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Etna |
Parafrasando il “Cuore” di De
Amicisiana memoria si potrebbe dire dall’Etna al Monte Bianco. Infatti, nel
giro di pochi giorni, la carovana schermistica ha percorso l’Italia per ben
1472 chilometri, dando seguito ad una pletora di competizioni compresse
temporalmente, senza soluzione di continuità, e disseminate lungo tutta la
penisola, isole comprese. Vorremmo complimentarci con coloro che ci hanno
proposto quest’ultimo sforzo, soprattutto economico, dopo una stagione che ha
oltremodo appesantito il calendario anche a causa degli effetti ritardanti del
lockdown pandemico, laddove non ce ne sarebbe stato bisogno. Abbiamo contato,
dal 28 di aprile ad oggi, ben 21 giorni di gara senza considerare quelli di
trasferimento, ben oltre la metà di quelli a disposizione sul calendario! Mi
sembra conveniente per un’attività sportiva che viene definita dilettantistica,
tanto più per i “mister” o “coach” non militari vengono etichettati dalla
stessa FIS “volontari” o “dilettanti”. Viaggi continui e costosi, talvolta per
competizioni di modesto spessore e di pochi partecipanti, che si sono riflessi
sulle finanze delle famiglie (in special modo dei non militari, i veri
dilettanti di questo sport) e delle associazioni sportive, in particolare
quelle piccole e medie, ancorché non adeguatamente attrezzate come agenzie di
viaggio. Che dire poi dei tecnici, per non usare l’obsoleto e sconveniente
termine caro al Presidente Mattarella, quello di “maestri”, che non hanno
potuto svolgere il loro compito lasciando sguarnite le sale, provocando
risentite lamentele degli atleti che non si sono sentiti adeguatamente seguiti.
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Monte Bianco |
Ma c’è una logica, un disegno, un
significato, uno straccio di programma dietro questo “giro d’Italia”
schermistico? La Federazione che abbiamo voluto e votato si è pienamente resa
conto dei dissesti provocati nel fondamentale mondo di coloro che praticano lo
sport per diletto, seppure nell’accezione agonistica, che traduce la
possibilità di provarsi e di conoscere se stessi, formandosi ed educandosi alla
vita e alle molteplici difficoltà che essa propone?
Probabilmente, senza esserne nemmeno
pienamente consapevoli, sulla scia di quanto è andato maturando negli ultimi
anni, allontanandosi dalla mission fondamentale dello sport che mira alla
crescita delle persone, i nostri rappresentanti politici, i nostri consiglieri,
sono sempre più sbilanciati nel delineare il profilo professionistico (che non coincide
per forza con professionale) di quest’attività sportiva. La loro attenzione è sempre
più rivolta alla formazione dei campioni, al loro sostegno (l’intervento
militare o paramilitare nei confronti di circa centotrenta atleti, per non
parlare dei “tecnici”, fa del nostro uno “sport di stato”, differentemente da
quanto si verifica nella maggior parte delle altre nazioni), alle loro vittorie
internazionali. Fin quando questo fa da traino, da specchietto per le allodole alla
pratica sportiva ben venga ma quando diviene fine a se stesso provoca
sconquassi anche prevedibili. La perdita di praticanti, la concorrenza sleale
tra militari e civili, la migrazione dei nostri maestri, soprattutto giovani,
all’estero e così via.E’ questa l’interpretazione e il
grido d’allarme che preme sottolineare commentando un calendario discutibile per
numero di gare e per la loro dislocazione geografica, in cui poco ci si
sofferma sul significato e gli obiettivi dello sport nelle diverse epoche della
vita e sulla sostenibilità da parte di atleti, famiglie, associazioni, e
insegnanti che, al di fuori di un aiuto statale, vengono abbandonati a loro
stessi.
Pare sempre più attuale ciò che amo sempre ripetere: meditate, gente, meditate!
RispondiEliminaCordialmente.
Gaspare Gardella
E' una analisi cruda ma veritiera. Credo che la FIS debba veramente meditare prima di scegliere le sedi di gara. Non credo ci sia altro da aggiungere.
RispondiEliminaMi riferisco ai soliti anonimi, non ho l'aspirazione ad essere seguito, piuttosto voglio essere sempre libero di manifestare apertamente il mio pensiero: condivisibile o meno.
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