M° Vito MANNO |
Se provassimo ad andare in un liceo sportivo, vedremmo i
bei manifesti della FIGC, che invita i giovani a diventare arbitri di calcio.
Il costo è gratuito e i privilegi sono svariati, il primo fra tutti è quello di
vedere le partite gratis. Niente male eh!?
Nella scherma la cosa è un po’ differente.
Se un giovane volesse diventare arbitro federale, dovrebbe
iscriversi al corso relativo che si fa più o meno in ogni regione italiana,
previo pagamento di 75€, cui seguirebbe il “Giudizio di idoneità” che lo trasforma
in “aspirante arbitro”. A quel punto comincerebbero i primi arbitraggi nelle
varie armi, durante le gare territoriali, per giungere, dopo una lecita
gavetta, al celebre e anche temuto “Esame” che lo renderebbe finalmente
“Arbitro”. Ah dimenticavo. Quando si diventa aspiranti arbitri, “si ricevono
dei codici”, come se fosse un soggetto indipendente da qualsiasi società, il
cui scopo é far tesserare alla FIS, né più né meno, il nuovo soggetto arbitrale
ed essere così chiamato in gara.
Eppure mi giunge voce che alcune persone in Italia, dopo
aver fatto il corso arbitrale e dopo che sia stato espresso il “Giudizio di
idoneità”, non abbiano mai ricevuto i tanto sospirati “codici”,
impedendogli così di poter cominciare il loro praticantato e quindi fare l’esame
e ottenere il titolo di “arbitro”. Come mai? Forse manca un coordinamento nella formazione dei nuovi
arbitri?
Dipende dall'impegno dei delegati regionali? Dipende da dinamiche legate alle convocazioni? È una scelta operata per esercitare "pressioni" su un'arma lasciando le altre agli altri? Le domande sono tante ed, in buona sostanza siamo in presenza di una carente visione complessiva di tutto il settore.
Chiacchierando con i vari componenti
della Commissione Arbitrale che ho conosciuto nella oltre quarantennale vita schermistica
in cui sono stato tesserato al GSA, ho posto quesiti riguardanti, per esempio,
l’assegnazione degli arbitri a fasce di livello sulle quali tarare l’impegno di
ciascuno. Variegate sono state le risposte ed alcuni tentativi sono stati fatti,
anche se le fasce di ogni categoria non sono state adeguatamente diffuse e, quindi,
rese pubbliche.
Si ha l’impressione che la carriera di
un Arbitro, di un Computerista o di un Direttore di Torneo sia condizionata,
oltre che dalla bravura, da una serie di concomitanze, il cui peso dipende dal
livello di discrezionalità della commissione o di quei membri che la guidano,
non sempre il presidente.
Evidentemente piace una federazione
così. Povera di numeri, ricca di medaglie, controllabile, priva di aspirazioni
alla base, e di vaga impronta feudale.
Cosa servirebbe per cambiare? Credo
poco, basterebbe innovare, magari facendo diventare elettiva la Commissione, la
quale sarebbe costretta a presentare un progetto al cui centro vi fosse la
crescita dell’arbitro. Detta innovazione produrrebbe benefici per tutto il
movimento. Ma di questo ve parlerò in un prossimo articolo.
Vito Manno
Ottima analisi, Vito, complimenti.
RispondiEliminaGaspare Fardella