha salutato questo evento come un vero successo personale del sottosegretario allo sport, la quale, essendo stata una valente schermitrice nonché consigliere della Federscherma, ha generato ulteriore entusiasmo quasi a voler intendere che in Italia si potesse immaginare un insegnante di scherma in ogni classe… ma pare sia solo marketing politico, e nulla più.
Perdonate la lunga introduzione, ma personalmente è dal 1987 che sento parlare di questa “riforma” e dell’inserimento degli insegnanti di educazione fisica nella scuola elementare, ma da allora il tempo è passato e la realtà è stata molto diversa: le classi maschili e femminili (ciascuna con un proprio insegnante uomo e donna) sono state unificate dimezzando il numero di posti per i docenti di educazione fisica creando un mare di soprannumerari che solo in questi anni sono stati riassorbiti grazie ai pensionamenti frutto della mitica “quota 100”, partorita da abili algebristi statali. Da bravo “iseffino” con un Onorevole come preside, nutrivo un sogno che solo ora si sta realizzando. Ora però il mondo dello sport ha tutte le ragioni per gioire e sarebbe necessario comprendere meglio la situazione prima di illudere tanti giovani tecnici sportivi, i quali è bene che sappiano che purtroppo i titoli sportivi (maestri di scherma, tennis, nuoto, atletica, ecc…) non potranno entrare nella scuola se non come esperti del loro settore, e in nessun altro modo se non come è accaduto fino ad ora, ovvero grazie alle amicizie con dirigenti ed insegnanti e in qualità di “esterni”.
Vediamo ora alcuni preziosi dettagli che rispondono alla domanda quasi amletica: insegnare o non insegnare? Ovvero chi potrà beneficiare della nuova norma che introduce l’educazione fisica nella scuola primaria? La risposta è semplice, quasi lapalissiana: il candidato dovrà essere in possesso di un titolo di studio valido, ma al momento nella Repubblica Italiana per insegnare l’educazione fisica in qualsiasi scuola di ogni ordine e grado, è necessario possedere una Laurea magistrale in Scienze motorie conseguita in un arco di 5 anni, che qui di seguito elenco:
- LM 67 (Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e
adattative);
- LM 68 (Scienze e tecniche dello sport)
- LM 47 (Organizzazione e gestione dei servizi per lo sport e le attività motorie)
- Titoli di studio equiparati alle predette lauree magistrali ai sensi del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 9 luglio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 7 ottobre 2009, n. 233 (cioè gli ISEF);
- Tutti i sopracitati titoli dovranno essere accompagnati ancheda 24 CFU/CFA, acquisiti in forma curricolare, aggiuntiva o extra curricolare nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche.
Ma nonostante tutto quanto vi ho raccontato, c’è un aspetto ben più interessante di cui vorrei parlarvi in un secondo articolo.
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