21 dicembre 2024

MANIPOLAZIONI E TRASPARENZA

Tentare di condizionare le persone chiamate al voto, facendo loro credere di aver già vinto le elezioni, è una strategia altamente ingannevole e pericolosa, che si basa sul creare una falsa sensazione di certezza e di successo, influenzando la percezione di chi legge e potenzialmente alterandone il comportamento.
Di solito, questa vera e propria manipolazione può manifestarsi in diverse forme e utilizzare varie tecniche comunicative.
Una delle strategie più utilizzate è rappresentata dalle Dichiarazioni premature di vittoria. A volte, infatti, i politici o i gruppi di interesse annunciano vittorie che non sono ancora state ufficialmente confermate. Questo può spingere gli elettori a credere addirittura che il loro voto non sia necessario o in grado di influenzare il risultato finale.
In altri casi si assiste alla Diffusione di informazioni fuorvianti, cioè sondaggi o analisi non ufficiali, che riportano numeri inventati di sana pianta per mostrare risultati favorevoli, suggerendo per di più che una parte abbia già vinto. Questo può demotivare gli elettori della parte rivale, che potrebbero sentirsi senza speranza.
Ma la dinamica più perversa è di sicuro la creazione di un effetto di "autoavveramento", fenomeno che si determina quando un numero sufficiente di persone crede che un candidato abbia già vinto.
L’obiettivo di quest’operazione, in effetti, è di fare in modo che una semplice profezia finisca col realizzarsi inducendo subdolamente gli avversari a crederla vera e, quindi, convincendoli a ritenersi sconfitti prima del tempo.
Le implicazioni etiche e legali di simili azioni di condizionamento sono gravi.
Diffondere informazioni false o ingannevoli, infatti, può minare la democrazia, ridurre la fiducia e creare inasprimenti dei conflitti o vere e proprie liti con la parte avversaria.
Va sottolineato, tra l’altro, che in molti paesi è vietato influenzare indebitamente gli elettori in questo modo.
Dunque, bisogna sempre avere il massimo rispetto dell’intelligenza degli elettori e, in particolare, dei presidenti di società della scherma italiana.
A buon intenditore.
Visto, poi, che abbiamo parlato di alcune strategie che possono caratterizzare le campagne elettorali in democrazia, voglio cogliere quest’occasione per accennare anche ad altre dinamiche non proprio entusiasmanti.
Una delle più classiche è di sicuro la mancanza di trasparenza.
La trasparenza, infatti, è considerata un pilastro della democrazia, in quanto consente ai cittadini di monitorare e valutare l'operato delle istituzioni ma, soprattutto, rafforza la fiducia tra le parti coinvolte, che siano cittadini e governi, aziende e consumatori, o individui in una relazione.
Essa implica, dunque, un'apertura e una chiarezza nella comunicazione, nei processi decisionali e nell'accesso alle informazioni.
In conclusione, è di fondamentale importanza rendere visibile agli elettori ciò che altrimenti rimarrebbe nascosto.
Ezio RINALDI

19 dicembre 2024

NULLA DI NUOVO ALL'ORIZZONTE

La campagna elettorale procede a passi svelti verso il suo momento finale, quello celebrativo delle votazioni, e fino a questo momento - con mio sommo rammarico - non posso, purtroppo, che affermare: “nulla di nuovo all’orizzonte!”

Stiamo, infatti, assistendo al riemergere, in maniera convulsa e frenetica, di una “vecchia politica”, al ritorno cioè di quel malinconico e triste modo di far “politica”, assolutamente mortificante ed inelegante, che non ha per reale obiettivo la crescita e lo sviluppo di un gruppo o una collettività o comunità di persone, bensì il raggiungimento di traguardi individuali, al solo fine di appagare il proprio ego e la propria personale ambizione: occupare quella “particolare poltrona”.

Una politica ampiamente umiliante, perché caratterizzata da prebende e promesse, da incarichi e avvicendamenti, che, in prossimità del voto, aumentavano a dismisura e che ha visto il suo apice negli scorsi quattro lustri.

Vale appena il caso di ricordare che tale modus operandi è stato mandato al macero, o, se preferite, in discarica, da Azzi, il quale ha rivolto tutti i suoi sforzi a prediligere attitudini, abilità, meriti e capacità, piuttosto che cartellini da mettere sulle poltroncine o sulle targhe premio.

