A VOI TUTTI, GENITORI, ATLETI, TECNICI E DIRIGENTI.
Ezio RINALDI
Tentare di condizionare le persone chiamate al voto, facendo loro
credere di aver già vinto le elezioni, è una strategia altamente ingannevole e
pericolosa, che si basa sul creare una falsa sensazione di certezza e di
successo, influenzando la percezione di chi legge e potenzialmente alterandone
il comportamento.
Di solito, questa vera e propria manipolazione può manifestarsi in
diverse forme e utilizzare varie tecniche comunicative.
Una delle strategie più utilizzate è rappresentata dalle Dichiarazioni
premature di vittoria. A volte, infatti, i politici o i gruppi
di interesse annunciano vittorie che non sono ancora state ufficialmente
confermate. Questo può spingere gli elettori a credere addirittura che il loro
voto non sia necessario o in grado di influenzare il risultato finale.
In altri casi si assiste alla Diffusione
di informazioni fuorvianti, cioè sondaggi o analisi non
ufficiali, che riportano numeri inventati di sana pianta per mostrare risultati
favorevoli, suggerendo per di più che una parte abbia già vinto. Questo può
demotivare gli elettori della parte rivale, che potrebbero sentirsi senza
speranza.
Ma la dinamica più perversa è di sicuro la creazione di
un effetto di "autoavveramento", fenomeno che si
determina quando un numero sufficiente di persone crede che un candidato abbia
già vinto.
L’obiettivo di quest’operazione, in effetti, è di fare in modo che una semplice
profezia finisca col realizzarsi inducendo subdolamente gli avversari a crederla
vera e, quindi, convincendoli a ritenersi sconfitti prima del tempo.
Le implicazioni etiche e legali di simili azioni di
condizionamento sono gravi.
Diffondere informazioni false o ingannevoli, infatti, può minare
la democrazia, ridurre la fiducia e creare inasprimenti dei conflitti o vere e
proprie liti con la parte avversaria.
Va sottolineato, tra l’altro, che in molti paesi è vietato
influenzare indebitamente gli elettori in questo modo.
Dunque, bisogna sempre avere il massimo rispetto dell’intelligenza
degli elettori e, in particolare, dei presidenti di società della scherma
italiana.
A buon intenditore.
Visto,
poi, che abbiamo parlato di alcune strategie che possono caratterizzare le
campagne elettorali in democrazia, voglio cogliere quest’occasione per
accennare anche ad altre dinamiche non proprio entusiasmanti.
Una delle più classiche è di sicuro la
mancanza di trasparenza.
La trasparenza, infatti, è considerata
un pilastro della democrazia, in quanto consente ai cittadini di monitorare e
valutare l'operato delle istituzioni ma, soprattutto, rafforza la fiducia tra
le parti coinvolte, che siano cittadini e governi, aziende e consumatori, o
individui in una relazione.
Essa implica, dunque, un'apertura e una
chiarezza nella comunicazione, nei processi decisionali e nell'accesso alle
informazioni.
In conclusione, è di fondamentale
importanza rendere visibile agli elettori ciò che altrimenti rimarrebbe
nascosto.
Ezio RINALDI
La campagna elettorale procede a passi svelti verso il suo momento finale, quello celebrativo delle votazioni, e fino a questo momento - con mio sommo rammarico - non posso, purtroppo, che affermare: “nulla di nuovo all’orizzonte!”
Stiamo, infatti,
assistendo al riemergere, in maniera convulsa e frenetica, di una “vecchia
politica”, al ritorno cioè di quel malinconico e triste modo di far “politica”,
assolutamente mortificante ed inelegante, che non ha per reale obiettivo la
crescita e lo sviluppo di un gruppo o una collettività o comunità di persone,
bensì il raggiungimento di traguardi individuali, al solo fine di appagare il
proprio ego e la propria personale ambizione:
occupare quella “particolare poltrona”.
Una politica ampiamente
umiliante, perché caratterizzata da prebende e promesse, da incarichi e
avvicendamenti, che, in prossimità del voto, aumentavano a dismisura e che ha
visto il suo apice negli scorsi quattro lustri.
Vale appena il caso di
ricordare che tale modus operandi è
stato mandato al macero, o, se preferite, in discarica, da Azzi, il quale ha
rivolto tutti i suoi sforzi a prediligere attitudini, abilità, meriti e capacità,
piuttosto che cartellini da mettere sulle poltroncine o sulle targhe premio.
Sembrava definitivamente
finito il “mercatino” dove proposta e adesione, domanda e offerta si
incontravano e si accordavano, alla stregua del Paese dei balocchi della storia
di Pinocchio, dove - come è noto - l’unico che ci guadagnava era l’imbonitore!
