M° Gianni SPERLINGA |
Fermo restando che in uno
Stato di diritto bisogna garantire a tutti i cittadini uguali possibilità, a me
sembra che questo paritario accesso alla realizzazione di sé, agli strumenti
della formazione e della crescita culturale e sociale, non debbano confondersi
con un indiscriminato “diritto” di voto.
Siamo ben lontani dal tempo
in cui, giustamente, si lottava per allargare la platea degli aventi diritto, al
di là del censo e del sesso e si espandeva tale diritto a tutti i cittadini che,
secondo la Costituzione, hanno comunque il dovere di concorrere secondo le
proprie possibilità, al progresso materiale e spirituale della
società.
Bisogna avere il coraggio
di riconoscere che l’attuale sistema pseudo democratico, che prevede il
generalizzato diritto di voto indistintamente per tutti (il cosiddetto suffragio
universale) rappresenta oggi nei fatti un danno e un’afflizione per il nostro
paese.
Capisco che il discorso è
complesso e non può essere trattato con superficialità! Mi limito a fare una
breve e semplice riflessione: non è più sopportabile che il voto dei
numerosissimi “Genny ‘a carogna” possa avere lo stesso valore e peso dei normali
cittadini, dotati di una normale capacità di comprensione e di scelta e che
offrono un contributo seppur minimo alla qualità della vita di tutta la
società.
Il diritto di voto deve
essere collegato al possesso di valori/requisiti minimi di carattere culturale e
sociale, pena l’abbassamento del livello generale della
società.
Anche perché la realtà ci
dimostra, che con una frequenza sempre maggiore i cosiddetti rappresentanti
“democraticamente eletti”, rappresentano di fatto il peggio della società, in
generale, e dei vari settori specifici in particolare.
La causa più evidente di
ciò è che ad avvilire e calpestare un diritto tanto a lungo anelato e infine
conquistato, non senza lotte e sacrifici sono una stragrande maggioranza di
persone che, per ignoranza e/o opportunismo, non avendo alcun merito, né alcuna
competenza, sconoscendo qualsivoglia valore di carattere etico e sociale, sono
disponibilissimi a “vendere” quel voto di cui non capiscono il valore e
l’importanza.
Gianni SPERLINGA
Caro Gianni, condivido in toto la sintesi sul fallimento della nostra democrazia rappresentativa, indiretta, anche se dissento parzialmente sulle motivazioni che tu proponi.
RispondiEliminaIn un contesto circoscritto, come quello della nostra federazione, dove ci conosciamo tutti, dove le circa quattrocentocinquanta persone che andranno a votare sono facilmente controllate e condizionabili, il sistema democratico viene facilmente meno. Chi ha il potere lo esercita facilmente ed oggi, fatalmente.
Le elezioni si vincono a monte, gestendo direttamente tutti gli aspetti della vita associativa, anche quelli che andrebbero affidati a persone con competenza specifica, tecnici imparziali, autonomi, efficienti. Quando il politico, al di là del segnare la traccia, l’indirizzo e controllarne lo svolgimento con verifiche ad hoc, entra direttamente nella conduzione dei compiti specifici, potrebbe avere in mano il destino dei singoli accompagnandoli dove vuole.
Nella fattispecie la nostra federazione amministra direttamente il settore arbitrale (nomina la commissione arbitrale e fornisce i contributi economici per il suo sostentamento), la formazione, seppure affidata ad un’A.I.M.S. snaturata, che ha perso le finalità di tutela e di dialogo in rappresentanza dei maestri, entra pesantemente nella gestione del settore tecnico dando spesso indicazioni specifiche e condizionando l’operato dei commissari, ha tentato, infine, di occuparsi in autonomia della valutazione dei futuri insegnanti, affrancandosi e sostituendo l’A.N.S di Napoli. Per non parlare poi delle diverse commissioni la cui libertà ed operatività è estremamente limitata, a detta anche di chi vi partecipa. Tutto questo potenziale potere potrebbe essere facilmente sfruttato nell’auto perpetrazione del governo.
Secondo me il problema non è tanto dell’ignorante, da te stigmatizzato nel personaggio “Genny ‘a carogna”. Sicuramente la sua cultura lo fa agire di pancia, secondo gli istinti più bassi, il suo orizzonte non andando oltre la punta del suo naso. Il nostro non mi sembra un ambiente così povero culturalmente. La deformazione che ci caratterizza, forse in base alla specificità del nostro sport, individuale e di combattimento, è l’individualismo più bieco che spinge, anche persone acculturate, a vendersi per pochi centesimi o a realizzare il proprio tornaconto personale a scapito di una visione ampia, prospettica. Anzi, chi si accultura, acquisisce tecniche e metodologie che lo portano più facilmente a realizzare i propri appetiti.
Mi piacerebbe, al proposito, chiosare citando il detto secondo il quale chi corre da solo può vincere ma, sicuramente, se si corre insieme si va più lontano.
La miopia di cui siamo ammalati oggi è molto più grave di quella dei passati governi, mai ho visto, nel nostro ambiente una degradazione tale. E’ come se fossimo stati educati, negli ultimi anni, verso questa deriva individualistica cinica, sfrenata, cieca. E’ proprio per questo che preferisco correre rischi e accettare la discontinuità invece di perdere ulteriore tempo e sperare in un ravvedimento del resto non espresso da alcuna dichiarazione programmatica.