“Gentile Ezio, desidero condividere con te questo mio pensiero, al quale attribuisco particolare importanza, pur non sapendo individuare con esattezza la sua collocazione più adeguata all'interno della pagina Confido nella tua sensibilità e competenza per valutarne l’inserimento nel punto che riterrai più opportuno. Ti ringrazio sin d’ora per l’attenzione. LA RESPONSABILITÀ DEL COMMISSARIO TECNICO E LA NECESSITÀ DI UNA RIFORMA STRUTTURALE NELLA SCIABOLA ITALIANA.
Essere commissario tecnico di una disciplina sportiva non significa solo occuparsi della selezione degli atleti o della gestione tecnica: è, prima di tutto, un incarico strategico che richiede visione, coerenza e la capacità di costruire un percorso solido e duraturo. Purtroppo, in Italia, questo ruolo viene spesso interpretato in modo riduttivo, come se bastasse cambiare il volto alla guida per risolvere problematiche che, invece, affondano le radici in un sistema che necessita di un ripensamento profondo.
Negli ultimi anni, la sciabola italiana ha visto alternarsi diversi commissari tecnici, senza che questo avvicendamento portasse a un reale rinnovamento nelle dinamiche operative o nella progettualità a lungo termine.
Si è preferito agire in superficie, evitando di affrontare le criticità strutturali che ostacolano lo sviluppo del settore.
Una delle questioni più delicate riguarda la gestione del ricambio generazionale.
La scelta di convocare atleti molto giovani, con l’intento di dar loro fiducia e opportunità, è un’idea condivisibile solo a patto che si accompagni a un percorso di crescita adeguato.
Nella realtà, spesso significa esporli prematuramente a contesti altamente competitivi, senza una preparazione tecnica e mentale sufficiente.
Un passaggio diretto dalle categorie giovanili all’élite internazionale è, nella maggior parte dei casi, inopportuno.
Come in ogni processo educativo, anche nello sport serve gradualità: non si può passare dalle scuole medie all’università senza una solida formazione intermedia.
Questo vale a maggior ragione nella sciabola, disciplina che, per sua natura, richiede tempo, esperienza e maturità.
Ciò che manca, oggi, è un vero centro tecnico nazionale: un polo di eccellenza dove i migliori atleti possano allenarsi fianco a fianco, quotidianamente, seguiti da un’équipe tecnica di alto profilo, in un ambiente organizzato, coerente e orientato allo sviluppo del talento. L’attuale frammentazione di risorse, competenze e intenti non consente di costruire un’identità forte e condivisa.
Ogni realtà procede isolata, spesso con obiettivi divergenti, con il rischio concreto di perdere atleti promettenti per mancanza di continuità o supporto.
La sciabola italiana sta attraversando una fase complessa. I risultati recenti e l’analisi attenta delle dinamiche interne lo confermano.
È tempo di riconoscere, con onestà e coraggio, che non ci troviamo di fronte a una crisi passeggera o legata a singole figure.
Si tratta, piuttosto, di una crisi sistemica che necessita di essere affrontata con serietà, competenza e visione.
Serve una riforma autentica, profonda, che guardi con lucidità al futuro, che metta al centro il merito, la formazione continua, la collaborazione tra le realtà territoriali e un investimento strutturato sui giovani.
Un percorso che non può prescindere dal coinvolgimento degli atleti più esperti, la cui presenza rappresenta un punto di riferimento fondamentale per la crescita tecnica e umana delle nuove generazioni.
Solo attraverso un progetto ambizioso ma concreto sarà possibile restituire alla sciabola italiana il prestigio e la competitività che le sono propri.
Non si tratta soltanto di tornare a vincere. Si tratta, soprattutto, di ricostruire fiducia, identità e prospettiva per un'intera generazione di atleti e tecnici che meritano di operare in un sistema moderno, efficace e all’altezza delle loro ambizioni.”
Ezio RINALDI