Anche oggi, purtroppo,
vediamo, anzi, assistiamo, da vicino e da lontano, a quelle stesse metodiche e a
quelle stesse azioni che ritenevamo essere state abbandonate, per questo - a
costo di essere ripetitivo - dico ancora una volta: niente di nuovo
all’orizzonte; anzi, sembra ci sia un peggioramento.
Ciò (il peggioramento)
lo si evince non soltanto dallo sbandieramento di promesse talmente enormi ed
imponenti che appare del tutto evidente che queste difficilmente potranno
essere mantenute, se non in toto almeno in gran parte, ma soprattutto dalla
provenienza di taluni “endorsement”, pienamente rivelatori della identità del propugnatore,
il quale, a dispetto di quanto da lui sempre sostenuto (rotazione, limiti di
mandato, trasparenza, decentramento), poco o nulla ha veramente realizzato.
La conferma di tale
assunto la si coglie dal seguente semplice episodio, evidente anche ai più
distratti: nel 2012 fu votato un presidente; costui venne riconfermato nel
2016, e successivamente, nel 2020, indicò Azzi, già vice presidente, quale suo
naturale sostituto, sostenendone candidatura ed elezione; oggi, appunto in
stridente contraddizione con quanto prima affermato, sembrerebbe, ma sono voci
che circolano da tanto tempo e che io per primo posi in evidenza sul blog, che
quel soggetto stia supportando e suggerendo un diverso candidato.
Alcuni parrebbero non
comprenderne il motivo, malgrado questo sia a tutti ben chiaro ed è da
ravvisarsi sul suo naturale allontanamento, allora imposto per legge ma dal
medesimo non digerito del tutto, tanto che ha cercato, in vari - ma vani - modi, di
“tornare in sella” ad agitare il vessillo del comando; forse, poiché il tentativo
di rientro/ritorno non è stato visto di buon occhio dai vertici federali, che hanno posto una certa resistenza, egli appoggia altri soggetti, sperando/affidandosi alla
loro benevolenza e riconoscenza.
Difficile poter
sostenere che all’orizzonte appaia un “nuovo che avanza”, ben potendosi
invece affermare l’assoluto contrario: si avvista all'orizzonte un molto probabile “totale ritorno al passato”.
E ciò vale tanto per i
soggetti che si affacciano nell’agone, quanto per i superati e vecchi metodi posti in essere, nello sforzo di esibire, mostrare, quasi ostentare, per non
dire millantare, un consenso in verità non ancora raggiunto.
Infatti, da una certa
parte, si asserisce il possesso di così tanti sostegni e voti, da far pensare
che il risultato sia già acquisito; ed, allora, mi domando: “perché chiedere le
deleghe?”, se il passato, sotto mentite spoglie, ha già vinto?
Peraltro, ad ulteriore conferma della vetustà dei metodi usati, è opportuno rammentare che proprio la “richiesta della delega” rappresenta un segno distintivo di un vecchio stile elettorale, antidemocratico, appartenuto ad un tempo passato, del quale francamente siamo tutti un po’ stanchi: ciò vale per tutti.
Non posso fare a meno di
rilevare - con grande dispiacere - come la lealtà ed il buon gusto, facilmente
rilevabili nei comportamenti di Azzi, specialmente in quest’ultimo difficile
triennio olimpico, siano visti come dei disvalori e cedano il passo a quel vecchio
criterio, appunto appartenente, come peculiare segno distintivo, a quel passato
che tenta di ritornare.
Al momento, dunque, niente
di moderno all’orizzonte; siamo di fronte alla vecchia politica fatta di
prebende, promesse in prossimità del voto; stiamo entrando nel vivo della
campagna elettorale per il rinnovo delle cariche federali e sembra proprio che,
rispetto al passato, nulla sia cambiato: le stesse metodiche e le stesse
azioni, pertanto - come già detto - niente di moderno all’orizzonte.
Qualche sostenitore del
candidato presidente, dr. MAZZONE, sostiene che debba vincere a tutti i costi.
Un po’ di classe non guasterebbe. Naturalmente certuni potrebbero farmi notare
che in politica vale tutto, ma qui siamo in campo sportivo dove valori come
lealtà franchezza e correttezza dovrebbero farla da padrone.
In conclusione, vorrei
che l’elettorato facesse le proprie scelte sulla base di conoscenze, esperienze
ed affidabilità e non su pressioni di questo o quello: sia libero e scevro da
condizionamenti: il movimento scherma non ha bisogno di salti nel buio.
Ezio RINALDI
La salvaguardia delle armi convenzionali: il punto del Presidente AZZI in prospettiva futura.
(Dipinto: la Verità che esce dal pozzo, Jean-Léon Gérome, 1896.) |
Spesso il confronto fra i molteplici
candidati avviene all’insegna di chi la spara più grossa; da qui il disagio e
la difficoltà dell’elettore nel distinguere chi si avvicina di più alla verità
e chi da questa si allontana maggiormente.
