20 gennaio 2021

DISCIPULI IURANT IN VERBA MAGISTRI

Dr. Maurizio FUMO-ex Presidente V^ sezione
 della  Suprema Corte di Cassazione

Come molti si aspettavano (e come alcuni ardentemente desideravano), la giurisprudenza federale, dopo una lunga (e forse travagliata) gestazione, ha partorito una decisione “difensiva” che consente di non annullare (per ora) la tornata elettorale recentemente conclusasi.
Effettuato, in corsa, un rapido cambio di testimone tra relatore ed estensore (cosa che nei collegi giudicanti, in genere, accade quando il relatore, che è l’estensore naturale e “predestinato” della decisione, è stato messo in minoranza), il tribunale federale ha assunto una così detta decisione di urgenza. Ebbene si, così detta perché, in realtà, ci ha pensato non pochi giorni. Prima, per attendere la provvidenziale relazione del segretario generale Cannella; poi, per meditarla bene (tanto da riprodurne alla lettera i passi più illuminanti); infine, per emettere la sua decisione, corredata da una motivazione, con riferimento alla quale la mia opinione emergerà (mi auguro inequivocamente) sulla base delle considerazioni che mi accingo a formulare.
Mi hanno particolarmente colpito due punti, il primo e l’ultimo e su di essi mi soffermerò.
Cominciamo dalla fine. I reclamanti avevano fatto presente che in alcuni seggi i votanti non erano stati identificati o che, almeno, non esisteva traccia di tale identificazione. Traccia scritta intendo dire. Il tribunale, premesso che la federazione non ha mai dato tassative disposizioni sullo svolgimento delle operazioni di voto, “consentendo la adozione di autonome procedure per l’identificazione dei soggetti ammessi al voto”, afferma che tutto si è svolto in maniera  regolare e, in particolare, che è stata attestata la identità dei soggetti ammessi al voto. Come sia stata effettuata tale individuazione, però, la motivazione della decisione non lo chiarisce, pur essendo stata proprio questa la censura formulata dai reclamanti, i quali hanno osservato che non vi è traccia scritta (o altrimenti documentata) della identità delle persone il cui voto è stato ritenuto validamente espresso. Come dire: qualcuno è venuto a votare e noi altri, componenti del seggio, li abbiamo ammessi a votare, quindi è ovvio che sapevamo di chi si trattava. Insomma: fidatevi di noi, che sappiamo il fatto nostro e il tribunale, a quanto pare, si è fidato. Se fosse un ragionamento, non farebbe - come si dice - una piega, ma non lo è; è un atto d’imperio ed un paralogismo che giustifica una condotta perché quella condotta ha avuto luogo.
La seconda questione riguarda l’annosa controversia tra la federazione e l’Accademia Nazionale di Scherma. Gli interessati avevano fatto notare che erano stati ammessi al voto nella categoria dei cc. dd. “tecnici” non poche persone (oltre 20) che non avevano conseguito il diploma presso l’Accademia, ma presso la FIS. Ebbene tutti nel nostro mondo, ormai, sanno che esistono due sentenze del Giudice amministrativo (quello che pronuncia in nome del Popolo Italiano, non della federazione scherma), che hanno chiarito che i titoli di istruttore nazionale (secondo livello) e maestro (terzo livello) li può rilasciare solo l’Accademia. Tanto ciò è vero che il TAR ha annullato (e il Consiglio di Stato ha confermato l’annullamento) gli esami (e, ovviamente, i titoli) rilasciati dalla FIS ed ha condannato quest’ultima a risarcire i danni cagionati all’Accademia. Ma, si legge nella relazione Cannella (e quindi nella decisione del tribunale), che, non essendo stati impugnati gli esami (abusivi) successivamente svolti, i diplomati della FIS (quelli postumi) sono diplomati “veri”, con tanto di diritto di elettorato attivo. Insomma, secondo la Cannella-relazione (e la consonante  Marinello-motivazione), l’Accademia Nazionale di Scherma dovrebbe “inseguire” la federazione nei suoi percorsi contra legem, impugnando, di volta in volta, le singole sedute di esame. Tesi interessante, non c’è che dire! Interessante ed onerosa dal punto di vista economico, ma solo per l’Accademia, che paga di tasca propria (e dei propri soci, personalmente), molto meno (o niente affatto) per la federazione che attinge a “soldi pubblici”, generosamente messi a disposizione dal CONI,  per consentirle, a quanto pare, di eludere il giudicato.
Ma è davvero così? Non direi proprio, anche perché il Giudice amministrativo ha annullato, non solo gli esami, ma anche il regolamento generale SNaQ, in base al quale gli esami furono allora (e sono stati dopo) banditi ed espletati dalla FIS. Dunque è stata annullata, per così dire, “la matrice” di tutte le prove di esame che la FIS ha svolto e intende svolgere. Ma c’è di più: quel regolamento SNaQ non è mai stato approvato dal CONI, quindi tamquam non esset: è un pezzo di carta senza alcun valore, invalido nella sua genesi e, come se non bastasse, annullato dal TAR Lazio. Che si vuole di più?