Sembrava definitivamente finito il “mercatino” dove proposta e adesione, domanda e offerta si incontravano e si accordavano, alla stregua del Paese dei balocchi della storia di Pinocchio, dove - come è noto - l’unico che ci guadagnava era l’imbonitore!

Anche oggi, purtroppo, vediamo, anzi, assistiamo, da vicino e da lontano, a quelle stesse metodiche e a quelle stesse azioni che ritenevamo essere state abbandonate, per questo - a costo di essere ripetitivo - dico ancora una volta: niente di nuovo all’orizzonte; anzi, sembra ci sia un peggioramento.

Ciò (il peggioramento) lo si evince non soltanto dallo sbandieramento di promesse talmente enormi ed imponenti che appare del tutto evidente che queste difficilmente potranno essere mantenute, se non in toto almeno in gran parte, ma soprattutto dalla provenienza di taluni “endorsement”, pienamente rivelatori della identità del propugnatore, il quale, a dispetto di quanto da lui sempre sostenuto (rotazione, limiti di mandato, trasparenza, decentramento), poco o nulla ha veramente realizzato.

La conferma di tale assunto la si coglie dal seguente semplice episodio, evidente anche ai più distratti: nel 2012 fu votato un presidente; costui venne riconfermato nel 2016, e successivamente, nel 2020, indicò Azzi, già vice presidente, quale suo naturale sostituto, sostenendone candidatura ed elezione; oggi, appunto in stridente contraddizione con quanto prima affermato, sembrerebbe, ma sono voci che circolano da tanto tempo e che io per primo posi in evidenza sul blog, che quel soggetto stia supportando e suggerendo un diverso candidato.

Alcuni parrebbero non comprenderne il motivo, malgrado questo sia a tutti ben chiaro ed è da ravvisarsi sul suo naturale allontanamento, allora imposto per legge ma dal medesimo non digerito del tutto, tanto che ha cercato, in vari - ma vani - modi, di “tornare in sella” ad agitare il vessillo del comando; forse, poiché il tentativo di rientro/ritorno non è stato visto di buon occhio dai vertici federali, che hanno posto una certa resistenza, egli appoggia altri soggetti, sperando/affidandosi alla loro benevolenza e riconoscenza.

Difficile poter sostenere che all’orizzonte appaia un “nuovo che avanza”, ben potendosi invece affermare l’assoluto contrario: si avvista all'orizzonte un molto probabile “totale ritorno al passato”.

E ciò vale tanto per i soggetti che si affacciano nell’agone, quanto per i superati e vecchi metodi posti in essere, nello sforzo di esibire, mostrare, quasi ostentare, per non dire millantare, un consenso in verità non ancora raggiunto.

Infatti, da una certa parte, si asserisce il possesso di così tanti sostegni e voti, da far pensare che il risultato sia già acquisito; ed, allora, mi domando: “perché chiedere le deleghe?”, se il passato, sotto mentite spoglie, ha già vinto?

Peraltro, ad ulteriore conferma della vetustà dei metodi usati, è opportuno rammentare che proprio la “richiesta della delega” rappresenta un segno distintivo di un vecchio stile elettorale, antidemocratico, appartenuto ad un tempo passato, del quale francamente siamo tutti un po’ stanchi: ciò vale per tutti.

Non posso fare a meno di rilevare - con grande dispiacere - come la lealtà ed il buon gusto, facilmente rilevabili nei comportamenti di Azzi, specialmente in quest’ultimo difficile triennio olimpico, siano visti come dei disvalori e cedano il passo a quel vecchio criterio, appunto appartenente, come peculiare segno distintivo, a quel passato che tenta di ritornare.

Al momento, dunque, niente di moderno all’orizzonte; siamo di fronte alla vecchia politica fatta di prebende, promesse in prossimità del voto; stiamo entrando nel vivo della campagna elettorale per il rinnovo delle cariche federali e sembra proprio che, rispetto al passato, nulla sia cambiato: le stesse metodiche e le stesse azioni, pertanto - come già detto - niente di moderno all’orizzonte.

