Certamente ricorderete il
deprecabile episodio che vide un tecnico italiano accreditarsi come tale per la
Repubblica Ceca in occasione di una prova di Coppa del Mondo di fioretto
maschile, assistendo a fondo pedana un atleta di quella nazione. La FIS
deliberò l’invio di una informativa al Procuratore federale per le indagini del
caso al fine di verificare eventuali responsabilità disciplinari. Espletate
tali indagini la Procura federale comunicava al su menzionato tecnico il “Provvedimento
di conclusioni indagini e l’intendimento di deferirlo”.
La decisione pubblicata è stata letta ed analizzata e quindi, pur rispettando il principio, noto e condivisibile, secondo il quale i provvedimenti giurisdizionali devono essere rispettati, non possiamo esimerci da alcuni opportuni commenti.
Il Tribunale Federale si è pronunciato su una vicenda molto
scabrosa che riguarda un tecnico, accreditato più volte come maestro della
rappresentativa nazionale italiana, il quale, indossando addirittura la divisa
dell’Italia, si recava a bordo pedana a sostenere un atleta di altra
nazionalità che tirava contro un ragazzo della nostra squadra.
Rispettiamo certamente la decisione del tribunale federale ma ci sembra opportuno svolgere qualche lecita considerazione critica di carattere generale.
Il tecnico ha posto in essere una condotta gravissima in quanto ha sostenuto un atleta straniero a bordo pedana dandogli consigli affinché potesse battere un rappresentante della nostra nazionale.
Lo stesso organo giudicante ha ritenuto che questo comportamento viola i principi di lealtà e correttezza sportiva nei confronti della FIS e dei suoi affiliati e tesserati ed integra una infrazione disciplinare di non lieve entità.
Effettivamente non può revocarsi in dubbio che, tenuto conto del divieto di cui all’art.7 co.4 del vigente codice etico FIS, che inibisce a tecnici ed accompagnatori di fornire assistenza a bordo pedana in assalti in cui sono coinvolti due atleti italiani, a fortiori quanto accaduto nel caso de quo appare di una gravità estrema.
Tanto è vero che la stessa Procura Generale del CONI, interessata ai fini di un patteggiamento poi effettivamente non realizzato, riteneva assolutamente non congrua la sanzione concordata. Infatti ad opinione della Procura CONI si era in presenza di un comportamento particolarmente grave perché tenuto in una gara internazionale di Coppa del Mondo e nel corso di un assalto contro un atleta italiano. Si trattava di una sanzione pecuniaria proposta nella misura di €400 da suddividere in due rate.
Inopinatamente a seguito del procedimento disciplinare il Tribunale federale, ritenuta comunque la non lieve responsabilità dell’incolpato, lo sanzionava proprio con l’onere pecuniario ritenuto non congruo dalla Procura CONI!
Certamente di tratta di un giudizio discrezionale e quindi legittimo da parte del Tribunale federale della FIS ma non possiamo non rimarcare da un lato lo “sgarbo” istituzionale nei confronti della Procura CONI, organo certamente rappresentativo e autorevole a livello centrale, sia in concreto la inadeguatezza della sanzione inflitta.
Sembrerebbe che l’organo federale, pur riconoscendo la responsabilità disciplinare dell’incolpato, abbia voluto comunque mitigare con la determinazione della sanzione la gravità del fatto.
A nostro avviso questo atteggiamento è inaccettabile, il fatto meritava un ben altro approccio e l’applicazione di una sanzione ben più pesante.
Si rileva, inoltre, come la FIS in presenza di indicazioni del CONI, sia di carattere disciplinare che amministrativo, tenda ad assumere posizioni oscillanti nel senso che le recepisce a seconda della propria convenienza. È pur vero che la Federazione è autonoma ma è altrettanto vero che un minimo di coerenza e di rispetto istituzionale non guasterebbe.
La decisione pubblicata è stata letta ed analizzata e quindi, pur rispettando il principio, noto e condivisibile, secondo il quale i provvedimenti giurisdizionali devono essere rispettati, non possiamo esimerci da alcuni opportuni commenti.
Rispettiamo certamente la decisione del tribunale federale ma ci sembra opportuno svolgere qualche lecita considerazione critica di carattere generale.
Il tecnico ha posto in essere una condotta gravissima in quanto ha sostenuto un atleta straniero a bordo pedana dandogli consigli affinché potesse battere un rappresentante della nostra nazionale.
Lo stesso organo giudicante ha ritenuto che questo comportamento viola i principi di lealtà e correttezza sportiva nei confronti della FIS e dei suoi affiliati e tesserati ed integra una infrazione disciplinare di non lieve entità.
Effettivamente non può revocarsi in dubbio che, tenuto conto del divieto di cui all’art.7 co.4 del vigente codice etico FIS, che inibisce a tecnici ed accompagnatori di fornire assistenza a bordo pedana in assalti in cui sono coinvolti due atleti italiani, a fortiori quanto accaduto nel caso de quo appare di una gravità estrema.
Tanto è vero che la stessa Procura Generale del CONI, interessata ai fini di un patteggiamento poi effettivamente non realizzato, riteneva assolutamente non congrua la sanzione concordata. Infatti ad opinione della Procura CONI si era in presenza di un comportamento particolarmente grave perché tenuto in una gara internazionale di Coppa del Mondo e nel corso di un assalto contro un atleta italiano. Si trattava di una sanzione pecuniaria proposta nella misura di €400 da suddividere in due rate.
Inopinatamente a seguito del procedimento disciplinare il Tribunale federale, ritenuta comunque la non lieve responsabilità dell’incolpato, lo sanzionava proprio con l’onere pecuniario ritenuto non congruo dalla Procura CONI!
Certamente di tratta di un giudizio discrezionale e quindi legittimo da parte del Tribunale federale della FIS ma non possiamo non rimarcare da un lato lo “sgarbo” istituzionale nei confronti della Procura CONI, organo certamente rappresentativo e autorevole a livello centrale, sia in concreto la inadeguatezza della sanzione inflitta.
Sembrerebbe che l’organo federale, pur riconoscendo la responsabilità disciplinare dell’incolpato, abbia voluto comunque mitigare con la determinazione della sanzione la gravità del fatto.
A nostro avviso questo atteggiamento è inaccettabile, il fatto meritava un ben altro approccio e l’applicazione di una sanzione ben più pesante.
Si rileva, inoltre, come la FIS in presenza di indicazioni del CONI, sia di carattere disciplinare che amministrativo, tenda ad assumere posizioni oscillanti nel senso che le recepisce a seconda della propria convenienza. È pur vero che la Federazione è autonoma ma è altrettanto vero che un minimo di coerenza e di rispetto istituzionale non guasterebbe.
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