Ammesso che si possa ipotizzare che il tribunale federale ignorasse tale seconda circostanza (ma pare difficile perché i reclamanti la avevano evidenziata), davvero non sembra possibile che ignorasse la prima, perché risulta dalle sentenze del Giudice amministrativo appena citate. Ma le sentenze del TAR e del Consiglio di Stato sono state lette, evidentemente, con un occhio solo perché il tribunale federale le utilizza …. per metà e ne trae, poi, conclusioni, a dir poco, sconcertanti. E infatti il TAR aveva chiarito che la legittimazione (e l’esclusiva) dell’Accademia al rilascio di titoli validi per l’insegnamento riposano su quattro pilastri: a) il RD del 1880 e i successivi “richiami”, b) la normativa europea recepita dall’ordinamento italiano, c) la consuetudine ultracentenaria, d) lo stesso statuto della FIS (cfr., sentenza TAR punti 2.2, 2.3. 2.4, Consiglio di Stato, punti 3.4 e 3.8 del “considerato in diritto”). Ed è allora evidente che i quattro “pilastri” non hanno tutti la stessa solidità e consistenza, in quanto basterebbero i primi due per reggere l’edificio. Ma il tribunale federale, con una lettura, appunto, strabica, vede solo i secondi due e su di essi realizza la sua costruzione, che, per rimanere nella metafora, non si può che definire abusiva. Per altro, da tale federalmente orientata ricostruzione delle “fonti”, il tribunale trae una conclusione davvero strabiliante, anche perché in contrasto frontale con quanto lo stesso collegio (intendo nella medesima composizione!) aveva deciso in data 18 luglio 2019 (decisione n. 3), che a pag. 5 reca : “… il tribunale considera che le censure formulate nei confronti di una parte degli articoli sono fondate, in quanto le modifiche apportate dall’assemblea si pongono in contrasto con disposizioni di legge, ovvero  non recepiscono  correttamente i Principi. E ciò con riferimento ai seguenti sette articoli ecc.….”. Ebbene i primi articoli citati, come si legge nella seguente pag. 6,  sono: art 1 comma 10 e art. 52, vale a dire quelli in cui la FIS, varando la c.d. scuola magistrale, aveva pensato di ignorare la competenza dell’Accademia. E appunto, per non esser da meno, il tribunale schermistico, ignorando se stesso, il TAR e il Consiglio di Stato, va ben oltre. E “qui viene il graziosissimo” (come avrebbe esclamato un fine dicitore da cafè chantant): argomentano infatti i giudicanti che, poiché la FIS, con il nuovo statuto, si è autoattribuita la facoltà di bandire gli esami e conferire i titoli (secondo e terzo livello), allora l’esclusiva dell’Accademia non esiste più. Insomma lo statuto di un soggetto privato può “scavalcare” la sentenza della massima istanza giurisdizionale amministrativa (il Consiglio di Stato). E quindi: per porre nel nulla il decisum (non più impugnabile, come nel nostro caso) di un giudice, basta che il soggetto soccombente in giudizio sia dia, dopo la sentenza sfavorevole, qualche nuova regola e … il gioco è fatto! Stiamo dunque attenti a quel che scriverà la prossima volta la federazione nei suoi corpora normativi, analizziamo con attenzione le interpretazione che ne fornirà il suo acuto segretario generale, esaminiamo diligentemente la conseguente esegesi che ne farà il corrispettivo tribunale, perché potremmo scoprire che la FIS, motu proprio, si è investita di chissà quali altre prerogative.  
Ora io non saprei dire se è più grave “l’omissione cognitiva” del tribunale federale, che legge solo per metà le sentenze del Giudice amministrativo, o è più fantasiosa la conclusione che lo stesso trae dalla lettura della metà che utilizzza. Cosa certa è che la decisione del predetto organo giudicante è gravemente deficitaria sul piano fattuale, ancor prima che su quello giuridico. La recentissima giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione (in nome del Popolo Italiano ecc.) è approdata, dopo lunga elaborazione, alla definizione della categoria del “falso in sentenza” (cfr. sez. 5, sent. n 97 del 21.11.2019, dep. 3.1.2020 e n. 31271 del 21.9.2020, dep. 9.11.2020). Naturalmente, poiché nel nostro ordinamento i delitti contro la fede pubblica sono esclusivamente dolosi, la fattispecie resta integrata solo se il giudicante ha voluto rendere una decisione non conforme alla logica e al diritto. A ben vedere, il falso altro non è che un errore volontario (e ovviamente l’errore è un falso involontario e inconsapevole). Ebbene, non vi è ragione alcuna per ritenere che il tribunale federale abbia intenzionalmente motivato e deciso in modo errato, anche perché un anno fa - come si è detto - lo stesso collegio aveva deciso in senso diametralmente opposto e non è ipotizzabile che i tre giudicanti abbiano voluto intenzionalmente e consapevolmente contraddirsi. Molto più credibile che siano stati sedotti dallo scritto del segretario generale della federazione, che infatti, come si è anticipato, è rispecchiato in non poche parti della decisione che si commenta. Discipuli  iurant in verba magistri si sarebbe detto una volta.
Ma con ciò basta. Lasciamo riposare in pace una motivazione che davvero lo merita e pensiamo alle conseguenze.
Sul versante elettorale, immagino, gli interessati impugneranno in ogni sede in cui ciò sia possibile; i risultati delle elezioni, dunque, non sono affatto al sicuro.
Sul versante, per così dire, personale, i diplomati FIS dovranno prestare la massima attenzione alle loro future condotte, perché, con buona pace dei segretari generali, dei giudici federali e dei loro entusiastici follower, comportarsi come maestri (o istruttori nazionali) di scherma, senza aver conseguito un vero e regolare diploma, vale a dire quello inequivocamente indicato per tale dal TAR Lazio e dal Consiglio di Stato, integra il delitto di cui all’art. 348 cod. pen. (esercizio abusivo di una professione).
Il tempo della comprensione, della tolleranza, dell’appeasement ormai è spirato.   
Maurizio FUMO