Qualche sostenitore del candidato presidente, dr. MAZZONE, sostiene che debba vincere a tutti i costi. Un po’ di classe non guasterebbe. Naturalmente certuni potrebbero farmi notare che in politica vale tutto, ma qui siamo in campo sportivo dove valori come lealtà franchezza e correttezza dovrebbero farla da padrone.

In conclusione, vorrei che l’elettorato facesse le proprie scelte sulla base di conoscenze, esperienze ed affidabilità e non su pressioni di questo o quello: sia libero e scevro da condizionamenti: il movimento scherma non ha bisogno di salti nel buio.

Ezio RINALDI

18 dicembre 2024

IL DIRETTORE D'ORCHESTRA: finto o vero?

Bellissimo ed interessante video preso dalla pagina facebook del Presidente Paolo AZZI.
La didascalia fa molto riflettere, ma la l'aspetto più avvincente è l'ascolto la cui voce ci racconta di un finto direttore d'orchestra che sembra guidato da una figura esterna, la quale gli suggerisce, da dietro le quinte, i movimenti da effettuare per dirigere gli orchestrali. Però non ho capito chi sia il convitato di pietra. Certo è che la storia potrebbe portarci a riflettere sul momento attuale della vita federale, in particolare sulla campagna elettorale per il rinnovo delle cariche elettive della FIS.
Buona Visione
Ezio RINALDI

 

LA SALVAGUARDIA DELLE ARMI CONVENZIONALI

 La salvaguardia delle armi convenzionali: il punto del Presidente AZZI in prospettiva futura.

Ezio RINALDI


07 dicembre 2024

VOTAZIONI, PROMESSE E MENZOGNE

(Dipinto: la Verità che esce dal pozzo, Jean-Léon Gérome, 1896.)
In quasi tutto il mondo, a vari livelli, in numerosi ambiti e in diversi luoghi, è tempo di votazioni e quindi di incontri, riunioni, assemblee, confronti, proclami, discorsi, dichiarazioni, affermazioni, orazioni, sermoni, esposizioni di programmi/impegni, promesse, creazione di accordi, patti, alleanze, intese, cioè parole, parole, parole e ancora parole.

Spesso il confronto fra i molteplici candidati avviene all’insegna di chi la spara più grossa; da qui il disagio e la difficoltà dell’elettore nel distinguere chi si avvicina di più alla verità e chi da questa si allontana maggiormente.

Forse è per questo - e lo dico absit iniura verbis - che in tali circostanze mi sovviene un simpatico aneddoto, molto calzante e significativo, che narra dell’incontro avvenuto un tempo tra la “menzogna” e la “verità”; dico subito che la storiella non è mia, ma che questa mi è piaciuta così tanto che l’ho postata, tempo fa, sulla mia pagina di FB e che, qui di seguito, pongo alla vostra attenzione.

 “Un giorno, la Menzogna incontrò la Verità e, dopo i convenevoli di rito, la prima disse alla seconda: “Facciamo un bagno insieme, l'acqua del pozzo è molto bella”.

La Verità, sospettosa e dubbiosa, provò l'acqua e scoprì che era davvero bella.

A quel punto, si convinse e i due, spogliatisi, entrarono in acqua per fare il bagno.

Ma, improvvisamente, la Menzogna uscì dall'acqua e fuggì, indossando i vestiti della Verità.

La Verità, furiosa, uscì dal pozzo per riprendersi i vestiti, ma non li trovò; ed il mondo, pertanto, vedendo la Verità nuda, distolse lo sguardo, con rabbia e disprezzo.

La povera Verità tornò al pozzo e scomparve per sempre, nascondendo le sue vergogne.

Da allora, la Menzogna gira per il mondo, vestita con i panni della Verità e, dunque, come questa, soddisfacendo i bisogni della società, giacché il mondo non nutre alcun desiderio di incontrare la Verità nuda”.

 Meditate, gente, meditate.

Cordialmente.

Gaspare Fardella

06 dicembre 2024

L'AUTOSOSPENSIONE DI USMANOV: che pagliacciata!

Riporto quanto pubblicato dalla FIE, peraltro articolo segnalatomi da più parti. Non credo ci sia molto altro da aggiungere anche perchè sull'argomento mi sono già abbondantemente espresso.