Forse è per questo - e lo dico absit iniura verbis - che in tali circostanze mi sovviene un simpatico
aneddoto, molto calzante e significativo, che narra dell’incontro avvenuto un
tempo tra la “menzogna” e la “verità”; dico subito che la storiella non è mia,
ma che questa mi è piaciuta così tanto che l’ho postata, tempo fa, sulla mia
pagina di FB e che, qui di seguito, pongo alla vostra attenzione.
La Verità, sospettosa e dubbiosa, provò l'acqua e
scoprì che era davvero bella.
A quel punto, si convinse e i due, spogliatisi, entrarono
in acqua per fare il bagno.
Ma, improvvisamente, la Menzogna uscì dall'acqua e
fuggì, indossando i vestiti della Verità.
La Verità, furiosa, uscì dal pozzo per riprendersi i
vestiti, ma non li trovò; ed il mondo, pertanto, vedendo la Verità nuda,
distolse lo sguardo, con rabbia e disprezzo.
La povera Verità tornò al pozzo e scomparve per
sempre, nascondendo le sue vergogne.
Da allora, la Menzogna gira per il mondo, vestita con
i panni della Verità e, dunque, come questa, soddisfacendo i bisogni della
società, giacché il mondo non nutre alcun desiderio di incontrare la Verità
nuda”.
Cordialmente.
Gaspare Fardella
Riporto quanto pubblicato dalla FIE, peraltro articolo segnalatomi da più parti. Non credo ci sia molto altro da aggiungere anche perchè sull'argomento mi sono già abbondantemente espresso.
Purtroppo la potenza economica di Usmanov è tale che difficilmente le federazioni più povere possano resistere al richiamo del denaro. Però bisogna anche denunciare che non solo le federazioni più povere soggiacciono al potere dell'oligarca ma anche quelle tradizionalmente più strutturate ed importanti. In tal senso vale la pena ricordare che una delle vice presidenze è stata attribuita alla rappresentante ungherese. Ci sarebbe bisogno di una opposizione seria che dovrebbe partire dalla compattezza delle federazioni europee (oltre 45 FN) che tutte insieme potrtebbero, e dico potrebbero, in un qualche modo ostacolare l'azione dell'Uzbeco. Purtroppo non è così e lo si evince dal fatto che l'alternativa a Usmanov ha ottenunuto 26 voti. Alla luce di quanto emerso e del procedere in ordine sparso delle federazioni europee, il pragmatismo del Presidente AZZI è stato vincente e gli vanno espressi sinceri i complimenti.
Per quianto riguarda l'autosospensione dall'esercizio delle funzioni di Presidente della FIE, affermo che è un atto offensivo verso tutto il movimento e che questa pagliacciata si poteva evitare.
Ezio RINALDI
TRADUZIONE ITALIANA
Gentile Presidente,
Decisione del Comitato Esecutivo della FIE
Il Comitato Esecutivo della FIE si è riunito il 1° dicembre
2024 ed è stato informato della decisione del Sig. Alisher Usmanov di
sospendere volontariamente l'esercizio dei suoi poteri e doveri di Presidente
della Federazione Internazionale di Scherma al fine di garantire l'efficienza
delle operazioni della federazione.
Il Comitato Esecutivo ha accettato e ratificato la decisione
del Sig. Alisher Usmanov di sospendere l'esercizio dei suoi poteri e doveri di
Presidente della FIE.
In conformità con l'Articolo 5.1 degli Statuti della FIE, in
base al quale la gestione della FIE tra i Congressi è affidata a un Comitato
Esecutivo, e al fine di garantire il regolare funzionamento della FIE, il
Comitato Esecutivo ha nominato il Sig. Emmanuel Katsiadakis come Presidente ad
interim.
Il Sig. Emmanuel Katsiadakis ha accettato. In qualità di
Presidente ad interim, assumerà quindi tutte le funzioni del Presidente della
FIE, come previsto dagli Statuti della FIE e da altri regolamenti. La decisione
del Comitato Esecutivo sarà sottoposta al Congresso della FIE per la ratifica
nella sua prossima riunione.
Infatti il piccolo roditore dal
palato sopraffino riesce a comandare il corpo di Alfredo con maestria, muovendo
le ciocche dei capelli dell’amico, nascondendosi sotto il cappello da chef,
tanto che potremmo dire che il povero Linguini è un burattino nelle zampette
del topo.
Il film finisce quando si scopre
l’inganno, e come nelle migliori favole americane, ognuno trova la sua
vocazione. Alfredo diventa un veloce cameriere che si muove sui pattini e il
topo fa lo cuoco assieme alla morosa dell’amico in un bistrot romantico che
ottiene successo grazie al ménage à trois.
