La campagna elettorale procede a passi svelti verso il suo momento finale, quello celebrativo delle votazioni, e fino a questo momento - con mio sommo rammarico - non posso, purtroppo, che affermare: “nulla di nuovo all’orizzonte!”
Stiamo, infatti,
assistendo al riemergere, in maniera convulsa e frenetica, di una “vecchia
politica”, al ritorno cioè di quel malinconico e triste modo di far “politica”,
assolutamente mortificante ed inelegante, che non ha per reale obiettivo la
crescita e lo sviluppo di un gruppo o una collettività o comunità di persone,
bensì il raggiungimento di traguardi individuali, al solo fine di appagare il
proprio ego e la propria personale ambizione:
occupare quella “particolare poltrona”.
Una politica ampiamente
umiliante, perché caratterizzata da prebende e promesse, da incarichi e
avvicendamenti, che, in prossimità del voto, aumentavano a dismisura e che ha
visto il suo apice negli scorsi quattro lustri.
Vale appena il caso di
ricordare che tale modus operandi è
stato mandato al macero, o, se preferite, in discarica, da Azzi, il quale ha
rivolto tutti i suoi sforzi a prediligere attitudini, abilità, meriti e capacità,
piuttosto che cartellini da mettere sulle poltroncine o sulle targhe premio.
Sembrava definitivamente
finito il “mercatino” dove proposta e adesione, domanda e offerta si
incontravano e si accordavano, alla stregua del Paese dei balocchi della storia
di Pinocchio, dove - come è noto - l’unico che ci guadagnava era l’imbonitore!
Anche oggi, purtroppo,
vediamo, anzi, assistiamo, da vicino e da lontano, a quelle stesse metodiche e a
quelle stesse azioni che ritenevamo essere state abbandonate, per questo - a
costo di essere ripetitivo - dico ancora una volta: niente di nuovo
all’orizzonte; anzi, sembra ci sia un peggioramento.
Ciò (il peggioramento)
lo si evince non soltanto dallo sbandieramento di promesse talmente enormi ed
imponenti che appare del tutto evidente che queste difficilmente potranno
essere mantenute, se non in toto almeno in gran parte, ma soprattutto dalla
provenienza di taluni “endorsement”, pienamente rivelatori della identità del propugnatore,
il quale, a dispetto di quanto da lui sempre sostenuto (rotazione, limiti di
mandato, trasparenza, decentramento), poco o nulla ha veramente realizzato.
La conferma di tale
assunto la si coglie dal seguente semplice episodio, evidente anche ai più
distratti: nel 2012 fu votato un presidente; costui venne riconfermato nel
2016, e successivamente, nel 2020, indicò Azzi, già vice presidente, quale suo
naturale sostituto, sostenendone candidatura ed elezione; oggi, appunto in
stridente contraddizione con quanto prima affermato, sembrerebbe, ma sono voci
che circolano da tanto tempo e che io per primo posi in evidenza sul blog, che
quel soggetto stia supportando e suggerendo un diverso candidato.
Alcuni parrebbero non
comprenderne il motivo, malgrado questo sia a tutti ben chiaro ed è da
ravvisarsi sul suo naturale allontanamento, allora imposto per legge ma dal
medesimo non digerito del tutto, tanto che ha cercato, in vari - ma vani - modi, di
“tornare in sella” ad agitare il vessillo del comando; forse, poiché il tentativo
di rientro/ritorno non è stato visto di buon occhio dai vertici federali, che hanno posto una certa resistenza, egli appoggia altri soggetti, sperando/affidandosi alla
loro benevolenza e riconoscenza.
Difficile poter
sostenere che all’orizzonte appaia un “nuovo che avanza”, ben potendosi
invece affermare l’assoluto contrario: si avvista all'orizzonte un molto probabile “totale ritorno al passato”.
E ciò vale tanto per i
soggetti che si affacciano nell’agone, quanto per i superati e vecchi metodi posti in essere, nello sforzo di esibire, mostrare, quasi ostentare, per non
dire millantare, un consenso in verità non ancora raggiunto.
Infatti, da una certa
parte, si asserisce il possesso di così tanti sostegni e voti, da far pensare
che il risultato sia già acquisito; ed, allora, mi domando: “perché chiedere le
deleghe?”, se il passato, sotto mentite spoglie, ha già vinto?
Peraltro, ad ulteriore conferma della vetustà dei metodi usati, è opportuno rammentare che proprio la “richiesta della delega” rappresenta un segno distintivo di un vecchio stile elettorale, antidemocratico, appartenuto ad un tempo passato, del quale francamente siamo tutti un po’ stanchi: ciò vale per tutti.
Non posso fare a meno di
rilevare - con grande dispiacere - come la lealtà ed il buon gusto, facilmente
rilevabili nei comportamenti di Azzi, specialmente in quest’ultimo difficile
triennio olimpico, siano visti come dei disvalori e cedano il passo a quel vecchio
criterio, appunto appartenente, come peculiare segno distintivo, a quel passato
che tenta di ritornare.
Al momento, dunque, niente
di moderno all’orizzonte; siamo di fronte alla vecchia politica fatta di
prebende, promesse in prossimità del voto; stiamo entrando nel vivo della
campagna elettorale per il rinnovo delle cariche federali e sembra proprio che,
rispetto al passato, nulla sia cambiato: le stesse metodiche e le stesse
azioni, pertanto - come già detto - niente di moderno all’orizzonte.
Qualche sostenitore del
candidato presidente, dr. MAZZONE, sostiene che debba vincere a tutti i costi.
Un po’ di classe non guasterebbe. Naturalmente certuni potrebbero farmi notare
che in politica vale tutto, ma qui siamo in campo sportivo dove valori come
lealtà franchezza e correttezza dovrebbero farla da padrone.
In conclusione, vorrei
che l’elettorato facesse le proprie scelte sulla base di conoscenze, esperienze
ed affidabilità e non su pressioni di questo o quello: sia libero e scevro da
condizionamenti: il movimento scherma non ha bisogno di salti nel buio.
Ezio RINALDI
Più di una persona non condivide il contenuto del mio articolo: c è chi lo ha fatto pubblicamente e chi in privato. Ringrazio queste persone per la loro franchezza: é quello che ammiro di più in una persona. Capisco la loro divergenza, ma come sempre esprimo apertamente ciò che penso e non pretendo di essere condiviso. Attendo che anche altri si esprimano.
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