09 agosto 2020

IL MIO SETTORE TECNICO: alcune riflessioni.


In questi anni tanto si è detto del settore tecnico, ma poche le proposte concrete per una riforma del settore. Il mio pensiero è che intanto deve cambiare nella FIS la cultura. In altri termini, si devono superare una serie di concezioni oramai sorpassate – molte delle quali risalgono sostanzialmente all’epoca Nostini-Fini – riguardanti non solo la struttura organizzativa e operativa del Settore Tecnico, ma la vita di tutta la federazione nonché l’approccio stesso con cui si guarda alla scherma in Italia.
In parole povere, l’idea che la scherma azzurra possa rappresentare in eterno un’eccellenza nella panoramica internazionale rappresenta una pericolosa illusione, alimentata finora dalla straordinaria capacità di alcuni maestri italiani nello sfornare schermitori di talento. Ora, tutto ciò non basta più.
Innanzitutto, sta progressivamente aumentando il numero delle nazioni che riescono ad esprimere atleti competitivi in questo sport, in virtù di una crescita tecnica e organizzativa che coinvolge poco alla volta paesi di tutti i continenti, dall’Asia, al Sudamerica alla stessa Africa.
Alcuni di essi, inoltre, sono caratterizzati da una grande tradizione olimpica e, dunque, da una solida cultura sportiva – come gli USA, il Giappone, la Cina, la Corea – il cui livello schermistico è salito da diversi anni a dismisura, di pari passo con il miglioramento dei sistemi di selezione dei talenti e con lo sviluppo di metodologie di allenamento sempre più avanzate, le quali trovano peraltro terreno fertile nella mentalità  e nelle capacità applicative degli atleti di quei paesi, storicamente ben disposti a sostenere nel corso della preparazione carichi di lavoro del tutto inusuali per la mentalità italiana.  
In ultima analisi, va sottolineato come avere del talento, possedere un bagaglio tecnico-tattico di prim’ordine, essere dotati di un fisico naturalmente prestante, siano componenti che non consentono più di primeggiare in prospettive a medio-lungo termine, senza un’attenzione speciale per lo sviluppo e l’incremento delle qualità fisiche indispensabili nella scherma moderna di alto livello: senza, insomma, la messa in atto di modelli di preparazione adeguati e idonei.
Per l’esperienza che mi accompagna, tutto ciò, a mio avviso, può essere realizzato solo modificando in modo radicale la struttura e la cultura stessa del settore tecnico, che tuttora è incentrata su una figura onnipotente – quella del cosiddetto CT – alla quale si attribuiscono una serie troppo complessa e di fatto confusa di competenze, che vanno dalla selezione degli atleti per allenamenti e gare, alla gestione di un budget, alla responsabilità tecnica complessiva di un’arma in chiave di sviluppo e di formazione.
La stessa cultura parte dal presupposto che il CT debba essere quasi invariabilmente un ex schermitore di livello o tuttalpiù un ex arbitro internazionale, perché si è sempre ritenuto che solo chi abbia svolto un determinato tipo di attività possa possedere le competenze tecniche indispensabili per gestire un settore ma, diciamolo, soprattutto per coltivare alcuni rapporti internazionali ritenuti necessari per la conduzione di una gara in campo europeo e mondiale.
Ciò di sicuro risponde a una logica, che tuttavia va considerata del tutto superata, in quanto le scelte dei responsabili tecnici dovrebbero essere basate sul possesso di requisiti ben più professionali e qualificanti.
In particolare, un responsabile tecnico dovrebbe avere:
  1. capacità manageriale di gestione di un budget (caratterizzato da denaro in massima parte di provenienza pubblica) ma, in particolare, delle risorse umane;
  2. capacità di lavorare in equipe e in tal senso di favorire l’espressione migliore delle qualità individuali nonché la crescita professionale di tutti i singoli presenti nel gruppo;
  3. particolare competenza in campo sportivo – sancita da profonde e specifiche conoscenze – anche sotto il profilo biologico-scientifico;
  4. curriculum adeguato e all’altezza degli investimenti di denaro pubblico che un incarico tecnico così concepito comporta.
Nella difficoltà di reperire un professionista in possesso dei requisiti appena elencati, l’opzione più interessante potrebbe basarsi sulla attribuzione di una serie di responsabilità più strettamente manageriali a una figura di adeguata caratura ed esperienza, la quale dovrebbe essere supportata nel lavoro prettamente tecnico  da maestri responsabili d’arma, cui verrebbe attribuita la facoltà di effettuare le scelte relative alle convocazioni per allenamenti e gare, ma anche quella di gestire tutte le incombenze tecniche nel corso delle competizioni.
In altri termini, la scherma italiana è matura per un modello organizzativo del tutto sovrapponibile a quello di tutti i grandi club professionistici di calcio, basket, ecc. : modello caratterizzato dalla presenza di un general manager, di un direttore sportivo e di tre allenatori-maestri-selezionatori in senso stretto.
Ezio RINALDI

2 commenti:

  1. Caro Ezio,
    hai davvero messo il dito nella piaga.

    La vetustà di cui parli, riferendoti al settore tecnico, in particolare, ma all'intera macchina federale, più in generale, e che fai risalire ai tempi del Presidentissimo Ing. Nostini, io la daterei ancora più indietro, ponendola all'epoca dell' Ing, Bertolaia.

