Infatti il piccolo roditore dal
palato sopraffino riesce a comandare il corpo di Alfredo con maestria, muovendo
le ciocche dei capelli dell’amico, nascondendosi sotto il cappello da chef,
tanto che potremmo dire che il povero Linguini è un burattino nelle zampette
del topo.
Il film finisce quando si scopre
l’inganno, e come nelle migliori favole americane, ognuno trova la sua
vocazione. Alfredo diventa un veloce cameriere che si muove sui pattini e il
topo fa lo cuoco assieme alla morosa dell’amico in un bistrot romantico che
ottiene successo grazie al ménage à trois.
Se non fosse una favola e non
fosse servito per inaugurare Disneyland Paris, (una specie di cattedrale
raccattasoldi nella pianura dell’Ile de France), avrei detto che il film è una
vera schifezza. Ma essendosi sforzati di creare una storia più o meno moderna,
senza dover attingere ai Fratelli Grimm o ad altri racconti popolari, non mi
vergogno di dire che di americano c’è quel tanto che basta per farmelo
disprezzare, tanto quanto invece me lo fa amare in virtù di quel poco di
europeo che vi è stato infilato. Resta il fatto che di originalità come al
solito ce n’è poca, e alla fine si capisce che è la solita operazione di
marketing per fare soldi, e senza dare mai, o quasi, nessun messaggio profondo.
L’obiettivo sembra infatti quello di poter vendere sempre la stessa acqua
zuccherata addizionata di anidride carbonica, ma con una etichetta diversa. Un
po’ come dire che alla fine la minestra servita è sempre la medesima, perché il
cuoco non cambia mai. Ed è qui il punto: stesso menù, stesso cuoco.
So che è trita, ma come non
sovvenire la frase di Tancredi ne Il Gattopardo, che diceva: “Se vogliamo che
tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.”
Se quindi il teorema fosse
questo, come faremmo a capire se le cose stanno cambiando davvero nella
scherma? Se si è abituati a mangiare sempre la stessa zuppa, quando vi
serviranno qualcosa di meglio, sarà inevitabile credere che le cose non vadano
bene.
Ricordo a tal proposito un
vecchio amico che fin da piccolo era stato abituato a mangiare polenta, tanto
che per lui era il cibo più buono del mondo. Forse il problema era che non
aveva conosciuto uno chef diverso. E, sempre forse, il secondo e più profondo
dramma era che immaginare di mangiare cose differenti dalle solite lo avrebbe
in qualche modo spaventato.
In fondo è un problema antico
come l’umanità, se anche gli ebrei stanchi di mangiare gratis manna calata dal
cielo e quaglie, sospiravano con nostalgia le cipolle d’Egitto. E forse (ah
quanti ce ne sono!) è il sapore delle cipolle che un tempo si mangiavano nella
scherma che è rimasto nella bocca di molti, anche perché Azzi non ha ancora
servito quaglie a nessuno, prediligendo, sebbene centellinata, meritocrazia e
competenza, come se fosse timida quanto lui, una manna calata dal cielo sul
prato della scherma.
Sebbene io sia dispiaciuto del
fatto che Luigi Martillotti, arbitro giovane e lanciato, non sia entrato nella
Commissione referee, non posso lamentarmi degli splendidi successi di Giuseppe
Cafiero nella Commissione regolamenti, Gian Domenico Varallo Commissione SEMI,
Antonio Fiore, in quella medica. Tutti e tre risultati al primo posto nelle
votazioni, seguiti da Maurizio Randazzo, quarto nella Commissione legale. Un
grande successo italiano e di Azzi, terzo nel gradimento del Bureau!
Ho poi fatto una riflessione
pensando alla persona che esortava Azzi in modo moralistico, dicendo che
avrebbe dovuto starsene fuori dal Bureau, ingaggiare una protesta, e schierarsi
con lo Svedese antagonista di Uzmanov. Mi sono chiesto come avrebbe vissuto lui
l’altamente probabile déblacle italiana nello stare fuori dal bureau e dalle
varie commissioni e finanche vedere la sconfitta proiettata sullo schermo
gigante. Avrebbe goduto, oppure si sarebbe sentito una schifezza?
Mi chiedo se questa persona che
ha avuto il coraggio di alzare il ditino e dire la sua, con la presunta
sapienza del politico navigato, e che sta saggiando per la prima volta la
schermaglia delle azioni di palazzo, ben diverse da quelle delle pedane, come
avrebbe reagito nel vedere i nomi degli italiani tagliati fuori dai giochi
definitivamente? È spirito azzurro, o di altro colore?
Però lo voglio ringraziare,
perché per la prima volta grazie al suo pipponcino anche poco sostanzioso,
abbiamo assistito con trepidazione alle votazioni FIE, che nella scherma
italiana da almeno un ventennio non sono fregate mai a nessuno e anzi, forse qualcuno
sperava che l’Italia fallisse, per poter guadagnare terreno in patria, in
quella che sarà ricordata come la campagna elettorale più becera della storia
della FIS.
Invio a Paolo Azzi il miglior
augurio di buon lavoro, assieme a tutti gli italiani che sono stati pienamente
confermati, consapevole dell’importanza della nostra presenza nella scherma
mondiale.
Fabrizio ORSINI
Ma chi era "questa persona che esortava Azzi in modo moralistico, dicendo che avrebbe dovuto starsene fuori dal Bureau"?
RispondiEliminaC'è stata veramente o è frutto della vulcanica fantasia del mio amico Fabrizio?
Certo che questo soggetto, se esiste davvero, ha dimostrato di capire poco o nulla dei movimenti politici nell'ambito FIE e del gradimento che l'attuale (e non la vecchia) FIS riscuote in campo internazionale.
A meno che, la suddetta perla di rara saggezza sia stata dispensata, con consumata abilità, da un finto amico, che l'ha spacciata per verità assoluta: allora, è evidente che le intenzioni erano ben altre e non certo madreperlate.
Cordialmente.
Gaspare Fardella
Caro Gaspare, ho inventato tutto. Ti pare che esista qualcuno che voglia o sia "il male della scherma"?
RispondiEliminaNooo nella scherma siamo tutti buoni, nessuno pensa male, né agisce per proprio interesse, o per conservare la cadrega.
Chi oggi resuscita non lo fa per salvare il mondo, ma per mantenere il potere.
Un caro saluto
Fabrizio Orsini
P.S. giorni fa lo hanno visto aggirarsi per sostenere un certo gruppo di persone il cui nome di appartenenza ha le sue stesse iniziali. Di certo lo vedremo ancora, perché non resisterà a stare nell'ombra. Ama troppo apparire