Se non fosse una favola e non
fosse servito per inaugurare Disneyland Paris, (una specie di cattedrale
raccattasoldi nella pianura dell’Ile de France), avrei detto che il film è una
vera schifezza. Ma essendosi sforzati di creare una storia più o meno moderna,
senza dover attingere ai Fratelli Grimm o ad altri racconti popolari, non mi
vergogno di dire che di americano c’è quel tanto che basta per farmelo
disprezzare, tanto quanto invece me lo fa amare in virtù di quel poco di
europeo che vi è stato infilato. Resta il fatto che di originalità come al
solito ce n’è poca, e alla fine si capisce che è la solita operazione di
marketing per fare soldi, e senza dare mai, o quasi, nessun messaggio profondo.
L’obiettivo sembra infatti quello di poter vendere sempre la stessa acqua
zuccherata addizionata di anidride carbonica, ma con una etichetta diversa. Un
po’ come dire che alla fine la minestra servita è sempre la medesima, perché il
cuoco non cambia mai. Ed è qui il punto: stesso menù, stesso cuoco.
So che è trita, ma come non
sovvenire la frase di Tancredi ne Il Gattopardo, che diceva: “Se vogliamo che
tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.”
Se quindi il teorema fosse
questo, come faremmo a capire se le cose stanno cambiando davvero nella
scherma? Se si è abituati a mangiare sempre la stessa zuppa, quando vi
serviranno qualcosa di meglio, sarà inevitabile credere che le cose non vadano
bene.
Ricordo a tal proposito un
vecchio amico che fin da piccolo era stato abituato a mangiare polenta, tanto
che per lui era il cibo più buono del mondo. Forse il problema era che non
aveva conosciuto uno chef diverso. E, sempre forse, il secondo e più profondo
dramma era che immaginare di mangiare cose differenti dalle solite lo avrebbe
in qualche modo spaventato.
In fondo è un problema antico
come l’umanità, se anche gli ebrei stanchi di mangiare gratis manna calata dal
cielo e quaglie, sospiravano con nostalgia le cipolle d’Egitto. E forse (ah
quanti ce ne sono!) è il sapore delle cipolle che un tempo si mangiavano nella
scherma che è rimasto nella bocca di molti, anche perché Azzi non ha ancora
servito quaglie a nessuno, prediligendo, sebbene centellinata, meritocrazia e
competenza, come se fosse timida quanto lui, una manna calata dal cielo sul
prato della scherma.
Sebbene io sia dispiaciuto del
fatto che Luigi Martillotti, arbitro giovane e lanciato, non sia entrato nella
Commissione referee, non posso lamentarmi degli splendidi successi di Giuseppe
Cafiero nella Commissione regolamenti, Gian Domenico Varallo Commissione SEMI,
Antonio Fiore, in quella medica. Tutti e tre risultati al primo posto nelle
votazioni, seguiti da Maurizio Randazzo, quarto nella Commissione legale. Un
grande successo italiano e di Azzi, terzo nel gradimento del Bureau!
Ho poi fatto una riflessione
pensando alla persona che esortava Azzi in modo moralistico, dicendo che
avrebbe dovuto starsene fuori dal Bureau, ingaggiare una protesta, e schierarsi
con lo Svedese antagonista di Uzmanov. Mi sono chiesto come avrebbe vissuto lui
l’altamente probabile déblacle italiana nello stare fuori dal bureau e dalle
varie commissioni e finanche vedere la sconfitta proiettata sullo schermo
gigante. Avrebbe goduto, oppure si sarebbe sentito una schifezza?
Mi chiedo se questa persona che
ha avuto il coraggio di alzare il ditino e dire la sua, con la presunta
sapienza del politico navigato, e che sta saggiando per la prima volta la
schermaglia delle azioni di palazzo, ben diverse da quelle delle pedane, come
avrebbe reagito nel vedere i nomi degli italiani tagliati fuori dai giochi
definitivamente? È spirito azzurro, o di altro colore?
Però lo voglio ringraziare,
perché per la prima volta grazie al suo pipponcino anche poco sostanzioso,
abbiamo assistito con trepidazione alle votazioni FIE, che nella scherma
italiana da almeno un ventennio non sono fregate mai a nessuno e anzi, forse qualcuno
sperava che l’Italia fallisse, per poter guadagnare terreno in patria, in
quella che sarà ricordata come la campagna elettorale più becera della storia
della FIS.
Invio a Paolo Azzi il miglior
augurio di buon lavoro, assieme a tutti gli italiani che sono stati pienamente
confermati, consapevole dell’importanza della nostra presenza nella scherma
mondiale.
Fabrizio ORSINI