    Stiamo, quindi, parlando degli '50: cioè, 70 anni fa; da allora ad oggi - a mio sommesso avviso - ben poco è cambiato nei settori nevralgici, organizzativi e gestionali, della Federazione: tutto è rimasto pressocchè uguale ed immutato.

    E', perciò, evidente che, per mettere la Federazione al passo con i tempi ed assicurare ai suoi iscritti/tesserati/affiliati/associati una maggior partecipazione, democrazia e trasparenza, occorrerà avviare delle profonde ed oculate riforme strutturali, in tutti i suoi settori, campi ed aspetti.

    Se mi permetti, qui di seguito ne cito solo alcuni, quelli che, per me, sono fra più importanti e fondamentali:
    1) parità di genere;
    2) contestualità delle operazioni di voto, specie quelle nazionali;
    3) limite nella espressione delle preferenze di voto;
    4) limite dei mandati consecutivi, per tutte le cariche ed incarichi, sia nazionali che territoriali;
    5) rispetto delle minoranze/opposizione, da realizzarsi attraverso l'attuazione di un sistema di "pesi" e "contrappesi", sia in CF, sia nella composizione delle commissioni, sia negli organi di controllo;
    6) divieto di concentrazione di cariche e/o incarichi, sia elettive, sia nominative, sia nazionali, sia territoriali, sia internazionali;
    7) GSA e Giustizia sportiva, perchè siano garantite la terzietà, l'indipendenza e l'autonomia dei rispettivi componenti;
    8) settore tecnico, da tenere distinto e separato da quello amministrativo-gestionale, con precisa individuazione dei compiti del selezionatore e, soprattutto, evitare che la figura di quest'ultimo possa far sorgere ipotesi, anche solo potenziali, di conflitti di interesse e/o incompatibilità;
    9) risoluzione definitiva dei problemi di incompatibilità e conflitto di interesse;
    10) creazione di un "osservatorio" per la base;
    11) realizzazione di un settore/struttura destinato allo studio, programmazione e sviluppo dello sport per tutti, separato dall'alto livello, che ha, ovviamente, come obiettivo principale, la conquista delle medaglie olimpiche;
    12) creazione della "Università della Scherma", mediante l'individuazione di un gruppo di "maestri di scherma" di altissimo livello ed eccezionali riconosciuti meriti, alle dirette dipendenze della FIS, a cui affidare la formazione, preparazione e aggiornamento dei maestri più giovani.

    Solo così, a mio parere, si potrà davvero ammodernare, aggiornare e rinnovare l'intera macchina federale e, nella speranza di potere attuare un sereno e proficuo dibattito con chiunque avesse voglia di confrontarsi su tali argomenti, ti saluto affettuosamente.

    Gaspare Fardella

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  2. Partirei da una riflessione, e da una domanda. quali sono i compiti del "settore tecnico"? E' corretto identificarlo col ruolo del CT?
    Se il compito della Fis, come da Statuto, è quello di sviluppare lo sport della scherma in tutte le sue forme, non lo riduciamo così a una questione che riguarda solo l'alto livello?
    E la mitica base, dov'è? E gli aspetti legati alla salute, alla prevenzione, alla cultura, alla trasmissione dei valori, e quant'altro?
    L'alto livello si fonda sui livelli meno alti...
    E mi chiedo, anche se è una domanda spinosa, siamo davvero così bravi, come dicono le medaglie? Non è forse vero che bisognerebbe paragonare le risorse, prima di attribuirsi i meriti? Potremmo scoprire che altri hanno meno (penso ai contributi dello Stato, e agli atleti militari), e rendono di più. Io però non ho i dati necessari per azzardare una classifica realistica.
    Altra domanda: saremmo disposti a sacrificare qualche medaglia, e qualche primato in classifica, in cambio di una maggior diffusione della scherma, al suo sostegno capillare, non clientelare, nelle realtà della penisola, che sono tanto diverse l'una dall'altra? Forse "la base" sarebbe più contenta di questo sostegno... se avesse qualche voce in capitolo.
    E tuttavia queste riflessioni restano monche e inutili: la spinta principale verrà dalle regole imposte dallo Stato. Non solo i costi per il personale tecnico e le palestre, ma anche, e forse soprattutto, i criteri per la distribuzione dei contributi, le risorse disponibili per programmare l'attività: saranno premiati i numeri, o le medaglie? Entrambi, credo, ma in che proporzione?
    Questo ancora non lo sappiamo, o non lo so io. Mi pare che si vada avanti per inerzia con le vecchie percentuali, che non conosco. Ma quale programmazione, quale proposta si può fare prescindendo da questi dati?
    Giancarlo TORAN

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