Verascherma
(pseudonimo di un gruppo di genitori e dirigenti che vogliono mantenere
l’anonimato) espone una serie di singolarità che se dovessero corrispondere al
vero meriterebbero una particolare attenzione da parte degli Organi federali.
Hanno letto
con attenzione, in queste settimane, la questione relativa alla vicenda
siciliana, che a loro dire coinvolgerebbe
tutta l’Italia. Alcuni di essi pur vivendola da molto vicino e condividendone
la sostanza, non sono intervenuti nel dibattito per la solita paura di
ritorsioni.
Vorrebbero
lanciare una provocazione e chiedono a Piazza della scherma di renderla
pubblica.
A loro dire ci
si meraviglia di come un arbitro possa
essere maestro e viceversa, ma non piuttosto di come un maestro in attività possa svolgere anche ruoli di particolare rilevanza in ambito F.I.S. come
C.T. o Presidente di organismi, etc. etc.
Alcuni di
essi (maestri) ricoprirebbero ruoli di notevole responsabilità all’interno dei
Gruppi sportivi militari o Corpi Armati dello Stato. Risulterebbe che costoro siano
in attività con propri atleti e pare che ciò creerebbe non poche situazioni di
disagio nelle convocazioni. Infatti, molti
schermidori convocati in nazionale appartengono a tali Gruppi e l’imbarazzo
verrebbe avvertito anche nella conduzione arbitrale di un assalto: un arbitro che sia anche maestro
come si comporterebbe nella gestione dell’incontro in cui è parte uno degli
allievi del C.T. o del componente la Commissione arbitrale, se non del
Presidente stesso? Saprebbe mantenere la piena lucidità?
Sempre
secondo Verascherma, ci sarebbero situazioni in cui i CT siano anche direttore
tecnico di club. In questo caso verrebbe da pensare che alcuni allievi potrebbero
essere convocati pur in assenza di risultati, mentre altri a dispetto dei risultati,
non riceverebbero analogo trattamento.
Concludono con
una considerazione: qualche CT rilascerebbe interviste dove verrebbe affermata la
necessità di un cambiamento, lanciando progetti dispendiosi per tecnologizzare il
proprio settore. Intanto convocherebbe atleti, e personale vario orbitante
nella propria sfera (fisioterapisti, maestri e porta ….), pertanto la
incompatibilità, se non altro da un punto di vista etico-morale, è del tutto
evidente.
Verascherma
afferma che in altri paesi gli atleti si allenano e se “toccano” sono in
nazionale altrimenti a casa in cerca di altre possibilità; i responsabili dei settori tecnici non sarebbero
scopritori di talenti ma organizzatori dell’attività agonistica. Non ci sarebbero
incompatibilità con l’incarico federale ed i successi nascerebbero dalla
trasparenza posta in essere, garantendo a tutti criteri di oggettività.
A dir la
verità il contenuto del loro scritto era molto più pesante, con riferimenti a
precise persone.
In relazione
al settore tecnico non ritengo giustificata la loro provocazione, poiché chi
ricopre cariche di notevole responsabilità è stato scelto sulla base di criteri
oggettivi, che comprendono il curriculum innanzitutto e la capacità gestionale,
sia dal punto di vista tecnico-umano che amministrativo. La valutazione del
lavoro, e questo l’ho già scritto, dovrà essere fatta sulla base dei risultati
conseguiti. Continuare su questa strada lo ritengo una perdita di tempo poiché
criticare ciò che deve ancora avvenire da la sensazione di voler per forza
sminuire una persona ed il lavoro che sta svolgendo.
Ho scritto
un articolo “FANALINO DI CODA” con il quale ho espresso compiutamente il mio
pensiero, ma con altrettanta fermezza dico a Verascherma che l’onestà morale ed
intellettuale impone un minimo di rispetto per le scelte operate dalla F.I.S..
la quale si assumerà l’onore e l’onere dei propri indirizzi. Cosa diversa è la
valutazione sulle incompatibilità, per le quali sono assolutamente d’accordo su
quanto scritto in questo blog.
Ezio RINALDI
Gent. sig. Rinaldi, rilevo con molto interesse che l’annosa questione del conflitto di interesse, occasionato dalle discutibili “promiscuità di ruolo” ammesse dalla FIS, torna d’attualità per iniziativa di un gruppo di persone che, seppur dietro l’anonimato, non rinuncia a manifestare il proprio malessere. Come è possibile che si continui a fare orecchio da mercante e non si voglia comprendere che chiunque sia portatore di interessi particolari, connaturati al proprio ruolo, non può svolgere nello stesso tempo attività anche solo astrattamente incompatibili.
RispondiEliminaTale condizione pone i soggetti coinvolti, ad esempio i maestri/arbitri o i maestri/ct, di fronte alla possibilità di dover scegliere tra interessi personali ed interessi istituzionali, che potrebbero non coincidere È questo l'impasse che tiene in ostaggio il mondo schermistico italiano. È questo il nodo di fondo, che non si vuole affrontare e risolvere neppure a fronte di situazioni conclamate. Comprendo che sono molteplici gli interessi in ballo. Ritengo, a questo punto, che i vertici FIS non possano essere in buona fede nel non volere riconoscere l'ovvietà di questo conflitto che, in un caso affine, ma molto più banale, è stato perfino disciplinato con legge. Mi riferisco all’art. 90, comma 18, della legge 289/2002 che, nel regolamentare il contenuto degli statuti delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche, ha sancito il principio della incompatibilità del ruolo di amministratore con qualunque altra carica eventualmente rivestita in altre società e associazioni nell'ambito della medesima federazione sportiva. La logica ratio della norma vale a tutelare, le singole società e i relativi associati, da potenziali conflitti di interesse che sono insiti nel fatto stesso di ricoprire cariche dirigenziali in enti che praticano la medesima disciplina. Chi è portatore di interessi contrapposti incarna il conflitto a prescindere, al di là del fatto di avere abusato o meno della propria posizione. Poggia su questa considerazione il fallimento politico di un gruppo dirigente la cui stabilità non potrà resistere di fronte a lacerazioni e divisioni sempre più frequenti, la cui evidenza non può essere più sottaciuta. E’ ora di voltare pagina!
dott. Antonello Fileccia