Purtroppo la potenza economica di Usmanov è tale che difficilmente le federazioni più povere possano resistere al richiamo del denaro. Però bisogna anche denunciare che non solo le federazioni più povere soggiacciono al potere dell'oligarca ma anche quelle tradizionalmente più strutturate ed importanti. In tal senso vale la pena ricordare che una delle vice presidenze è stata attribuita alla rappresentante ungherese. Ci sarebbe bisogno di una opposizione seria che dovrebbe partire dalla compattezza delle federazioni europee (oltre 45 FN) che tutte insieme potrtebbero, e dico potrebbero, in un qualche modo ostacolare l'azione dell'Uzbeco. Purtroppo non è così e lo si evince dal fatto che l'alternativa a Usmanov ha ottenunuto 26 voti. Alla luce di quanto emerso e del procedere in ordine sparso delle federazioni europee, il pragmatismo del Presidente AZZI è stato vincente e gli vanno espressi sinceri i complimenti.

Per quianto riguarda l'autosospensione dall'esercizio delle funzioni di Presidente della FIE, affermo che è un atto offensivo verso tutto il movimento e che questa pagliacciata si poteva evitare.

Ezio RINALDI





TRADUZIONE ITALIANA

Gentile Presidente,

Decisione del Comitato Esecutivo della FIE

Il Comitato Esecutivo della FIE si è riunito il 1° dicembre 2024 ed è stato informato della decisione del Sig. Alisher Usmanov di sospendere volontariamente l'esercizio dei suoi poteri e doveri di Presidente della Federazione Internazionale di Scherma al fine di garantire l'efficienza delle operazioni della federazione.

Il Comitato Esecutivo ha accettato e ratificato la decisione del Sig. Alisher Usmanov di sospendere l'esercizio dei suoi poteri e doveri di Presidente della FIE.

In conformità con l'Articolo 5.1 degli Statuti della FIE, in base al quale la gestione della FIE tra i Congressi è affidata a un Comitato Esecutivo, e al fine di garantire il regolare funzionamento della FIE, il Comitato Esecutivo ha nominato il Sig. Emmanuel Katsiadakis come Presidente ad interim.

Il Sig. Emmanuel Katsiadakis ha accettato. In qualità di Presidente ad interim, assumerà quindi tutte le funzioni del Presidente della FIE, come previsto dagli Statuti della FIE e da altri regolamenti. La decisione del Comitato Esecutivo sarà sottoposta al Congresso della FIE per la ratifica nella sua prossima riunione.



02 dicembre 2024

FAVOLE, SOGNI, SCIOCCHEZZE E SOLIDE REALTA'

Alfredo Linguini è il comico protagonista giovane e svampito di un film di animazione della Disney dal titolo Ratatouille. Nella storia la sua vicenda si divide fra lui, chef incapace di un importante ristorante parigino, e un topo appassionato di cucina. Un classico intreccio dal finale scontato, tranne che il ruolo di protagonista della storia se lo passano il topo e il povero Alfredo. Quest’ultimo infatti gliene combina di tutti i colori e se non fosse per il simpatico ratto, tutto andrebbe a scatafascio.

Infatti il piccolo roditore dal palato sopraffino riesce a comandare il corpo di Alfredo con maestria, muovendo le ciocche dei capelli dell’amico, nascondendosi sotto il cappello da chef, tanto che potremmo dire che il povero Linguini è un burattino nelle zampette del topo.

Il film finisce quando si scopre l’inganno, e come nelle migliori favole americane, ognuno trova la sua vocazione. Alfredo diventa un veloce cameriere che si muove sui pattini e il topo fa lo cuoco assieme alla morosa dell’amico in un bistrot romantico che ottiene successo grazie al ménage à trois.

Se non fosse una favola e non fosse servito per inaugurare Disneyland Paris, (una specie di cattedrale raccattasoldi nella pianura dell’Ile de France), avrei detto che il film è una vera schifezza. Ma essendosi sforzati di creare una storia più o meno moderna, senza dover attingere ai Fratelli Grimm o ad altri racconti popolari, non mi vergogno di dire che di americano c’è quel tanto che basta per farmelo disprezzare, tanto quanto invece me lo fa amare in virtù di quel poco di europeo che vi è stato infilato. Resta il fatto che di originalità come al solito ce n’è poca, e alla fine si capisce che è la solita operazione di marketing per fare soldi, e senza dare mai, o quasi, nessun messaggio profondo. L’obiettivo sembra infatti quello di poter vendere sempre la stessa acqua zuccherata addizionata di anidride carbonica, ma con una etichetta diversa. Un po’ come dire che alla fine la minestra servita è sempre la medesima, perché il cuoco non cambia mai. Ed è qui il punto: stesso menù, stesso cuoco.