6 commenti:

  1. Analisi impeccabile, per chi avesse voglia di leggere e attivarsi consiglio questo: http://chng.it/dYYVzNn9
    Emilio Basile

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  2. Resta da scoprire, ma soprattutto capire chi, in questa vicenda, è il "discipulus" e chi il "magister".

    Cordialmente.
    Gaspare Fardella

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  3. Mala tempora currunt vedo dall'ultima frase.
    Però c'è tempo per rimediare, se i soggetti che si sentono investiti da queste problematiche si attiveranno per sistemare la loro posizione.
    F. Orsini

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  4. Non saprei da dove cominciare poiché tante sarebbero le riflessioni da fare. Inizio con la legittimità del ricorso e la si smetta di indicare gli esponenti, nella migliore delle ipotesi, come facinorosi o persone dedite a far perdere tempo alla federazione con iniziative strumentali ed infondate. C’è stato un esposto al Tribunale federale il quale ha emesso una sentenza di rigetto. Il Dr. FUMO ne mette in evidenza la creatività decisionale e data l’autorevolezza del personaggio credo si debbano considerare seriamente le sue riflessioni. Cosa che il Presidente federale, con il comunicato pubblicato sul sito FIS, non abbia alcuna voglia di fare. Se fosse vero e credo che lo sia, la decisione del Tribunale non è stata assunta con responso unanime e ciò la rende monca e poco credibile. Ritengo, altresì, che verrà adita la Corte Federale di Appello e poi ancora, qualora si rendesse necessario, il Collegio di Garanzia del CONI e se ciò non bastasse il ricorso al TAR sarebbe una tappa inevitabile. Mi domando a chi torna utile tutto questo? Non certamente alla FIS. Non sarebbe stato più saggio fare opportune verifiche ed eventualmente, con molta onestà, ripetere le votazioni? Se per AZZI questo è il segno della continuità, a cui ha fatto riferimento nelle sue lettere, credo che con la sua gestione nulla cambierà.

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  5. Appunto, continuità. Beghe legali per leggi da onorare, meritocrazia, conflitti d'interesse, rispetto della democrazia e tanto altro.

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    1. Il bello è che qualcuno definisce ciò: "IL NUOVO CHE AVANZA", e qualche altro ci crede pure.

      Che dire, se non il solito: MEDITATE, GENTE, MEDITATE!

      Cordialmente.
      Gaspare Fardella

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