Arianna ERRIGO |
La numero 1 azzurra del fioretto annuncia la scolta della doppia
arma, punta a Tokyo 2020 anche nella sciabola. L’ultimo azzardo nella carriera
di un talento fin troppo irrequieto.
Arianna
Errigo ha annunciato un paio di giorni fa una scelta a suo modo dirompente e,
per certi versi, controcorrente: a partire da quest’anno, la numero 1 azzurra
(e mondiale) del fioretto si dedicherà anche alla sciabola, arma in cui già
negli ultimi anni spesso si allena e che l’ha vista eccellere giusto
nell’ultima stagione nei Campionati Italiani Assoluti a Roma, con la vittoria
nella prova a squadre in divisa dei Carabinieri insieme a Rossella Gregorio e
Livia Stagni. L’obiettivo, nemmeno troppo nascosto, è a dir poco ambizioso: la
qualificazione alle prossime Olimpiadi di Tokyo 2020 in entrambe le armi.
Senza
entrare nel merito della decisione, e rispettando la regola sovrana secondo cui
un atleta conosce sé stesso, la macchina del proprio corpo e, in ultima
analisi, i propri limiti meglio di chiunque altro, le perplessità – per non
dire le controindicazioni – sono molte e non di poco conto. A partire dalla
scelta stessa della doppia arma: in un’epoca in cui la specializzazione nelle
singole armi già in atto da decenni ha ormai preso il sopravvento più o meno su
tutti gli altri fattori, far rivivere le gesta dei Nadi o dei Mangiarotti
rischia di risultare un filo anacronistico.
In secondo
luogo la scherma di oggi, tanto per il livello agonistico quanto per un
calendario che ormai richiede trasferte a ogni angolo del globo, implica sforzi
fisici notevoli, e per prima Arianna Errigo dovrebbe aver memoria recente di
una stagione, la penultima a cavallo tra 2015 e 2016, dedicata a smaltire le
scorie di una sindrome virale che a un certo punto pareva addirittura averne minato
le certezze in chiave olimpica. Un ipotetico calendario completo di fioretto e
sciabola vorrebbe dire un totale di 16 gare l’anno per i prossimi quattro,
esclusi eventuali Europei e Mondiali: il gioco vale davvero la candela? Da
ultimo, affacciarsi alla sciabola a 28 anni con una concorrenza agguerrita, e
specializzata, già in ambito azzurro per non parlare delle nazioni oggi
dominanti, rischia seriamente di compromettere la gestione di una seconda parte
di carriera nel fioretto all’altezza della prima, già di per sé notevole.
La
carriera, per l’appunto. Quella di Arianna Errigo, a un’attenta analisi, sembra
caratterizzata da un sostanziale filo rosso, di cui questa scelta di affiancare
la sciabola al fioretto è soltanto l’ultimo episodio, e in cui l’indubbio
talento ha spesso sfidato l’azzardo. La quindicenne al fondo irrequieta che
lascia la natia Monza per la Comense Scherma quasi senza rete e diventa in
pochi anni l’astro nascente del fioretto azzurro; la campionessa dal fioretto
esuberante che per prima pare non soffrire la personalità di Sua Maestà
Valentina Vezzali ma a cui per due diversi blackout sfugge in altrettante
occasioni (Londra 2012 e Rio 2016) l’oro olimpico individuale; una fra i numeri
1 dal palmarès già oggi tra i più ricchi di sempre (2 titoli mondiali e 1
europeo più 5 Coppe del Mondo, trofeo in cui nella storia solo la Vezzali può
vantare più vittorie) che non le ha però mai mandate a dire ai propri (ex)
Maestri - da Giovanni Bortolaso che seguì Stefano Cerioni nell’avventura russa
dopo Londra 2012 fino a Giulio Tomassini che a suo dire non l’avrebbe seguita
con la dovuta attenzione nella preparazione a Rio 2016 – al limite e talvolta
oltre il cortocircuito in certe dichiarazioni, e ora i tagli e contro-tagli
della sciabola che si affiancano quasi per un capriccio alla punta del
fioretto.
Il talento
è un dono, e Arianna Errigo ne ha da vendere, così come per certi versi si può
dire altrettanto del gestire l’azzardo di una carriera, ma a un certo punto la
sintesi appare necessaria perché l’azzardo, troppo solleticato, a lungo andare
non arrivi ad oscurare il talento. Talvolta per essere davvero grandi, servirebbe
prima dare un’idea definitiva di cosa voler fare, da grandi.
Mattia Boretti
Nessun commento:
Posta un commento