So che è trita, ma come non sovvenire la frase di Tancredi ne Il Gattopardo, che diceva: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.”

Se quindi il teorema fosse questo, come faremmo a capire se le cose stanno cambiando davvero nella scherma? Se si è abituati a mangiare sempre la stessa zuppa, quando vi serviranno qualcosa di meglio, sarà inevitabile credere che le cose non vadano bene.

Ricordo a tal proposito un vecchio amico che fin da piccolo era stato abituato a mangiare polenta, tanto che per lui era il cibo più buono del mondo. Forse il problema era che non aveva conosciuto uno chef diverso. E, sempre forse, il secondo e più profondo dramma era che immaginare di mangiare cose differenti dalle solite lo avrebbe in qualche modo spaventato.

In fondo è un problema antico come l’umanità, se anche gli ebrei stanchi di mangiare gratis manna calata dal cielo e quaglie, sospiravano con nostalgia le cipolle d’Egitto. E forse (ah quanti ce ne sono!) è il sapore delle cipolle che un tempo si mangiavano nella scherma che è rimasto nella bocca di molti, anche perché Azzi non ha ancora servito quaglie a nessuno, prediligendo, sebbene centellinata, meritocrazia e competenza, come se fosse timida quanto lui, una manna calata dal cielo sul prato della scherma.

Non voglio cambiare discorso, ma proprio perché la politica sportiva è simile, ma non uguale a quella nazionale, il concetto di cambiamento avviene sempre per piccoli passaggi, molto ben controllati e attentamente vagliati. Infatti ieri si sono svolte le elezioni del Bureau della FIE e delle varie commissioni. I risultati apparivano sul megaschermo, con nomi e numero di voti.

Sebbene io sia dispiaciuto del fatto che Luigi Martillotti, arbitro giovane e lanciato, non sia entrato nella Commissione referee, non posso lamentarmi degli splendidi successi di Giuseppe Cafiero nella Commissione regolamenti, Gian Domenico Varallo Commissione SEMI, Antonio Fiore, in quella medica. Tutti e tre risultati al primo posto nelle votazioni, seguiti da Maurizio Randazzo, quarto nella Commissione legale. Un grande successo italiano e di Azzi, terzo nel gradimento del Bureau!

Ho poi fatto una riflessione pensando alla persona che esortava Azzi in modo moralistico, dicendo che avrebbe dovuto starsene fuori dal Bureau, ingaggiare una protesta, e schierarsi con lo Svedese antagonista di Uzmanov. Mi sono chiesto come avrebbe vissuto lui l’altamente probabile déblacle italiana nello stare fuori dal bureau e dalle varie commissioni e finanche vedere la sconfitta proiettata sullo schermo gigante. Avrebbe goduto, oppure si sarebbe sentito una schifezza?

Mi chiedo se questa persona che ha avuto il coraggio di alzare il ditino e dire la sua, con la presunta sapienza del politico navigato, e che sta saggiando per la prima volta la schermaglia delle azioni di palazzo, ben diverse da quelle delle pedane, come avrebbe reagito nel vedere i nomi degli italiani tagliati fuori dai giochi definitivamente? È spirito azzurro, o di altro colore?

Però lo voglio ringraziare, perché per la prima volta grazie al suo pipponcino anche poco sostanzioso, abbiamo assistito con trepidazione alle votazioni FIE, che nella scherma italiana da almeno un ventennio non sono fregate mai a nessuno e anzi, forse qualcuno sperava che l’Italia fallisse, per poter guadagnare terreno in patria, in quella che sarà ricordata come la campagna elettorale più becera della storia della FIS.

Invio a Paolo Azzi il miglior augurio di buon lavoro, assieme a tutti gli italiani che sono stati pienamente confermati, consapevole dell’importanza della nostra presenza nella scherma mondiale.

Fabrizio ORSINI