Gentile Sig. Rinaldi,
sono uno dei più costanti frequentatori
del suo blog, che apprezzo molto, soprattutto perché riesce costantemente a
strapparmi un sorriso, la sera quando torno a casa dopo una giornata di lavoro
tra stress e stanchezza e a farmi andare a letto la sera con maggiore serenità.
Ci terrei molto che lei pubblicasse queste due righe che scrivo di seguito.
Clacson
Napoli, che è la mia città, è a detta di moltissimi una delle
città più belle al mondo. Convive con migliaia di problematiche, così come la
maggior parte delle grosse città, ma più pubblicizzate ed enfatizzate e quindi
paragonata costantemente ad un “terzo mondo”.
Affronterò una delle problematiche più leggera, ma
costantemente fastidiosa: l’utilizzo del clacson.
Se ne abusa costantemente in maniera totalmente irrazionale e
spesso senza una vera motivazione. Normalmente quando si è fermi al semaforo e
ben prima che scatti il verde sono in tanti ad utilizzare il clacson per un non
ben specificato motivo, dal momento che spesso non hanno alcuna fretta, lo
dimostra il fatto che quando ripartono ed eventualmente superano, si piantano ad
una velocità impercettibile davanti “tappando” la strada. Capita anche che
accostandosi al margine della strada con le quattro frecce per 2 secondi, magari
per far scendere la nonna, puntuale avviene il “fastidiosissimo rito“, che ti
intima di fare in fretta. O ancora quello che per salutare l’amico pedone suona
all’impazzata creando disagio a tutti e non attirando l’attenzione
dell’interessato.
Questo abuso è attribuito sostanzialmente a due tipologie di
persone: le prime sono le ignoranti, quelli che non si rendono conto del
fastidio e del danno (inteso come inquinamento acustico) che può creare il
continuo suonare e in maniera del tutto ignara provocano danni, a loro stessa
insaputa; ed il secondo caso attribuito alla strafottenza, ovvero persone che
pur conoscendo bene i danni che provocano, ritengono giusto ugualmente farlo,
perché il personale interesse va ben oltre il danno alla comunità.
Carmine CARPENITO
Caro maestro,
RispondiEliminala metafora credo sia fuori luogo, poiché non si attaglia al blog, che ha la presunzione di non voler far male a nessuno ma semplicemente contribuire ad una dialettica costruttiva, pur in presenza di critiche ancorché non condivisibili. Se ritieni che gli scritti postati siano demenziali e poco credibili e, pertanto, dannosi al movimento schermistico è la tua rispettabilissima opinione che, naturalmente, è opposta alla mia.
A dimostrazione che su questo blog c’è coerenza e rispetto per tutti, per me è un piacere ospitarti, sia pure in presenza di una simpatica ironia, e spero di farlo anche in avvenire. Al di la delle nostre posizioni, sono fermamente convinto che il dialogo sia la sola forma per una convivenza civile ed è sinonimo di accrescimento culturale.
Un caro saluto
Ezio RINALDI
Gent.mo M° Carpenito, nella sua piacevole metafora ha trascurato di parlare degli effetti che derivano dall’uso principale del clacson, vale a dire quello di segnale di pericolo. Non creda che quando il clacson è premuto con la veemenza correlata alla situazione di necessità, chi si trova nei dintorni non si infastidisca, tutt’altro! In città chiassose come le nostre, - io sono di Palermo - , la prima reazione al rumore è sempre di insofferenza e fastidio. Il silenzio ci è infinitamente più gradito, assicura riposo al fisico e alla mente, in generale pone al riparo dalle vicende altrui. Però, proprio vivere a Palermo, mi ha insegnato ad apprezzare chi, incurante del fastidio arrecato ai benpensanti, suona con insistenza il clacson per avvisare di un pericolo ed evitare che si arrechino danni, spesso ben più consistenti di quelli correlati all’inquinamento acustico. Le dirò di più, è una festa per il cuore oltre che per le orecchie sentire suonare i clacson che, qui da noi, sembrano avere rotto quel silenzio, quello brutto, quello codardo e complice, che ho sentito troppe volte calare sulla mia città a nascondere il fragore delle bombe, in immobili pomeriggi d’estate.
RispondiEliminaSaranno le nostre esperienze diverse, ma a me il suono del clacson piace molto, e a giudicare dal contatore del blog, che da gennaio ha segnato circa 8000 accessi in più, pare proprio che più che di un suono si tratti di una musica e che piaccia un po’ a tutti.
Paola Puglisi
Maestro Carpenito, fermo restando che sarebbe simpatico capire se è più grave la posizione di chi suona il clacson o di chi infrange le regole creando danni ai terzi. Perché soffermarsi al semaforo con il verde perché si parla a telefono, a mio avviso, è più grave di chi suona il clacson perché magari ha un appuntamento di lavoro e il ritardo potrebbe comprometterlo. Vede caro maestro, evidentemente lei non ha famiglia ed è giovane, anche se di indiscusso e conclamato successo, ma spesso prima di fare delle azioni, si devono valutare le conseguenze altrui. Infatti, far scendere la “nonna” con le doppie frecce, sicuro è un bel gesto per lei e la nonna. Ma potrebbe provocare un rallentamento del traffico e quindi un accumularsi di ritardi e situazioni altrui, ben più gravi di un mero interesse personale di accompagnare la nonni e non parcheggiare prima. In Economia inoltre, si dice che se si ragiona da soli l’economia, appunto, si ferma. Quindi magari la nonna prende un taxi o un badante e così sono contenti tutti.
RispondiEliminaMi auguro che la mia “metafora” sia chiara come la sua.
E che la Fis tolga le 4frecce….
Italo Rossi
p.s. ancora complimenti ai campioncini in erba agli europei cadetti. A conferma che fin quando li si lascia nei loro ambienti con le loro famiglie e tecnici, rendono.
Caro maestro Carpenito il suo intervento si è limitato nell’espressione di una metafora con la quale, richiamando l'idea del fastidio e del danno, dimostra di conoscere quanto potere sia insito nelle parole. E’ vero infatti che in certi contesti le parole pesino più del doppio. Forse,sarebbe stato opportuno, da parte sua, muovere contestazioni e offrire argomentazioni fondate sui i fatti. Pertanto ritengo che il suo fastidio, almeno per il momento, può comprendersi nella misura in cui si ammetta che il bisbiglio della verità può essere, talvolta, più detonante di mille cavalli in battaglia.
RispondiEliminacordiali saluti
dott. Antonello Fileccia